[COLOR=#0d1e3e][SIZE=5][COLOR=darkred]PROLOGO:[/SIZE] [/COLOR][/COLOR]
[SIZE=3]"RINASCITA" (restaurazione della Corte di Ardor nella Quarta Era)[/SIZE]
[SIZE=4]Antefatto[/SIZE]
[SIZE=2]Nell’inverno fra gli anni 71 e 72 della Quarta Era, mentre si trova nella remota terra sudoccidentale di Same, Fuinur di Ardor riacquista memoria degli ultimi giorni della Corte, caduta e soffocata nel sangue e nell'orrore fra il 2980 e il 2990 della Terza Era a causa delle lotte intestine scoppiate dopo la morte della regina Ardana e dell'ultima erede Ardaniel figlia di Morelen, nonché della pressione politica e militare di Sauron (manifestatasi attraverso il Nazgul Akhorahil), da nord, e dell’Alleanza dei Valdacli, guidata da Phorakhon, Araphor e Seregul, da ovest.[/SIZE]
[SIZE=2]Fuinur non ricorda che cosa lo abbia portato nella desolata e solitaria Same; nonostante abbia sufficiente, anche se solo istintiva, consapevolezza della sua identità e del suo potere, non ricorda nulla del periodo passato a nord, nelle terre vicine a Gondor, dopo il 2990; è certo di aver avuto un ruolo nella Guerra dell’Anello e di aver incontrato Galadriel, regina di Lothlorien, ma non sa altro se non che in Same è vissuto convinto di essere un uomo venuto dal nord sulla nave di un capitano Husam, e non un Noldor. Un uomo di nome Athair che aveva come dimora una piccola casa nella foresta e che ha amato con sincerità e rispetto una donna, Irja (Ibiema, nella lingua settentrionale), che gli ha dato una figlia di nome Anysa, luce dei suoi occhi e del suo cuore.[/SIZE]
[SIZE=2]Anysa, Fuinur - Athair e Dorgur, un giovane venuto dal Grande Harad, vivono serenamente vicino alla tenuta Vaisala, per diversi anni, ma dopo aver incontrato Aldor, legato Valdaclo in esilio e proprietario quindi di Vaisala stessa, qualcosa scatta in Fuinur che contro la volontà di Anysa si unisce a una piccola compagnia di avventurieri guidata da Valadil, capitano di Gondor, per indagare sul misterioso mito del “Popolo Che Non Sogna” (legato alle leggende degli Elfi Scuri e dei Numènoreani della Seconda Era). Anysa e Dorgur lo seguono e conoscono la giovane Tuija e Ba Zalarit, proprietario di una locanda dove la ragazza lavora. [/SIZE]
[SIZE=2]La terra di Same è governata da Nurmi Nihti, un tiranno locale schieratosi con Gondor; Aldor ha ricevuto una misteriosa richiesta d’aiuto che parla di un grande pericolo e di stregoneria, e con le navi di Gondor sono giunti anche il principe Mutamin e il suo servo Khalid che recano informazioni simili. Fuinur lavora su un codice cifrato assieme a Khalid, al gondoriano Mudrail e a Intillamon, scrivano del legato Valdaclo. Valadil viene ucciso in un agguato, e i soldati di Gondor sembrano dominati da una volontà estranea alla loro natura; quando Anysa viene portata e trattenuta al campo dei marinai di Gondor contro la sua volontà, Fuinur utilizza incantesimi di grande potere contro il consiglio di Intillamon, e si rivela per ciò che è. Ba si manifesta come avversario e come traditore; Intillamon viene assassinato, il campo di Gondor è distrutto da un’armata di morti viventi. Anysa viene liberata, ma inconsapevolmente un vecchio stregone, il “Maestro”, con l’aiuto, oltre che di Ba, di un culto locale legato alla Natura e guidato dalla sacerdotessa Alall, e di Ahnta Faris, figlia di Eshe Far di Ostelor, attrae Fuinur e i suoi compagni in una “perduta città dei Kinn-Lai” (il "Popolo che Non Sogna" è conosciuto come "Popolo dei Kinn-Lai") e in una trappola. Il “Maestro” è in realtà Alatar, lo Stregone Blu, perdutosi all'Est, divenuto "il Tenebroso" e caduto nell’Ombra. [/SIZE]
[SIZE=2]Fuinur viene sconfitto da un entità evocata dall’Abisso; si arrende per sempre al Male, ed entra nel Mondo delle Ombre, ma Alatar accetta un patto: in cambio della resa di Fuinur e del suo potere Anysa sarà protetta e rimarrà libera.[/SIZE]
[SIZE=2]Mentre Fuinur diviene l’ “Elfo” e rivolge il suo grande potere al servizio di Alatar e contro le Genti Libere del sud della Terra di Mezzo, trasferendogli tutta la conoscenza della perduta Corte di Ardor e consentendo allo Stregone Blu di rivolgere lo sguardo ancora più a nord e a est, Alatar trascura il patto, non ritenendolo importante, e affida Anysa a Ba Zalarit. [/SIZE]
[SIZE=2]Egli, attraverso magie apprese dallo stesso Fuinur, con la stregoneria la soggioga e la trasforma in serva dei suoi piaceri e dei suoi scopi, dandole il nome di “Abit”, "schiava" nella lingua dell'Harad, e rendendola un’assassina al suo servizio. “Abit”, però, non perde completamente i ricordi e la consapevolezza di sé; in più di una occasione salva la vita di Artagora, di Arakhon Eshe e di sua sorella Ar-Venie, e a Tul Harar salva Tuija e Khalid da Zalarit stesso, consentendo loro di scappare. Quest’ultimo atto le costa la sanità della mente, che per punizione le viene completamente tolta da Zalarit. [/SIZE]
[SIZE=2]Zalarit va a nord, alla ricerca della Torre Eterna, e porta “Abit” con sé, ma Alatar la richiama a sud, a Ny Chennacatt, per uccidere Artagora e Tara, l’inviata di Ar-Venie; Anysa è un Mezzelfo ed è l’unica a poter attraversare il deserto durante l’estate. [/SIZE]
[SIZE=2]Giunta a Ny Chennacatt, Anysa viene sconfitta da Artagora stesso e uccisa da Ardic, barone Valdaclo del passo di Fiammanera; nell'estate dell'anno 75, Fuinur, sconvolto dal dolore, è libero dal patto, si ribella allo Stregone Blu e si separa da Alatar.[/SIZE]
[SIZE=4]La rinascita della Corte al Menelcarca e il ritorno di Doril[/SIZE]
[SIZE=2]Grazie a un fortuito contatto avuto mesi prima con Maité, la Sognatrice, ultima delle Maestre Giovani delle Tesarath, Fuinur, che ricorda il cataclisma che ha distrutto la torre di Ardinaak e ucciso tutti i fedeli della Corte e Doril, apprende della distruzione di ogni altro insediamento dei Noldor e dei Sindar ad opera dei Valdacli di Seregul.[/SIZE]
[SIZE=2]La regina Ardaniel è stata assassinata da Seregul stesso, a sua volta rimasto ucciso così come Araphor e Phorakhon; tutti i Signori di Ardor sono morti a eccezione di Corian e di Rilia, dei quali si sono perdute le tracce. Nel corso di una guerra durata più di dieci anni, fra l’anno Tremila e la Guerra dell’Anello i Valdacli hanno sterminato gli Elfi di Ardor e preso possesso dei loro territori, che hanno lasciato però desolati e incolti dopo aver bruciato e devastato ogni cosa; solo il santuario del Menelcarca, il tempio dove si trova il Telaio, è rimasto intatto. [/SIZE]
[SIZE=2]I pochi Fuinar sopravvissuti vivono segregati nelle foreste, altri sono scappati a nord e a sud; Maité, con altre tre delle Tesarath, è fuggita nel cuore dei territori Valdacli stessi ed è rimasta nascosta fino a quando non è stata attratta ancora una volta da una piccola compagnia di soldati che ha attraversato quello stesso territorio portando con sé una fanciulla di nome Niara, che Maité è convinta essere la reincarnazione dello spirito di Rilia Signora del Fuoco, e quindi l’ultimo e unico dei Signori di Ardor vivente (essendo stato Corian nominato da Ardaniel e non da Ardana). La natura dei Valdacli, però, non è cambiata; le altre due Tesarath e Lariesse, la giovane allieva che viaggiava con loro, sono state probabilmente uccise dai Valdacli dopo che questi avevano scoperto il piccolo gruppo di Maité, e solo Maité, nonostante l’opposizione di Nirien della corte del re dei Silvani Eäromä è riuscita con un sotterfugio prima a unirsi a dei sopravvissuti alla battaglia di Alsarias e poi a fuggire e a portare con sé Niara ed Elendil, un giovanissimo Noldor che viaggiava con Nirien.[/SIZE]
[SIZE=2]Fuinur, che parla con Maité attraverso i Sogni degli Uomini, sa, quindi, di non essere l’unico rimasto della Corte, e questo gli ridà speranza, ma allo stesso tempo sa anche di aver già trovato un formidabile avversario che potrebbe opporsi a lui; la Maledizione di Mandos prosegue, per loro, anche nella Quarta Era, non c'è perdono: Niara, infatti, segue Maité come una sorella, e Maité è avversa a Fuinur e potente anche se indifesa di fronte a molti degli incantesimi del negromante.[/SIZE]
[SIZE=2]Fuinur utilizza uno dei pochi oggetti di potere rimastigli e, sacrificandolo, lascia Same e viaggia magicamente fino alle rovine di Ardinaak. Qui, persa per sempre ogni forma fisica e divenuto tremenda ombra senza forma che corrompe e uccide, scende nelle segrete, dove sente lo spirito di Doril; il corpo dell'amico è morto, ma la sua anima non ha pace e rifiuta le Aule dell’Attesa. [/SIZE][SIZE=2]Fuinur scende sino alla sala dov’è custodito il Teschio di Cristallo di Ardana, e con il suo potere prende i poveri resti di Doril e della sua anima e li conduce, attraverso un portale che può aprire fra i Fuochi d'Essenza, al Pinnacolo del Menelcarca dove, con un incantesimo di negromanzia, concede a Doril di manifestarsi di nuovo e di vivere a metà fra il Mondo delle Ombre e il Mondo dei Viventi, prigioniero all’interno del Menelcarca stesso. Morgil, che non ha accettato la Morte, esisterà per sempre solo al Pinnacolo, del quale però sarà padrone e signore. Nel Pinnacolo del Menelcarca, Fuinur identifica la nuova capitale.[/SIZE]
[SIZE=2]Al Menelcarca, Fuinur trova Eirbé, una giovanissima Tesarath Custode del Telaio, e Nalé di Mirisgroth; prime suddite di una nuova Corte. Uno sparuto gruppo di una trentina fra sopravvissuti dei Sindar e dei Fuinar inizia a riunirsi intorno al pinnacolo innevato e a costruire un piccolo villaggio alle pendici della montagna, alla base della Scala che solo i Signori di Ardor possono salire. Fuinur intende ricostruire il potere militare della Corte, ma sa che ci vorranno molti anni e molti uomini per ricostruire lo scheletro di ciò che non è più e che i Valdacli hanno distrutto e calpestato.[/SIZE]
[SIZE=2]Al Menelcarca giungono, dalle Montagne Gialle, settimane dopo e cavalcando orribili creature alate sfuggite alla caduta di Sauron, anche Maité e Niara, accompagnate dalla Tesarath Arbé e conducendo prigionieri Elendil e Nirien. Elendil viene convinto da Fuinur ad abbracciare la causa della Rinata Ardor; Nirien rifiuta di piegarsi alla volontà dell’Elfo, che, inaspettatamente, la lascia libera, chiedendole come unica cosa di cercare, nel nord, Drùna, una servitrice della Corte che l’aveva accompagnato verso Gondor prima della Guerra dell’Anello. Nirien non accetta, ma promette di far giungere la richiesta agli Elfi di Bosco Atro.[/SIZE]
[SIZE=2]Mentre Fuinur pensa a Drùna (o alla spada di Maglor, che le aveva affidato), Morgil, intimamente legato alle Tesarath, ricorda anche Lynn, molto vicina alla regina Ardaniel nell’ultimo periodo e custode dei suoi ultimi segreti; ma Lynn era una donna. Lynn, che stando ai racconti frammentari di Fuinur era andata verso le remote Sarbad e Fornost, verso il lago Nenuial, portando con sé qualcosa di estremamente importante per Ardor … che cosa? Possibile che sia ancora viva? Il tempo dovrebbe aver mutato ormai il suo corpo mortale in polvere, ma Lynn aveva ricevuto molti privilegi dalla regina Ardaniel e il suo spirito stesso l’aveva toccata. Ardaniel avrebbe di certo cercato di proteggere ciò che aveva affidato a Lynn, e forse Lynn non era una semplice donna.[/SIZE]
[SIZE=4]I primi pensieri dei nuovi Signori[/SIZE]
[SIZE=2]La Corte Rinata è composta quindi da Fuinur, da Niara, da Morgil e Maité, dal giovanissimo Elendil dei Noldor, e dalle altre cinque Tesarath rimaste: Arbé, Eirbé, Alcarin, Mir e Nienné, che Morgil veste di rosso e ordina come Custodi del nuovo Ordine del Sangue. [/SIZE]
[SIZE=2]Fuinur è legittimamente Re di Ardor, avendo sposato, prima della caduta della Corte, la regina Ardaniel, figlia di Morelen figlia di Ardana; ma Maité è fedele alla memoria di Ardana come tutte le Tesarath, potrebbe opporsi alla volontà di Fuinur e lo fa anzi da subito, rifiutando di giurare fedeltà alla Corte Rinata ritenendo che Fuinur non possa sciogliere il vincolo del giuramento ad Ardana e a Melkor, più forti. Fuinur ricorda quanto la litigiosità e la gelosia dei Signori di Ardor abbiano contribuito alla Caduta, e preferisce non imporle con la forza il giuramento. La desidera come alleata, fino a quando ciò sarà possibile.[/SIZE]
[SIZE=2]La magia degli Elfi di Ardor è diversa, nella sua natura in Arda, dalle altre, e i Signori della Corte Rinata manifestano questa loro differenza subito: per proteggere il loro rifugio, Nalé delle Tesarath viene sacrificata da Fuinur e Morgil a difesa del Pinnacolo e del Telaio, e la sua anima diventa l’essenza custode del Menelcarca; Fuinur impone invece a Maité di non attingere al potere innato di Niara, e, mentre studia il Teschio di Cristallo, le concede in cambio accesso ai suoi segreti e parte del suo potere oscuro. [/SIZE]
[SIZE=2]Nel novembre dell’anno 75 della Quarta Era, mentre il pinnacolo del Menelcarca è stretto nella morsa dei ghiacci e le stelle appaiono, nel cielo freddo e terso, così vicine da poterle toccare, lo sguardo di Fuinur, Re di Ardor Rinata, sembra distante e si sposta a ovest, verso le città dei Valdacli, in cerca della sua vendetta su Ardic. Gli è accanto Elendil, con il quale condivide lunghe serate trascorse a parlare della Luce dei Silmarilli e della grandezza dei Noldor.[/SIZE]
[SIZE=2]Doril, ora divenuto Morgil Signore del Menelcarca, lavora alla creazione di uno strumento che gli permetta di stendere la sua vista per migliaia di miglia, e guarda verso il Chennacatt e gli Orchetti che si radunano in quella che era la fortezza del Nazgul Akhorahil, non dimenticando il pericolo rappresentato da Eäromä e mandando verso il suo regno Eirbé e due Fuinar Custodi come messaggeri.[/SIZE]
[SIZE=2]Maité, Maestra delle Tesarath, cerca alleati fra gli uomini di Dushera, di Hathor e del Geshaan. Maité cerca anche dei condottieri per la nuova Corte; vorrebbe l’aiuto di Hamac, l’uomo che l’ha salvata prima della battaglia di Passo Fiammanera, ma non ha modo di recarsi a ovest prima della primavera, e il primo a rispondere alla sua chiamata è il vecchio Dyvim, il Nùmenoreano che, liberato dal potere di Ardana alla caduta della Torre, è vissuto in Hathor con il nome di "Aeton" ("aquila" nella lingua di quella regione). Dyvim, che ha ormai passato i cent’anni d’età.[/SIZE]
[SIZE=2]A Minas Tirith. Prima degli avvenimenti dell'anno 75[/SIZE]
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[SIZE=2]“Sei stato ferito, Xir, quando combattevi al fianco del re di fronte al Cancello Nero?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Oh, no, mia regina. Non riuscii a partecipare a quella parte della battaglia, e me ne vergogno ancora. C’era molta confusione. Rimasi più indietro.”[/SIZE]
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[SIZE=2]Xir[/SIZE]
[SIZE=2]“Xir” iniziò a dire Denemir dietro a un fascio di carte con un libro tra le mani, “è un eroe, regina”.[/SIZE]
[SIZE=2]Xir sobbalzò; le cose ammassate sul banco avevano completamente mascherato la presenza del custode. Emise un verso per zittirlo, scuotendo le mani per l’imbarazzo, e gli fece un cenno, ma l’uomo proseguì, con la voce calda e gli occhi puntati sul viso della regina.[/SIZE]
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[SIZE=2]Denemir[/SIZE]
[SIZE=2]“Riunì tutti i bambini delle fattorie che poté, e alcune delle mamme, in un grande recinto di pietra, e sorvegliò la porta assieme a pochi uomini, contro i Troll e gli Orchi, per tutta la durata della battaglia. Questi fiori che vedi sul suo scrittoio, regina Arwen, sono un regalo di quelle donne, rinnovato continuamente, in onore del coraggio di Xir e della sua lealtà.”[/SIZE]
[SIZE=2]Xir riuscì appena a non trasalire. “Non è stato nulla, Denemir”, disse sommessamente. “I bambini non potevano difendersi da soli. Ecco tutto. Non sono un eroe per questo, no.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non dire sciocchezze.” Denemir tenne il segno nel libro con un dito e si avvicinò al giovane. Gli arrivava appena al torace. “Non c’è una donna in tutto il Pelennor che non ti sposerebbe se tu non fossi così distante con la mente, e alcune lo farebbero in ogni caso. Gli diedero come nome ‘Sedrin’, regina, ed è un nome appropriato perché la sua natura è leale. Ogni donna lo amerebbe.”[/SIZE]
