Prologo: Rinascita (Ardor, nell'anno 75 della Quarta Era) | Pagina 2 | Terra Di Mezzo | Forum

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Prologo: Rinascita (Ardor, nell'anno 75 della Quarta Era)
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21
Febbraio 22, 2009 - 3:38 pm

[SIZE=2]Nei boschi vicini a Menelcarca; estate dell'anno 76 della Quarta Era[/SIZE]

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Alviaré[/SIZE]

[SIZE=2]“Il Falco Spiega le Ali” disse Alviaré. Stava seduta con la schiena appoggiata a un albero, faceva scivolare una pietra contro la lama per affilarla, e osservava Nienné. “Non dovresti perdere tempo a provare quella figura. Ti lascia completamente scoperta.”[/SIZE]

[SIZE=2]Per un istante Nienné rimase in equilibrio sulla punta di un piede, tenendo il pugnale capovolto sopra la testa con entrambe le mani, poi passò fluidamente sulla punta dell’altro piede. “Miriel diceva che serve a sviluppare l’equilibrio.” Non era facile rimanere in quella posizione. Nel Vuoto, le sembrava spesso di poter controllare l’equilibrio, anche su una roccia che rotolava, ma non si azzardava a entrare nel Vuoto. Lo desiderava troppo per potersi fidare di sé stessa.[/SIZE]

[SIZE=2]“Se provi una tecnica troppo spesso, finisci per usarla senza pensare. Riuscirai a uccidere un uomo con quella posizione, se sei veloce, ma non prima che anche lui ti abbia trapassato le costole. In pratica, lo inviteresti a farlo. Non credo che potrei guardare un nemico che mi affronta in modo così scoperto senza infilargli il mio pugnale in corpo, pur sapendo che potrebbe colpirmi se lo facessi.”[/SIZE]
[SIZE=2]“E’ solo per l’equilibrio, Alviaré.”[/SIZE]
[SIZE=2]“E non desideri la spada di Aetos nel tuo corpo?”[/SIZE]

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[SIZE=2]Nienné[/SIZE]

[SIZE=2]Nienné vacillò sul piede e dovette poggiare l’altro per evitare di cadere. “Siamo come sorelle da quando abbiamo visto il Cielo per la prima volta, Alviaré, ma non parleremo di ciò in questo modo.” Il rossore sulle guance sembrava un’imitazione del tramonto; la pelle del suo petto era tesa.[/SIZE]
[SIZE=2]“E’ solo un uomo, Nienné. Vorrei che tu tornassi indietro.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ciò che è fatto, è finito.” Infilò il pugnale nella custodia e raccolse il mantello grigio, che era il suo camuffamento. Il vento si stava alzando, freddo, da est.[/SIZE]
[SIZE=2]“Come desideri.”[/SIZE]

[SIZE=2]La tensione tra le due Verdi scomparve quando Gildor guidò altri tre elfi nella radura al trotto, ma tornò subito quando il Fuina iniziò a parlare.[/SIZE]

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[SIZE=2]Gildor[/SIZE]

[SIZE=2]“Il Guardiano mi ha comunicato le decisioni finali del Re. Re Fuinur ci comanda di andare, e noi lo faremo. I Valdacli ci aspettano, nel Mumakan” disse Gildor, scendendo da cavallo. “Centinaia. Noi saremo l’esca che li farà uscire dalla capitale di Hathor, dai loro accampamenti, e che li distrarrà fino a quando la falce del Re non mieterà le loro teste.” I suoi occhi caddero su Nienné, ora seduta accanto al fuoco. “Immagino mi dirai che avrei dovuto darti retta, Tesarath. Il Re intende davvero dar battaglia a Tanith.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Il Re ordisce come vuole” disse Nienné placida. “Talvolta, però, accade solo ciò che è necessario. Forse la Musica richiedeva questi giorni passati qui e le decisioni che il Re ha preso nel Mumakan. La Musica racchiude ogni cosa, e un posto per essa, con precisione, e quando qualcuno prova ad alterarla essa cambia di nuovo per rimettere tutto nel punto in cui dobbiamo essere. Quando Aetos è andato a sud, sapevo che non saremmo rimasti lontani per molto.” [/SIZE]
[SIZE=2]Ci fu un silenzio imbarazzato che lei non parve notare; continuò invece a giocare pigramente con dei rametti sul terreno. [/SIZE]
[SIZE=2]“Ora, tuttavia, credo che forse dovremmo fare dei piani. Alla fine verremo a Tanith solo noi due. Eirbé è stata portata lontano.”[/SIZE]

[SIZE=2]Gildor si accovacciò accanto a lei, vicino al fuoco. “Quando diversi dicono la stessa cosa, Nienné, io tendo a crederci, e tanti sostengono che stiamo correndo un rischio molto grande. Tanti dicono che al Guardiano non importa chi viene e chi va, a Tanith, e che vorrebbe una guerra e i guerrieri per combatterla, quale che sia il loro credo. Che egli desidera solo la forza e la vittoria. Ma il Re la pensa diversamente. Porterò in quella città voi e pochi altri. Quando i Valdacli troveranno le tracce che spargeremo per loro, crederanno che gli Umar del Mumakan stiano incontrando gli emissari di Ardor e le Tesarath, e verranno per prendervi … allora penseremo a cosa fare.”[/SIZE]

[SIZE=2]Con un piede, Nienné cancellò la ruota che aveva disegnato nel terreno. Al suo posto disegnò due linee che si toccavano a un’estremità. “Lamruil e Sirindin. Taeglin, Elidir, Inialos. Sadal. E Ruehar, che può percepire il rumore dell’erba che si piega a cento passi di distanza. Tu non verrai, vero?”[/SIZE]
[SIZE=2]Gildor parve combattuto, ma alla fine annuì. “Devo rimanere, e condurre la mia gente a est.”[/SIZE]

[SIZE=2]Una terza linea fece diventare il disegno l’impronta di un uccello. Alviaré guardò Gildor di sottecchi. “Non verrai. Questo è il motivo per cui sei qui.” Una strana luce apparve negli occhi della Tesarath, un bagliore di conoscenza, che sembrò metterla a disagio. Per un momento sembrò che volesse chiedere qualcosa a Nienné, ma quando incontrò lo sguardo di Nienné, si alzò e si rivolse agli altri due che erano arrivati con Gildor. “Non perderemo altro tempo. Tutti voi, prendete i vostri cavalli; venite con me.”[/SIZE]

[SIZE=1]Da "La Grande Caccia", di Robert Jordan[/SIZE]

18 Messaggi
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22
Febbraio 22, 2009 - 9:01 pm

Il Guardiano....... fa la Guardia e per farla gli servon dei difensori.... le truppe servon anche alla difesa

1236 Messaggi
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23
Febbraio 26, 2009 - 8:04 pm

[SIZE=2]Corsero lungo il ponte di pietra, più in fretta possibile, finendo quasi addosso a quattro Valdacli con le loro armature a piastre lucide e al capitano che era con loro, con il mantello candido come la neve e le penne di gabbiano sull’elmo. I Valdacli ammutolirono per la sorpresa, ma solo per un istante. Le lance degli Uomini dell’Ovest e i pugnali sottili e appuntiti degli Elfi di Ardor si alzarono; nessuno di loro parlò. [/SIZE]

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[SIZE=2]Arbé non provò nemmeno a estrarre la sua lama con le foglie e le stelle, che portava al fianco. Simile alla morte, nella sua veste rossa dai riflessi neri, incanalò il Potere, e fra le sue mani apparve una luce mortale che pulsava fredda e terribile. Avvolse i Valdacli, e svanì mentre lei ancora era nella posizione finale della figura chiamata ‘distorci il vento’; era in piedi tra i corpi distesi a terra. L’ultimo Valdaclo caduto ancora si dibatteva mentre con le unghie insanguinate graffiava il pavimento. Il capitano, ucciso da Thailé con una pugnalata al volto, agitava ancora leggermente le braccia. Quegli uomini non morivano in fretta, nemmeno quando le loro carni assaggiavano il veleno di Umakilis.[/SIZE]

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[SIZE=2]A un tratto, poco distante dall’ingresso della torre, da un rovo che si stendeva fra la fortezza e le rocce balzò fuori una figura coperta di sterpi e di foglie che si avventò su di loro con la lancia in mano, pronto a colpire. Un altro Valdaclo. Un loro esploratore, forse. Thailé gridò quando la lancia la colpì affondando fra le sue costole, più e più volte. Mentre la sua compagna cadeva in terra scalciando, la guida Kirana, Ievos, si voltò ringhiando, e affondò con rabbia la propria spada, ma il Valdaclo si piegò sotto la punta lucida e affilata e affondò la sua nello stomaco del Kiran, che cadde a terra in preda alle convulsioni, finendo sopra a Thailé. [/SIZE]
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[SIZE=2]Arbé si scosse immediatamente e si mise a correre senza pensare. “Thailé!” gridò. Credeva che fosse già morta: l’aveva vista cadere a quel modo, non poteva che essere morta. Thailé, dei Fuinar Cosaida. Thailé, dai capelli color d'autunno. Ingenua, poco intelligente; gentile, sempre pronta al sorriso. La lista dei nomi che teneva in mente era diventata lunga; la lista degli Elfi che non avrebbero più guardato le stelle.[/SIZE]

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[SIZE=2]Il Valdaclo si voltò per affrontarla, con la lancia pronta in una mano e lo scudo rotondo nell’altra. Il suo volto era deformato dalla rabbia. “Maledetti!” sibilò minaccioso a denti stretti, in aduinaco. “Progenie dell’Ombra! Nessuno di voi può venire qui. Nessuno!”[/SIZE]

[SIZE=2]Lei si fermò di colpo. L’arma dell’uomo era pronta a colpire, impaziente di trapassare anche le sue costole. “Valdaclo, mi conosci” gli disse sottovoce, con gentilezza. “Mi conosci. Ti riporterò a casa, di nuovo con i tuo fratelli.” Gli porse la mano.[/SIZE]
[SIZE=2]La rabbia dell’uomo cambiò in una specie di sguardo corrucciato. Inclinò il capo da un lato. “A casa?” chiese lentamente, quindi sgranò gli occhi posando lo sguardo sulla fanciulla morta e sull’uomo, e il suo volto fu deformato dall’orrore puro. “A casa” sussurrò, abbassando il braccio con il quale teneva la lancia. Arbé gli si avvicinò, sfiorandogli dolcemente il viso; gli occhi del Valdaclo erano sbarrati, come se stesse vivendo in un terribile incubo. “A casa” gemette l’uomo, lasciando cadere lo scudo; poi prese il coltello, e si tagliò la gola.[/SIZE]

[SIZE=2]Arbé sputò su di lui, e lo lasciò fra i rovi. Salì nel cortile della torre, inerpicandosi fra cumuli di detriti sparsi per la strada. Era stanca; cadde, lacerandosi il vestito, e si rialzò piano. La debolezza del suo corpo era una sensazione distante, come anche il dolore. Pochi dei Kiran venuti con lei erano vivi; ne sarebbero giunti altri dalla costa, una volta comunicata la notizia all’Ordine. Guardò il fumo che si levava in distanza dalle navi incendiate; i Valdacli lasciati a presidio dell’isola erano tutti morti, ormai; se non lo erano, comunque non avrebbero potuto lasciarla, e se non avessero affrontato i Kiran sarebbero rimasti a morire di fame e stenti in quel luogo desolato dove non cresceva niente. Ma se avessero sfidato i Kiran, sarebbero morti ugualmente, in modo forse meno pietoso. [/SIZE]

[SIZE=2]Un tempo, una guarnigione di almeno mille Urqui avrebbe suonato trombe d’argento e corni, e acclamato l’arrivo di un inviato della Corte; ora non c’era che il silenzio. Ciò che importava era in fin dei conti che le ricchezze nascoste nelle viscere di quella roccia fossero di nuovo nelle mani degli Elfi. [/SIZE]

[SIZE=2]Mirisgroth era stata riconquistata.[/SIZE]

[SIZE=1]Da "La Corona di Spade", di Robert Jordan[/SIZE]

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24
Marzo 1, 2009 - 12:31 am

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[SIZE=2]Alla fine, tutto era riconducibile alla logica.[/SIZE]

[SIZE=2]Lei non si sarebbe schierata contro Fuinur. A suo tempo, avrebbe anche potuto accettarlo come re. A suo tempo. Ma una volta accaduto con tutte le formalità rispettate. Guardandosi bene dal non violare alcuna regola. [/SIZE]
[SIZE=2]Aiutare il Guardiano adesso, per come le cose erano messe, non era di sicuro un tradimento, come dare dei contrordini alle richieste che provenivano dal di fuori dell’Ordine. Forse anche comunicare con le Bianche. Dipendeva dalla natura e dall’intento della comunicazione. Scoprire la verità sarebbe stato difficile senza sapere di quale verità si trattasse. [/SIZE]
[SIZE=2]E dopo questo tempo, non era facile scoprire chi potesse aver aiutato una di loro a fuggire, come anche scoprire che cosa la regina Ardaniel le aveva affidato. Se Lynn sapeva più di quanto aveva riferito di sicuro non l’aveva lasciato intendere, nonostante la sua chiara offerta di protezione. [/SIZE]
[SIZE=2]Il tutto non aveva molto senso. L’accusa di tradimento avrebbe fatto ribollire qualsiasi Bianca dalla rabbia, ma lei non aveva visto Lynn arrabbiata. Piuttosto era nervosa. E ansiosa di andare via. Reticente, come se non avesse voluto dirle tutto ciò che sapeva o sospettava. Quasi come se ne avesse paura. [/SIZE]
[SIZE=2]Quale tipo di segreto poteva rendere Lynn nervosa o spaventata? Morte o dolore … non per lei. Tutte le Sorelle che l’avevano conosciuta in passato concordavano sul suo coraggio, sulla sua fedeltà assoluta e incondizionata alla regina. Lynn non era eccezionalmente intelligente, non era forte nel Potere, non sapeva di intrighi di corte e non era neppure in grado di sfiancare un uomo con i suoi baci. Ma era fedele. Amava Ardaniel. Non erano state amanti, certo, Ardaniel era troppo giovane, era l’amore di una damigella nei confronti della sua sovrana; Ulrith però era stata certa che quell’amore fosse ricambiato, che Ardaniel tenesse veramente a Lynn e si fidasse di lei allo stesso modo, al punto di …[/SIZE]