[SIZE=2]Il viso di Xir divenne rosso per la violenta emozione e Arwen sorrise. “Hai avuto notizie dall’Eriador, Xir?” chiese la regina.[/SIZE]
[SIZE=2]“No.” Xir sembrò sollevato e preoccupato allo stesso tempo. “Ma ieri ho visto Romendil in città. Era sorpreso di vedermi quanto io di incontrarlo; un elfo non è una vista comune a Gondor, ed egli non pensava che io fossi di così giovane età. E’ venuto da Lothlorien per lavorare al libro. Non dubito che avrò moltissimo da imparare.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Sono certo che anche Romendil sarà molto interessato al tuo lavoro” osservò Denemir, e la regina Arwen annuì.[/SIZE]
[SIZE=2]“Romendil mi ha detto di aver già visto parte della tua opera, Xir”, disse Arwen, “ed io ho promesso di fare in modo che possiate parlare. Crede che le tue osservazioni siano molto acute. Starete assieme tutto il mese. Egli rimarrà poi qui, per incontrare re Elessar.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Di certo il disordine nel quale tieni il tuo posto non sarà sufficiente a impedirvi di lavorare. Non ho visto molto di quello che hai scritto recentemente, spero tu abbia messo tutto correttamente in modo che Romendil possa apprezzarlo da subito. Non scriverai alcun libro se tua madre vede questo disastro e ti punisce”, disse Denemir sorridendo.[/SIZE]
[SIZE=2]Il volto di Xir era l’immagine della confusione e Denemir si mise quasi a ridere. Il ragazzo conosceva molte cose riguardo al mondo, ma non conosceva un elfo e non aveva mai parlato con uno dei Luminosi prima.[/SIZE]
[SIZE=2]~[/SIZE]
[SIZE=2]“ 'E alla fine gli Elfi che rimasero in Terra di Mezzo iniziarono a stingersi in essa, rinunciando ai loro corpi, fino a quando essi non divennero invisibili agli occhi mortali. Questi Elfi, in rare occasioni, si rivelavano alle menti degli Uomini, ma per la maggior parte essi vagavano, irrequieti, non volendo lasciare il mondo eppure essendo incapaci di abitarlo, fermandosi solo presso gli alberi e le sorgenti, o luoghi nascosti che nel corso delle loro vite avevano conosciuto' . La regina Arwen è rimasta molto colpita da questo passo, Xir; si tratta di una visione?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Oh, no, Denemir. Fra le molte cose che ho scritto, è quella di cui sono meno orgoglioso. E’ una favola, un racconto per i bambini del Pelennor.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Sono stato sul punto di pensare che stessi per chiedere alla regina il permesso di accompagnarla nel suo viaggio”, disse Denemir, intingendo la penna nel calamaio.[/SIZE]
[SIZE=2]“Si, è vero” rispose Xir. Il giovane si strinse nelle spalle a disagio. “Ma il mio libro, la storia di sire Elessar, la tua e quella di mia madre, Denemir. Ho già tanti appunti, ma …” girò attorno al tavolo, guardando il libro aperto, la pagina era coperta della sua bella calligrafia. “Sarò colui che scriverà una parte importante di una storia, Denemir. O forse no. Tutto dipende da … ho bisogno di te, Denemir.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Bisogno, Xir? Non capisco.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Voglio scrivere delle avventure, Denemir, non averle. Ma immagino che averne una non mi farà male.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Meglio che tu ti muova velocemente, allora” disse Denemir, con uno sguardo di rimpianto al libro sul tavolo. “Suppongo di poter riordinare i tuoi appunti durante il vostro viaggio. Sa la Luce cosa mi perderò, non potendo venire con voi. Ma sono troppo vecchio per accompagnarvi.”[/SIZE]
[SIZE=2]Per un momento Xir si accostò a lui. Tutto ciò che quel buon uomo aveva fatto, tutto ciò che aveva passato per far sì che lei lo amasse, e alla fine non sarebbe stata presente per vederlo morire. Denemir ricambiò il suo sguardo, e batté le palpebre. [/SIZE]
[SIZE=2]“La morte giunge per tutti gli uomini, Xir. Non darti pena per me. Questi anni che ho passato con voi sono stati … più di quanto io avessi mai sperato, il giorno in cui l’Ombra di Mordor giunse sopra di noi. E staremo assieme ancora per un po’ di tempo. Quindi pensiamoci domani. Che voi possiate trovare ciò che cercate, Xir. Le donne sono tutte teste dure, se proprio vuoi saperlo, se non sai come aggirarle. Ma il mio desiderio più grande è che possiate trovarlo, là in quella vostra terra.”[/SIZE]
[SIZE=2]Menelcarca, in Ardor. Marzo dell'anno 76 della Quarta Era[/SIZE]
[SIZE=2]La grande sala interna era scura. Alcune lampade erano allineate sulle mensole di quattro camini di pietra, altre seguivano le scale che portavano al piano superiore e al ballatoio che si affacciava sulla stanza. Quattro lampade da terra, con degli specchi sul retro per aumentarne la luminosità, si trovavano agli angoli dello stanzone. Degli arazzi appesi davanti alle finestre evitavano che la luce filtrasse all’esterno.[/SIZE]
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[SIZE=2]Maité[/SIZE]
[SIZE=2]Ai lati della stanza erano allineati otto seggi, rivolti verso l’interno a gruppi di due. Gli Elfi che vi erano seduti, Adunanti che rappresentavano le quattro Scuole presenti al Menelcarca, portavano lo scialle e l’abito dei colori delle rispettive Scuole di appartenenza. Immagini proiettate dai Cristalli del Sogno, diafane e circondate da una debole aura azzurra, mostravano le fattezze delle Sorelle in viaggio o ancora troppo lontane per partecipare a quell’urgente adunanza. Si girarono verso Maité e i loro volti non mostrarono altro che serenità.[/SIZE]
[SIZE=2]In fondo alla sala vi era un’altra sedia, appoggiata su un palchetto che ricordava un altare. Era una sedia alta e pesante, decorata con motivi a spirale e dorata. Sui braccioli era deposta una stola nera. A Maité sembrò di trovarsi a leghe di distanza da quella sedia.[/SIZE]
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[SIZE=2]Sheriam[/SIZE]
[SIZE=2]“Chi si presenta davanti al Collegio del Tempio?” domandò Sheriam con voce forte e limpida. Era seduta proprio sotto la sedia dorata, di fronte alle altre Sorelle. Morvrin si fece di lato silenziosamente per rivelare la presenza di Maité.[/SIZE]
[SIZE=2]“Una che si presenta obbediente e cammina nel sentiero segnato dal Padre”. Maité era certa che in qualunque momento l’adunanza si sarebbe potuta trasformare in un processo. No, non era possibile. In quel caso l’avrebbero semplicemente schermata e rinchiusa fino a farla morire. Ma di sicuro …[/SIZE]
[SIZE=2]“Chi si presenta davanti al Collegio del Tempio?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Una che si presenta alla convocazione del Collegio, obbediente e umile, chiede solo di accettare la volontà dell’Ordine e del Collegio.”[/SIZE]
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[SIZE=2]Eirbé[/SIZE]
[SIZE=2]Fra le Verdi si alzò una Sorella scura e slanciata. Poiché era l’Adunante più giovane, Eirbé pronunciò le domande di rito che risalivano alla fondazione dell’Ordine. “Sono presenti altri al di fuori delle Sorelle?”[/SIZE]
[SIZE=2]Sheriam si lanciò lo scialle dietro le spalle con un gesto deliberato, lasciandolo cadere sullo schienale della sedia mentre si alzava. Poiché era la più anziana aveva il diritto di parlare per prima. Con un gesto altrettanto deliberato slacciò il vestito lasciandolo cadere a terra assieme alla sottoveste. [/SIZE]
[SIZE=2]“Io sono sola, nuda di fronte alle mie Sorelle”, rispose.[/SIZE]
[SIZE=2]Eirbé appoggiò con cura lo scialle sullo schienale della sedia svestendosi. “Io sono sola, nuda di fronte alle mie Sorelle.”[/SIZE]
[SIZE=2]Le altre si alzarono e cominciarono a spogliarsi, ognuna annunciando di essere sola. Presto Maité e Morvrin furono nude come le altre.[/SIZE]
[SIZE=2]“Io sono sola, nuda di fronte alle mie Sorelle” disse Maité a sua volta.[/SIZE]
[SIZE=2]Eirbé camminò lentamente intorno alla stanza, fermandosi di fronte a ognuna e rivolgendo a tutte uno sguardo molto diretto, quasi offensivo, quindi si fermò davanti alla propria sedia. “Sono presenti solo Sorelle, nude di fronte al Padre”, annunciò. Le Tesarath si accomodarono, e iniziarono a rivestirsi. Senza fretta, ma senza nemmeno perdere tempo. Maité si sentì debole; lei non poteva ricoprirsi a quel punto della cerimonia. Molto tempo addietro la domanda di Eirbé avrebbe preteso più prove. [/SIZE]
[SIZE=2]Non aveva tempo di pensare.[/SIZE]
[SIZE=2]“Chi appoggia questa Sorella?” chiese Sheriam. “Chi garantisce per lei, cuore per cuore, anima per anima, vita per vita?” Sedeva eretta e molto dignitosa.[/SIZE]
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[SIZE=2]Morvrin[/SIZE]
[SIZE=2]“Io garantisco” rispose Morvrin con fermezza, seguita un istante dopo dalle forti voci di Delan e Caralin. [/SIZE]
[SIZE=2][Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
[COLOR=navy]Delan [Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
Caralin[/COLOR][/SIZE]
[SIZE=2]“Vieni avanti, Maité Elenwe” ordinò Sheriam. Lei fece tre passi in avanti, quindi si inginocchiò; si sentiva stordita. “Perché sei qui, Maité Elenwe?”[/SIZE]
[SIZE=2]Era davvero stordita; non provava nulla. Non riusciva nemmeno a ricordare le risposte, ma le pronunciò automaticamente. “Sono stata convocata dal Collegio del Tempio, in nome dell’Ordine.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Cosa desideravi, Maité Elenwe?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Servire l’Ordine e il Collegio del Tempio, niente di più e niente di meno.”[/SIZE]
[SIZE=2]Per il Padre Celeste, lo avrebbero fatto![/SIZE]
[SIZE=2]“Come hai servito, Maité Elenwe?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Con il cuore, l’anima e la vita, per il Padre e per la Regina. Senza paura o favoritismi, per il Padre e per la Regina.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Perché sei qui, Maité Elenwe?”[/SIZE]
[SIZE=2]Maité respirò affannata. Avrebbe potuto fermare quest’idiozia. Davvero non poteva succedere … [/SIZE]
[SIZE=2]“Ho lasciato il cammino indicato dall'Ordine. Il mio giuramento è stato sciolto”. Maité rimase senza fiato. Adesso era troppo tardi per tirarsi indietro. Forse era stato già troppo tardi, fin dal ritorno di Fuinur.[/SIZE]
[SIZE=2]Delan fu la prima ad alzarsi, seguita da Eirbé, Ianwen e Faelivrin, fino a quando sei Adunanti furono in piedi dietro le sedie, con il braccio sinistro teso e le dita puntate verso Maité in segno di biasimo. [/SIZE]
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[SIZE=2]Ianwen [Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
Faelivrin[/SIZE]
[SIZE=2]Arbé e Sheriam erano rimaste sedute. La decisione doveva essere unanime; il Collegio era sempre alla ricerca del consenso, e alla fine tutti i voti concordavano, anche se poteva esser necessario molto tempo per raggiungere quel risultato. Ma quella sera non ci sarebbero state altre forme di conversazione se non le frasi cerimoniali, e se a quel punto avessero avuto anche un solo consenso in meno, sarebbe significato rifiuto immediato e morte. Morvrin e le altre avevano deriso la sua ipotesi che potesse accadere.[/SIZE]
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[SIZE=2]Arbé[/SIZE]
[SIZE=2]Le Sorelle rimasero in piedi senza dire una parola. Nessuna parlò, ma Maité sapeva cosa fare. Il torpore era svanito.[/SIZE]
[SIZE=2]Si alzò in piedi e si diresse verso Sheriam. Mentre lei s’inginocchiava di nuovo di fronte alla Sorella, Morvrin le s’inginocchiò accanto a sua volta, con una grande bacinella piena d’acqua fra le mani. La superficie dell’acqua era ondulata. Morvrin sembrava fredda e asciutta, mentre Maité cominciava a brillare per il sudore, ma le mani di Morvrin tremavano. Le versò l’acqua sul capo. [/SIZE]
[SIZE=2]“Cuore per cuore, anima per anima, vita per vita: così lavo la colpa di Maité”, disse Morvrin.[/SIZE]
[SIZE=2]“Ti prego di permettermi di servire, Sorella Sheriam” disse Maité, guardando avanti a sé. “Vi prego di permettermi di servire”. Un’ultima possibilità. Alla fine Sheriam fece un cenno di assenso infinitesimale, e si alzò, seguita subito dopo da Arbé. Sheriam la fissò così a lungo che Maité incominciò a essere consapevole del sudore che le colava fra i seni e sulle costole. [/SIZE]
[SIZE=2]“Dove servirai, Maité Elenwe?” chiese Sheriam. Maité sentì diversi sospiri di sollievo alle sue spalle, nel punto dov’erano rimaste Morvrin e le altre.[/SIZE]
[SIZE=2]“Fuori dall’Ordine, dove vorrà il Collegio del Tempio, come vorrà il Collegio del Tempio. Se l’Ordine lo vuole.”[/SIZE]
[SIZE=2]“L’Ordine lo vuole”, disse Sheriam, e poi tutte le altre ripeterono: “L’Ordine lo vuole.”[/SIZE]
[SIZE=2]Non era ancora finita. [/SIZE]
[SIZE=2]Le braccia e le dita scesero, e le Sorelle le voltarono le spalle. Eirbé ed Arbé stracciarono le vesti e la stola azzurra di Maité, gettandole via e porgendole una tunica bianca, poi accompagnarono Sheriam alla sedia dorata. [/SIZE][SIZE=2]Lei rimase in piedi davanti a essa mentre le avvolgevano sulle spalle la stola nera, sovrapponendola alla rossa, poi tutte le Adunanti dissero all’unisono: [/SIZE]
[SIZE=2]“Theles Sheriam, sei stata eletta Madre delle Tesarath, nella gloria del Padre Celeste, che l’Ordine duri per sempre. Sheriam Elenwe, la Custode dei Sigilli, Fiamma di Ardor, Madre dell’Ordine”. [/SIZE][SIZE=2]Morvrin tolse l’anello dalla mano di Maité e lo porse ad Arbé, la quale lo mise alla mano destra di Sheriam.[/SIZE]
[SIZE=2]“Che il Padre illumini la Madre dell’Ordine, l’Ordine e il Tempio”, disse Maité, piegando il capo sino a toccare la pietra ai piedi di Sheriam.[/SIZE]
[SIZE=1]Da "L'Ascesa dell'Ombra", di Robert Jordan[/SIZE]
[SIZE=2]“Fra di noi ci sono filosofi e strateghi, e cittadini onorevoli” rispose Kadmos. “La maggior parte di noi. Sappiamo distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, donna.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Naturalmente” mormorò Maité mentre il tono di voce diceva che non era affatto la stessa cosa.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Mi avete inviato una lettera a Parga” cambiò discorso Naos “prima ancora che vi giungessi. Mi avete detto molte cose, alcune delle quali si sono rivelate vere. Incluso che avrei … dovuto … incontrarvi qui oggi; mi avete quasi ordinato di essere presente. Prima però avete detto ‘se’ fossi venuto. Quanto di ciò che avete scritto sapevate essere vero?”[/SIZE]
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[SIZE=2]Maité sospirò e mise da parte la coppa di vino, restituendola alla serva dagli occhi neri, ma fu Morvrin a parlare. [/SIZE]
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[SIZE=2]“Molto è incerto, anche per una camminatrice dei Sogni, a meno che non sia anche sacerdotessa del Telaio. Ma le sacerdotesse morirono, quando i Valdacli distrussero la Corte, e nessuna di loro tramandò il suo sapere. Non rimasero che i Sogni. Maité è la migliore fra noi e anche lei non vede tutto ciò che è o che potrebbe essere.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Il presente è molto più chiaro del futuro, anche nei Sogni” osservò Maité. “Ciò che sta accadendo, o sta iniziando ad accadere, si vede con maggiore chiarezza di quanto accadrà, o potrebbe accadere. Non abbiamo visto affatto Athanasios o Kadmos. Non era più di una vaga possibilità che l’Arconte Athanasios accettasse d’incontrarci. Se non lo avesse fatto era certo che sarebbe morto e con lui Hathor. Eppure è venuto e, se sopravvive ai giorni che ci aspettano, anche coloro che in Hathor si schiereranno al suo fianco sopravviveranno. Questo lo sappiamo. Se non fossi venuto, Naos, sarebbe morto. Se Kadmos non fosse venuto, saresti morto tu. Se non verrete al Menelcarca …” Si interruppe, lasciando in sospeso la frase.[/SIZE]
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[SIZE=2]Kadmos si protese in avanti molto attento. Gli Arconti dovevano recarsi al Menelcarca? Ma Athanasios sembrò non farci caso, e la donna di nome Morvrin parlò velocemente, come per coprire un errore dell’altra.[/SIZE]
[SIZE=2]“Non c’è una direzione definita per il futuro. La Musica fra sembrare il merletto più rifinito come la grezza tessitura di un sacco, o un filo annodato. Nei Sogni è possibile vedere alcune possibilità future. Non più di quello.”[/SIZE]
[SIZE=2]Thoth, il filosofo, sorseggiò il vino. “La lingua antica che parlate spesso è difficile da tradurre.” Kadmos lo fissò. La lingua antica? Che cosa ne pensava degli Elfi, del ritorno del potere della Corte? Ma Thoth proseguì allegramente. [/SIZE]
[SIZE=2]“Nella vostra lingua la parola con cui avete definito la vostra capacità di vedere nel presente e nel futuro significa ‘Mondo dei Sogni’, o forse ‘il Mondo Invisibile’. Nessuna delle due traduzioni è veramente esatta; è un concetto più complesso. E il vostro re. ‘Unico Uomo’, nel senso del sesso, ma anche ‘l’uomo che è un intero Popolo’ e altri due o tre modi di tradurlo. E le parole che abbiamo acquisito da voi per uso comune, senza mai pensare al loro significato nella lingua antica. I Custodi vengono chiamati ‘fratelli di battaglia’. Le Tesarath lo usano con il significato di ‘servitore di tutti’. E Tesarath. ‘ Dedicate’ nella lingua antica. Più forte di quello; implica un giuramento scritto nelle vostre ossa. Mi sono chiesto spesso a cosa fossero dedicate le Tesarath.”[/SIZE]
[SIZE=2]I volti delle donne erano pietrificati, ma Thoth proseguì.[/SIZE]
[SIZE=2]“E le Tesarath del Telaio. ‘Le Autentiche Dedicate’, ma, anche in questo caso, più forte. Forse ‘le sole vere dedicate’. Le uniche vere custodi del Menelcarca?” Le guardò con aria interrogativa, come se non sembrassero avere di colpo occhi di pietra. Nessuna delle donne parlò.[/SIZE]
[SIZE=2]Cosa stava facendo Thoth? Kadmos non aveva intenzione di permettere al filosofo di guastare la sua opportunità di prendersi una fetta delle terre dei Valdacli. “Donna, possiamo parlare della guerra, adesso?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Stanotte avremo tempo a sufficienza” rispose Maité.[/SIZE]
[SIZE=2]“Ma …”[/SIZE]
[SIZE=2]“Stanotte, Kadmos. Potrai anche essere Arconte, ma devi tornare a essere uno studente. Ancora non sei in grado di capire ciò che devi, o di staccarti dal desiderio di avere tutto velocemente. Noi spesso guidiamo, ma non sveliamo. Ci sono già dei cambiamenti rispetto a quanto abbiamo visto. Chi può dire di cosa si tratta?”[/SIZE]
[SIZE=2]“E cosa avete visto se non accettiamo?”[/SIZE]
[SIZE=2]Il viso di Maité era privo d’espressione. “Ti abbiamo già detto troppo, Kadmos. Ciò che vede una camminatrice dei Sogni è ciò che probabilmente accadrà, non è però certo. Coloro che si muovono con troppa consapevolezza del futuro finiscono inevitabilmente nel disastro, fosse anche per lo sforzo nel tentativo di cambiarlo.”[/SIZE]
[SIZE=2]“E’ per la grazia del Padre che noi non possiamo vedere tutto” aggiunse Morvrin. “Una di noi sa alcune cose, alcune, che accadranno; altre non le riconoscerà finché non si troverà di fronte alla decisione, se mai accadrà. Ma se questo per noi accade raramente e a distanza di centinaia d’anni, per voi si verifica invece ogni giorno, ogni momento. La vita dei Secondogeniti è incerta e combattuta, fatta di scelte e di cambiamenti continui; l’umanità è incertezza, sforzi, scelte e cambiamenti. Anche se non vediamo che poco, quel poco sarà per voi più prezioso di qualsiasi altra cosa.”[/SIZE]
[SIZE=1]Da "L'Ascesa dell'Ombra", di Robert Jordan[/SIZE]
[SIZE=2]“Stai solamente pensando, Xir, o sei preoccupato?”[/SIZE]
[SIZE=2]Xir la guardò per un momento, e Lynn sostenne il fremito che i suoi occhi le davano ogni volta che la fissava in quel modo. Non sembrava che stesse toccando il suo futuro con la mente – come avrebbe potuto dirlo? – e, nei modi, non assomigliava affatto al ragazzo riservato e affettuoso che era stato fino al giorno in cui avevano lasciato Hathor per incontrare gli Elfi. Ma aveva esattamente l’aspetto di sempre, quello che Lynn amava. Doveva ripetersi che non si trovavano più a casa, a Minas Tirith, e Xir non era più il bambino che era stato, non era chi si ricordava.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Oh, stavo solamente sognando a occhi aperti, madre. Va tutto bene. Sono solo tutte queste cose che stanno accadendo. Questi Elfi che sono con noi.”[/SIZE]
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[SIZE=2]Si sedette accanto a lui. Immaginava che non capisse nulla di quanto stava vivendo. Avrebbe detto che fosse intimorito dalla presenza di Fuinur, più ancora che da Morgil. E le anime delle Tesarath, e tutto il resto. Aveva paura per le loro vite, come se fossero in pericolo, se stessero per esser minacciate da qualcosa di terribile. A pensarci bene, era quasi successo. Ciò che avvertiva in Morgil e Fuinur era già abbastanza brutto, ma avevano detto che tutto era destinato a cambiare. Morire, e vivere nuovamente. Niente di tutto ciò aveva senso, e forse Xir non credeva a una parola. Però … le stelle l’avevano portata, assieme a lui, di nuovo verso il Menelcarca, ed eventi importanti si stavano susseguendo in quella regione del mondo, proprio come aveva letto negli oroscopi e nelle carte.[/SIZE]
[SIZE=2]“Che cosa ti spaventa di loro? Poco di ciò che senti può aver senso per te, ma non ti stanno ingannando, e …”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non credo che siano bugiardi.” Sembrava che Xir desiderasse che lo fossero. “No. Non quello. Mi temono, fin dall’inizio. Mi danno la sensazione di chi è convinto di camminare in un nido di serpenti. Cosa sono?”[/SIZE]
[SIZE=2]Per un po’ Xir e Lynn si guardarono in silenzio. “Anime tormentate, forse” rispose Lynn tristemente. “Desiderano di nuovo ciò è gli è stato portato via. Sensazioni, emozioni, esperienze. Le bramano, lottano per esse. Non hanno più altro, in fondo. In questo, se saranno guidati, potrebbero davvero far del bene in queste terre.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Niente di ciò che stiamo facendo ha senso per me” mormorò Xir. “Ma forse è troppo presto, madre. Devo imparare e capire prima di poter giudicare. Cosa mi dici di te? Usate la lingua antica, spesso, quando parlate fra di voi. Non è facile capirla.”[/SIZE]
[SIZE=2]Lynn dovette sforzarsi per riportare la saliva alla bocca. La lingua antica? Era quello il motivo per cui Xir interveniva così poco nelle loro discussioni? Non se ne era resa conto. Oppure era stata l’influenza della magia degli Elfi a non permetterle di farlo? Xir la stava fissando con gli occhi che le scavavano nella testa. Sapeva che di tanto in tanto parlava nella lingua antica.[/SIZE]
[SIZE=2]“Ho capito qualche frase qua e là, anche più di questo, ma non abbastanza per seguirvi in tutto” continuò. “Hai ottenuto delle risposte, madre?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Mi dispiace, Xir. L’ho fatto senza nemmeno accorgermene, non intendo farlo più.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Dovresti continuare, invece. Non sono sicuro che loro abbiano piacere di rivelare anche a me i vostri segreti. Potrai farlo tu, se lo vorrai, ma se si sentono più a loro agio a parlare solo con te, lascia che sia così.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ciò che discuto con loro riguarda anche il tuo futuro, Xir.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ne sei certa? Anche gli oroscopi lo sostengono, ma forniscono davvero ogni risposta riguardo al futuro?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Le risposte di Fuinur sono vere, credo” disse lentamente Lynn “se riguardano il mio e tuo futuro. Questo è certo.” Guardò Xir, soppesando l’effetto delle sue parole. “Sento, in lui, il desiderio di cambiare. Per quanto riguarda il come, e le sue possibilità di successo, posso solo supporre, come te. La sua anima è … ripiegata … in uno strano modo. Non posso essere più chiara. Può darsi che un giorno io possa leggere i fili della sua vita, leggere i vari modi in cui potrebbe ancora essere intessuta nel Telaio. O forse non ne avrò mai il talento.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Se dovesse aver bisogno di aiuto per decifrarne il significato, gli offrirò i miei servigi” disse Xir sorridendo. “Perché accettare l’alleanza con Fuinur, madre?” chiese. “Sai anche tu che non c’è speranza per loro. Rimarranno intrappolati a metà fra l’Ombra e la Luce, mai in pace e allo stesso tempo incapaci di vivere, sino all’Ultimo Giorno.”[/SIZE]
[SIZE=2]Lynn si alzò, rivolgendogli a sua volta un lento sorriso. “Se sapessi tutto, Xir, non avrei bisogno di porre domande alle stelle.” Una fiamma splendente comparve all’improvviso, in equilibrio sul palmo di Lynn; una regolare sfera luminosa che brillava come una piccola stella. Quel semplice esercizio l’aveva sempre aiutata a rilassarsi, a far scomparire la tensione. “Credo che sia giusto aiutarlo.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Lascerai davvero che costruisca una nuova Corte mettendo come sue fondamenta la violenza e la paura? Che faccia ciò che voglia? Non lascerò che l’Ombra mi attragga, madre. Io combatterò contro di essa, a qualsiasi costo.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non so se sarà così, Xir. Non lo sai neanche tu, altrimenti me l’avresti detto. Il futuro è celato … ciò che è iniziato non si può fermare, camminiamo su una corda sottile, sotto di noi il buio, davanti a noi la luce … devi fidarti di me, Xir, come io mi fiderò di te. Com’è sempre stato.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Mi fiderò, madre, come potrei non farlo o dubitare di te. Solamente, non aspettare a chiedere il mio consiglio quando sarà troppo tardi.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non c’è alcun bisogno di ribadire ciò che è ovvio, Ianwen. La domanda importante è come scoprire ciò che ci interessa sapere.”[/SIZE]
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[SIZE=2]“Stavo appunto per spiegarlo quando ci hai interrotte, Faelivrin. La prossima volta che la Madre incontrerà Siuan o Eirbé nel Sogno, potrà dar loro le dovute istruzioni. Quando saranno più vicini a noi, potremo scoprire che cosa intendono fare e quali sono i fondamenti del nuovo Ordine, e forse che cosa sta facendo il ragazzo. E’ un peccato che Maité non l’abbia notato subito, ma dovremo aggirare questa difficoltà. Alviaré potrà incontrarsi con un’Adunante e le chiederemo ciò che ci serve.” Ianwen fece un lieve gesto; chiaramente, era Faelivrin stessa l’Adunante cui si riferiva. “Credo che il tempio di Carien, prima delle paludi del Geshaan, possa essere un posto adeguato per un incontro.”[/SIZE]
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[SIZE=2]Faelivrin sbuffò divertita. E nemmeno in quel verso ci fu calore. “E’ più facile dare istruzioni ad Alviaré che assicurarsi che le porti a termine, Ianwen. Immagino sappia di dover affrontare una questione spinosa. Fuinur avrebbe dovuto per prima cosa rivolgersi a noi perché lo consigliassimo. Per quanto sia pervasa da un potere che non comprendiamo e che la tiene in vita, Lynn è mortale e non ha un gran talento nella Danza delle Luci, credo, e i risultati si vedono in tutto questo scompiglio così all’improvviso. Ho intenzione di sottoporre al Consiglio un biasimo su tutte le Sorelle coinvolte.” A un tratto la voce della donna dai capelli neri divenne morbida come miele. “E se non ricordo male, tu appoggiasti la scelta di Lynn come dama della Regina.”[/SIZE]
[SIZE=2]Ianwen si raddrizzò di scatto. I suoi occhi lampeggiarono. “Ho appoggiato la scelta delle Grigie, Faelivrin, tutto qua” disse con indignazione. “Come potevo immaginare che sarebbe fuggita? Non comprendo neppure come possa essere ancora in vita. E ora condivide i suoi segreti con Fuinur, forse! Come ha potuto farlo senza consultarsi con noi?” [/SIZE]
[SIZE=2]La sua ira si spense all’improvviso. Si stava giustificando con la sua più feroce avversaria nel Collegio, la sua unica vera avversaria. E, cosa senz’altro peggiore dal suo punto di vista, era d’accordo con lei riguardo a Lynn. Era ovvio che lo fosse, ma esprimerlo ad alta voce era tutt’altra faccenda.[/SIZE]
[SIZE=2]Il freddo sorriso di Faelivrin si fece più profondo mentre Ianwen impallidiva per la rabbia. Faelivrin si aggiustò le gonne color bronzo con cura meticolosa mentre l’altra cercava un modo per ribaltare la situazione.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Vedremo che posizione assumerà il Collegio, Faelivrin, e anche tu, Ianwen” disse infine Sheriam. “Fino ad allora, credo sia meglio che Lynn non si incontri con nessuna delle Adunanti coinvolte nella sua scelta. Anche solo un’ipotesi di cospirazione o di collusione verrebbe vista davvero male da Re Fuinur. Anche in questo momento, il Guardiano ci ascolta; non mi curo di lui, perché egli è mio pari e non mi è superiore, e potrei schermare le nostre menti in qualsiasi attimo, ma non intendo mancare di rispetto al Re. Fuinur è ignorante nelle vie dell’Ordine, noi siamo altrettanto ignoranti nelle vie che egli intende seguire, la fiducia va conquistata passo dopo passo. E’ per questo che consento al Guardiano, se lo vuole, di ascoltare e riferire. Sono sicura concorderete che è la mia decisione che conta, e che dovrò essere io a parlare con Lynn.”[/SIZE]
[SIZE=2]Ianwen impallidì in modo diverso. Non aveva paura, o almeno non lo dava a vedere, eppure Sheriam quasi la sentiva contare tra sé chi si sarebbe schierata con lei e chi contro se avesse deciso di opporsi alla decisione della Madre. Sette Adunanti e Sheriam, Adunante e Prima dell’Ordine, che avrebbe risolto con il doppio voto qualsiasi situazione di parità. Morvrin, Caralin e Delan, dalla deposizione di Maité, disertavano le riunioni del Collegio pur avendo appoggiato l’elezione di Sheriam; Faelivrin e Ianwen, sempre pronte a saltarsi alla gola ma anche ad allearsi contro il voto delle altre nelle situazioni più impensabili. Si era sempre potuta fidare di Eirbé, la più giovane. Ed Arbé, silenziosa, imprevedibile, rimaneva un enigma per tutte.[/SIZE]
[SIZE=2]La situazione era grave, e una proposta di far uccidere Lynn avrebbe richiesto solo il consenso minoritario essendo la donna figlia di Secondogeniti. Con ogni probabilità, con la sua influenza di Madre e di Tesarath più anziana, l’avrebbe evitata, ma le discussioni sarebbero state lunghe e piene di acrimonia. Rischiava veramente che il Re intervenisse contro l’Ordine. Questo avrebbe causato indicibili conseguenze. [/SIZE]
[SIZE=2]Trasse un respiro. Non sarebbe accaduto; era la negoziatrice più abile, e negli anni aveva risolto per il meglio innumerevoli dispute fra le Sorelle. Sheriam ricordava Lynn solo vagamente, e non provava nei suoi confronti nessun sentimento d'amicizia, ma si ripromise di incontrarla subito, non appena fosse giunta al Menelcarca.[/SIZE]
[SIZE=2]“Che cosa ha deciso Maité?”, chiese.[/SIZE]
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[SIZE=2]Maité finalmente terminò i suoi lavori con il vestito e se lo infilò dalla testa, passandosi le mani dietro la schiena per abbottonarlo. Morvrin non riusciva a capire perché si fosse data tanto da fare: lei odiava qualsiasi lavoro con l’ago. Adesso la scollatura era leggermente più profonda, mostrava in parte il seno, e forse l’abito era leggermente più stretto sui fianchi. Ma a quale scopo?[/SIZE]