[SIZE=2]Proprio come i pezzi di un rompicapo, tutto andò al proprio posto e le sopracciglia di Sheriam si sollevarono ancora una volta. Tutto era andato a posto. Sentì il sangue defluire dal viso, le mani e i piedi d’un tratto gelati. Sigillato per l’Ordine. Aveva detto che avrebbe mantenuto il segreto, ma era cambiato tutto, adesso. Sheriam si spaventava solo quando era logico spaventarsi e, in quel momento, era terrorizzata. Non poteva affrontare tutto questo da sola. Ma di chi fidarsi? Date le circostanze, a chi avrebbe potuto chiedere? [/SIZE]
[SIZE=2]La risposta fu relativamente semplice. Sheriam ci mise un po’ a riprendersi dalla sorpresa.[/SIZE]

[SIZE=2]“Faelivrin. Chiama Eirbé, Seiré e Talanil nel Sogno. Che siano a Tharin per il Novilunio. Che Eirbé chieda a Sargil di venire al Tempio. Che gli dica che Sheriam chiede … con cortesia, il suo consiglio. Che desidera parlargli ancora di ciò che hanno già discusso e che è molto importante. A te, affido il compito che sai.” [/SIZE]

[SIZE=2]Ora aveva bisogno di conferme; ne sarebbe bastata una.[/SIZE]

[SIZE=2]Uscì velocemente dalle sue stanze per avventurarsi nei corridoi silenziosi di Menelcarca, camminando molto più in fretta di quanto faceva di solito. Perse cognizione dello spazio e del tempo; pensava a ciò che sarebbe stato. Si sorprese quando, sfiorandosi il fianco della gonna con una mano, toccò l’impugnatura del suo pugnale; non si ricordava di averlo preso, quando aveva lasciato le stanze. Non capiva perché mai avesse deciso di prenderlo.[/SIZE]

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[SIZE=2]Da un angolo davanti a lei spuntò Liandre, la bambina di Geshaan. Per qualche motivo portava lo scialle non solo sulle spalle ma avvolto attorno alle braccia, come se volesse fare bella mostra delle frange dorate. Si rese conto che ogni Bianca che aveva incontrato, da quando era stata ammessa all’Ordine in poi, aveva sempre portato lo scialle a quel modo quando aveva motivo di parlare con una Tesarath. [/SIZE]
[SIZE=2]Liandre non era ancora donna, eppure mostrava già con orgoglio il suo corpo statuario e un carattere molto amabile; come tutte le Bianche. Era giunta a Menelcarca assieme alla vecchia Isandre, accompagnando Alviaré quando Fuinur aveva manifestato il ritorno della Corte. L’oltrepassò velocemente salutandola solo con un cenno del capo. Doveva parlare con Isandre era stata … un’amica. Un’amicizia difficile; un sentimento difficile, fra un Elfo e una Secondogenita. Ma Isandre era stata un’amica, Sheriam supponeva di potersi fidare di lei, anche se supporre o credere poteva non esser sufficiente in questo caso. Sussultò, quando Liandre la fermò trattenendola per il braccio. Sotto lo sguardo freddo della bambina, si sentì come un invasore nel territorio nemico. [/SIZE]

[SIZE=2]Aveva bisogno di parlare con Isandre.[/SIZE]

[SIZE=2]“Non la disturberò se ha da fare, se sta riposando” disse. “Una volta eravamo amiche intime e vorrei che lo fossimo di nuovo. Ora più che mai gli Ordini non possono permettersi di perdersi lontano uno dall’altro.”[/SIZE]

[SIZE=2]Tutto vero. Ma la bambina stava ascoltando con un volto che sembrava inciso nel rame. Come se stesse guardando, con odio, un serpente.[/SIZE]

[SIZE=2]“Ti faccio strada, Madre” rispose infine la bambina, e non con rispetto. L’accompagnò, quindi rimase a guardare mentre Sheriam bussava alla porta, come se non si fidasse a lasciarla da sola. Non era mai entrata nelle sale del Telaio; era la prima volta. Era un luogo riservato alle Bianche. Qualcosa, dentro di lei, le disse che sarebbe stata l’ultima.[/SIZE]

[SIZE=2]“Avanti!” rispose una voce dall’interno. Sheriam aprì la porta sperando di aver torto.[/SIZE]

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[SIZE=2]“Sheriam!” esclamò Isandre contenta. “Che cosa ti porta da me stamattina? Da quando sono arrivata, non ci siamo quasi mai parlate. Avanti! Chiudi la porta e siediti assieme a me.” [/SIZE]

[SIZE=2]Fu come se tutti gli anni da quando erano state assieme si fondessero. Sheriam rivide Isandre com’era stata: abbastanza in carne e non molto alta, molto bella, bella come un Elfo, come tutte le Bianche, con uno scintillio allegro negli occhi scuri e il sorriso pronto. A Sheriam dispiaceva che avesse scelto di essere una Custode.[/SIZE]

[SIZE=2]“Non sai quanto sia felice di vederti” disse Isandre dopo che si furono sedute sui cuscini, tenendo fra le mani delle tazze con delle farfalle finemente dipinte. “Mi sono chiesta spesso come fare per venirti a trovare e parlare liberamente con te. Ho visto come mi guardavi. Ma ho capito subito che qui sarebbe stato difficile e, lo ammetto, temevo quello che potevo dirmi dopo che avevo rotto i rapporti con te molti anni addietro. Lo giuro sul Telaio, Sheriam, non lo avrei fatto … avevo conseguito lo scialle da troppo poco tempo per avere un minimo di coraggio. Puoi perdonarmi?”[/SIZE]

[SIZE=2]“Non ti ho mai biasimata” rispose Sheriam. “L’amicizia fra gli Ordini è sempre stata scoraggiata. Con molta fermezza. Non volevamo andare contro le altre quando eravamo giovani, e dopo sembrava impossibile tornare sui propri passi. Per me è come se il tempo non fosse passato; per te non è stato così. Ma io non vedo i tuoi anni. Ho ricordato mille volte quando cantavamo e parlavamo insieme dopo l’ora ultima …”[/SIZE]
[SIZE=2]“Oh, gli scherzi! Ti ricordi quando abbiamo cosparso di sale la sottoveste di Rian? Ma, e mi vergogno ad ammetterlo, ho dovuto aspettare di essere vecchia, e ciò che sta per accadere, prima di riuscire a fare questo passo. Voglio che torniamo a essere amiche.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ho bisogno del tuo aiuto, Isandre. Sei la sola di cui possa fidarmi.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Farò quello che posso, a parte forse difenderti davanti al Re, almeno non senza saperne il motivo. Ti darò tutto l’aiuto che posso, Sheriam. Poi farai quello che devi. Qui nessuno ci può ascoltare. Che cosa ti serve?”[/SIZE]

[SIZE=2]Una volta giunta al punto, Sheriam esitò. Non aveva dubbi su Isandre, ma pronunciare quelle parole era… difficile. [/SIZE][SIZE=2]“Il Guardiano è venuto a parlarmi” disse alla fine. “Ha parlato di molte cose. Una di esse è molto importante. Un segreto sigillato per l’Ordine. Presuppone una ricerca.”[/SIZE]
[SIZE=2]Isandre aggrottò leggermente la fronte, ma non disse che in quel caso Sheriam non avrebbe dovuto parlarne. Forse Sheriam era sempre stata la mente, fra loro due, quando erano giovani, ma Isandre era stata quella audace e il suo coraggio aveva alimentato la maggior parte delle loro azioni.[/SIZE]
[SIZE=2]“Abbiamo parlato in maniera molto circospetta, ma ciascuno di noi due sapeva esattamente che cosa voleva dire. Ci pensavo da quando la Corte è caduta, ma dopo aver parlato con lui, ho capito all’improvviso il vero motivo di tante piccole cose. Devo andare alla ricerca …” alla fine il coraggio le venne a mancare.[/SIZE]
[SIZE=2]Gli occhi di Isandre, scuri quanto i suoi erano di un verde luminoso, si pietrificarono e si diressero verso il Telaio. Il suo volto tenero nascondeva un cuore d’acciaio. Aveva il coraggio per dire con calma ciò che Sheriam era stata incapace di dire.[/SIZE]

[SIZE=2]“L’ultimogenito. Bene. Non mi stupisce che tu e il Guardiano abbiate parlato in maniera circospetta. Né che tu mi chieda di lui. Ti aspettavo da giorni.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Isandre, so che ne avete sempre negato l’esistenza con più energia di tutti i Valdacli messi assieme, ma sono certa, sicura, che era ciò che il Guardiano intendeva dire. E se lui ne è convinto …”[/SIZE]
[SIZE=2]La sua amica le fece cenno di tacere. “Non devi convincermi, Sheriam. Io so della sua esistenza fin da …” stranamente, Isandre esitò e rimase a fissare la tazza, come una veggente a una fiera. “Che cosa sai degli eventi che seguirono il giorno in cui Ardaniel morì?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Seregul fu trovato morto assieme a lei; i Valdacli capirono che era stata Ardaniel ad ucciderlo. L’intera Corte fu sconvolta. Due dei Signori morirono improvvisamente nell’arco di pochi giorni” rispose Sheriam con cautela. Supponeva che l’amica si riferisse agli eventi interni alla Corte. Per dire la verità, fino a quando non era stata eletta, non aveva prestato troppa attenzione ad altro che alla Corte. [/SIZE]
[SIZE=2]“Sono morte molte Sorelle durante quei giorni. E la dama di compagnia di Ardaniel, nel giorno in cui la sua regina morì, fuggì a nord, senza preoccuparsi neppure di ciò che sarebbe stato delle sue spoglie e di tutte le sue cose. Doveva avere una ragione molto importante. Così semplice … è questo, vero?”[/SIZE]

[SIZE=2]Isandre annuì. “Sì, ma non devi limitarti. Ora devi andare fino in fondo, Sheriam; ti dirò anche tutto il resto, e tu lo incontrerai e gli parlerai, e gli sarai fedele, perché è giusto così. Sei stata molto coraggiosa a venire da me, dopo aver capito. Sapevi già che ti avrei dato la conferma che cercavi, e sai come devi continuare. Speravo di avere ancora un po’ di tempo, eppure sapevo che sarebbe stato veramente poco e non mi dispiace che accada così. Nessuno deve poter più cambiare ciò che è giusto che sia. La via si presenta una volta sola, Sheriam; ho fatto ciò che dovevo, sono tornata per farlo prima che fosse troppo tardi, ora tocca a te, so che sarai risoluta come sei sempre stata. Per questo ti voglio bene, sei stata davvero molto coraggiosa.”[/SIZE]

[SIZE=2]Isandre le strinse la mano, forte, e Sheriam fu scossa dai brividi. Desiderava che il Guardiano non si fosse rivolto a lei. Ma ormai non poteva più tornare indietro. Aveva gli occhi umidi, e il cuore gonfio di dolore.[/SIZE]
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[SIZE=1]Da "La Corona di Spade" di Robert Jordan[/SIZE]

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25
Marzo 2, 2009 - 11:11 pm

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[SIZE=2]Aidea, allo stesso tempo splendida e modesta nella lunga sopraveste nera e dorata che aveva indossato e coi capelli intrecciati a corona, sorrise calorosamente porgendole il cesto di pane caldo. “Buon giorno, signora”. Aveva un buon profumo, la pelle fresca; tuttavia, era nervosa.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Hai incontrato i Valdacli?”, chiese Lynn.[/SIZE]

[SIZE=2]“Valdacli. Uomini!” mormorò Aidea con un lieve sorriso e uno sguardo d’intesa. “Un tale senso dell’onore! Si, naturalmente. Ralmoth è partito oggi; non ha potuto fare a meno di affidarmi a Tarush, quel giovane capitano che sorveglia le porte della città. Il suo migliore amico. Ha già assaggiato i miei fianchi con le sue mani. Cercherò di mandare un messaggio ad Aetos oggi stesso.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Mi dispiace, Aidea. Fai tutto questo per noi.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Oh no, signora. Non esser dispiaciuta, non pensarci. Tarush è un po’ innamorato di me, persino, lo crederesti?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Credevo che quegli uomini ti disprezzassero”, replicò Lynn. “Sei coraggiosa.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Amore e odio sono due lati della stessa lama”, ribatté lei allegramente, togliendosi la sopraveste e porgendole del formaggio. “A dividerli è un filo più tagliente di quello dei pugnali dei nostri Elfi.” Si mosse silenziosa sino alla porta, chiudendola con il chiavistello dopo aver scrutato in strada. Poi, mentre Lynn mangiava, accese due candele profumate, e si sedette accanto a lei, prendendola sottobraccio e, con quel gesto confidenziale, cogliendola di sorpresa. “Anche tu, signora, sei coraggiosa quanto me. Disprezzi un po’ i tuoi patroni ma nello stesso tempo li ami, non è vero?”[/SIZE]

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[SIZE=2]“Non so come risponderti.” Lynn si sistemò la gonna e accettò un bicchiere di vino, studiando con circospezione Aidea. “Un poco.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Quanti sono quelli che temi?”[/SIZE]
[SIZE=2]Lynn tenne il bicchiere senza bere. “Almeno uno, Aidea, sempre. La maggior parte, qualche volta. E tu? Devo temere anche te?”[/SIZE]
[SIZE=2]Il colore dei suoi occhi era come il cielo dopo il tramonto, quando compaiono le prime stelle. “No, signora. Mai. Non dovrai mai.” Il suo volto era come scolpito in una promessa, una promessa immotivata che Lynn non capiva, e al cui pensiero si sentì a disagio. “Tu non sei come gli altri che ho conosciuto, signora. Loro erano addestrati dalla nascita come cani che si rannicchiano sotto la frusta per una carezza della mano del loro padrone. Solo uno ha avuto il mio rispetto. No, signora; tu ti guardi attorno come se fossi accerchiata, reagisci alla minaccia della sferza piegando la testa, ma, nonostante questo, c’è qualcosa in te che si ribella a essa. E’ la ribellione che sta dentro di te, il fuoco che arde nel profondo, che mi attrae.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Non temo alcuna sferza, Aidea.” Provava fastidio, ora; non nei confronti della donna, ma di tutto, dei segreti, dei sotterfugi, di Ardor stessa forse. “La Corte è il luogo in cui ho vissuto, e ad essa sono fedele. Sono agli ordini del mio re.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Ordini!” Aidea alzò il suo bicchiere verso la luce della candela, scrutando il vino scintillante. “Gli ordini vanno bene per capitani e generali. Vanno bene per gli uomini. Non t’interessano affatto gli ordini, e non ti piace affatto impartirli. Non sei qui per gli stessi scopi degli Elfi e ogni giorno che passa ti tormenti. Se ti fidi di me, dimmi cos’è, dimmi cosa ti fa paura; io resterò al tuo fianco di fronte a tutti e lo farò senza che mi venga chiesto.” Tese il bicchiere verso di lei, sorridendo. “Gioia!”[/SIZE]
[SIZE=2]“Gioia” ripeté Lynn senza pensare, e bevve il vino.[/SIZE]
[SIZE=2]“Tu mi piaci, signora … mi piaci molto.” Alzandosi, Aidea appoggiò il bicchiere vuoto, e uscì dalla stanza.[/SIZE]

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26
Marzo 4, 2009 - 9:45 pm

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[SIZE=2]“Avremmo dovuto ucciderla, come Faelivrin disse la prima volta che la vedemmo nel Sogno. Ucciderli tutti e due.” mormorò Caralin amareggiata. “Se lo avessimo fatto, ora saremmo maledette, ma il Re avrebbe più potere.” [/SIZE]

[SIZE=2]Camminò nervosamente avanti e indietro agitando le mani, e la sporcizia sul pavimento scricchiolava sotto i suoi piedi. Tharin non era più il 'Tempio Splendente'; forse non lo sarebbe mai più stato. [/SIZE][SIZE=2]“Si, si, lo so. Le nostre Sorelle potrebbero insospettirsi sapendoci da sole. Non vogliamo attirare la loro attenzione. Ma io ho bisogno di parlare con te, Sheriam. Le hai promesso aiuto, le hai detto che le sarai fedele oltre la morte. E’ un giuramento. Ma hai dimenticato ciò che siamo? Hai dimenticato ciò che accadde al volgere dell’Era? Ovunque non ci fu altro che disastro, sofferenza. Ora tu guardi a loro come tua speranza. Quanti giuramenti possiamo fare, Madre, prima che entrino in contrasto uno con l’altro e ci distruggano? Io credo che se non possiamo ucciderli dovremmo rimanere ben alla larga. Quanto più alla larga possibile! Dimenticarli!”[/SIZE]
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[SIZE=2]“Calmati, Caralin, calmati.” La serenità della voce di Sheriam sul suo viso nervoso parve agitare ancora di più l’altra Sorella. Ma Sheriam era sicura: la logica doveva prevalere su ogni altra emozione. [/SIZE][SIZE=2]“Puniresti una tua Sorella nell’Ordine per aver obbedito a un ordine della Regina, anche se quest’ordine avesse posto la tua compagna stessa contro di te, contro l’Ordine e contro tutta la Corte? No. Sarebbe un’infamia. L’Ordine si basa su pochi fondamenti; il primo di questi è la fedeltà assoluta ad Ardana. Lynn ha sacrificato tutta la sua vita per Ardana, per Ardor. Quanto ha sofferto? Quanto ha dovuto patire e sopportare, lontana dalla sua casa, da tutti i suoi affetti e dalle cose che amava? I suoi compagni sono caduti uno a uno, è rimasta da sola. Non ha vacillato neppure per un momento. Ha fatto ciò che Ardaniel le aveva chiesto; in ogni giorno, in ogni istante della sua vita. E quando è stata chiamata è tornata, abbandonando tutto. Per Ardor, per la speranza di un futuro migliore per questa Corte e per il figlio che ha portato con sé. Punirla? Ucciderla? Questo pensiero mi fa schifo. Io intendo premiarla per ciò che ha fatto; io l’ammiro, e la sosterrò come Madre delle Bianche. Per questo, Caralin, noi saremo sempre diverse.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Madre delle Bianche! Sheriam, non so se a guidarti sia l'ambizione o la pazzia. Importa davvero tanto che Lynn abbia obbedito a un ordine di Ardaniel? Dopotutto era parte dell’Ordine; non poteva andarsene così come ha fatto. Il suo addestramento avrebbe dovuto essere completato; se così fosse stato, tutto ora sarebbe diverso, i nostri sogni si sarebbero realizzati. Non dimenticare, Madre, che si è unita ai nostri nemici. Non dimenticare, Sheriam, che quando saprà che cosa hai fatto ti odierà.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Non lo dimentico. Ma lo ha fatto perché non aveva scelta, ed ha sempre custodito il segreto. Così come io stessa non ho avuto scelta. Merito il suo odio, esso sarà una pietra che peserà sul mio spirito, fin che esisterò. Non ci sarà perdono, per me, e io non lo desidero. E tu, Caralin, dimentica invece i sogni che avevamo accarezzato. Non esiste altra strada, per l’Ordine. La via che si presenta è unica. L’Era degli Uomini.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Anche io porto lo scialle, Madre” rispose Caralin con straordinaria severità. “E so tutto questo bene quanto te. ‘Non è più il tempo degli Elfi’. Siuan, Falion, e le altre come lei, ci hanno nauseato con le loro spiegazioni per tutti questi anni. Sono stata anch’io una Verde, prima di una Rossa. Essere delle Verdi significa seguire i propri istinti e sentimenti, amare le sensazioni che Eä ti dona; non significa essere più stupide delle altre. Abbiamo ascoltato Falion e Siuan e spesso abbiamo detto di si, ma nessuna di noi Rosse, e nessuna Verde, desidera lasciare Arda, Madre, e fino a ieri non lo desideravi neppure tu. Eri pronta a qualsiasi cosa, dicevi che Ardor sarebbe rinata per mano di Fuinur e questo regno sarebbe stato migliore.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Avevo torto.” Sheriam vide lo stupore dilatare gli occhi di Caralin. I figli di Ardana non erano dei. Erano solo persone. Quella lezione l’aveva sconvolta; la prova di Isandre era inconfutabile. Ma alcune avrebbero rifiutato di imparare. I figli di Ardana erano molto forti, avevano conoscenze infinitamente superiori e forse avevano ricevuto la ricompensa dell’immortalità, ma, secondo la prova di Isandre, erano come tutti gli altri Mezzelfi. Il sogno di Ardana era irrealizzabile. A poco a poco, tutto sarebbe svanito. Poteva, però, salvare almeno le cose più belle. “Ieri era ieri. Oggi so cose che ieri non immaginavo.”[/SIZE]

[SIZE=2]Lo stupore di Caralin si trasformò velocemente in rabbia. “Ci sono altre di noi che danno tutta la loro anima e il lavoro del loro corpo ad Ardor. Staremmo tutte lavorando per niente? Anche i Fuinar sono alla ricerca delle cose che erano nostre, delle nostre case. Cerchiamo la gioia che era nostra, cerchiamo l’essenza stessa delle nostre vite, che i Valdacli ci hanno portato via. Solo questo ci manca, non l’abbiamo trovata finora ma essa è davanti a noi, possiamo quasi toccarla con le mani, adesso. Come puoi dire che non c’è più nulla, come puoi dire che Ardor non ha futuro? Vuoi andare dal Re a dirgli questo?”[/SIZE]

[SIZE=2]Caralin non capiva: se qualcosa non poteva essere trovata, il motivo più logico era che non esistesse più. Sheriam attese. Caralin non era stupida, solo paurosa, e lei credeva che le Sorelle dovessero imparare da sole le cose che avrebbero già dovuto sapere. Le menti pigre avevano bisogno d’esercizio.[/SIZE]

[SIZE=2]Non erano stati i Valdacli. O gli uomini di Dush, o i Kiran. Era stato il volgere dell’Era. Era stata la caduta del Maia Sauron. Era stata la fine della fede in Ardana. Tutto ha un inizio e una fine. Anche questa lezione l’aveva sconvolta: per un Elfo, non era un concetto facile da accettare. Per un Elfo, l’esistenza senza fine era realtà. Le parve di sentire la voce di Isandre, come se lei fosse lì accanto. [/SIZE]
[SIZE=2]Sheriam riuscì quasi a non tremare, poi attraversò la stanza e si versò un calice di vino alla prugna. Le prugne portate dai Kiran erano vecchie e il vino troppo dolce, ma le sue mani rimasero ferme. Avere paura del futuro era perfettamente accettabile, ma cedere a quella paura non lo era affatto. Una parte di quel futuro era di speranza.[/SIZE]

[SIZE=2]“Non gli dirò che intendiamo togliergli il nostro supporto, Caralin. Ci farebbe invidiare la sorte di Ulrith, lo sai?” Forse presto molte Sorelle sarebbero morte. Era giunto il tempo di convocarle, o prenderle nel Sogno e trascinarle a Tharin per ricordare loro che non avevano ancora eseguito i suoi ultimi ordini. In ogni caso, fino a quando la loro forza non fosse stata sufficiente, la cosa più logica da fare era continuare a comportarsi come se il confronto potesse avvenire da un momento all’altro. [/SIZE]
[SIZE=2]“C’è un sistema, Sheriam.”[/SIZE]
[SIZE=2]"No. Non c'è più. Il Telaio non può più essere toccato. Ciò che sarà non può più esser cambiato. Il Telaio tesserà in eterno, ma nessuno potrà più toccarlo senza rischiare la sua stessa distruzione." Sheriam provò un leggero calore al viso, nel pronunciare quelle parole.[/SIZE]
[SIZE=2]"Cosa? Che cos'hai detto? Come hai potuto farlo, Sheriam!" La voce di Caralin era del tutto incredula.[/SIZE]
[SIZE=2]"L'ho semplicemente ... fatto. Ho fatto solo il mio dovere."[/SIZE]
[SIZE=2]“Quale? Quale dovere? Inginocchiarsi davanti a un giovane che non ha neppure consapevolezza delle sue origini? Ridicolo! Se continuiamo in questo modo, come possiamo pensare di rimanere nelle grazie del Re? Ci hai condannate!”[/SIZE]

[SIZE=2]Sheriam scattò in piedi, rovesciando la sedia e lo scrittoio; “Carë! Basta!” Urlò, colpendo Caralin in pieno viso con uno schiaffo. Caralin volò a terra malamente, scompostamente; il vino al melone le macchiò il vestito, il suo calice fluttuò nell’aria e si infranse contro lo spigolo di un pilastro di pietra. Caralin rotolò e ruotò su se stessa, e fu in piedi nel tempo di un respiro, il lungo pugnale stretto nella mano sinistra, e la mano destra chiusa a pugno dietro la schiena, nell’equilibrio della figura del ‘Falco’. Sheriam era avvolta dal Potere.[/SIZE]

[SIZE=2]“Nelle sue grazie?” gridò Sheriam. “Caralin, ti ricorderai chi sei! Ti ricorderai che cosa sei e ti sottometterai alla mia autorità, chiedendomi scusa! Nelle sue grazie? Ci ha umiliate per nessun altra ragione se non per mostrare agli altri che poteva farlo. Ci ha uccise per sottometterci con la paura. Ci ha costrette a infrangere i nostri giuramenti. Ci ha spedite in luoghi infestati di morte, ambasciatrici di un re meno potente di una dozzina di nobili Valdacli, che potrebbero togliergli il trono domani se volessero prendersi l’incomodo, annegandoci nel nostro sangue. E tu pensi che a me interessino i suoi favori? Io lo odio per quello che ha fatto, per ciò che a causa sua ho dovuto fare! Io lo odio, perché ha ucciso nostre Sorelle. Lo odio perché per causa sua le mie mani sono sporche del sangue di chi amavo!”[/SIZE]

[SIZE=2]“Per la Luce, Sheriam! Noi gli dobbiamo obbedienza! A lui, non a Númenion!”[/SIZE]

[SIZE=2]“Númenion è l’erede al trono di Ardor! Proteggeremo il suo nome e il suo diritto! Solo a lui dobbiamo obbedienza! Oltre qualsiasi cosa, oltre la nostra stessa vita, perché è lui la vera speranza, la nuova speranza! Hai invocato la Luce, Caralin, e non te ne sei nemmeno resa conto. Quanto passerà ancora prima che tu inizi a pensare ai Valar e al Perdono, come Siuan, come Maité? Tutto è cambiato, Caralin, tutto! Io sono cambiata, tu sei cambiata! Guarda dentro di te. Sai che è vero!”[/SIZE]

[SIZE=2]Caralin tese le labbra. Tremando, annuì piano. “Si, Madre. Lo so.” Ripose il pugnale, e s’inginocchiò di fronte a Sheriam. “Se è così, Madre, solo a lui devo obbedienza. Tutto è cambiato. Dentro di me, so che lo è. Ti chiedo perdono.”[/SIZE]

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27
Marzo 13, 2009 - 11:34 pm

[SIZE=2]Alla luce del primo mattino che penetrava dalla spianata del Tempio, Seaine affondò la penna nell’inchiostro, ma prima che riuscisse a scrivere una parola, la tenda sul corridoio si mosse. Seaine sollevò le rade sopracciglia nere; si sarebbe aspettata chiunque tranne Sheriam, forse senza nemmeno escludere Fuinur in persona. In ogni caso posò la penna e si alzò con delicatezza, abbassando la manica bianca e argento che aveva tirato su per non macchiarla. Fece l’inchino dovuto alla Madre da un’Adunante nei propri appartamenti.[/SIZE]
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[SIZE=2][COLOR=navy]Seaine [/COLOR][/SIZE]