[SIZE=2]Frugando nei suoi cassetti, Maité prese la bella scatola di legno con il trucco, polveri, unguenti e cose simili che Laras le aveva dato prima di far ritorno all’insediamento alle pendici del monte. Morvrin aveva pensato di gettarli via, ma poi non lo aveva fatto. Nel coperchio della scatola c’era un piccolo specchio, di fattura delicata, e subito Maité cominciò a truccarsi usando un pennello di pelo di coniglio. Non aveva mai mostrato alcun interesse per queste cose, in precedenza. Adesso sembrava frustrata dal fatto che ci fossero solo una spazzola di legno e un piccolo pettine d’avorio per i capelli. I capelli scuri le erano cresciuti fin da quando avevano lasciato Ardor la prima volta, ma li aveva sempre tenuti all’altezza delle spalle.[/SIZE]
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[SIZE=2]Dopo averla guardata per un po’, Morvrin chiese: “Cosa stai facendo, Maité? Hai deciso di imparare le Vie dei Secondogeniti?” Voleva essere divertente – Maité era sempre seria e poco incline all’allegria – qualcosa per alleggerire gli animi, ma l’altra la sorprese.[/SIZE]
[SIZE=2]“Sì” rispose vivacemente, guardandosi nello specchio e sgranando gli occhi mentre si sistemava le ciglia. “Sento molta curiosità nei confronti del mondo. Il nostro tempo è finito, Morvrin. La mia vita nell’Ordine è finita. Ho pensato a lungo, ho creduto che la cosa migliore per me fosse quella di lasciarmi morire; ma non voglio, Morvrin. Amo troppo il mondo, e non ci sarà perdono per me in Valinor sino all’Ultimo Giorno. E’ il tempo degli Uomini; e se trovo l’uomo giusto, non dovrò più preoccuparmi di nascondermi ai Valdacli o di supplicare.”[/SIZE]
[SIZE=2]Con la mano ancora sollevata nel gesto di toccarsi la fronte, Morvrin sussultò. Era come se un falco avesse appena detto di voler diventare un passero. Si sedette, e guardando Maité, disse: [/SIZE]
[SIZE=2]“Come hai potuto pensare una cosa come quella che hai appena detto?”[/SIZE]
[SIZE=2]Maité, con calma, si passò un pennello sugli zigomi ed esaminò il risultato nel piccolo specchio. Guardò Morvrin insicura, ma rispose con il solito tono di voce. [/SIZE]
[SIZE=2]“Mia madre e mio padre erano dei mercanti, lo sai, commerciavano soprattutto in pellicce e legname con gli uomini delle coste e con i Valdacli. Conoscevano bene i Secondogeniti, e li accompagnavano spesso nei loro viaggi. Una volta ho visto una donna di Geshaan confondere talmente un Valdaclo che lui le diede tutto il legname ricavato dai suoi boschi in un anno per la metà del prezzo chiesto all’inizio, e dubito che quel Valdaclo si sia reso conto di quello che era successo finché non è tornato a casa. Se mai se ne è reso conto. In seguito, mi raccontarono che le aveva mandato un braccialetto di pietre di luna. E le Verdi, in Tesarath, lo hanno sempre fatto, per ordine del Consiglio o della Regina. Le Verdi non meritano in tutto e per tutto la reputazione che hanno, messa in giro da chi ci odia e da presuntuosi che parlano per sentito dire, ma per certi versi si. Le Verdi mi hanno insegnato qualcosa quando ero una novizia.”[/SIZE]
[SIZE=2]Si guardò nello specchio e scosse il capo. “Poi appresi che la mia vita mi avrebbe portata altrove e non sarei stata una Verde. Adesso anche quello è svanito. E’ ora che faccia buon uso degli insegnamenti di tanto tempo fa. Fuinur vuole che io amministri il suo regno per lui … non c’è ancora nessun regno, e non ci sarà, se non troveremo gli alleati di cui abbiamo bisogno. Date le circostanze, non posso pensare a un momento o un luogo migliori per comportarmi come una Verde anche se non sono più dell’Ordine. Forse l’ho sempre desiderato.”[/SIZE]
[SIZE=2]Morvrin la fissò ancora per un momento con i suoi occhi penetranti. “Questo non è il vero motivo. Non è la vera ragione. Sei sempre stata più attratta delle altre dall’amore e dal piacere che porta ma non l’hai mai fatto e non ti daresti a un maschio senza sentimento, non ti daresti a un Secondogenito come una Verde solo per obbedire all’Ordine. Dimmelo, Maité; parla con me.”[/SIZE]
[SIZE=2]Dopo aver scagliato un piccolo pennello nella scatola, Maité avvampò di furia. “La vera ragione? Non la conosco. So solo che ho bisogno di qualcosa nella mia vita per rimpiazzare … quello che non c’è più. Tu stessa mi hai detto che è la mia sola speranza di sopravvivere. Per me la vendetta non è sufficiente. So che i tuoi motivi sono validi e forse anche giusti, che servire l’Ordine mi spingerà ad andare avanti, ma, mi aiuti il Padre, neanche questo è sufficiente. Non riesco più a sentirmi coinvolta quanto voi. Sento dentro di me il peso di molte cose sbagliate che ho fatto. Forse me ne sono resa conto soltanto adesso. Resterò al vostro fianco, ma non è abbastanza.”[/SIZE]
[SIZE=2]La rabbia svanì man mano che Maité si occupò di richiudere i vasetti e le fiale per rimetterli a posto, anche se lo fece usando più forza del dovuto. Emanava un delicato profumo di rose. “So che accettare la proposta di Fuinur non può riempire il vuoto che sento, ma mi basta per superare questo momento, forse. Forse dimenticare ciò che ero e diventare simile ai Secondogeniti sarà sufficiente. Forse un giorno me ne andrò, e cercherò anch’io Valinor. Non lo so.”[/SIZE]
[SIZE=2]Morvrin poté solo scuotere il capo. Era come se Maité fosse diventata un’altra. Parlare in quel modo … non riusciva a crederci. E in realtà Maité aveva anche un aspetto diverso. Non c’era traccia visibile di colore o polvere sul viso, eppure le labbra sembravano più carnose, gli zigomi più alti e gli occhi più grandi. Era già di suo più che graziosa, ma ora la sua bellezza era quintuplicata, ma in maniera più simile a quella di una donna che a quella di un Elfo. [/SIZE]
[SIZE=2]“Accetterò di fare ciò che Fuinur mi chiede”, disse.[/SIZE]
[SIZE=2]Morvrin però non aveva ancora terminato. “E se ti chiedesse davvero di vivere con i Secondogeniti?” domandò. “Cosa farai?”[/SIZE]
[SIZE=2]Maité, ancora seduta, raddrizzò la schiena e deglutì prima di rispondere, ma la sua voce era perfettamente calma. “Tra le due alternative, tu quale sceglieresti?”[/SIZE]
[SIZE=2]Rimasero a fissarsi, e il silenzio divenne pesante.[/SIZE]
[SIZE=2]Morgil attendeva quel momento dal giorno in cui si era risvegliato nel tempio di Menelcarca. [/SIZE]
[SIZE=2]Non era passato molto tempo; gli alberi, nella valle, e le nevi mostravano i primi segni della primavera degli Uomini. Eppure l’attesa gli era sembrata interminabile.[/SIZE]
[SIZE=2]In quei mesi d'inverno, Maelos Ereinion e Mierin Fimbrethil avevano lavorato duramente per lui. Si erano recati in molti luoghi di Ardor, con l’aiuto di Eirbé e di qualcun altro dei Fuinar della valle; avevano corso molti pericoli e sofferto il freddo e la paura, e alla fine erano tornati. [/SIZE]
[SIZE=2]Morgil aveva scelto Mierin e Maelos per la loro giovinezza e le loro capacità; gli unici, al Menelcarca, a poter avvertire l’Essenza. Oltre a Fuinur naturalmente. Anche se nessuno tranne Fuinur, da tempo, studiava più magia in Ardor, Morgil aveva mandato Maelos e Mierin in cerca di oggetti di Potere.[/SIZE]
[SIZE=2]Decine e decine di oggetti. Quegli oggetti erano di ogni forma immaginabile, e adesso stavano davanti a lui, in una delle Sale delle Finestre. Coppe, ciotole e vasi, tutti diversi per forma, dimensione e materiale. Una scatola di legno piatta, antichissima, pronta a cadere a pezzi e con l’imbottitura da tempo ridotta in polvere, conteneva numerosi gioielli – una collana e un bracciale con incastonate pietre verdi e azzurre, una sottile cintura d’oro borchiata di diamanti, diversi anelli – e c’era spazio per altri ancora, che però ne erano stati asportati ed erano andati perduti chissà dove. I gioielli erano tutti capaci di amplificare il Potere, ed erano abbinati tra loro, andavano indossati assieme, anche se Morgil non riusciva a immaginare come una femmina, fosse anche una delle Tesarath, potesse voler indossare tanti gioielli tutti in una volta. [/SIZE]
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Maelos[/SIZE]
[SIZE=2]Maelos trovò poi per lui un pugnale con un filo d’oro avvolto intorno all’elsa fatta con corno di cervo; la lama era smussata, ed era evidente che non si trattava di un effetto del tempo ma era sempre stata così. Il giovane si rigirò l’arma tra le dita – e le mani cominciarono addirittura a tremargli – finché Morgil non gli disse di rimetterla insieme agli altri oggetti sul tavolo di alabastro. Maelos rimase comunque immobile per un po’, guardava il pugnale e si leccava le labbra come se gli si fossero seccate. [/SIZE]
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Mierin[/SIZE]
[SIZE=2]Trovarono poi altri anelli, orecchini, collane, bracciali e fibbie per i mantelli di Ardor, molti dei quali mostravano dei disegni davvero particolari. Trovarono statuette e miniature di uccelli, animali terrestri e persone, diversi coltelli con la lama affilata, cinque o sei grandi medaglioni di bronzo, quasi tutti lavorati secondo schemi strani e nessuno decorato da immagini che Morgil riuscisse a capire, un paio di bizzarre tiare che parevano fatte di semplice metallo, troppo decorate e sottili per poter proteggere, e tutta una serie di oggetti alla quale non riuscirono neppure a dare un nome. Un bastone, spesso quanto il polso di Mierin, liscio, di colore rosso acceso e arrotondato all’estremità, rigido più che duro, nonostante sembrasse fatto di pietra. E che dire dell’insieme di sfere di metallo traforate, racchiuse una nell’altra? A ogni movimento producevano una debole melodia, sempre diversa, e Morgil aveva come la sensazione che, per quanto avesse guardato a lungo, ci sarebbe sempre stata una nuova sfera più piccola da scoprire all’interno di una più grande. E l’oggetto che sembrava uno di quei rompicapo ad anelli di ferro ma era fatto di vetro? Era abbastanza pesante che Maelos lo lasciò cadere, e scheggiò il bordo di pietra. [/SIZE]
[SIZE=2]Una collezione che avrebbe fatto lo stupore di ogni signore della vecchia Corte. Cosa più importante, alla fine trovarono altri due oggetti pieni di Potere, questa volta in una scatola d’osso. Uno era un gioiello, un bracciale d’oro con quattro catenine piatte collegate ad altrettanti anelli, tutto decorato con un complesso schema a intreccio. Era pensato per mani piccole. L’altro era la statuina di una donna seduta fatta in avorio scurito dagli anni, le gambe incrociate, le ginocchia nude e scoperte, ma con capelli così lunghi e folti che coprivano il resto del corpo. Era meno forte del bracciale, ma Morgil lo trovò molto affascinante: la donna della statua teneva una mano poggiata su un ginocchio, col palmo all’insù e il pollice che toccava la punta di medio e anulare, mentre indice e mignolo erano piegati. Quella figura emanava un’aria di grande solennità, eppure il volto finemente lavorato mostrava un’espressione di gioia e divertimento. Forse era stato creato per una donna in particolare.[/SIZE]
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[SIZE=1]Da "Il Sentiero dei Pugnali", di Robert Jordan[/SIZE]
[SIZE=2]In un angolo, le campanelle d’argento alla fine delle due lunghe trecce scure di Balios fecero un debole suono quando lui strusciò i piedi. Si era scurito molto sotto il sole del Mumakan, ma per altri versi non era affatto cambiato. Ladon gli sorrise, un lento sorriso che era sia divertito che pericoloso. Nikator rise, un breve latrato, poi rimase zitto e immobile.[/SIZE]
[SIZE=2][Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
[COLOR=navy]Xan[/COLOR][/SIZE]
[SIZE=2]“Che ci fai qui, Ladon?” chiese rudemente Xan. Lanciò il mantello e i guanti sopra il tavolo, sopra le mappe, poi anche il cinturone e la spada finirono su di esse. Le mappe che Ladon, e Thanatos, non avevano alcun motivo di studiare. Non c’era bisogno di loro.[/SIZE]
[SIZE=2]Stringendosi nelle spalle, Ladon estrasse una lettera da una tasca della giubba e la consegnò a Xan. “Il M’Hael, è lui che te la manda.” La carta era bianca come neve e spessa, per sigillo c’era il Terzo Occhio impresso in un grande ovale di cera blu che riluceva di scaglie dorate. Il Maestro aveva una grande opinione di sé stesso. “Thanatos mi ha chiesto di dirti che le storie sugli Elfi che ritornano ai templi e alle fortezze di Ardor, ebbene, sono vere. A quanto pare vogliono sfidare i Valdacli,” il sogghigno di Ladon si gonfiò di incredulità “e sono stati sull’isola di Tharin e anche qui. Tra breve potrebbero diventare un pericolo, no?”[/SIZE]
[SIZE=2]Xan sbriciolò tra le dita il pomposo sigillo. “Stanno andando a nord, non verso le terre dei Valdacli, e non sono una minaccia. I miei ordini erano chiari. Lasciate stare gli Elfi a meno che non siano loro ad attaccare. Questo hanno detto gli Arconti.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ma come fai a essere sicuro che non siano una minaccia?” insisté Ladon. “Forse stanno andando a nord, come dici, ma se ti sbagli lo sapremo solo quando ci avranno già attaccati.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ladon potrebbe aver ragione” intervenne Nikator con voce pensosa. “Io non mi fiderei di donne che mi mandano messaggi, e quella in particolare. Non ha nemmeno prestato giuramento. Oppure sì?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ho detto di lasciarli stare!” Xan battè una mano sul tavolo, forte, e Phanes saltò per la sorpresa. Nikator si accigliò irritato prima di assumere in tutta fretta un’espressione più serena, ma a Xan non interessava il suo umore. Per caso – era sicuro che fosse per caso – la mano gli era finita sulla lancia. Il braccio gli tremava per il desiderio di impugnarla e conficcarla nel cuore di Ladon. Non c’era davvero nessun bisogno di lui. “I Difensori sono un’arma da puntare dove decido io, non devono svolazzare in giro come galline ogni volta che Thanatos si spaventa per una manciata di luridi Elfi che cenano nella stessa locanda. Se devo, tornerò a Thernes a chiarirmi meglio.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Sono sicuro che non sia necessario” disse subito Ladon. Almeno qualcosa aveva spazzato via quella piega beffarda dalla sua bocca. Con gli occhi tesi, allargò le mani quasi con timidezza, come a chiedere scusa. E chiaramente spaventato. “Thanatos, lui voleva solo che tu fossi informato. I tuoi ordini vengono letti a gran voce ogni giorno nelle direttive del mattino.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Va bene, allora.” Xan parlò con voce fredda e riuscì a non accigliarsi solo con un grande sforzo. Ladon aveva paura di Thanatos e del Maestro, non di lui. Temeva che il Maestro potesse aversene a male se qualcosa che Ladon aveva detto avesse scatenato contro di lui l’ira di Xan. “Perché ucciderò chiunque di voi si avvicinerà a quegli Elfi o toccherà quella donna. Voi colpite dove dico io.”[/SIZE]
[SIZE=2]Ladon fece un rigido inchino, mormorando: “Come desideri.” Snudò i denti in un tentativo di sorriso, ma era teso in volto e si sforzava di evitare gli sguardi di tutti gli altri senza però darlo a vedere. Nikator abbaiò un’altra risata e sul volto di Phanes si disegnò un lieve sogghigno.[/SIZE]
[SIZE=2]Balios non stava godendo del disagio di Ladon, però, né vi faceva caso. Guardava Xan senza sbattere le palpebre, come se riuscisse a percepire pensieri profondi che agli altri sfuggivano. La maggior parte delle donne e non pochi uomini lo ritenevano solo un bel ragazzo, ma quegli occhi troppo grandi a volte parevano capire Xan più di chiunque altro.[/SIZE]
[SIZE=2]Xan tirò via la mano dalla lancia e lisciò la lettera. Le dita non gli tremavano quasi per niente. Ladon aveva un sorriso debole e amaro, e non si era accorto di niente. Appoggiato alla parete, Balios cambiò posizione, rilassandosi.[/SIZE]
[SIZE=2]I rinfreschi arrivarono in quel momento, portati dalle donne guidate da Kleio, una fila di schiave del Geshaan, del Mumakan e delle coste con le loro diverse livree. Per ogni tipo di vino c’era una donna con un vassoio e una brocca d’argento, più altri due con vassoi e boccali anch’essi d’argento per le bevande calde e speziate ed eleganti calici per il vino. Un ragazzetto dal volto rosato con un chitone verde e giallo reggeva un piatto sul quale effettuare la mescita, e Liluma, una donna scura di pelle con un abito bianco e dorato era lì appunto per versare dalle varie brocche. [/SIZE]
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[SIZE=2]C’erano noci e frutta candita, formaggio e olive, e ognuno di questi alimenti aveva la sua apposita servitrice. Sotto il comando di Kleio, donne e ragazzetti fluirono in una danza formale, tra inchini e riverenze, facendo spazio uno all’altro mentre porgevano le loro offerte[/SIZE]
[SIZE=2]Dopo aver preso del vino caldo, Xan si issò sul bordo del tavolo e poggiò accanto a sé il boccale fumante ancora pieno per occuparsi della lettera. Non c’era nessun tipo di preambolo. Il M’Hael non si rivolgeva mai a nessuno con qualsiasi tipo di titolo onorifico.[/SIZE]
[SIZE=2]Meno di cento Elfi, la loro gran parte nata e cresciuta nelle foreste di Taaliraan, si sono annidati in un luogo nel meridione delle Montagne Gialle, che chiamano Menelcarca. Solo alcuni di loro sono Avari, forse uno o due Luminosi.[/SIZE]
[SIZE=2]Hanno visitato l’oriente del Mumakan e adesso si muovono anche in Hathor, e alcuni Arconti li proteggono, col risultato che ogni giorno altri Elfi si aggiungono ai loro ranghi. Tra pochi mesi la rinata Ardor eguaglierà gli Asha’man in numero. Entro un anno, i Valdacli tremeranno per il loro potere.[/SIZE]
[SIZE=2]Difensore dell’Umanità, occupati tu stesso di questo cespuglio di more. Thanatos ti aiuterà. Un rovo piccolo, e spinoso, ma il raccolto sarà sorprendentemente buono per le sue dimensioni[/SIZE]
[SIZE=2]Xan fece una smorfia. Nuovi Elfi ogni giorno? Di quel passo entro pochi mesi gli Elfi sarebbero stati molti, certo, e anche la più inesperta delle loro Sorelle aveva anni di addestramento alle spalle. E parte di quell’addestramento le insegnava specificatamente a vedersela con un uomo. Xan preferiva non pensare a un incontro tra lui e le Sorelle in cui entrambe le parti sapessero chi avevano di fronte: sangue e rimorsi potevano essere l’unico risultato possibile, qualsiasi cosa accadesse. I suoi uomini non erano rivolti contro gli Elfi, adesso, tuttavia, e non importava come la pensasse il M’Hael. Era comodo lasciare che altri lo credessero, però, se poteva servire a togliere sicurezza ai suoi avversari. I suoi uomini avevano bisogno solo di imparare a uccidere. Se ce n’erano abbastanza per farlo al posto giusto e nel momento giusto, se vivevano abbastanza per farlo, allora avrebbero esaudito lo scopo per cui erano stati scelti e portati là. [/SIZE]
[SIZE=2]Un … cespuglio di more. Quello che era necessario andava fatto. Hathor avrebbe pagato un prezzo troppo alto, altrimenti. Alla fine lui ne sarebbe morto, ma erano la sua terra, il suo mondo, a rischiare.[/SIZE]
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[SIZE=1]Da "Il Sentiero dei Pugnali" di Robert Jordan[/SIZE]
[SIZE=2]Re Fuinur, si alza in piedi nella sala del trono del Menelcarca,[/SIZE]
[SIZE=2]nella notte parla a una sinuosa figura che per un momento pare essere alata alla fioca luce di stelle che riesce a penetrare nella stanza.[/SIZE]
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[SIZE=2]"Fosti marchiata da un essere spregevole con il nome di Imbacindë ma d'ora in avanti sarai chiamata con il nome di Anirta ed io ti proteggerò così come tu servirai il mio popolo, libera da catene e sofferenze". Cosi parlò alla creatura che da poche settimane, per uno scherzo del fato aveva Chiamato a sé da una infinita servitudine mentre Invocava a gran voce una risposta dal cielo cantando parole di potere.[/SIZE]
[SIZE=2]"Ma ora Anirta", chiede Fuinur, "scrivi affinché sia conservato, ciò che dirò". La pallida creatura sdraiata sul tappeto aprendo un pesante libro in pergamena si prepara a scrivere intingendo una penna in un denso inchiostro.[/SIZE]
[SIZE=2]"La magia si manifesta in rituali e forme epurate dalle incrostazioni della mente cosciente, in un rapporto tra concetti immutabili e poteri primordiali (notte, fuoco, luce, pietra, sangue, gelo) che assurgono allo stato di simboli del reale.[/SIZE]
[SIZE=2]Il negromante rifiutando l'inevitabile finitezza del non divino, diviene un essere strappato agli orizzonti cristallizzati dell'ideale e si rivela nell'esperienza concreta della morte dei sogni.[/SIZE]
[SIZE=2]La magia, nel suo fluire incessante, nelle molteplici forme in cui manifesta la sua essenza, si riflette nella sua abbagliante trasparenza come una proiezione su di un cristallo, una soglia al di là della quale l'infinito rivela la sua primordiale supremazia sulla materia.[/SIZE]
[SIZE=2]La negromazia incarna lo sguardo oltre la soglia, l'inoltrarsi in territori perpetuamente mutevoli e sconosciuti, inesplorati e inumani nell'interminabile rappresentazione di forme e ombre che appaiono nell'interminabile scorrere del flusso: allora per il Sapiente la voce stessa, diviene forma e sostanza.[/SIZE]
[SIZE=2]Lo sguardo che anela all'indicibile diviene padrone della visione appena trascorsa, il vero potere consiste nella dominazione della realtà attraverso il riflesso nell'essenza dell'immagine di essa".[/SIZE]
[SIZE=2]Luce o Ombra,[/SIZE]
[SIZE=2]Onore o abbandono,[/SIZE]
[SIZE=2]Distacco o Fede,[/SIZE]
[SIZE=2]Persuasione o Dominazione,[/SIZE]
[SIZE=2]Creazione o Oblio.[/SIZE]
[SIZE=2]"Questi sono i fuochi che bruciano del mio animo, divorato dalla solitudine ma mai come ora potente nel flusso dell'essenza liberato dai vincoli del corpo materiale.[/SIZE]
[SIZE=2]Dominatore di primordiali poteri, mai lo sono stato del fato che i tessitori ciechi hanno ordito per me, ma nemmeno essi mi poterono togliere la gloria del breve istante in cui fu nelle mie mani la luce di Silmaril, gloria del grande Re dei priminati e meravigliosa e divorante al contempo.[/SIZE]
[SIZE=2]E ora a questo mi accingo ...[/SIZE]
[SIZE=2]Questa maschera, nera come il vuoto tra le stelle e decorata con vero argento rilucente nel riflesso del cristallo, amplificherà il mio potere, attingendo all'eterno riecheggiare del primo canto dei creatori nella dissonanza immanente del verbo del primo tra i primi. In Valarin infatti cantarono le potenze con parole che sono da lungo tempo dimenticate, ma gli echi del Primo Canto, Ainulindalë, risuoneranno per sempre nel creato. [/SIZE]
[SIZE=2]Padre senza figli, Primonato senza salvezza, celerò d'ora in poi il mio spettrale volto ma ancor di più il mio martoriato spirito e nell'oblio dell'essere mi accingo ora a rivendicare il nostro antico potere per consumare nei fuochi dell'essenza i nemici dell'eccelsa terra di Ardor e di tutte le libere genti. Questo potere io chiamerò nella nobile lingua Aikanáro.[/SIZE]
[SIZE=2]Comprendo solo ora di dovermi sacrificare a questo alto incarico, prima che un giorno le catene siano spezzate e i mortali diverranno i soli artefici del loro destino ... sia ... Ambar-Metta o Amaurëa è noto solo a Eru."[/SIZE]
[SIZE=2]Onore e Gloria[/SIZE]
[SIZE=2]All'antica Sapienza[/SIZE]
[SIZE=2]degli Alti Signori di Ardor[/SIZE]
[SIZE=2]Fuinur Arantar Ardor Andórë[/SIZE]
[SIZE=2]Anfána Ambarónë a Elendur[/SIZE]
[SIZE=2]Vincarna Aran ná Taura[/SIZE]
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[SIZE=2]Così mi preparai a partire ed ebbi il primo assaggio di come i Valdacli Bianchi vivessero le loro giornate al servizio di una causa, quella della mia terra, che per loro non significava nulla. Un vecchio sacerdote del tempio di Deimos venne accompagnato nella grande sala comune della casa di Ralmoth, dove venne deriso dai capitani impegnati a bere e a giocare a carte. Egli tentò di officiare il rito e distese sul pavimento un immacolato mantello, ma Tarush, un giovane marinaio che apparteneva a una nave di Elorion, gettò una coppa di vino sull’indumento, interrompendo il sacerdote. Lo fece per tre volte, nonostante il vecchio proclamasse a gran voce che i presagi erano favorevoli ai signori dell’Alleanza. A quelle parole comunque i Valdacli lanciarono grida di gioia, picchiando le coppe sui tavoli e ubriacandosi. [/SIZE]
[SIZE=2]Io, tremando come sempre per via dei loro sguardi, implorai in silenzio la protezione di Vairé oltre a quella di Esté e Naama, del quale portavo il segno. Un corvo si posò su un ramo dell’albero che vedevo dal davanzale, arruffando le penne e volgendo un occhio tondo nella mia direzione; all’inizio ebbi paura di quel segno ma poi ricordai che, quando Elua aveva vagato nei territori del nord, corvi e lupi gli erano stati amici. La presenza dell’animale mi rincuorò un poco.[/SIZE]
[SIZE=2]Gran parte di ciò che restava della giornata trascorse nella discussione fra Ralmoth e i capitani in merito allo schieramento degli Umar e dei Mumakani e io potei ascoltare e osservare l’andirivieni generale. Ralmoth, da quell’esperto condottiero che era, ebbe il buonsenso di ritirarsi presto, portandomi con sé. Pensavo che mi avrebbe lasciata in pace per essere più fresco il mattino successivo, invece mi gettò sul letto con vigorosa efficienza da soldato e si sprigionò in me con tanto di grida eroiche, salvo poi rotolare sul fianco e mettersi a russare dopo pochi minuti. Con le sue donne avrebbe fatto di molto meglio, era ovvio … ma lui, col suo modo di pensare ingenuamente furbo, doveva aver deciso che non valesse la pena metterlo in pratica con una serva, con la quale intendeva solo soddisfare i propri istinti più bassi; di certo non aveva importanza per me, non era il primo di loro che conoscevo in quel modo e non era stato diverso Aetos. Restai sdraiata nel buio, sveglia e ansante per via di un piacere che disprezzavo, a chiedermi cos’avrebbero portato i giorni che mi attendevano. [/SIZE]
[SIZE=2]L’indomani sarei tornata dagli Elfi.[/SIZE]
[SIZE=1]Da "Il Dardo e la Rosa" di Jacqueline Carey[/SIZE]
[SIZE=2]E avvenne così che nel tardo pomeriggio del trentesimo giorno di Lótessë, nell’anno Settantasei, il Re di Ardor Rinata si trovasse a discorrere della Quarta Era, di Ainulindalë e della natura di Melkor. [/SIZE]
[SIZE=2]Sheriam, tornata da Tharin, aveva portato con sé Isandre del Telaio e la bambina Liandre. La giornata, fino ad allora bella, era sul finire; sui monti sotto Menelcarca si accumulavano nuvole arrossate dal sole che calava, avvolto in brume, verso le cime; le valli erano già ammantate di grigie ombre. [/SIZE]
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[SIZE=2]Maelos cantava perché il giorno era prossimo al termine; Lynn sedeva solitaria accanto al fuoco, in pensiero per il figlio, e solo di tanto in tanto osservava Liandre che giocava con la bambola; Morgil, discosto, guardava Liandre, e ricordava Ardaniel e i momenti passati. [/SIZE]
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[SIZE=2]“Fëa, mio Re, lo Spirito, è singolo, e in ultima istanza libero nella Musica. Non può essere costretto a Mandos.” disse Sheriam con tono pacato e freddo. “Fëa è convocato; e la Chiamata è di pura autorità, ed imperativa; eppure essa può esser rifiutata. Fra coloro che rifiutarono l’invito in Aman dei Valar nei Primi Anni degli Elfi, il rifiuto della Chiamata di Mandos è, così dissero gli Eldar, frequente. Era invero meno frequente nei giorni in cui Sauron era in Arda; perché il Fëa senza Hroa, senza il Corpo, sarebbe fuggito in ogni dove, terrorizzato dall’Ombra, a meno che non fosse stato da essa già toccato e dominato. Fu così che anche fra gli Eldar, che pure non potevano esser corrotti nell’animo, alcuni che avevano rifiutato la Chiamata ebbero poco potere per resistere alla successiva chiamata dell’Ombra.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Nulla amai più di mia figlia. Potesse Eru chiamarmi in sua vece, io lo vorrei!” gridò Fuinur ad alta voce. E sottovoce soggiunse: “E’ triste che il mio orgoglio e la mia freddezza per tanto tempo abbiano annebbiato la mia mente. Ciò che desidero è ormai al di là della mia portata. Eppure scorgo la grandezza di Eru, che lasciò nascere libera la Musica del Padre Celeste perché ci fosse valore nella scelta.”[/SIZE]
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[SIZE=2]“Nessuno può alterare la Musica a dispetto di Ilùvatar, Re Fuinur”, disse la vecchia Isandre. “In ultimo Melkor aiutò a comporre qualcosa di ancor più complesso e di una meraviglia più grande, per scelta di Iluvatar. Tutto contribuisce all’eccelsa gloria di Iluvatar, e non fa che rendere la sua Musica più degna di essere udita.”[/SIZE]
[SIZE=2]I pensieri di Fuinur si volsero allora, inquieti, a ciò che Morgil quello stesso giorno aveva suggerito, e le alte candele al suo fianco sembrarono impallidire nel buio incipiente. “Troppo grande è il dubbio che mi assilla, Isandre. Tu sei l’unica in quest’era del mondo a poter toccare la trama del Telaio. Posso, io, toccare lo Spirito di mia figlia e riportarla a me?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ahimè, no. Non puoi”, rispose Isandre, e un’ombra di disperazione aduggiò il cuore di Fuinur. [/SIZE]
[SIZE=2]“Non puoi, Sire, perché ella era per metà di donna, e per quanto il corpo e lo spirito degli Uomini siano molto vicini a quelli degli Elfi, essi non sono legati ad Arda. Il loro spirito lascia il mondo, prima o poi, dopo la morte. Questo è l’ordine naturale delle cose, così come volle Eru. Che cosa accade agli Uomini, nessuno sa per certo. E in ciò sta anche la dicotomia del Telaio."[/SIZE]
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[SIZE=2]“Può darsi” replicò Sheriam. “Ma così com’era per metà di donna, era per metà di Elfo”, disse. “Alcuni dei Luminosi che andarono in Aman e conversarono con i Valar dissero che i loro spiriti attendevano anch’essi in certe aule diverse da quelle degli Elfi, in Mandos. Alcuni affermano, mio Re, che i Senza Dimora desiderano un corpo, anche se essi non sono disposti a cercarlo secondo la Legge sottomettendosi alla chiamata di Mandos. Coloro che sono perversi prenderanno quei corpi con l’inganno e con la forza, se potranno. Ma tua figlia non era perversa, e il suo Fëa … “[/SIZE]
[SIZE=2]“Non illuderlo, Sheriam” l’interruppe Isandre; anche Lynn si voltò verso l'alta Tesarath, e l'espressione del volto tradì il suo biasimo. [/SIZE]
[SIZE=2]“Altre prima di te lo fecero, non per malizia ma per ignoranza," disse Isandre, "e fu per questo che il mio Ordine venne creato nelle donne e non negli Elfi. Nessuno degli Uomini può tornare, e dopo breve tempo essi se ne vanno fuori dal Tempo e da Arda e siedono con Ilùvatar, e là rimarranno sino alla Seconda Musica degli Ainur, sino alla fine del mondo. Questo è il dono dato agli Uomini, e il loro destino persino Melkor invidiava e temeva. Non puoi trovare la figlia che generasti, sire Fuinur; e anche se, con un prodigio, tu riuscissi a toccare il suo fëa elfico, il pericolo di unirsi a esso non sarebbe solo quello della tua distruzione, ma quelli dell’illusione, di irreali fantasie e bugie. La sua anima strappata e ridotta a una sola metà del suo essere implorerebbe pietà in un modo che tu non sapresti rifiutare, e se fosse in te ammessa, allora cercherebbe di ridurti in schiavitù e di usare la tua volontà e il tuo spirito per i suoi ormai malvagi scopi. Si dice che Sauron fece di queste cose, instillando negli Uomini la paura della morte, e che insegnò ai suoi seguaci come ripeterle.”[/SIZE]
[SIZE=2]“La vendetta di Sauron sopravvive alla sua probabile morte” disse Sheriam. [/SIZE]
[SIZE=2]E così il re di Ardor Rinata stette nell’angoscia, e non parlò più della figlia perduta.[/SIZE]
[SIZE=1]Da "Racconti Incompiuti di Nùmenor e della Terra di Mezzo", di J.R.R. Tolkien[/SIZE]
[SIZE=2]Kepoi si trovava su uno spuntone di roccia proprio sulla cima di Capo Selinus, nel meridione di Hathor, con nient’altro a sud se non l’oceano di Haragaer. Le alte scogliere scendevano nella bocca del piccolo porto da entrambi i lati, e in cima a una di esse c’era la torre delle Vedette sulle Onde. Una gabbia pendeva da un lato, con un uomo dall’aria sconsolata seduto all’interno, le gambe penzoloni fra le sbarre.[/SIZE]