[SIZE=2]“Le prime lettere che annunciano il Conclave sono già state scritte e affidate a messaggeri veloci, Madre. Spero che tutto possa esser fatto entro l’estate.” [/SIZE]

[SIZE=2]Dopo tutti quegli anni ancora aveva l’accento dei Fuinar. E lo sperava davvero. La sfuriata di Sheriam contro le Grigie alcune ore prima, mentre alcune di loro stavano appena riprendendosi dalle fatiche del viaggio, con ogni probabilità stava ancora causando gemiti e ruggiti. Secoli erano trascorsi da quando l’ultima Tesarath era stata condannata alla fustigazione per aver commentato le parole della Madre, e adesso era capitato addirittura a due Sorelle. Poco importava che Seaine avesse in cuor suo approvato la condanna; le Grigie non si sarebbero piegate facilmente. Sheriam aveva dovuto essere in uno dei suoi infausti momenti di fredda furia, ma ora non ne rimaneva alcun segno.[/SIZE]

[SIZE=2]Per un momento guardò Seaine in silenzio, gelida come uno stagno d’inverno, nel suo vestito di seta striato di rosso, quindi si diresse verso la credenza intagliata dove Seaine teneva le sue cose. Dalla fusciacca che le stringeva il vestito in vita, trasse alcune miniature d’avorio dipinto. In una cornice di legno, Seaine conservava un disegno che rappresentava sua figlia Aredhel; aveva lasciato Tharin da tanto tempo, ma ancora l’amava.[/SIZE]

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[SIZE=2]Sheriam[/SIZE]

[SIZE=2]“Tu non hai votato per eleggermi Madre” disse Sheriam, appoggiando una delle miniature sulla credenza. Seaine quasi sollevò di nuovo le sopracciglia, ma si era imposta come regola di non lasciarsi sorprendere più di una volta al giorno. “Non sono stata informata che il Collegio si era riunito fino a cose fatte, Madre. Eirbé ha rappresentato la nostra Scuola.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Sì, sì.” Sheriam appoggiò una seconda miniatura e si diresse verso il camino. Seaine aveva sempre amato i gatti e la mensola era piena di felini di legno intagliato di ogni tipo, alcuni in posizioni buffe. [/SIZE]
[SIZE=2]La Madre aggrottò le sopracciglia, quindi socchiuse gli occhi e scosse leggermente il capo. “Ma sei venuta al Tempio” disse voltandosi velocemente. “Perché?”[/SIZE]
[SIZE=2]Seaine allargò le braccia. “Cos’altro potevo fare se non venire, Madre? Le voci del vostro ritorno si stavano diffondendo rapidamente. L’Ordine deve essere integro.” 'Chiunque sia la Madre', aggiunse tra sé. A Seaine era stato inculcato il senso del dovere con troppa forza e per troppi anni, perché potesse cambiare comportamento. O provare disprezzo nei confronti di chi indossava la stola nera. Non si era obbligate ad apprezzare la Madre dell’Ordine.[/SIZE]
[SIZE=2]“L’Ordine deve essere integro” concordò Sheriam. “Deve essere integro.” Perché era tanto nervosa? Aveva un carattere duro come la lama di un pugnale e due volte più tagliente, ma non era mai nervosa. “Quanto sto per dirti è Sigillato, Seaine.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Custodirò il tuo segreto, Madre.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Tu sei una Verde, Seaine. La migliore di loro. Voglio che tu … Ti ordino di proteggere un nostro figlio. E tu dovrai mantenere il segreto. Se ne giungesse notizia alla persona sbagliata, nel modo sbagliato, potrebbe significare morte e disastro per tutti gli Elfi di Ardor."[/SIZE]
[SIZE=2]Seaine sollevò le sopracciglia. Morte e disastro per tutti gli Elfi? “Lo giuro” ripeté. “Vuoi sederti, Madre?” Era la cosa giusta da dire, trovandosi nei propri appartamenti. “Posso versarti del tè alla menta? Del vino alla frutta?”[/SIZE]

[SIZE=2]Sheriam rifiutò e si sedette sulla sedia più comoda, intagliata dal padre di Seaine come dono da quando lei aveva ricevuto la stola, anche se il cuscino era stato sostituito molte volte da allora. Sheriam fece sembrare un trono quella sedia di legno, schiena rigida e massimo contegno. Ignorando la forma, non diede il permesso a Seainé di sedersi, per cui la Sorella incrociò le mani e rimase in piedi.[/SIZE]

[SIZE=2]“Ho pensato a lungo al tradimento, Seaine, da quando siamo tornare a Tharin. E a quanto stiamo cambiando. A come siamo già cambiate, dal volgere dell’Era. Ho parlato a lungo con il Guardiano. Non possiamo mai essere sicure di chi abbia il cuore oscurato dall’ombra del tradimento nei confronti della nostra Regina e di ciò che ci ha lasciato. Io sospetto che, se posto di fronte a verità che non è disposto ad accettare, qualcuno possa ordinare di revocare un mio ordine. Ho anche motivo di credere che possa uccidermi. In quale modo non lo so, e mi auguro che non accada; ma di certo sarebbe un tradimento contro la Regina e contro Ardor.”[/SIZE]

[SIZE=2]Seaine attese il seguito, ma Sheriam si limitò a guardarla, sistemandosi il vestito striato di rosso.[/SIZE]
[SIZE=2]“Cosa desideri esattamente che faccia, Madre?” chiese Seaine con cautela.[/SIZE]

[SIZE=2]Sheriam balzò in piedi. “Manda Aredhel da Siuan. Incaricala di proteggere un giovane che ha per nome Xir dal tradimento, non importa da dove esso verrà o da quanto in alto. In presenza di Elfi non dovrà mai lasciarlo da solo. Di ciò che farà, di ciò che troverà, a qualunque azione dovesse condurla, risponderà e riferirà solo alla Madre dell’Ordine e al Guardiano. Nessun altro deve sapere o interferire; le Verdi porteranno il suo onore, e allo stesso modo risponderanno e riferiranno solo alla Madre e al Guardiano. Hai capito bene?”[/SIZE]

[SIZE=2]“Ho capito i tuoi ordini, Madre.”[/SIZE]

[SIZE=2]Ed era l’unica cosa che aveva capito, si rese conto Seaine in un secondo momento, dopo che Sheriam ebbe lasciato la sua stanza ancora più in fretta di come l’aveva raggiunta. Si accomodò sulla sedia lasciata libera dalla Madre per pensare, con le mani sotto il mento, proprio come si era sempre seduto suo padre.[/SIZE]

[SIZE=2]Aredhel. Uno strano destino, più che la volontà della Madre, le imponeva adesso di rivedere sua figlia, dopo che lei aveva scelto di essere Mortale. Dopo che aveva giurato di non incrociare mai più il suo sguardo, perché troppo sarebbe stato il dolore.[/SIZE]

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[SIZE=2]Aredhel[/SIZE]

[SIZE=1]Da "La Corona di Spade" di Robert Jordan[/SIZE]

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28
Marzo 15, 2009 - 3:38 pm

[SIZE=2]Silenziosa, percorse il corridoio assieme a Eirbé, senza farsi vedere, e la seguì con lo sguardo quando lei si incamminò oltre lo specchio, verso la sala illuminata da bracieri che s’intravvedeva dall’altra parte, verso il tempio di Tharin.[/SIZE]

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[SIZE=2]C’era una gioia nell’usare il Potere, nel lavorare con l’Essenza e permetterle di toccare così intimamente lo Spirito, che lei non era in grado di esprimere. Né poteva farlo con le parole. Prima l’elfo senza anima che dicevano Re, e poi quello che tutte chiamavano il Guardiano, l’avevano spinta ad avvicinarsi a quell’Essenza, sempre di più. Contenere l’Essenza, ed essere da essa contenuta, significava essere più viva che mai. Un’illusione, così dicevano le Sorelle mentre parlavano fra loro, falsa e pericolosa, come un miraggio di acqua, eppure sembrava più reale della pietra sotto i suoi piedi. Niara resistette all’istinto di incanalarne ancora di più, ne aveva già attinto quasi il massimo per le sue capacità.[/SIZE]

[SIZE=2]Il centro dello specchio mostrava ora solo il riflesso di lei che lo guardava, ma Niara lo toccò e poco a poco l’immagine iniziò a cambiare, passando dal suo volto a quel punto che aveva sentito descrivere dal Guardiano e che aveva cercato nella sua mente fino a essere capace di saperlo trovare a occhi chiusi.[/SIZE]

[SIZE=2]Gli elfi che sorvegliavano quella sala di Menelcarca si affrettarono verso di lei, allarmati, quando iniziò a intessere i flussi. Niara si concentrò e i flussi si intrecciarono, creando un’identità tra quel luogo e quello che lei vedeva adesso nello specchio. Niara fece come per aprire i lembi di una tenda. Il gesto non era parte della tessitura d’Essenza che aveva visto fare al Re Senza Anima, ma era quasi tutto quello che lei ricordava di ciò che aveva fatto in un lontano passato, ben prima che il Senza Anima creasse il suo primo Fuoco. I flussi si unirono in un pozzo verticale che ruotò e divenne un’apertura nell’aria, più alta di lei e altrettanto larga. Al di là di quella soglia si stendeva l’ampio salone circondato di colonne, molte leghe a ovest del tempio dove si trovava ora. La luce rossa della lava arrivava fino al varco; il passaggio non aveva roteato davvero, erano stati solo i suoi occhi a percepire quell’effetto.[/SIZE]

[SIZE=2]Stare in quel tempio di Menelcarca l’aveva riempita di frustrazione. All’inizio Maité le era stata molto vicina, ma poi il Senza Anima l’aveva mandata via. Aveva spezzato qualcosa che la legava a lei. Niara si era sentita prudere i piedi per la voglia di imitarla e di andar via, di rivedere il cielo, di correre nuda nel bosco; ma aveva capito che sarebbe stata una via irta di pericoli. Aveva avuto voglia di fuggire per non farsi più guardare da nessuno, ma senza Maité non ne aveva avuto la forza. Poi, poco a poco, l’elfo che chiamavano il Guardiano le aveva fatto ricordare delle cose.[/SIZE]

[SIZE=2]La sala con le colonne oltre il passaggio era vuota. Guardò con ansia gli elfi che si avvicinavano; li osservava e sentiva le loro mani toccarle le spalle, prenderla per le braccia, cercare di portarla via mentre qualcuno chiedeva a gran voce aiuto, ma era come se stessero muovendosi con agonizzante lentezza.[/SIZE]

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[SIZE=2]Con cupa determinazione attinse altro Potere, finché la sua dolcezza non divenne dolorosa. Ancora un po’ e quel dolore sarebbe cresciuto in un’agonia accecante che in pochi attimi l’avrebbe portata alla morte, o alla perdita della capacità di percepire l’Essenza. Se solo quegli elfi se ne fossero fuggiti via![/SIZE]

[SIZE=2]Non c’era vergogna, in quel che aveva fatto. [/SIZE]

[SIZE=2]Richiuse il passaggio, intrecciando attorno a esso flussi di protezione che solo lei poteva vedere, e si sedette sul trono di marmo nero. A casa. La gioia le si leggeva in viso.[/SIZE]
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[SIZE=1]Da "Il Sentiero dei Pugnali", di Robert Jordan[/SIZE]

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29
Marzo 15, 2009 - 6:08 pm

La fortezza nella quale ho mandato i Fuina?

A Casa.... ed io ero lì xchè non sono intervenuto per parlarle almeno... dov'è andata ?

Devo sapere dov'è ? Chi era in pericolo ? e mandarLe Caralin ed Helendil appresso...

ci mancava un altro 'enfant prodige'.... li gavemo tutti noi

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30
Aprile 11, 2009 - 11:55 am

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[SIZE=2]“Cosa …” Xir si fermò per respirare. Era steso su una ruvida pietra erosa dalle intemperie, seppellita per metà nel terreno, vicino al tempio. “Cosa è successo?”[/SIZE]

[SIZE=2]“Un’onda del tuo Potere.” Siuan si mise in piedi barcollando e si strinse nel mantello, in preda ai brividi. “Era come se fossimo costretti … spinti … Sembrava venir fuori dal nulla. Devi imparare a controllarlo. Devi! Tutto quel Potere ti potrebbe ridurre in cenere.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Siuan, io … ho vissuto … era …” Xir si rese conto che la pietra sotto di lui era tondeggiante. Un Altare di Tyarana. Con movimenti rapidi e tremanti si tirò su. “Siuan, ho vissuto e sono morto, non so quante volte. Ogni volta era diverso, ma ero io. Ero io.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Le linee di congiunzione tra le Realtà che Potrebbero Essere, le Bianche sarebbero in grado di spiegartelo meglio. Tracciate da Coloro che hanno compreso la Musica.” Siuan rabbrividì; sembrava parlare a sé stessa. “Non ho mai studiato questo, ma non ci sono ragioni per cui non dovremmo essere nati in quelle Realtà, eppure le nostre vite sarebbero state diverse, e questo non può essere, il Telaio tesse una sola Realtà. Ma certo. Vite diverse per i differenti sviluppi che gli eventi potevano seguire.”[/SIZE]
[SIZE=2]“È questo che è successo? Io … noi … abbiamo visto come avrebbero potuto essere le nostre vite?”Ho vinto di nuovo, Nùmenion’. ‘No! Io sono Xir!’[/SIZE]
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[SIZE=2]Siuan[/SIZE]