[SIZE=2]“Chi è quello?” chiese Domon.[/SIZE]
[SIZE=2]Caban aveva finalmente smesso di affilare la spada, dopo che Domon aveva iniziato a chiedersi se intendesse usarla per radersi. Lo schiavista guardò nella direzione che lui stava indicando. “Oh, quella è la Prima Vedetta. Non quella che abbiamo trovato quando siamo arrivati. Ogni volta che una muore, prendono un altro uomo, e noi lo mettiamo in gabbia.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ma perché?” domandò Domon.[/SIZE]
[SIZE=2]Il sorriso di Caban mostrava troppi denti. “Stavano di vedetta per il motivo sbagliato, e hanno dimenticato quello che avrebbero dovuto ricordare.”[/SIZE]
[SIZE=2]Domon distolse lo sguardo dall’uomo. ‘Io sono un commerciante, tutto il resto non mi riguarda’, si disse.[/SIZE]
[SIZE=2]Con sua sorpresa, vide che Egeanin si era fatta portare da una barca sul molo con la sua guardia e la serva. Stavolta l’uomo che indossava il bianco era un altro, ma la serva era la stessa donna dal volto duro, che non alzava mai lo sguardo, a meno che Egeani non le parlasse. Domon si spostò a disagio sulla pietra, calda per il sole, nell’aria dall’odore familiare d’acqua salata e catrame; si chiese che cosa stessero cercando gli Elfi. Cosa stesse cercando Egeanin. I gabbiani lanciavano i loro versi, volando in circolo sulla torre. Pensò a quale verso poteva lanciare un uomo ingabbiato. ‘Non mi riguarda’, si ripeté.[/SIZE]
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[SIZE=2]Alla fine Egeanin fece tornare i suoi verso il capitano. Aveva qualcosa con sé, avvolto in un panno di seta gialla, notò Domon circospetto. Qualcosa abbastanza piccolo da essere portato in una mano, ma che lei reggeva cautamente con entrambe.[/SIZE]
[SIZE=2]Domon si alzò in piedi – lentamente, per via degli Hathoriani, sebbene i loro occhi fossero sdegnosi come quelli di Caban. “Hai visto, signora? Sono solo un pacifico commerciante. Forse alla tua gente piacerebbe comperare alcuni dei miei fuochi d’artificio?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Forse, commerciante.” C’era un aria d’eccitazione repressa in lei che lo rese nervoso, e le sue parole successive aumentarono quella sensazione. “Tu verrai con me. Dobbiamo parlare di un viaggio. Mi porterai nell’Elemmakil Valdaclo, ad Aringil.”[/SIZE]
[SIZE=2]Egeanin ordinò a due guerrieri di seguirli, e uno di loro diede una spinta a Domon per farlo avviare. Non era stato un colpo duro; Domon aveva visto dei contadini spingere una mucca allo stesso modo per farla camminare. A denti serrati, la seguì, guardando la piccola folla che stava scaricando le merci dalla nave.[/SIZE]
[SIZE=2]“Alcuni di loro sono dalla vostra parte?”. Aveva parlato senza pensare.[/SIZE]
[SIZE=2]Egeanin aggrottò le sopracciglia e si girò a guardarlo, chiaramente perplessa. Senza rallentare scrutò gli Hathoriani, poi annuì a sé stessa. “Ti riferisci alle armi. Loro sono la nostra gente adesso, commerciante; hanno prestato il giuramento.” Si fermò all’improvviso, indicando un uomo alto, con le spalle grosse, che indossava una veste dal ricamo pesante e una spada che pendeva in un balteo di semplice cuoio. “Tu!”[/SIZE]
[SIZE=2]L’uomo si arrestò a metà passo, rimanendo con un piede a mezz’aria e un’espressione di spavento in volto. Era un volto duro, ma l’uomo aveva l’aspetto di uno che avrebbe voluto scappare. Invece si girò verso Egeani e s’inchinò, con le mani sulle ginocchia, gli occhi fissi sulle scarpe di lei. “Come può quest’uomo servire una dama della Corte?” chiese con voce tesa.[/SIZE]
[SIZE=2]“Sei un guerriero di Hathor?” domandò a sua volta Egeanin. “Hai prestato giuramento?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Si, mia signora. Si.” Non distolse gli occhi dai piedi di lei.[/SIZE]
[SIZE=2]“Cosa dici alla gente quando vai con i tuoi carri nell’entroterra?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Che devono obbedire ai Predecessori, signora, aspettare il Ritorno e servire Coloro che sono tornati alla Corte.”[/SIZE]
[SIZE=2]“E pensi mai di usare quella spada contro di me?”[/SIZE]
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[SIZE=2]Le mani dell’uomo diventarono bianche per quanto si strinse le ginocchia, e ci fu un’improvvisa agitazione nella sua voce. “Ho prestato il giuramento, signora. Io obbedisco, aspetto e servo.”[/SIZE]
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[SIZE=2]“Vedi?” disse Egeanin, girandosi verso Domon. “Non c’è motivo di temere le armi. Ci deve essere il commercio, e i mercanti si devono proteggere dai briganti. Noi permettiamo alla gente di andare e venire come vuole, finché tutti obbediscono, aspettano e servono. I loro progenitori hanno infranto i giuramenti, ma questi hanno imparato bene.” Riprese a camminare, e i guerrieri spinsero Domon dietro di lei.[/SIZE]
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[SIZE=2]Domon si voltò a guardare il commerciante. L’uomo rimase inchinato fino a quando Egeanin non fu a dieci passi di distanza da lui, poi si raddrizzò e se ne andò di corsa nella direzione opposta, salendo per la strada scoscesa. Domon capì perché Egeanin poteva concedere così tanta libertà a quella gente. Si chiese se lui avrebbe avuto i nervi abbastanza saldi da resistere a tutto quello. Elfi. Mostri. Si chiese se c’era qualcosa che avrebbe potuto impedire al re di Ardor Rinata di marciare fino alla vetta del mondo. ‘Non mi riguarda’, si ricordò rudemente, e cercò di pensare alla maniera di evitare gli Elfi nei suoi viaggi futuri.[/SIZE]
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[SIZE=1]Da "La Grande Caccia", di Robert Jordan[/SIZE]
[SIZE=4]Gli Urqui di Ardor[/SIZE]
[SIZE=2]Nessuno conosce con certezza la natura dello spirito degli Urqui, o Yrch. [/SIZE]
[SIZE=2]La loro stessa origine è perduta nelle profondità di Utumno. [/SIZE]
[SIZE=2]Le leggende dell’Ovest di Arda, e la maggior parte degli Eldar, che ritennero Melkor incapace di creare, narrano che essi fossero Noldorin catturati da Melkor all’inizio del tempo, i corpi e gli spiriti dei quali vennero pervertiti e corrotti in modo da creare una parodia dei Priminati, una razza che avrebbe adorato e servito Melkor stesso. Altri affermarono che essi fossero discesi dai Secondogeniti. [/SIZE]
[SIZE=2]In Ardor, alcuni dei Signori pensavano diversamente, ritenendo gli Yrch (gli Orchi) figli di Melkor così come i Naugrim erano figli di Aule, e che la corruzione non fosse venuta dal Padre ma dalla malvagità intrinseca all’Abisso sotto il Mondo; così come gli Uomini e i Naugrim, in molti casi, erano stati toccati da questa malvagità senza rimedio alcuno, allo stesso modo lo erano stati gli Yrch. Ma gli Elfi dell’Ovest combatterono gli Yrch nella Prima Era, senza pietà, e l’odio che scaturì fra le due razze fu insopprimibile, la distanza tra esse incolmabile. Le migliaia e migliaia di Yrch uccisi dagli Elfi forse divennero spettri dal limitato potere e infestarono luoghi e regioni oscure; forse, come figli di Melkor, ebbero un destino sconosciuto a tutti tranne che al loro Padre e alla morte del loro corpo lasciarono per sempre Arda. [/SIZE]
[SIZE=2]In Ardor, alcune famiglie di Urqui fuggiti da Utumno dopo la Guerra d’Ira trovarono accoglienza anziché odio e comprensione anziché morte; essi, non malvagi per natura se non già toccati nell'animo dall'Ombra, ma portati ad essere con facilità servi dei potenti e strumento di una più forte volontà, dimorarono accanto agli Elfi, rispettandoli pur non amandoli, e vissero liberamente. I migliori fra gli Urqui studiarono e impararono la lingua e la civiltà degli Eldar, e alcuni eccelsero nelle arti più semplici. [/SIZE]
[SIZE=2]Nei secoli, gli Urqui di Ardor si unirono agli Uomini di Dushera, del Geshaan e del Mumakan, e il loro sangue via via scomparve stemperandosi in quello dei Secondogeniti, finché nella tarda Terza Età solo poche decine di Urqui ancora rimanevano a Shaan-ta-Rhun, la Cittadella, e nelle terre circostanti: essi furono sterminati dai Valdacli di Seregul, nei primi anni della Quarta Era.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Theles Caralin.”[/SIZE]
[SIZE=2]Le mani di Caralin si immobilizzarono sulle corde dell’arpa, il viso come sempre privo di qualsiasi espressione. Morgil la guardò con fastidio; tutto ciò che aveva sentito come bello in Ulrith, nelle altre Tesarath non c’era, non lo trovava – oppure se c’era gli dava noia. Gli sembravano una parodia della sua amata create allo scopo di innervosirlo. Solo Eirbé era intelligente e gentile; con lei trascorreva volentieri il tempo, la sua treccia nera e la sua pelle gli ricordavano la sua sposa. Ma le Tesarath erano utili, a volte; Morgil si era posto molte domande, in quei giorni, e aveva bisogno di risposte.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Il Guardiano”, disse Caralin, chinando il capo in segno di omaggio.[/SIZE]
[SIZE=2]“Ho interrotto la tua musica. Non mi dispiace. Devo parlarti, ma prima vorrei sapere perché sei qui; credevo che tutte voi vi foste disperse nella regione, in cerca di altre. Invece vi trovo ad andare e venire come più vi aggrada e ciò non mi soddisfa.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Mi addolora che tu non ne fossi al corrente, Sheriam non ha dato a tutte noi l’ordine di cercare; solo ad alcune. Io sono rimasta.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Allora è un bene che tu sia qui, perché necessito di un insegnante. Sto facendo molte cose, eppure non mi sono sufficienti, ne desidero moltissime altre. Ho bisogno di più Potere.”[/SIZE]
[SIZE=2]Dall’arpa scaturì una musica mesta che parlava di perdita e lacrime. “Il Canto della Morte,” spiegò Caralin “il movimento finale del Ciclo della Grande Passione, composto circa trecento anni prima della Guerra dei Poteri da …”[/SIZE]
[SIZE=2]Morgil la interruppe di nuovo. “Non mi stai insegnando chissà cosa, Tesarath.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Sto facendo del mio meglio, date le circostanze, Guardiano. E non conosco ancora le tue domande. Puoi già compiere grandi prodigi, fare cose che nessuna di noi potrebbe immaginare. Adesso puoi sentire il Potere ogni volta che lo desideri, e sai distinguere un flusso da un altro. Puoi schermarti, o muoverti nel Potere stesso e il Tempio fa quello che vuoi tu. Non ci sono legami tra di noi, non posso insegnarti.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non è sufficiente, ti ho detto. Voglio sapere di più, e uso ricompensare bene chi mi serve fedelmente. So che sei amica di Maité e che non hai votato contro di lei, quindi penso che tu di una corrente diversa da quella delle altre, nell’Ordine, e anche che questa corrente sia incline a rivelarmi più cose di quelle che potrei sapere da Sheriam o da Arbé. Mi sbaglio?”[/SIZE]
[SIZE=2]Caralin smise di suonare e aggrottò le sopracciglia, senza guardare Morgil. “Credi davvero di aver bisogno di sapere di più? Tu hai desiderato vivere, Doril, ma ora forse non lo desideri più?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non chiamarmi a quel modo!” scattò Morgil, ma Caralin non parve sentirlo. Adesso stava guardando Morgil di sottecchi ma con attenzione.[/SIZE]
[SIZE=2]“Quanto ricordi, Guardiano? Voglio dire, del tuo passato, prima della caduta della Torre. Eirbé dice che rammenti tutto, ma potrebbe sbagliarsi oppure potrebbe … credere con facilità a una tua menzogna.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ha detto la verità.” [/SIZE]
[SIZE=2]Morgil incanalò per chiudere le porte e trarre a sé uno dei calici di vino lasciati intatti dagli Elfi tornati a fondovalle, poi lo porse a Caralin. Non voleva parlare del suo passato, voleva scoprire qualcosa che gli permettesse di avere più potere. Era stanco di quella prigionia, di essere scambiato per quel giovane Elfo che portava in sé solo un briciolo della sua conoscenza e delle sue capacità.[/SIZE]
[SIZE=2]“Se un legame con me ti aiuterebbe a insegnarmi qualcosa, perché non lo creiamo?”[/SIZE]
[SIZE=2]Caralin lo guardò come se le avesse chiesto perché non mangiava sassi, quindi scosse il capo. [/SIZE]
[SIZE=2]“Continuo a dimenticarmi che sai davvero poco. Non possiamo farlo. Non senza un mezzo fisico che ci unisca. Suppongo che potresti chiederlo a Fuinur o a Sheriam. Loro potrebbero riuscire a cogliere il metodo. Sempre che possa provare interesse per qualcosa che ti renderebbe prigioniero di Arda, e quindi in un certo senso più debole …”[/SIZE]
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[SIZE=2]“Non mentirmi” ruggì Morgil. Già da prima di decidersi a parlare con Caralin, aveva capito che lei era diversa; viziosa, scaltra. L’aveva sentito nel suo spirito. Credeva poco alle sue parole.[/SIZE]
[SIZE=2]“Ho visto Sheriam e le altre unire i loro poteri in un Circolo. Se loro possono farlo, perché noi no?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Perché non possiamo.” La voce di Caralin era piena di esasperazione. “Chiedi a un filosofo se vuoi sapere il perché. Perché gli alberi non possono volare? Forse, nella Musica di Eru, è un modo per bilanciare la forza superiore dei maschi. Non possiamo legarci se non generando un figlio, che avrà nel suo fea il potere di entrambi i nostri. E forse moriremmo nel farlo, se mettessimo in lui tutto il nostro amore. Ma le Tesarath possono farlo fra femmine. In ogni caso, possono farlo al massimo in nove; accadde solo una volta, fra le otto Adunanti e la regina Ardana, e fu quando sua figlia Morelen venne alla luce. Ma non so neppure perché ti racconto queste cose, Guardiano; tu non puoi più avere figli, e io non ti amerei mai così tanto da unire il mio fea al tuo.”[/SIZE]
[SIZE=2]Morgil era quasi certo di aver ricevuto una bugia in risposta alla sua domanda, stavolta. Quasi certo, però … aveva letto da qualche parte, negli anni di Ardinaak, che durante la Prima Era maschi e femmine erano stati ugualmente forti nel Potere … ma Caralin sarebbe stata veramente così pazza da mentirgli? Quasi certo. Se fosse stato certo, l’avrebbe uccisa. Glielo disse, aggiungendo: “I Cinque Poteri sono uguali.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Terra, Fuoco, Aria, Acqua e Spirito.” La Tesarath suonò una nota per ognuno. “Non immaginavo tu intedessi parlare di Essenza. Sono uguali, è vero, ed è vero anche che ciò che un maschio può fare con uno di essi può farlo una femmina. In teoria, è così. Ma ciò non ha nulla a che vedere con la maggiore forza dei maschi. Ciò che Rilia riteneva vero lo scriveva e lo diceva come tale, che lo fosse o meno. Una delle migliaia di debolezze degli antichi Signori.” Suonò un breve brano che sembrava appunto frivolo. “Alcune femmine hanno le braccia più forti di alcuni maschi, ma in generale è vero il contrario. E lo stesso vale per la forza nel Potere, pressappoco con la stessa proporzione. Mi dispiace, Guardiano; il tuo unico possibile compagno è Fuinur. Non lo trovo attraente.”[/SIZE]
[SIZE=2]Morgil annuì lentamente. In un certo qual modo, aveva senso. Ulrith era stata considerata tra le Tesarath più forti addestrate a Tharin negli ultimi mille anni e forse più; ma si era messo alla prova con lei in più di un’occasione, e una volta gli aveva confessato di essersi sentita come un gatto afferrato da un mastino.[/SIZE]
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[SIZE=2]Caralin non aveva finito. “Se due Tesarath si uniscono, non raddoppiano la loro forza. Legarsi non significa semplicemente sommare il potere. Ma se sono abbastanza forti possono eguagliare e superare di molto un maschio. Quando si uniscono in un Circolo, allora devi stare attento. Nove deboli Tesarath potrebbero sopraffare qualsiasi maschio e sfidare un Maia, se si uniscono. Le nove femmine più deboli di questa Corte potrebbero sopraffare te e qualsiasi altro Elfo, e avrebbero a malapena il fiato corto. Non sarebbe male se tu lo tenessi bene a mente. E ne parlassi in libertà.”[/SIZE]