[SIZE=2]Siuan si riscosse e lo guardò. “Trovi così sorprendente che la tua vita potrebbe svilupparsi in modo diverso, se tu facessi scelte differenti, o se ti accadessero cose differenti? Eppure non avrei mai immaginato … L’importante è che rimaniamo qui, fino a quando non arriveranno.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Dove siamo, Siuan? Non lo ricordo.” Sembrava ci fosse una radura in mezzo agli alberi, non lontano verso ovest, e alcune basse colline. Il sole era alto nel cielo del mattino quando si erano incontrati, ma lì era basso nel pomeriggio di un cielo grigio. La manciata di alberi nei dintorni aveva i rami spogli, oppure poche foglie dai colori accesi. Un vento freddo soffiava da est, sparpagliando le foglie sul terreno.[/SIZE]
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[SIZE=2]Temaile[/SIZE]

[SIZE=2]“Al tempio di Ty-Ar-Rana” annunciò Temaile. “Questo è il luogo in cui vi ho portati, il luogo con l’altare; il tempio non c’era, prima, ora è sorto dal fango eppure è come se fosse sempre stato qui. Non avreste dovuto entrare nel cerchio di pietre. Non so cosa sia successo, non penso che lo saprò mai, ma a giudicare dagli alberi e dalla luce, direi che non è lo stesso giorno in cui siamo arrivati. Xir, in questo modo non abbiamo guadagnato tempo sui tuoi nemici, lo abbiamo perduto.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ma io non ho …”[/SIZE]
[SIZE=2]“Devi lasciarti guidare, in queste cose” disse Siuan. “È vero che non posso addestrarti, ma forse posso almeno evitare che tu uccida te stesso, e noi con te, nel tentativo di fare troppo. Anche se non ti ammazzi … se ti consumi come una candela, chi ci guiderà?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ciò che dici continua a non avere senso, Siuan.” Si ritrasse, quando lei cercò di toccarlo.[/SIZE]
[SIZE=2]“Non abbiamo molte scelte in realtà, Xir. Qualunque cosa accada, qualsiasi cosa facciamo, alcune cose sono quasi sempre le stesse. Non essere sciocco. Lui sta per arrivare.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non voglio il tuo aiuto” le rispose con calma. "Né l’aiuto di qualsiasi altra Tesarath.”[/SIZE]

[SIZE=2]Siuan serrò le labbra. “Come vuoi, Xir. Come vuoi.”[/SIZE]

[SIZE=1]Da "La Grande Caccia" di Robert Jordan[/SIZE]

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31
Aprile 13, 2009 - 7:33 pm

[SIZE=2]Orrostar occidentale, luglio dell'anno 76 della Quarta Era.[/SIZE]

[SIZE=2]“È mia ospite” disse Amlaith. “Per consuetudine e per legge, gli ospiti delle famiglie dei Coloni possono presentarsi anche non annunciati davanti ai Sette. Non si parla di razza o discendenza, nella legge; nella casa di mia madre, gli Elfi sono i benvenuti. O metti in dubbio la mia parola?”[/SIZE]
[SIZE=2]Girilzor esitò, guardandolo negli occhi; poi annuì. “Benissimo, mio principe” rispose. Girilzor sorrise a Egeanin, mentre Girilzor faceva un passo indietro; ma il sorriso durò solo un momento. “La prima fila mi accompagni” ordinò Girilzor alle guardie. Poi, rivolto ai due servitori alla porta: “Annunciate alla principessa l’arrivo del signorino Amlaith e del capitano Tarannon; inoltre, del capitano della guardia Girilzor, con gli stranieri sotto scorta.”[/SIZE]
[SIZE=2]Amlaith gli lanciò un’occhiataccia, ma i battenti già si aprivano. Una voce sonora annunciò chi stava per entrare.[/SIZE]

[SIZE=2]Con imponenza Amlaith varcò la porta, ma guastò un poco l’entrata regale abbassando lo sguardo. Tarannon drizzò le spalle e seguì il principe, un passo esatto più indietro. Egeanin li imitò, più incerta, tenendosi alla stessa altezza. Girilzor rimase vicino a lei, accompagnato da dieci soldati. I battenti si chiusero senza rumore alle spalle del gruppetto.[/SIZE]
[SIZE=2]All’improvviso Amlaith eseguì una profonda riverenza accompagnata da un inchino, e rimase in quella posizione. Egeanin non conosceva i gesti dei Valdacli, ma si affrettò a imitare Tarannon e gli altri, ponendosi goffamente nella posizione corretta: ginocchio destro a terra, testa china, corpo piegato a premere con le nocche della destra le piastrelle di marmo, la sinistra sul pugnale. Egeanin, che non lo aveva, tenne la mano appoggiata al fianco. Notò che Girilzor aveva la testa piegata di lato e la fissava minaccioso. ‘Avrei dovuto fare qualcos’altro?’ si chiese. Si sentì improvvisamente inquieta; Girilzor provava comunque odio nei suoi confronti, ma non voleva che trasparisse.[/SIZE]

[SIZE=2]Ognuno mantenne la posizione, come una statua di ghiaccio in attesa del disgelo di primavera. Egeanin non sapeva che cosa aspettassero, ma colse l’occasione per esaminare la sala. Mosse la testa solo quanto bastava a guardarsi intorno. Lo sguardo minaccioso di Girilzor divenne più accentuato, ma lei lo ignorò.[/SIZE]
[SIZE=2]La stanza, quadrata, aveva all’incirca le dimensioni della sala comune di una locanda; le pareti mostravano scene di caccia scolpite a bassorilievo su una pietra bianchissima. Gli arazzi riproducevano fiori dai colori vividi e uccelli dal piumaggio variopinto, a parte i due in fondo, più alti di un uomo, che rappresentavano su fondo giallo un picchio, il simbolo del potere dei discendenti di Arthrazoc. Questi due arazzi fiancheggiavano una pedana col trono scolpito e dorato, sul quale sedeva Erendis.[/SIZE]
[SIZE=2]Alla destra della principessa c’era un uomo a capo scoperto, basso e tozzo, con l’uniforme dei Valdacli, quattro nodi d’oro sul mantello e larghe strisce dorate sulle maniche. Mireal era brizzolato, ma pareva forte e inamovibile come una roccia. Dietro il trono, dall’altro lato, una donna vestita di seta bianca sedeva su un basso panchetto e sferruzzava usando un gomitolo di lana scura, quasi nera. Questo particolare indusse Egeanin a pensare che fosse anziana, ma a una seconda occhiata non riuscì a darle un’età precisa. Giovane o vecchia, pareva dedicare tutta l’attenzione ai ferri e alla lana, come se a un passo da lei non ci fossero una principessa e messaggeri degli Elfi. Era una donna bella, dall’aria serena; eppure c’era qualcosa di terribile, nella sua concentrazione. Nella stanza si udiva solo il ticchettio dei ferri.[/SIZE]

[SIZE=2]Egeanin cercò di guardare ogni cosa, ma finì per tornare subito con lo sguardo alla donna dal lucente serto di rose finemente lavorate. Una lunga stola rossa, istoriata con il picchio, le scendeva sulla veste di seta a pieghe rosse e bianche; quando mosse la sinistra a toccare il braccio dell’uomo basso, fece brillare un anello con la forma di un serpente che si mordeva la coda. Eppure, ad attirare lo sguardo di Egeanin non era la magnificenza delle vesti e dei gioielli e della corona, ma la donna stessa; il motivo del suo viaggio.[/SIZE]

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[SIZE=2]Erendis aveva la bellezza del figlio, sbocciata e maturata. Il suo viso, la sua figura, il suo portamento riempivano la stanza come una luce che soffocasse le altre. Alla Corte, una vedova come lei avrebbe avuto alla porta una fila di pretendenti. Egeanin si accorse che lei li stava esaminando, e chinò la testa, timorosa che potesse leggerle nel viso altri pensieri. Correva voce che fosse una maga. ‘Non essere sciocca’, si disse.[/SIZE]

[SIZE=2]“Alzatevi” disse Erendis, con voce piena e calda che mostrava la certezza dell’obbedienza, cento volte più della voce di Amlaith.[/SIZE]
[SIZE=2]Egeanin si alzò con gli altri.[/SIZE]
[SIZE=2]“Madre …” cominciò Amlaith.[/SIZE]
[SIZE=2]Erendis l’interruppe. “Si direbbe che tu ti sia rotolato in un fienile, figlio.” Amlaith si tolse dal vestito un ultimo filo di paglia e, non sapendo dove metterlo, lo tenne stretto in pugno. “Da quanto ho capito” continuò con calma Erendis “pare che, nonostante i miei ordini, tu abbia fatto in modo di dare un’occhiata a questi Elfi, a questa donna in particolare. Amlaith, da te m’aspettavo di più. Devi imparare a ubbidire a tuo fratello. Il Primo Capitano, Tarannon,” continuò Erendis “ha anche questo compito, oltre a guidare il nostro esercito. Forse, intensificando l’addestramento, avresti meno tempo per lasciare che tuo fratello ti trascini nei guai. Chiederò a Girilzor di provvedere affinché non ti manchi da fare, durante il viaggio verso ovest.”[/SIZE]
[SIZE=2]Tarannon parve sul punto di protestare; invece chinò la testa. “Ai tuoi ordini, madre” disse.[/SIZE]

[SIZE=2]Amlaith fece una smorfia. “Madre, Tarannon non può tenermi fuori dai guai, se non sta con me. Solo per questo motivo ha lasciato le sue stanze. E poi, tutti, al castello …”[/SIZE]
[SIZE=2]“Tutti, al castello, non significa anche l’Erede.” C’era una nota di asprezza, nella voce della principessa. “Ho visto da vicino questa donna. Vorrei che tu non l’avessi portata qui.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Nindamos penserà a lei” intervenne la donna seduta sul panchetto, senza distogliere lo sguardo dal lavoro a maglia. “Ma è importante che la gente veda che la Luce ha sconfitto ancora una volta le tenebre. E che tuo figlio ha partecipato alla vittoria, Erendis.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Nindamos non farà nulla, nella mia casa, ma continuo a rimpiangere che sia venuta qui” replicò la principessa. “Amlaith, ti conosco bene.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Madre,” protestò Amlaith “ma io voglio ubbidirti. Davvero.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Davvero?” ripeté Erendis, con finta sorpresa. Poi ridacchiò. “Si, ti sforzi di essere un figlio ubbidiente. Ma cerchi sempre di stabilire fin dove puoi spingerti. Be’, lo facevo anch’io, con mia madre. Questo spirito ti farà comodo, quando sarà tutto tuo … hai in te le qualità per essere il più grande principe dei Valdacli … ma non sei ancora il principe, figlio mio. Hai disubbidito e hai portato qui questa donna. Ti basti questo.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Posso parlare, madre?”[/SIZE]

[SIZE=2]Erendis annuì.[/SIZE]

[SIZE=2]“Madre, sostieni spesso che devo conoscere il nostro popolo, dal più alto al più umile, ma ogni volta che incontro un nostro suddito sono sempre presenti una decina di servitori e guardie. Come faccio a conoscere la realtà e la verità, in queste circostanze? Parlando con questa donna, ho imparato più cose, sugli Elfi, di quante non ne avrei mai apprese dai libri. Hai detto, madre, che nei tuoi domini a nessuno sarà permesso di alzare la sua mano su uno del popolo degli Elfi perché essi sono nostri fratelli e non hanno colpe. Non ti dice niente, il fatto che sia giunta da così lontano e abbia scelto di camminare apertamente fra noi, mentre tanti nuovi venuti si nascondono a loro per paura? Madre, ti prego di non maltrattare una donna degli Elfi che è stata leale, e che mi ha insegnato molte cose sulla gente che tu governerai.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Una leale donna degli Elfi” sospirò Erendis. “Figlio mio, io non governerò le loro genti. E tu dovresti fare più attenzione ai libri. Gli uomini delle nostre terre potrebbero raccontarti che sei delle loro generazioni sono passate, eppure la paura della Corte di Ardor è ancora viva nei loro cuori. Oserei dire che ben di rado un Elfo ha osato entrare nei domini Valdacli dalla fine della Terza Era ad oggi, e mai senza un preciso scopo. Questa leale donna degli Elfi ti ha già parlato del re di Ardor Rinata, Fuinur il Senzavolto?”[/SIZE]
[SIZE=2]Egeanin mosse le spalle a disagio, sorpresa nel sentire che Erendis sapeva già parte delle cose che aveva avuto intenzione di riferirle. Parte, o tutte?[/SIZE]
[SIZE=2]La principessa notò il gesto e sorrise tristemente al figlio. “Capisci, ragazzo mio?”[/SIZE]

[SIZE=2]Egeanin le restituì lo sguardo, con una calma che mascherava la morsa che sentiva allo stomaco. Vide che lei notava la fermezza del suo sguardo. Continuando a scrutarla negli occhi, mosse di nuovo la mano verso di lei; Egeanin si accorse troppo tardi del Potere che la circondava.[/SIZE]

[SIZE=2]“È una Tesarath” disse piano, in un bisbiglio che nessuno avrebbe potuto udire se non nel silenzio di quella sala. “Una donna pericolosa al di là della sua razza Elfica, figlio mio. Donne fedeli solo alla loro perduta regina Ardana, donne di intelligenza superiore, addestrate in ogni tipo di Arte. Anche in gabbia, sotto la sorveglianza continua, donne come lei sono pericolose come un lupo.”[/SIZE]

[SIZE=2]Le ultime parole ebbero lo stesso effetto d’un annuncio della presenza dell’Oscuro Signore. Cuoio e metallo scricchiolarono, mentre stivali strusciavano sulle piastrelle di marmo. Con la coda dell’occhio Egeanin vide Girilzor e un’altra guardia scostarsi da lei per avere spazio, mano sulla spada, pronti a estrarla; avevano in viso l’espressione di chi è pronto a morire. Con due rapidi passi Mireal si spostò davanti alla pedana, fra Egeanin e la regina. Perfino Tarannon si mise davanti ad Amlaith, con aria preoccupata e la mano sul pugnale.[/SIZE]

[SIZE=2]Amlaith stesso guardò Egeanin come se la vedesse per la prima volta.[/SIZE]

[SIZE=2]Erendis non cambiò espressione, ma serrò le mani sui braccioli dorati del trono.[/SIZE]

[SIZE=2]“Senza dubbio” disse Erendis, calma, rivolgendosi a Mireal “il suo nome non è Egeanin. È davvero una Tesarath alta in prestigio nel suo ordine. Guardate i suoi occhi. Guardate il portamento. Ecco cosa predico! E non posso usare maggiore chiarezza, lo giuro per la Luce. La marcia dei Valdacli verso la sofferenza e la discordia non è finita. L’Ombra si proietta su di noi, l’Oscurità si muove. Non ha raggiunto ancora il massimo e non posso vedere se la Luce verrà dopo. Dove il mondo ha versato una lacrima, ne verserà migliaia; e costei farà sì che della sofferenza e della discordia noi saremo al centro.”[/SIZE]

[SIZE=2]Una cappa di silenzio scese sulla sala, rotta solo da Erendis, che respirò come se fosse il suo ultimo respiro.[/SIZE]

[Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]

[SIZE=2]“Ammiro la tua forza nel Potere, mia principessa Erendis. Il mio nome non è Egeanin, non lo è.” disse Maité. “Il mio nome è Maité, principessa Erendis. Vengo da Ardor Rinata. In nome di Re Fuinur desidero parlarvi; in nome suo, intendo chiedere la vostra amicizia.”[/SIZE]

[SIZE=1]Da "L'Occhio del Mondo" di Robert Jordan[/SIZE]

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Aprile 14, 2009 - 6:50 pm

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Seaine[/SIZE]

[SIZE=2]Con un compagno anziano, tanto diverso ormai dai giorni della gioventù da inondarle il cuore di tristezza ogni volta che i loro sguardi s’incrociavano, Seaine aveva avuto intenzione di condurre una vita quieta, scrivendo la storia della Corte dalla Frattura della Torre in poi, aggiungendo quanto più riusciva a includere di ciò che era accaduto in precedenza. Prima o poi l’avrebbe conclusa, e, quando lui se ne fosse andato, avrebbe composto poesie e canti che avrebbero parlato del loro amore, fino a consumarsi e a scomparire. Prima o poi, sarebbe accaduto; e Seaine non avrebbe lasciato la sua tomba. Mai. [/SIZE]
[SIZE=2]Poi tutto era cambiato, e Seaine si era ritrovata priva della certezza di poter rimanere accanto al suo compagno per sempre; sarebbe stato re Fuinur a scrivere il suo futuro, in Ardor Rinata. Avrebbe ripreso il suo posto fra le Verdi, e avrebbe servito la Corte là dove l'avrebbero mandata. [/SIZE][SIZE=2]Poi tutto era cambiato ancora una volta, Sheriam aveva indetto il Conclave, e nel frattempo, c’erano state così tante informazioni da raccogliere, così tanti quesiti da risolvere sull’Erede di Ardor. Tanith era il posto perfetto dove Seaine potesse trovare le informazioni di cui aveva bisogno. Ma non erano lì; i Valdacli avevano distrutto ogni cosa, con tutto l’odio di cui erano stati capaci. Odiava gli Uomini. Odiava i Valdacli ..? No, non poteva. Per questo Sheriam l’aveva scelta. Seaine non poteva odiarli.[/SIZE]

[SIZE=2]Colse un movimento con la coda dell’occhio e si girò. Erarnil stava oziando, appoggiato ai mattoni gialli del camino, imperturbabile quanto una roccia. [/SIZE]

[SIZE=2]“Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati, Erarnil?”[/SIZE]

[SIZE=2]Lo stava guardando in un cenno di risposta, altrimenti non avrebbe notato il movimento rapido del suo sopracciglio. Non accadeva spesso che lo cogliesse di sorpresa. Quello era un argomento che nessuno dei due menzionava mai; circa trent’anni prima lei gli aveva detto, con tutto il rigido orgoglio di un Elfo, che non ne avrebbe mai più parlato, e si aspettava lo stesso da lui.[/SIZE]
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[SIZE=2][Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
[COLOR=navy]Erarnil
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[SIZE=2][/SIZE]
[SIZE=2]“Me lo ricordo” si limitò a rispondere l’uomo.[/SIZE]
[SIZE=2]“E ancora non vuoi scusarti, immagino … mi gettasti in uno stagno.” Seaine non sorrise, anche se adesso riusciva a vederne il lato comico. “Ogni pezzo di stoffa che avevo addosso era bagnato fradicio, ed eravamo in quella che voi Valdacli chiamate nuova primavera. Rischiai di morire di freddo.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Mi ricordo anche che accesi un fuoco e vi appesi intorno delle coperte affinché tu potessi riscaldarti in privato.” Erarnil diede un colpo ai ceppi di legno e riappese l’attizzatoio sul suo gancio. Anche le notti estive erano fredde alle pendici delle Montagne Gialle. “E ricordo pure che mentre dormivo, quella notte, mi rovesciasti addosso la metà di quello stagno. Avresti risparmiato molti brividi a entrambi se mi avessi semplicemente detto che eri una Darin Tesarath, piuttosto che dimostrarmelo. Piuttosto che cercare di separarmi dalla mia spada. Non era un buon modo di presentarsi a uno scudiero di Arthrazoc, neanche per una giovane donna.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Io ero sola, assieme a un Valdaclo, e tu eri grosso come lo sei ora, e la tua fierezza era più evidente. Non volevo farti sapere che ero un Elfo e una Tesarath. Mi sembrava, a quel tempo, che avresti risposto più liberamente alle mie domande se non lo avessi saputo, senza cercare di prendere la mia testa come trofeo.” Seaine rimase in silenzio per un po’, pensando agli anni passati dopo l’incontro. Era stato bello trovare un compagno che si unisse alla sua ricerca. “Nelle settimane che seguirono, sospettasti che io fossi della Corte, e che ti avrei chiesto di legarti a me? Io decisi che eri il compagno giusto fin dal primo giorno.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non l’ho mai immaginato” rispose lui secco. “Ero troppo impegnato a chiedermi se sarei riuscito a scortarti oltre Koros senza rimetterci la pelle. Ogni notte avevi una sorpresa diversa per me. Mi ricordo in particolar modo le formiche. Non credo di avere avuto una buona nottata di sonno per tutto il tempo di quel viaggio.”[/SIZE]
[SIZE=2]Lei si concesse un sorriso, al ricordo. “Ero ingenua” disse. “Il nostro legame ti pesa, dopo tutti questi anni? Non sei un uomo che indossi un guinzaglio facilmente.” Era un’osservazione pungente, e lei voleva che lo fosse.[/SIZE]

[SIZE=2]“No.” La voce di Erarnil era fredda, ma lui prese di nuovo l’attizzatoio e diede un feroce colpo alla legna, che non ne aveva bisogno. Una nuvola di scintille salì su per il camino. “Ho scelto liberamente, sapendo cosa avrebbe comportato amarti.” Sbatté l’arnese di ferro di nuovo sul suo gancio, e fece un inchino formale. “Sono onorato di averti amato e servito, Theles Seaine Tesarath. Lo sono stato in passato e sempre lo sarò, sempre.”[/SIZE]

[SIZE=2]Seaine sospirò. “Nella tua umiltà, Erarnil, c’è sempre stata più arroganza di quanto la maggior parte dei re saprebbero mostrare con degli eserciti a sostenerli. È stato così, dal primo giorno che ti ho incontrato.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Perché continui a parlare del passato, Seaine?”[/SIZE]

[SIZE=2]Per la centesima volta, almeno così le sembrava, lei soppesò le parole da usare.[/SIZE]

[SIZE=2]Ma ora guarda, tutto è compiuto. I miei amici o sono partiti per l’ovest o sono morti, la pace regna sulla città che ho collaborato a costruire, e tu; tu sei un uomo e dovrai uscire dalla mia ombra.[/SIZE]
[SIZE=2]Dovrai uscire dall’ombra di tuo padre e trovare il Tuo destino.[/SIZE]

[SIZE=2]“Che cos’è, Seaine? Non hai mai avuto la capacità di camminare nei sogni.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Faelivrin l’ha sognato per me, e nel sogno ha visto che presto un Mezzelfo verrà, e che egli, in un legame con le profezie del libro di Golodhlir, toccherà la mia vita in modo tale da … Prima che tu venissi a Tanith, Erarnil, ho fatto in modo che, in caso qualcosa dovesse accadermi, il tuo legame con la Corte sia passato a un’altra, che sappia chi sei e ti protegga dall’odio nei confronti della tua gente.” Erarnil la fissò, in silenzio. “Quando percepirai la mia morte, ti sentirai obbligato a cercarla immediatamente. Non voglio che tu ne rimanga sorpreso.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Obbligato” sospirò lui piano, con rabbia. “Non hai mai usato il tuo potere per forzarmi, nemmeno una volta. Pensavo che tu disapprovassi sommamente questa pratica.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Se non avessi agito come ho fatto, al momento della mia morte, tu saresti libero dal legame, e nemmeno le mie parole più forti avrebbero efficacia su di te. Non ti consentirò di morire in un inutile tentativo di vendicarmi. E non ti consentirò di tornare alla tua altrettanto futile guerra personale contro i Valdacli di Nindamos. La guerra che combattiamo è la stessa, se solo tu potessi vederlo, e io farò in modo che tu combatta per uno scopo per gli anni che ti restano. Né la vendetta, né una morte senza sepoltura in un bosco sono scopi validi.”[/SIZE]

[SIZE=2]“E prevedi che la tua morte sopraggiungerà presto?” La voce di lui era calma, il volto privo d’espressione, come pietra in una bufera invernale. Seaine lo aveva visto così molte volte, di solito quando era prossimo alla violenza. “Hai pianificato qualcosa, senza di me, che ti porterà alla morte?”[/SIZE]

[SIZE=2]“All’improvviso sono contenta che non ci sia uno stagno in questa stanza” mormorò lei, poi alzò le mani quando lui si irrigidì, offeso dal suo tono superficiale. “Io vedo la mia morte ogni giorno da quando Ardor è caduta, Erarnil, come fai tu. Come potrebbe essere altrimenti, con le cose che abbiamo fatto in questi anni? Adesso che tutto sta tornando, sono costretta a vederla ancor più vicina. Alviaré e Nienné sono morte nel sud, combattendo per Ardor, per il loro re; perché per me dovrebbe essere diverso? Ma tu non fai parte della Corte.”[/SIZE]

[SIZE=2]Per un momento Erarnil si studiò le mani, larghe e quadrate. “Non avevo mai pensato” disse piano “che potrei non essere il primo di noi due a morire. Neppure dopo che Aredhel se n’è andata. In qualche modo, anche nei momenti peggiori, mi è sempre sembrato …” All’improvviso si sfregò le mani. “È per questo che hai fatto tutta questa storia?” chiese. I suoi occhi bruciavano come fuoco azzurro, e la bocca si torceva. Rabbia; per la prima volta da quando lo conosceva, la rabbia era chiaramente impressa sul suo volto. [/SIZE]

[SIZE=2]“Tutte queste chiacchiera sono una prova – una prova! – per vedere se riesci a farmi disprezzare te e la tua Corte? Dopo tutto questo tempo? Dal giorno in cui mi sono impegnato con te, ho cavalcato dove tu mi dicevi di andare, anche quando lo credevo stupido, anche quando avevo motivo di preferire un’altra direzione. Non hai mai avuto bisogno del tuo potere per costringermi a obbedire. Quando me l’hai chiesto, io ti ho guardata camminare nel pericolo e ho tenuto le mani ferme quando invece avrei voluto sguainare la spada e aprirti un passaggio verso la salvezza. Hai mandato nostra figlia Aredhel incontro a mille pericoli e forse alla morte, per il tuo Erede, e non ho detto nulla. Dopo tutto questo, tu mi metti alla prova?”[/SIZE]
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[Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
[SIZE=2] [COLOR=navy]Aredhel[/COLOR][/SIZE]

[SIZE=2]“Non è una prova. Ti ho parlato con franchezza. È così che vedi Ardor? L’Ordine? Me? Lupi che cercano di metterti alla prova? Tu sai chi è l’Erede di Ardor, ora. Sai cosa deve diventare. Deve. Sai per cosa abbiamo lavorato fin dal giorno in cui ci siamo incontrati, e anche da prima: per riparare le ferite inferte con crudeltà da uomini ciechi d’odio. Dubiti ora delle mie parole, del mio operato?”[/SIZE]

[SIZE=2]“No. No. Io credo in ciò che fai, Seaine, credo in ciò che fa il tuo Ordine anche in casi come questo, quando ne so meno della metà; ci credo perché credo in te. Non ti ho chiesto di liberarmi dal mio legame e non lo farò. Per quanto tu possa aver progettato di morire e vedermi in salvo, sarà un grande piacere mantenerti in vita e fare in modo che quei piani, alla fine, risultino inutili.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Il Libro di Golodhlir. Il Telaio. Il destino” sospirò Seaine. “Forse è stato quello. Piuttosto che guidare un truciolo a galla lungo un ruscello, Sheriam sta cercando di condurre un tronco tra le rapide. Da quando Fuinur è tornato, ha tirato tutto intorno a lui come un gorgo. Forse anche noi stiamo venendo trascinati, forse persino lui stesso. Ogni volta che spingiamo, il tronco spinge noi, e diventa sempre più difficile man mano che andiamo avanti. Eppure dobbiamo arrivare alla fine di tutto questo.” Rise. “Non sarò infelice, cuor mio, se riuscirai a mandare all’aria i miei piani. Adesso, per favore, esci da questa stanza. Sheriam verrà presto a parlarmi, e sai che non desidera incontrare anche te.” [/SIZE]