[SIZE=1]Da "La Grande Caccia", di Robert Jordan[/SIZE]
[SIZE=2]Dushera, estate dell'anno 76 della Quarta Era. Nel sud della Terra di Mezzo[/SIZE]
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[SIZE=2]“Perché il nuovo re Fuinur ha mandato un’ ankhiset a tentare una persona come me?” chiese, continuando a camminare alle sue spalle. Ianwen sentì la mano di Skald tuffarsi nei suoi capelli raccolti e tirarle con forza la testa all’indietro: non poteva fare altro che guardare all’insù, verso i suoi occhi socchiusi e lampeggianti. Aveva la gola esposta e vulnerabile.[/SIZE]
[SIZE=2]“Non lo so, mio signore”, mormorò, con voce soffocata dalla paura.[/SIZE]
[SIZE=2]“Non ti credo.” Le premette con forza la coscia contro la nuca, facendo scivolare la mano sino a stringerle la gola. “Dimmi, Ianwen ‘ankhiset’, cosa vuole da me il tuo signore? Crede di prendermi in trappola con tanta facilità?” sottolineò le parole con una contrazione della mano. “Spera forse che io spifferi i miei segreti in futili chiacchiere da letto, a una puttana?” Un altro spasmo delle dita. Stava facendo pressione sul punto del collo in cui si avvertono più chiaramente le pulsazioni; chiazze nere presero a danzarle davanti agli occhi.[/SIZE]
[SIZE=2]“Io … io non … non so …” mormorò di nuovo quelle parole mentre uno strano languore l’invadeva e la coscienza cominciava a venirle meno. Con uno sforzo, voltò la testa, acutamente consapevole dei muscoli della sua coscia che le guizzavano sotto la guancia. Si sentiva il respiro bollente e affannoso.[/SIZE]
[SIZE=2]“Ardor!” Skald si bloccò, esalando la parola come un sospiro. La stretta alla gola si affievolì e la mano si spostò a tenerle la nuca. “Dunque sei davvero una di loro, eh?” Nella sua voce, Ianwen udì stupore e divertimento: ne aveva dubitato, pensò … In un angolo della mente, annotò il fatto che per Skald prendersi una rivincita valeva comunque più delle quattromila barre d’oro. [/SIZE]
[SIZE=2]“Dimostramelo, piccola ‘ankhiset’! Lì dove sei, in ginocchio … Appagami!”[/SIZE]
[SIZE=2]Non ci sarebbe stato bisogno del suo ordine poiché, pur rimanendo inginocchiata, Ianwen si stava già voltando per accarezzare i suoi stivali, facendo scivolare i palmi sul cuoio liscio. Sapeva cosa voleva; conosceva il suo desiderio come il mare conosce le fasi lunari. I muscoli delle cosce ebbero un fremito sotto le sue mani e lui, con un’imprecazione, scagliò lontano il bicchiere: Ianwen lo udì andare in pezzi da qualche parte mentre, con la punta delle dita, sfiorava il punto teso contro la stoffa delle brache. Skald tuffò entrambe le mani nei suoi capelli mentre lei slacciava la cintura.[/SIZE]
[SIZE=2]L’arte dell’Ordine era antica e sottile e Ianwen si vergognò pensando che non stava sfruttando nessuna delle sue finezze … d’altro canto, la finezza era estranea a quel momento. Skald gemette, e le afferrò con forza la testa; Ianwen lo accettò con entusiasmo, e mise in pratica le conoscenze di un migliaio di ore di studio, se non di più.[/SIZE]
[SIZE=2]“Signora Josin? Signora Josin!”[/SIZE]
[SIZE=2]Siuan esitò un attimo prima di riconoscere il nome che aveva deciso di usare con il capitano Alcatos, al quale tra l’altro apparteneva la voce che la stava chiamando. Sollevò gli occhi lentamente e li fissò su quell’uomo dal viso lungo.[/SIZE]
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[SIZE=2]Siuan[/SIZE]
[SIZE=2]“Stiamo attraccando, signora Josin. Non avete fatto altro che dire di essere impazienti di trovarvi a terra. Bé, ci siamo.” La voce del capitano non nascondeva l’impazienza di liberarsi dei suoi passeggeri.[/SIZE]
[SIZE=2]I marinai stavano lanciando le gomene agli uomini sul molo di pietra che si stendeva sul fiume; sembravano indossare lunghe vesti di pelle al posto delle camicie. I remi erano già stati issati a bordo, tranne un paio che servivano a evitare che la nave sbattesse con forza contro il molo. Le pietre della pavimentazione erano umide e nell’aria c’era la sensazione della pioggia cessata da non molto, e quello dava un po’ di sollievo.[/SIZE]
[SIZE=2]“Molto bene, capitano Alcatos” rispose con dignità. ‘Non avrebbe parlato con quel tono se avessi indossato il mio anello’, si disse, ‘nemmeno se gli avessi vomitato sugli stivali’. "Voi continuerete a nord come concordato."[/SIZE]
[SIZE=2]L’anello ritorto con l’Ottagono di Ardor e il cerchietto di pietra di Tharin, il suo voto di fedeltà all’Ordine, le pendevano al collo, appesi a un laccio di cuoio. Quello di pietra era fresco al contatto con la pelle, quasi abbastanza da contrapporsi alla calda umidità dell’aria; ma, a parte quello, si era accorta che più usava l’ ‘angessar’ per toccare il Mondo dei Sogni, più volevo immergersi in esso, senza l’ostacolo del sacchetto o degli indumenti. Era strano.[/SIZE]
[SIZE=2]Il Mondo dei Sogni continuava a mostrarle cose poco utili, almeno per la situazione in cui erano. C’erano state immagini sfuggenti di Ianwen, Maité o Sheriam, che per lei non avevano senso. Poi i Valdacli, ai quali si rifiutava di pensare. Incubi sullo Stregone Blu che l’imprigionava in una enorme trappola dentata perché facesse da esca. E come mai sulla spalla della donna, Lynn, c’era un falco, e perché era importante la scelta che avrebbe dovuto fare fra un pugnale che attualmente portava con sé e un martello da fabbro che avrebbe trovato a Menelcarca? Che cosa significava vedere Faelivrin che giocava a dadi con l’Ombra, e perché continuava a gridare, ‘Ho obbedito!’? E perché nel sogno Siuan credeva che si stesse rivolgendo a lei? E poi Fuinur. Lo aveva visto muoversi furtivo nell’oscurità assoluta verso il Telaio, mentre intorno a lui si aggiravano sei Uomini e otto Elfi, senza sesso e senza fattezze, alcuni gli davano la caccia e altri lo ignoravano, alcuni cercavano di guidarlo verso la Trama e altri volevano impedirgli di raggiungerla. E le sembrava di non sapere dove si trovasse il figlio di Lynn, o lo vedeva solo a sprazzi nonostante fosse accanto a lei quasi di continuo. Uno degli Uomini che aveva visto con Fuinur aveva gli occhi fiammeggianti, e voleva Xir morto con una disperazione tale da essere quasi tangibile. Siuan credeva di conoscerlo, ma non riusciva a dargli un nome e un volto. Ma chi erano gli altri? E poi c’era stata quella stanza polverosa e asciutta, con quelle piccole creature che le si infilavano sotto la pelle. Aetos che affrontava un’orda di Mumakani. Fuinur che affrontava lei e le Tesarath in sua compagnia, e una di queste aveva i capelli rossi come la fiamma. Era tutto troppo confuso. Doveva smettere di pensare a Fuinur e alle Sorelle, concentrarsi su ciò che era importante in quel momento. ‘Che cosa stanno facendo i Valdacli? Perché non sogno qualcosa su di loro? Dei del cielo, perché non riesco a fare quello che voglio?’[/SIZE]
[SIZE=2]“Fai sbarcare i cavalli, Xir” disse Siuan. “Avviserò io Marim.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ho già mandato un uomo da lui, Siuan. E i nostri animali saranno sul molo non appena i marinai riusciranno ad attaccare le imbracature ai pali.”[/SIZE]
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[SIZE=2]Xir[/SIZE]
[SIZE=2]Gaven. La Città nella Palude. Per un istante, dopo aver messo i piedi sulla terra di Geshaan, Siuan fu pervasa da una sensazione di sollievo. Lontano dai Valdacli; lontano dalla paura. In un secondo momento, iniziò a osservare quella città che era stato così difficile raggiungere. C’era un forte odore di pesce; uomini senza maglia e donne a torso nudo scaricavano cesti dalle barche, creando mucchi colorati d’argento, bronzo, verde e altre tinte che lei non si sarebbe mai aspettata di vedere su dei pesci: rosso acceso, blu scuro e giallo brillante, alcuni a strisce e altri a macchie bianche e di altri colori.[/SIZE]
[SIZE=2]“Tua madre è nata qui, Xir” disse piano, osservando gli scaricatori che si muovevano attorno a loro. Gli uomini scalzi erano abbronzati e belli al pari o più delle donne; non prestavano alcuna attenzione a loro due, impegnati com’erano a trasportare balle e casse. [/SIZE]
[SIZE=2]“Si, Siuan” rispose Xir a voce bassa. “E’ venuta al mondo in questa città. La lasciò per andare al Tempio quand’era ancora bambina, molto presto, ma penso che le avrebbe fatto piacere rivederla.”[/SIZE]
[SIZE=2]In fondo ai moli c’erano dei magazzini di pietra, e molte navi erano ormeggiate, grandi e piccole, attraccate lungo il molo o ancorate nel fiume. Alcune erano bianche. Siuan evitò di guardarle, ma il sollievo svanì. Lungo la strada fangosa di terra battuta poteva vedere case e locande di legno e pietra. I tetti di ardesia o ricoperti di tegole avevano angolature insolite, e alcuni finivano a punta.[/SIZE]
[SIZE=2]“E tu, Xir?” chiese. Adesso non aveva più fretta di camminare; più in là vedeva dei Valdacli, troppo distanti per accorgersi di lei, ma comunque troppo vicini. Le sue scarpe erano robuste, ma non le sarebbe piaciuto doverle ripulire dal fango.[/SIZE]
[SIZE=2]“In una carovana, Siuan” rispose Xir, lanciando una coperta a strisce blu sulla groppa del suo cavallo. “La prima casa che ricordo aveva un grande cortile, pieno di panni stesi. In una città chiamata Sarbad, lontano nel nord.”[/SIZE]
[SIZE=2]Nell’insieme, Gaven non era grande, non era bella, ma era pur sempre una città. L’unica vera città di Geshaan. Siuan riusciva a scorgere un alto muro di pietra grigia scura, oltre il quale c’era una torre con un alta balconata e una cupola bianca. Una grande bandiera sventolava sulla sommità: tre lune crescenti bianche, disegnate di traverso in campo rosso e dorato; una bandiera che garriva almeno trecento passi sopra il fiume, eppure larga abbastanza da essere vista chiaramente da quell’altezza. Anche dopo aver riconosciuto il bastione e la cupola, le era difficile credere che il Tempio di Gaven era stato costruito e non scolpito in una roccia.[/SIZE]
[SIZE=2]“Costruita con il Potere, vero?” chiese Xir. Anche lui stava fissando la cupola. “Flussi di Terra intessuti per estrarre la roccia dal terreno. Aria per trasportarla da ogni angolo di Ardor, e Terra e Fuoco per fonderla tutta in un unico blocco, senza giunture o connessioni. Ardana maledisse Geshaan per il suo tradimento, e Morgoth sprofondò queste terre nel momento in cui Angband cadde. Ad Hathor lessi che un Maia non sarebbe capace di rifare ciò che Ardana e la Corte fecero affinché quella torre rimanesse a imperituro ricordo della Maledizione di Morgoth, oggi.”[/SIZE]
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[SIZE=2]'Morgoth. E' così strano sentirlo chiamare in questo modo', pensò. 'Eppure...' . “Credo” rispose piano Siuan “che sia così.”[/SIZE]
[SIZE=1]Da "Il Drago Rinato", di Robert Jordan[/SIZE]
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[SIZE=2]Lynn si guardò allo specchio, e non era sicura se fosse sorpresa di più dall’età del suo viso o dalla stola che aveva attorno al collo. La stola della Regina Madre.[/SIZE]
[SIZE=2]Una sola verità.[/SIZE]
[SIZE=2]Un solo re.[/SIZE]
[SIZE=2]Nove.[/SIZE]
[SIZE=2]Barcollò, si appoggiò allo specchio e quasi cadde sul pavimento grigio della sala. ‘C’è qualcosa di sbagliato’, pensò. La cosa sbagliata non aveva a che fare con le vertigini improvvise o con ciò che era successo nello specchio di Tanith, almeno non era questo che lei percepiva come sbagliato. Era qualcos’altro. Ma non sapeva cosa.[/SIZE]
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[SIZE=2]C’era una Tesarath al suo fianco … no, era una donna … una donna? Una donna che aveva gli zigomi alti di Xir, e capelli biondi e occhi scuri che tradivano preoccupazione. Lynn non l’aveva mai vista prima; era sicura di conoscerla, come era sicura di conoscere sé stessa. Con esitazione, assegnò un nome alla donna. Aredhel.[/SIZE]
[SIZE=2]“Ti senti male, Madre?”[/SIZE]
[SIZE=2]‘La sua stola è di seta bianca’, si disse Lynn. Questo significava che apparteneva all’Ordine del Telaio. Aveva otto strisce d’oro lungo il bordo. La Prima dell’Ordine? ‘E questo significa, se mi ha chiamato Madre – Madre? – che io sono … la Regina?’[/SIZE]
[SIZE=2]Questo pensiero la scosse. La scosse ancor di più, incredibilmente, non la consapevolezza di essere la Regina di Ardor, ma il ragionamento che aveva dovuto fare per ricordarlo … ‘C’è qualcosa che non va in me’. [/SIZE]
[SIZE=2]Nove.[/SIZE]
[SIZE=2]Un solo re.[/SIZE]
[SIZE=2]Una sola verità.[/SIZE]
[SIZE=2]Le voci e le immagini nella sua testa si spensero in un ronzio.[/SIZE]
[SIZE=2]“Sto bene, Xir” disse Lynn. Quel nome le sembrava strano, come se non lo avesse più pronunciato da anni. “Perché non ci hai aspettati a Parga?”[/SIZE]
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[SIZE=2]“Ho pensato di rimanere, madre, ma Siuan era sempre più impaziente.” C’era esitazione nella sua voce, come se provasse riluttanza. “Aginor, il capitano dei Valdacli, si faceva vedere sempre più spesso vicino alla casa di Aetos e al porto. Non avevamo più vostre notizie. Siuan ha avuto paura. Siamo a Gaven, ora. A casa tua”, disse sorridendo. “Ciò che ne resta. E’ comunque ancora una città.”[/SIZE]
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[SIZE=2]Lynn annuì, poi inspirò a fondo. “In tal caso, sarà meglio che mi sbrighi. Fuinur vuole che vi raggiunga in Dushera.” [/SIZE]
[SIZE=2]C’era qualcosa di sbagliato. Il tappeto con il simbolo di Ardor, forse; era bianco e sormontato da una fiamma. Prese il bastone mentre Xir le apriva la porta, poi si affrettò a varcare la soglia per prima, affinché formassero una processione composta da due persone: la Custode del Telaio e il Guardiano dell’Ordine. [/SIZE]
[SIZE=2]Lynn badò poco ai corridoi che stavano percorrendo. Era concentrata su sé stessa. Qual era il significato di quel sogno? ‘Perché non riesco a ricordare?’, si chiese. ‘Perché gran parte di quello che … mi pare di rammentare è sbagliato?’ Toccò lo scialle nero che aveva sulle spalle. ‘Perché sono quasi sicura di non esser mai stata niente di più di una Novizia?’[/SIZE]
[SIZE=2]“Non devi venire a Dushera. Saresti in pericolo”, disse Xir ad alta voce. A quella frase inciampò. Qualcosa la raggelava fino al midollo, oltre la paura. Era spaventoso.[/SIZE]
[SIZE=2]“Negli ultimi giorni, in Hathor, quando non riuscivo a raggiungerti, ti ho cercata nelle Stelle. Non mi dicevano niente di te, e mi sono preoccupato moltissimo; sono stato sul punto di lasciare Siuan per venirvi a cercare.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Che cosa avresti fatto, Xir? Non avresti saputo arrivare a Menelcarca.” La sua voce le sembrava stridula, adesso.[/SIZE]
[SIZE=2]“Uomini spietati si avvicinano a noi", rispose Xir, "cercano Siuan e le altre. Non sono Valdacli, e possono avvertire l’uso del Potere. Ho cercato di convincere Siuan a non adoperarlo. Non mi ascolta sempre. Il ritorno di Fuinur, il sentire di nuovo le sue Sorelle le hanno dato sicurezza e talvolta è imprudente. Persino questo sogno è un rischio, e non posso stare con te altro tempo.”[/SIZE]
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[SIZE=2]Era sconcertante camminare in quei corridoi vuoti. Il Tempio era deserto. Il rumore più forte era quello dei suoi piedi sul marmo. Superarono l’anticamera dello studio di Sheriam ed entrarono nelle sale interne.[/SIZE]
[SIZE=2]“Resta a Menelcarca per ora, madre. Posso proteggere Siuan da quegli uomini, forse; non potrei proteggervi tutt’e due. E’ possibile che il nostro viaggio s’interrompa prima di arrivare al Mare di Dushera; il Mare è nell’Orrostar dei Valdacli, è una zona di confine eppure è molto ricca e a quanto ho sentito dire la loro principessa Erendis mantiene un occhio vigile su tutta la regione. Dovrai incontrarla, ma potrai farlo solo quando sarà pronta. Lei non lo sospetta ancora, ma presto saprà.”[/SIZE]