[SIZE=2]Erarnil esitò un momento prima di dirigersi verso la porta. All’ultimo, però, lei non riuscì a lasciarlo andare senza fargli un’ultima domanda. “Sogni mai qualcosa di diverso, Erarnil?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Tutti gli uomini sognano. Ma io riconosco i sogni per quello che sono. Questa” disse toccando l’impugnatura della sua spada “è la realtà.”[/SIZE]

[SIZE=1]Da "La Grande Caccia" di Robert Jordan[/SIZE]

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Aprile 17, 2009 - 7:06 pm

[SIZE=2]La catena cadde a terra, il Kiran che stava di guardia urlò e la porta esterna si spalancò lasciando entrare dalla notte la morte velata di nero. Nella sala esplosero strilli e grida mentre gli uomini si affannavano a estrarre le spade per combattere le lance dei Gûlhai. I Kirani snudarono le loro sciabole e i coltelli con la lama a serpentina e lottarono per le loro vite. Una volta Seaine aveva visto dei gatti che si azzuffavano; in quella stanza la scena fu simile, solo centuplicata. Pochi attimi dopo, regnò il silenzio. O quasi.[/SIZE]

[SIZE=2]Ogni umano che non indossava il velo nero giaceva morto, trapassato da una lancia; una aveva inchiodato Aden al muro. Anche due Gûlhai erano immobili, fra l’accozzaglia di casse e ceste rovesciate e cadaveri. Altri sette erano invece in piedi uno di fianco all’altro, al centro della sala, con la lancia in mano. Uno si teneva la mano sul fianco come se fosse ferito, anche se non mostrava altri segni di debolezza. Un altro aveva un lungo taglio sul volto. Circondavano alcuni Kirani ancora vivi, pronti a scatenarsi: Erarnil era in mezzo a loro. Mentre si muovevano in circolo, i Gûlhai battevano le lance contro i piccolo scudi di cuoio, quasi fossero tamburi da guerra. I Kirani giravano assieme ai Gûlhai, gli occhi sbarrati per la paura; Erarnil, immobile, fissava i guerrieri velati e pareva intento a soppesare la sua spada.[/SIZE]

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[SIZE=2]“Danza con me, uomo” disse all’improvviso uno dei Gûlhai con tono di derisione.[/SIZE]
[SIZE=2]“Danza con me, Valdaclo.” A parlare era una donna.[/SIZE]
[SIZE=2]“Danza con me.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Danza con me.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Basta così” ruggì Seaine, spalancando la porta, e le tre Tesarath avvolte nel bagliore del Potere uscirono dal transetto che portava al sotterraneo del tempio. [/SIZE]

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[SIZE=2]Seaine lanciò entrambe le sue Stelle mentre Mir e Delan la proteggevano con una barriera di fuoco e di luce: quando colpirono, si sentì un rumore di schegge d’osso spezzate, e due dei Gûlhai caddero; le Stelle, fischiando sinistramente, tornarono verso le mani di Seaine, che le afferrò con un movimento aggraziato. Poi l’aria stessa sembrò avvolgere Mir e proiettarsi verso altri due Gûlhai velati, stringendoli e sollevandoli fino a farli sbattere contro una parete, e qualcosa avvolse la mano di Delan, un globo di luce bianca che avrebbe fatto sembrare scuro il sole di mezzogiorno.[/SIZE]
[SIZE=2]I Gûlhai sobbalzarono, poi si tolsero il velo, come per far capire a lei e ai Kirani che non volevano più combattere. ‘Un po’ troppo in fretta’, pensò Seaine. Rilasciò il Potere con riluttanza; permise al Potere di rilasciarla. Non sapeva quale delle due cose fosse più difficile.[/SIZE]

[SIZE=2]Tre di loro erano uomini fatti, uno dei quali più anziano, con un po' di grigio fra i capelli neri. Erano alti e massicci e, giovani o vecchi, avevano tutti quella calma certezza negli occhi, quella pericolosa grazia nei movimenti; la morte cavalcava sulle loro spalle, e loro sapevano che era lì e non la [/SIZE][SIZE=2]temevano. Una delle donne era graziosa. Le grida stavano scemando.[/SIZE]

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[SIZE=2]Delan fissò gli Urqui a terra.[/SIZE]

[SIZE=2]“Non ce n’è bisogno, Tesarath” disse il più anziano. “Sono stati toccati dallo Spirito Ombra.”[/SIZE]

[SIZE=2]Lei si chinò lo stesso a controllare, spostando i veli per poter sollevare le palpebre e toccare le loro gole. Stesa a terra, c’era anche Dailin, la sua serva di Koronande. “Che il fuoco ti divori! Che il fuoco ti divori!” Non era chiaro se si riferisse a Dailin, al Gûlhai con i capelli grigi, ai Kirani o a tutti gli Urqui. “Non l’ho chiamata a Tharin perché potesse morire così!”[/SIZE]

[SIZE=2]“La morte viene per tutti noi” iniziò a rispondere la donna graziosa, ma quando Seaine spostò lo sguardo su di lei, rimase in silenzio. Gli Urqui Gûlhai si scambiarono degli sguardi d’incertezza, non sapevano se Seaine avrebbe riservato loro lo stesso trattamento di quelli di loro che erano stesi a terra. Non c’era paura nei loro occhi, solo consapevolezza.[/SIZE]

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[SIZE=2]Ash[/SIZE]

[SIZE=2]“L’acciaio della Tesarath uccide, l’acciaio della Tesarath porta lo Spirito Ombra” disse la donna Gûlhai rivolta agli altri “non ferisce.” L’uomo anziano la guardò con lieve sorpresa. “La punizione è stata giusta, Sharû.”[/SIZE]

[SIZE=2][Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
[COLOR=navy]Sharû
[/COLOR][/SIZE]

[SIZE=2]“Mi dispiace” disse il Gûlhai più anziano. “Noi non avevamo capito che cosa fosse il richiamo. Chi fossero questi uomini. Adesso sappiamo.”[/SIZE]

[SIZE=2]“L’errore è stato mio, Yrch.” L’uomo la guardò sbigottito, poi capì. La sacerdotessa Tesarath si stava … scusando. Era un grande onore. Sharû s’inchinò fino a poggiare la sua fronte a terra mentre Seaine continuava. [/SIZE]

[SIZE=2]“Sappiamo così poco di voi. Fuinur ci aveva suggerito che avreste potuto essere … diversi, ma non gli abbiamo dato ascolto. Forse avremmo dovuto. Se l’avessimo fatto, i vostri compagni, e i nostri, sarebbero vivi, ora.”[/SIZE]

[SIZE=2]Sharû sembrò rilassarsi, come se trovarsi di fronte a una Tesarath che non sembrava più ansiosa di ucciderlo avesse fatto sciogliere la tensione. [/SIZE]

[SIZE=2]“Per i giovani, la morte è un nemico contro il quale vogliono mettere alla prova la loro forza. Per quelli di noi un po’ più anziani, è una vecchia amica e un’amante. Ma non siamo impazienti di incontrarla. Sono certo che hai fatto quel che potevi per uccidere i Gûlhai che ti hanno assalita con pietà. Ti ringrazio, Tesarath, per questo e per l’onore che ci accordi accogliendoci nel Tempio. Anche se devo ammettere di essere sorpreso di vederti. Nessuno immaginava che Tharin esistesse ancora, e che voi foste qui.”[/SIZE]

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[SIZE=2]una "stella" delle Tesarath[/SIZE]

[SIZE=1]Da "Il Drago Rinato" di Robert Jordan[/SIZE]

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Aprile 18, 2009 - 12:15 pm

[SIZE=2]Tharin, Tempio di Tesarath, nella Corte di Ardor Rinata. Giugno dell'anno 76 della Quarta Era[/SIZE]

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[SIZE=2]Prima che il sole si affacciasse all’orizzonte al sorgere del mattino, Sheriam convocò il Collegio. [/SIZE]

[SIZE=2]Nell’Epoca Terza la cosa avrebbe richiesto una complessa cerimonia, che almeno in parte era stata conservata anche dopo la caduta della Corte, nonostante le difficoltà, e ripetuta al Menelcarca. Questa volta, invece, Arbé dopo aver ricevuto l’ordine da Sheriam si limitò ad andare alle stanze delle Adunanti per annunciare che la Madre aveva indetto una seduta del Consiglio e che sarebbe stato formalmente annunciato il Conclave. [/SIZE]
[SIZE=2]In realtà, non si sedettero affatto. Nella luce grigia che precede l’alba vera e propria, sulla spianata del Tempio, diciotto femmine degli Elfi, delle quali sette erano Sorelle di Tesarath, si disposero in semicerchio per ascoltare Sheriam, avvolte negli scialli dei colori che rappresentavano le diverse scuole e che le proteggevano dal fresco del mattino che trasformava i loro respiri in vapore leggero.[/SIZE]

[SIZE=2]Altre donne cominciarono ad apparire dietro di loro per osservare la riunione, solo poche all’inizio, servitrici e compagne dei guerrieri Kirani giunti sull’isola, ma quando nessuno le mandò via il gruppo si infittì e diede vita a un basso ronzio di parole. Un ronzio molto soffuso. Poche donne avevano l’ardire di importunare anche solo una singola Adunante, e lì c’era una rappresentanza del Collegio. Le poche Iniziate che erano comparse dietro le Sorelle erano ancora più silenziose, e ancor più lo era il nugolo di serve che non avevano compiti da svolgere, pur essendo molto più numerose. Il numero di studentesse alla scuola era una volta e mezza quello delle Sorelle, ce n’erano così poche. Alcune Sorelle erano ancora convinte che si dovesse rimanere sulle vecchie usanze e lasciare che fossero le famiglie a portare le bambine a loro, ma quasi tutte si rammaricavano ora per gli anni perduti in cui il numero delle Tesarath si era così ridotto.[/SIZE]

[SIZE=2]Nel bel mezzo dell’assemblea, Delan uscì da dietro una tenda e si fermò di scatto alla vista di Sheriam e delle altre Adunanti. La Grigia, che di solito era la personificazione della compostezza, trasalì, girandosi indietro a guardare. Seaine trattenne una smorfia, chiedendosi cosa lei avesse in mente.[/SIZE]

[Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]

[SIZE=2]Spingendo indietro il mantello finemente decorato per mostrare la stretta stola verde e oro della Custode, Seaine rivolse a Sheriam la riverenza più formale che poté eseguire, poi prese posto al suo fianco. La Sorella Verde dai capelli color del sole era l’immagine stessa della serenità. A un cenno del capo di Sheriam, fece un passo avanti e intonò l’antica formula nella lingua elfica di Ardor con voce alta e chiara.[/SIZE]

[SIZE=2]“È giunta! Sheriam Elenwe, la Custode dei Sigilli, Fiamma di Ardor, Madre dell’Ordine. Che il Padre illumini la Madre dell’Ordine, l’Ordine e il Tempio! Prestate attenzione, perché è giunta fra noi!”[/SIZE]

[SIZE=2]Sembrava un po’ fuori luogo in quell’ambiente, e inoltre Sheriam era già lì, non stava arrivando. Le Adunanti rimasero in silenziosa attesa. Alcune si accigliarono impazienti, o giocherellarono irrequiete con il mantello o la gonna.[/SIZE]
[SIZE=2]Sheriam spinse indietro il mantello, scoprendo la stola nera che portava intorno al collo. Le Adunanti avevano bisogno di tutti i promemoria possibili per ricordarsi che lei era la Madre dell’Ordine. [/SIZE]

[SIZE=2]“Siamo tutte stanche per il duro lavoro qui a Tharin e per questo clima” annunciò lei, la voce non alta come quella di Seaine ma abbastanza perché tutte la sentissero. Avvertì un brivido di anticipazione, quasi un attimo di stordimento. Una premonizione. “Ho deciso che ci fermeremo tutte qui ancora per due mesi, forse tre.” Le teste si raddrizzarono di scatto, si era accesa la scintilla dell’interesse. Sheriam si augurò che tra la gente in ascolto ci fosse anche chi avrebbe potuto riportare quelle notizie a Fuinur. [/SIZE]

[SIZE=2]Nel momento in cui possa essermi comunicato.[/SIZE]

[SIZE=2]Stava cercando di attenersi ai Giuramenti. “Abbiamo bisogno di riposo, e per il Tempio sono necessari ancora molti lavori di riparazione. La Custode si occuperà dell’organizzazione.” Era cominciata davvero, adesso.[/SIZE]
[SIZE=2]Agli angoli degli occhi di Alcarin si erano formate le rughe di un’espressione interrogativa. “Sono sorpresa, Madre. Perdonami, ma avevi annunciato di non essere convinta dell’opportunità di fermarsi a lungo a Tharin.”[/SIZE]

[SIZE=2]Sheriam non si aspettava discussioni o proteste. Quasi tutte le Adunanti che le avevano giurato fedeltà, però, compresa Seaine, lo avevano fatto forse per paura dell’ignoto e per spirito di autoconservazione dopo che Maité era stata spogliata del suo Giuramento. Come avrebbero reagito, di fronte al primo vero atto della nuova Madre?[/SIZE]

[SIZE=2]“Siamo tutte convinte che ogni cosa deve andare secondo i desideri del Padre e che la realtà che vediamo ogni giorno di fronte ai nostri occhi, che sentiamo sulla nostra pelle, che abbiamo vissuto per tutta la nostra vita non conta nulla, perché essa stessa potrebbe essere un inganno. Sappiamo tutte che il Padre ci presenterà la sua volontà così come Egli vorrà e disporrà a suo piacimento.”[/SIZE]

[SIZE=2]Arbé annuì, spostandosi leggermente. Caralin sembrava contrariata.[/SIZE]

[SIZE=2]“Tre giorni fa, è accaduto un fatto inatteso. Inusitato per l’Ordine, e di fondamentale importanza. Esso è già conosciuto alle Adunanti qui riunite; per mia volontà e per decisione unanime del Collegio, sarà rivelato solo al Conclave.”[/SIZE]

[SIZE=2]Non si devono prendere decisioni affrettate.[/SIZE]

[SIZE=2]Fu sorpresa di quanto era riuscita a sembrare maestosa e serena. Molte Sorelle speravano in un miracolo che permettesse loro di opporsi a Fuinur. Nonostante fosse profondamente convinta della necessità di ribellarsi alla sua volontà di sostituire le parole dei Giuramenti, Sheriam, nonostante tutto quello che aveva fatto, non voleva un confronto diretto con lui. Si sarebbe aggrappata a qualsiasi occasione di rimandare quel momento, a qualsiasi occasione per aspettare ancora, ma non sarebbe arrivata.[/SIZE]

[SIZE=2]Chiedo grande rispetto.[/SIZE]

[SIZE=2]“A questo fatto inusitato deve seguire un fatto raro, motivato dalla sua stessa natura e dalla profondità del cambiamento che in conseguenza di esso Ardor e l’Ordine attraverseranno. Stiamo andando a Menelcarca per confrontarci con Fuinur; da oggi, e fino a una nuova riunione del Collegio, la Stola Nera diverrà Bianca. Lynn di Geshaan, ancella di Ardaniel, fatti avanti, entra nel nostro Cerchio. Ho preso la mia decisione, così come la nostra legge mi consente di fare. Per mia volontà, nella circostanza che stiamo tutte vivendo, sei stata eletta Madre delle Tesarath, nella Gloria del Padre Celeste, che l’Ordine duri per sempre. Lynn Elenwe, la Custode dei Sigilli, Fiamma di Ardor, Madre dell’Ordine.”[/SIZE]

[Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]

[SIZE=2]Di fronte agli occhi attoniti di Delan, Mir e Alcarin, Seaine tolse l’anello dalla mano di Sheriam, e lo porse ad Arbé, la quale si avvicinò a Lynn.[/SIZE]

[Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]

[SIZE=2]Delan scattò in avanti.[/SIZE][SIZE=2]“Non puoi farlo, Sheriam! Non così, non senza la votazione del Collegio!” , urlò.[/SIZE]
[SIZE=2]“Nessuna vuole vedere la Stola Bianca prevalere sulle altre!” disse con foga Mir. “Non è più il tempo di Ardaniel! Certo che no! E le altre come Lynn …”[/SIZE]

[SIZE=2]Seaine, lentamente, portò le mani dietro il suo mantello. Il silenzio delle altre Adunanti era assordante. Faelivrin aveva lo sguardo fisso in avanti e si stringeva le gonne come per costringersi a guardare davanti a sé. Lei almeno aveva saputo da prima quello che sarebbe successo.[/SIZE]

[SIZE=2]Chi si macchierà di inutili colpe dovrà pagarne il prezzo.[/SIZE]

[SIZE=2]Sheriam mise fermezza nella voce, e disse: “Statemi a sentire. Ho preso la mia decisione; non vi resta che accettarla. O dovrete affrontare le sicure conseguenze del vostro fallimento.” [/SIZE]

[SIZE=2]Quando lei si zittì, il vento soffiò una raffica ululante.[/SIZE]

[SIZE=1]Da "La Corona di Spade" di Robert Jordan[/SIZE]

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Aprile 19, 2009 - 11:10 am

[SIZE=2]Menelcarca. Dopo il ritorno di Nùmenion, Erede al Trono di Ardor. Estate dell'anno 76.[/SIZE]

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[SIZE=2]“Questo sarà … altamente sgradevole, Sheriam.” Peggio che sgradevole, molto peggio. Seaine accantonò l’idea, ci avrebbe pensato dopo. “Sheriam, non riesco a capire questa tua alleanza con le Bianche. Le convinzioni di Lynn, le sue attitudini nei confronti degli uomini, addirittura il punto di vista sugli scopi dell’Ordine, sono completamente diversi. Una Rossa e una Bianca non possono nemmeno parlare fra di loro senza finire a urlare.”[/SIZE]

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[SIZE=2]“Le cose cambiano, Seaine. Fra un’ Era e l’altra, molte cose cambiano.” Sheriam sorrise e parlò come rivolta a sé stessa. “Le vecchie mura si indeboliscono e le vecchie barriere crollano.” Si scosse e la voce tornò a essere risoluta. “C’è anche una terza cosa.”[/SIZE]

[SIZE=2]Quanto Sheriam finì di parlare, Seaine si sentì più turbata di quando aveva appreso che Maité era stata spogliata del suo Giuramento. Da qualsiasi scuola provenisse, la Custode parlava solo per la Madre, e la Madre parlava per le Tesarath di tutte le scuole. Era sempre stato così, e nessuno aveva mai suggerito dei cambiamenti, nemmeno nei giorni più neri, nemmeno quando i Valdacli avevano rinchiuso tutte le Tesarath superstiti dentro il tempio di Tharin. La Madre era la Madre. Ogni Tesarath giurava di obbedirle. Nessuno poteva mettere in discussione le sue azioni o le sue scelte. Quella proposta andava contro seimila anni di usanze e di leggi; eppure, basava su quelle leggi e usanze la sua stessa consistenza.[/SIZE]

[SIZE=2]“Hai osato tanto, Sheriam. Madre.”[/SIZE]

[SIZE=2]La risata di Sheriam fu amara. “Ho osato tutto, Figlia.”[/SIZE]

~

[SIZE=2]Alcarin si alzò con grazia, rivolgendole un sorriso. “Con la tua presenza mi onori, Seaine. Questa è davvero una piacevole sorpresa. Non pensavo saresti venuta, pensavo che ti volessi riposare dopo il tuo …”[/SIZE]

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[SIZE=2]Seaine la interruppe bruscamente e, guardando nel vuoto, disse, “Voglio parlare solo con Theles Alcarin. Voi tutte uscite. Adesso.”[/SIZE]
[SIZE=2]Ci fu un momento di attonito silenzio, poi le Fuinar rivolsero i loro saluti ad Alcarin. Una dopo l’altra fecero un inchino a Seaine, ma lei non ricambiò. Continuò a guardare fisso davanti a sé, nel nulla, ma le vide e le sentì. Riverenze profferte a disagio per l’umore della Tesarath. Gli occhi che si abbassavano quando lei le ignorava. Per uscire le passarono vicino, schiacciandosi goffamente indietro per non disturbarla.[/SIZE]

[SIZE=2]Non appena la porta si chiuse dietro l’ultima di loro, Alcarin disse, “Seaine, se vuoi parlarmi del …”[/SIZE]
[SIZE=2]“L'Erede è giunto. Vivi per Ardor, Figlia?” Era il momento di smetterla con quella sciocchezza di chiamarla Sorella. Seaine era più anziana, la vecchia forma sarebbe stata rispettata, d'ora in poi. Nonostante le regole fossero state a lungo ignorate, era tempo di ricominciare a ricordarle. Appena ebbe formulato la domanda, però, Seaine si rese conto di aver commesso un errore.[/SIZE]
[SIZE=2]La schiena di Alcarin s’irrigidì e l’espressione del suo viso si fece più dura.[/SIZE]

[SIZE=2]“Questo è un insulto, Seaine. Io sono di Ardor come te, di una nobile casata e del sangue di guerrieri. La mia stirpe combatte per la Corte fin da quando esiste, combatte e serve la Regina. Tre ere senza fallire, e senza un giorno di debolezza.”[/SIZE]

[SIZE=2]Seine cambiò linea di attacco, ma non si ritirò. Attraversando la stanza a grandi falcate, prese dalla mensola del camino la copia rilegata in pelle del libro che Alcarin stava leggendo e la soppesò. ‘La danza del falco e del colibrì’.[/SIZE]

[SIZE=2]“Ora più che in ogni altro momento, Figlia mia, l’Ordine deve essere riverito e le sue regole temute.” Con noncuranza gettò il libro nel fuoco. Le fiamme guizzarono come se il libro fosse stato un ciocco di legna grassa, scoppiettando mentre salivano su per il camino. Nello stesso momento ogni lampada nella stanza divampò, sibilando per quanto bruciava con forza, inondando la stanza di luce. “Qui più che in ogni altro posto. Qui, così vicino all'Erede, e a Re Fuinur, dove la corruzione è in agguato. Qui, anche chi crede di servire la Corte nella maniera giusta può essere corrotto dai suoi nemici.”[/SIZE]
[SIZE=2]Gocce di sudore imperlavano la fronte di Alcarin. La mano che aveva alzato in segno di protesta per la sorte del suo libro si abbassò lenta. Manteneva ancora un’espressione ferma, ma Seaine la vide spostare il peso da un piede all’altro. “Non capisco, Theles Seaine. Se tratta della nostra decisione di non sostenere Lynn, sono sciocchezze. Tu sai che non può esser fatto. Lei non è la madre dell'Erede, non ha diritto a indossare la stola. Non torneremo a Tharin.”[/SIZE]

[SIZE=2]C’era stato un vago tremito nella sua voce. ‘Bene’, pensò Seaine. I paralumi di vetro s’incrinarono quando le fiamme balzarono più alte e ardenti, illuminando la stanza e rendendola chiara quanto un pomeriggio senza nuvole. Alcarin stava in piedi, rigida come un palo, con il volto teso, e cercava di non strizzare gli occhi.[/SIZE]

[SIZE=2]“Sei tu a essere sciocca, Figlia. A me non interessa nulla di Lynn. Qui siamo vicini al cuore del potere di Ardor Rinata. Qui tutti tocchiamo la natura stessa di questo potere, camminiamo nella sua ombra. Perché ti stupisce che io parli della possibilità che la corruzione possa penetrare nell’Ordine e minacciare l'Erede? Contro la volontà di ciascuna di noi o meno, può in ogni caso corromperci. Perché credi che Sheriam abbia deposto la stola, e messo tutte voi alla prova?”[/SIZE]
[SIZE=2]“No.” Fu un rantolo.[/SIZE]
[SIZE=2]“Io sono una Verde, Figlia” disse Seaine inesorabile. “Il mio dovere è dare la caccia a tutti coloro che sono corrotti.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non capisco.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non solo quelli che sono fuori dall’Ordine. Tutti. Importanti o no, io do loro la caccia.”[/SIZE]
[SIZE=2]“No!” Come se un sostegno invisibile fosse svanito, Alcarin cadde in ginocchio e abbassò la testa. “Per favore, Theles Seaine, assicurami che non ti riferisci a Delan. Non può essere.”[/SIZE]

[SIZE=2]In quel momento di dubbio e confusione Seaine colpì. Non si mosse, ma diede forza con il Potere alla stretta nella quale aveva già avvolto Alcarin. Lei ansimò e sobbalzò, come se fosse stata punta da un ago, e la bocca silenziosa di Seaine si aprì in un sorriso.[/SIZE]
[SIZE=2]Questo era il suo trucco speciale, la prima cosa che, negli anni del Tempio, aveva imparato a fare. Una cosa da nascondere, che nessuno conosceva; una cosa così sottile da rendere difficile persino ad un'altra Tesarath percepirla.[/SIZE]

[SIZE=2]Avanzò e sollevò il mento di Alcarin. Il duro metallo che prima l’aveva fatta irrigidire era ancora presente, ma era un materiale meno nobile ora, malleabile con la giusta pressione. Le lacrime scendevano dagli occhi di Alcarin, brillando sulle sue guance. Seaine lasciò morire le fiamme e fece tornare le torce alla normalità; non c’era più bisogno di quel genere di espedienti. Usò parole più dolci, ma la voce era ancora inflessibile come acciaio. “Figlia, nessuno vuole vedere te o Delan gettati in pasto a re Fuinur con l’accusa di essere spie di Alatar. Io ti aiuterò, ma tu dovrai aiutare me.”[/SIZE]
[SIZE=2]“A … aiutarti?” Alcarin si portò le mani alle tempie; sembrava confusa. “Per favore, Seaine, io non … non capisco. È tutto così … è tutto …”[/SIZE]

[SIZE=2]Quello di Seaine non era un talento completo, lei non era in grado di forzare gli altri a obbedirle – anche se ci aveva provato, oh se ci aveva provato, quando Aredhel si era ribellata alla sua autorità - , però, facendo leva sui loro dubbi, poteva aprirli ai suoi argomenti anche se erano incompleti o inventati, fare in modo che volessero crederle, che più di ogni altra cosa volessero essere convinti che lei aveva ragione. E Sheriam le aveva dato la chiave di Alcarin, spiegandole cosa fare, cosa dire.[/SIZE]

[SIZE=2]“Obbediscimi, Figlia. Obbediscimi, rispondi sinceramente alle mie domande; torna a essere orgogliosa di servire l’Ordine come hai sempre fatto, e ti prometto che nessuno dirà mai che tu e Delan siete spie di Alatar. Non sarai trascinata nuda fino per le strade del villaggio per essere flagellata, se il Re non ti avrà fatto a pezzi prima. Non lascerò che ciò accada. Mi capisci?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Si, Theles Seaine, sì. Farò quello che mi chiedi, obbedirò e risponderò sinceramente alle tue domande.”[/SIZE]

[SIZE=2]Seaine si raddrizzò, guardando Alcarin dall’alto in basso. Era rimasta nella posizione in cui si trovava, inginocchiata, il viso aperto come quello di una bambina, una bambina che aspettava di essere confortata e aiutata da qualcuno più forte e più saggio di lei. Per Seaine era giusto che fosse così. Non aveva mai capito perché un semplice inchino o una riverenza fossero abbastanza per una Darin Tesarath quando uomini e donne s’inginocchiavano davanti a re e regine. ‘Quale regina ha il potere della Madre dell'Ordine?’, si disse.[/SIZE]

[SIZE=2]“Stai tranquilla, Alcarin. Io sono venuta per aiutarti, non per punirti. Solo quelli che lo meritano saranno puniti. Dimmi la verità, parla con me. Tornerai nell’Ordine, obbedirai alla Madre, a Sheriam?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Lo farò, Custode. Lo farò, lo giuro sulla mia casata e sul mio onore.”[/SIZE]

[SIZE=1]Da "La Grande Caccia" di Robert Jordan[/SIZE]

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