[SIZE=2]La porta della sala del trono sbatté contro un improvviso vento, e si aprì di colpo; le pietre attorno allo stipite tremarono, si spaccarono. Alcune divennero polvere. Raccogliendo le forze, Lynn si costrinse a entrare in quel luogo proibito. Vacillava, ma sapeva di dover sfidare l’ira del Re.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Fidati di Aidea. Ti sarà vicina, non so perché. Dì a Fuinur di non venire a est per ora; sarà l’est a venire da lui, se avrà pazienza. Non usate il Potere fuori dal Tempio, altrimenti la Corte di Ardor diverrà la Corte del Traditore. Non so perché.”[/SIZE]
[SIZE=2]Alla fine, nelle sale interne, trovarono qualcuno. Maité era seduta a terra, e singhiozzava con la testa fra le mani. Lynn si fermò guardinga; Xir non era più con lei. Maité alzò la testa per guardarla con i suoi occhi arrossati, e si passò una mano sulle guance coperte di lacrime.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Sono stata costretta. Devi capire. Costretta!”[/SIZE]
[SIZE=2]“Maité” sospirò Lynn. “Perché non me l’hai detto? Avrei …” lasciò cadere la frase, sapendo che non avrebbe potuto fare nulla.[/SIZE]
[SIZE=2]“Che cosa avresti fatto? Cosa? Niente! Non c’è niente che tu possa fare. Ma loro hanno detto che potevano restituirmelo …” Strinse gli occhi, che ancora lacrimavano. “Mi hanno fatto del male, mi hanno costretta … oh, mi hanno fatto male!”[/SIZE]
[SIZE=2]Egli, abbandonato dalla Luce, ha desiderato cose nel modo che non è concesso a chi dimora in Arda.[/SIZE]
[SIZE=2]Per questo motivo è qui imprigionato.[/SIZE]
[SIZE=2]Crimine ancor più abominevole, ha voluto toccare il Potere contaminato dall’Ombra, contaminato a causa dell’orgoglio degli Elfi, degli errori degli Uomini, del sangue versato da entrambi.[/SIZE]
[SIZE=2]Per questo è qui in catene.[/SIZE]
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[SIZE=2]Il cortile era affollato, tranne per uno spazio lasciato libero al centro. La gente riempiva le finestre che vi si affacciavano, riempiva i balconi e anche i tetti. Nove compagni, uomini e donne, stavano al centro, in uno spazio vuoto; una delle donne la guardava, era in piedi di fronte a lei. [/SIZE]
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[SIZE=2]Anche se avesse trovato la forza necessaria, anche se non avesse ceduto a metà strada … ma sarebbe stato tutto inutile se avesse spezzato il potere di Ardor per salvare Xir. Doveva salvarli entrambi. Desiderò quasi di fallire e precipitare fino alla morte, sarebbe stato più semplice.[/SIZE]
[SIZE=2]La Via si presenterà una sola volta. Sii risoluta.[/SIZE]
[SIZE=2]La luce l’avvolse, disperdendosi, scomponendo tutto fibra per fibra, riducendo le fibre in sottili capelli, spaccando i capelli in frammenti di nulla. Tutto andò alla deriva nella luce. [/SIZE]
[SIZE=2]Lynn si svegliò.[/SIZE]
[SIZE=1]Da "Il Drago Rinato" di Robert Jordan[/SIZE]
[SIZE=2][Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
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[SIZE=2]“Oh, molto bene. No, non so chi sia Nielval.” Con una smorfia, si alzò in piedi. “Alla fortezza nel Chennacatt sono stata poco tempo. C’erano solo Artagora, Tara e quel Valdaclo, Ardic. Athair, scusami ma di chiamarti re Fuinur proprio non mi va” sbuffò Tuija.[/SIZE]
[SIZE=2]Fuinur rimase silenzioso sotto la maschera. Quel titolo era obbligatorio, alla Corte, e non aveva mai concesso a nessuno di rivolgersi a lui in altro modo, tranne che a Morgil e, poche volte, agli altri Signori. Neppure in contesti non formali, ma quella ragazza … “Perché mai?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Sono una donna, ormai. Non ti conosco bene, ricordo che eri un brav’uomo e so che Anysa ti voleva bene. Ma non chiamo nessuno re o principe o testa di bue se prima non imparo a conoscerlo e a rispettarlo. Gli uomini migliori non valgono molto più di una bestia addomesticata.” Tuija fece una pausa, poi, quasi parlando a sé stessa, aggiunse: “Però, per i migliori vale la pena di fare fatica per addomesticarli.”[/SIZE]
[SIZE=2]Fuinur scosse il capo. Avrebbe sorriso. Guardò i capelli sciolti della giovane, che si sforzò di resistere all’improvvisa urgenza di intrecciarli in gran fretta davanti a lui. Le Sorelle portavano i capelli come desideravano, ma per Tuija i capelli sciolti erano un simbolo, l’inizio della sua nuova vita.[/SIZE]
[SIZE=2]“Sono una donna” ripeté Tuija con fermezza. “Eravamo due donne, molto lontane da casa, e pensavamo che sarebbe passato molto tempo prima che l’avremmo rivista. Anysa non sarebbe tornata se prima non avesse trovato te. E’ meglio se io ti chiamo semplicemente Athair.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Tornerai a casa, Tuija. Ci tornerai.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non cercare di confortarmi, Athair” lo ammonì Tuija in tono duro, ma poi sorrise. “Tu sei quello che sei, dopo tutto. Qui è tutto bellissimo, tutto come in un sogno, ma non so dirti se è un sogno bello o un sogno orribile. C’è parecchia rabbia in questo posto; odio, sguardi che possono uccidere. Tutti cercano qualcuno da incolpare per qualcosa che è successo in qualche momento. Quale interesse può avere per me un uomo così potente come te?”[/SIZE]
[SIZE=2]Il pensiero di Fuinur si annebbiò. Avrebbe desiderato piangere. “Ti ricordi dell’ultima volta che vedesti Anysa?”[/SIZE]
[SIZE=2]La stava guardando, altrimenti non avrebbe notato il movimento rapido dei suoi occhi. [/SIZE]
[SIZE=2]“Me lo ricordo” si limitò a rispondere la ragazza.[/SIZE]
[SIZE=2]“E non vuoi parlarmene?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Perché vuoi continuare a parlare del passato, Athair?” Per la centesima volta, almeno così gli sembrò, lei soppesò le parole da usare. “Non è una bella storia.”[/SIZE]
[SIZE=2]Fuinur la fissò, in silenzio.[/SIZE]
[SIZE=2]“Obbligata” sospirò lei piano. “Non hai mai usato la tua magia per forzarmi, nemmeno una volta, da quando sono qui. Però è come se mi sentissi obbligata a parlati. La guerra che combattiamo è la stessa, alla fine, e io voglio che sia per uno scopo. Né la vendetta, né una morte senza sepoltura da qualche parte sono buoni scopi, però.”[/SIZE]
[SIZE=2]La voce di Tuija era fredda. Prese di nuovo l’attizzatoio e diede un feroce colpo alla legna, che non ne aveva bisogno. Una nuvola di scintille salì su per il camino. “Ho scelto liberamente, sapendo cosa comportava.” Sbatté l’arnese di ferro di nuovo sul suo gancio, e si sedette di fronte a lui.[/SIZE]
[SIZE=2]“Ba credeva che la magia adoperata su Anysa le avesse tolto la volontà. Aveva preso me, Khalid e Suri a Tul Harar, e si preparava ad ammazzarci tutti. Lentamente, e dopo averci fatto male. Prima che potesse farlo Anysa si ricordò di chi eravamo e ci aiutò a scappare. Convinse Ba a interrogarci di nuovo.”[/SIZE]
[SIZE=2]Tuija stava cercando di riprendersi, di rialzare di nuovo le sue mura. Ma non le aveva ancora ricostruite.[/SIZE]
[SIZE=2]“Mi fece lavare e profumare, e mi fece vestire con un abito dell’Harad con la schiena e una spalla nude. Poi mi fece portare assieme a Khalid nella sua stanza. Anysa era con noi, ma restava nascosta, per non far vedere il suo viso sfregiato. Ba stava seduto per terra dentro a un cerchio di molti simboli, attorno aveva molte candele dall’odore forte. Ero confusa per l’odore delle candele e per quello che mi avevano fatto bere. Khalid mi disse, dopo, che quei simboli sembravano quelli che tu disegnavi quando eravamo a Same. Vedevo buio, un buio profondo, e in mezzo a quel buio figure orribili che avevano la forma di insetti. Ba parlava con Khalid; ricordo tutto.”[/SIZE]
[SIZE=2]'Le Ombre erano i signori dei miei padroni. Noi servivamo i padroni, e i padroni servivano le Ombre, noi vivevamo in essi, noi li amavamo. Poi se ne andarono, e ci lasciarono indietro. E quando Sauron cadde ci lasciarono cercare una via di scampo da soli. Ma senza i nostri signori, chi siamo noi? Alla fine, che cosa siamo, se non un ombra dell’ombra. L’eco di ciò che fu. Le nostre case, distrutte. Vagabondammo. E poi ricordammo. Questo posto. Ricordammo lui. Scelsero lui, lo chiamarono: Maestro.[/SIZE]
[SIZE=2]Le Ombre avevano visto grandi possibilità in queste terre. E dopo la guerra nel nord, i miei padroni ricordarono, e vennero in un numero considerevole, con i loro servitori. E vennero anche con il loro alleato, Alatar; il Maestro, egli stesso Ombra. Ma i vecchi signori dell’Harad ci respinsero, ci cacciarono e dovemmo nasconderci. Per poco tempo però, perché eravamo vicini alla verità, ormai, e i nostri alleati stavano per giungere.[/SIZE]
[SIZE=2]Alleati? Si, i nostri alleati. Sareste voi. E più che voi, ormai, i figli di Numénor che vi hanno aiutati e protetti. Volevamo la Chiave, e la sorte l’aveva messa nelle vostre mani. L’abbiamo presa, pian piano, con il vostro aiuto. Volevamo anche la nostra vendetta, ma non desideravamo che nessuno sapesse che eravamo qui. Così usammo le vostre stesse forze per volgere tutti contro di voi. In maniera che foste voi a fare il nostro lavoro. E allora, che cosa vogliamo, Khalid? Una casa. La nostra nuova casa. Sarete, fra pochi anni, ciò che abbiamo bisogno che siate: un popolo sconfitto, pieno di risentimento, che dovrà ricostruire tutto. Che dovrà affidarsi alla nostra buona grazia. Che potrà essere usato e guidato così come noi vogliamo guidarvi. Un terreno perfetto per il nostro lavoro. Un lavoro fatto quietamente. Con grande pazienza.[/SIZE]
[SIZE=2]Non puoi non chiederti perché io vi stia dicendo queste cose. Khalid. In tutti i racconti del Grande Harad e in molti dei Valdacli, a un certo punto il grande nemico deve parlare con i suoi miserabili avversari e lasciar libera la sua vanità, il suo orgoglio, schiacciandoli, nonostante essi siano già sconfitti e ai suoi piedi. Nei tuoi racconti forse no, Khalid, perché tu sei un povero ignorante. Ma, ebbene, desidero farlo: desidero schiacciarvi e vi ho raccontato queste cose. Adesso, miserabile Khalid, abbiamo cambiato mano: non è più il tempo di Vaisala, ora comando io il gioco.[/SIZE]
[SIZE=2]Bevete, amici. E’ vino di Mardikh, il migliore di Tul Harar. E’ il vostro ultimo bicchiere, lo alzo in vostra memoria.'[/SIZE]
[SIZE=2]“Io sapevo quello che Anysa voleva fare, ma Khalid no. Non voleva bere. Anysa lo costrinse con la forza. Ba rideva, ma dentro di me ridevo più di lui perché sapevo che Anysa lo stava imbrogliando. Dopo il vino, ci avvelenarono con una bacca del deserto. Nel vino però Anysa aveva messo qualcosa che ci salvò. Quando ci siamo svegliati, eravamo nelle fogne di Tul Harar, Arakhon ci trovò lì. Ho tenuto la testa di Khalid sollevata per ore, per evitare che affogasse.”[/SIZE]
[SIZE=2]Fuinur vide l’orrore negli occhi di Tuija mentre lei ricordava. Cercò di sorridere di nuovo, di mostrarsi gentile, rendendosi poi conto che la maschera gli avrebbe impedito di farlo. “Nessuno ti chiederà più che cosa hai dovuto affrontare, Tuija. Non devi dire più di quello che vuoi. I sentimenti di ognuno, sono di sua proprietà.”[/SIZE]
[SIZE=2]Con calma, Tuija allungò la mano verso uno dei dolci che Morgil aveva fatto portare per lei.[/SIZE]
[SIZE=2]“Un po’ mi dispiacerà di dover andare via. Non credo che in viaggio avrò molte occasioni per indossare i bei vestiti che mi avete regalato.” Scoppiò a ridere. “Eppure, re Fuinur, sarò contenta di fare il bagno senza dovermi guardare alle spalle tutto il tempo. Morgil e questi tuoi elfi sono gentili ma non si può mai sapere da che parte spuntano. Molto meglio farsi il bagno da sole, se non puoi decidere con chi.”[/SIZE]
[SIZE=2]Danzò per un breve periodo con l’Elfo più bello che avesse mai visto in vita sua: aveva i capelli lunghi, la vita snella ma i fianchi e le gambe forti, voleva sapere tutto su Lynn di Geshaan. Fu molto lusinghiero, soprattutto quando le chiese di appartarsi con lui, ma dopo un po’ aveva notato la maniera di strusciarsi contro di lei, e un certo modo di inchinarsi e di guardarla. Forse avrebbe anche potuto gradirlo, era un sogno … se non fosse stato per il fatto che stava sognando un Elfo, gli Elfi non facevano a quel modo con le donne. Erano più diretti, o più lontani. E lui l’osservava ogni volta con gli occhi attenti e un sorriso divertito. Non era una brava ballerina; lui cercava di … condurre, solo per dirne una. Alla fine, Lynn si allontanò.[/SIZE]
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[SIZE=2]I mandolini suonavano un motivo che riconobbe. O meglio, ne riconobbe la musica, anche se le sembrava che fossero trascorsi più di mille anni; non era cambiato molto, da quando, da bambina, l’aveva sentito suonare. Le parole però erano tutte diverse, perché quelle che ricordava lei dicevano solo del sole e della festa di primavera.[/SIZE]
[SIZE=2]Fidati di me, disse l’Elfo con la fiamma negli occhi,[/SIZE]
[SIZE=2]Sulle mie spalle io sostengo il cielo.[/SIZE]
[SIZE=2]Fidati, io so cos’è meglio fare,[/SIZE]
[SIZE=2]e mi prenderò cura del resto.[/SIZE]
[SIZE=2]Ma la fiducia è del colore di un seme scuro che cresce.[/SIZE]
[SIZE=2]La fiducia è del colore del sangue del cuore che scorre.[/SIZE]
[SIZE=2]La fiducia è del colore dell’ultimo respiro di un’anima.[/SIZE]
[SIZE=2]La fiducia è del colore della morte.[/SIZE]
[SIZE=2]Fidati di me, disse la regina sul trono,[/SIZE]
[SIZE=2]poiché devo sostenere il fardello tutto da sola.[/SIZE]
[SIZE=2]Fidati della mia guida, giudizio e governo,[/SIZE]
[SIZE=2]e nessun uomo penserà che sei uno sciocco.[/SIZE]
[SIZE=2]Ma la fiducia è il suono dei guaiti del cane al campo dei morti.[/SIZE]
[SIZE=2]La fiducia è il suono del tradimento nell’oscurità.[/SIZE]
[SIZE=2]La fiducia è il suono dell’ultimo respiro di un’anima.[/SIZE]
[SIZE=2]La fiducia è il suono della morte.[/SIZE]
[SIZE=2]Forse si era sbagliata. L’Elfo era di sicuro rimasto sorpreso di vederla andare via. Non erano molti gli uomini che si sarebbero allontanati da una donna come lei, e anche lui, nonostante fosse un Elfo … doveva essere così. Ebbe voglia di tornare da lui, di farsi avvolgere dalle sue braccia. Ma a quel punto rimaneva la domanda su chi fosse … l’Elfo aveva una bocca dolcissima, perfetta da baciare, e lei voleva maledettamente divertirsi.[/SIZE]
[SIZE=2]“Ho visto i tuoi occhi e non ho potuto fare a meno di venire da te. Vuoi ballare?”[/SIZE]
[SIZE=2]Lynn sobbalzò, ma accolse la mano del ragazzo, accompagnandolo nella danza. ‘Il re in alto’, ‘La dama e il signore’, e ‘L’amore della tua vita’. Vecchi ricordi, sapeva di aver ballato tutte quelle canzoni. L’ultima, nell’ultimo giorno in cui era stata accanto ad Ardaniel. La fiducia è il sapore della morte. La cosa migliore da fare adesso era ignorare quei ricordi.[/SIZE]
[SIZE=2]“Una volta, madre, ti ho chiesto se saresti stata presente per aiutarmi nel caso una dimora si fosse incendiata. Non ne ho mai dubitato; io farei lo stesso per te, senza pensarci un attimo. Ma sembra che tu stia prendendo l’abitudine di saltare nei fuochi. Vai via da questo sogno.”[/SIZE]
[SIZE=2]Xir! Era lui. Lo guardava con il volto di un giovane uomo che doveva aver rubato da un ricordo; ecco chi era. Ecco perché le era parso di sentire la sua voce.[/SIZE]
[SIZE=2]“Ti ho nascosta nel mio sogno, adesso, e vedono solo ciò che io voglio, ma sono forti. Cercano di attirarti nei loro sogni. Ci studiano. Non possiamo proteggerci da loro, fino a quando re Fuinur ci tocca con il Potere, perché egli stesso è contaminato. E’ come se portasse al collo una sottile e invisibile catena, che lo lega alla Tenebra, e più usa quel Potere, più la catena diventa spessa. Questo ho capito. Non credo che conoscano qualcosa di pericoloso a nostro riguardo. La cosa migliore adesso sarebbe nascondersi, aspettare. Forse è già troppo tardi.”[/SIZE]
[SIZE=2]Nella danza, era una piuma fra le sue mani, un cigno che scivolava sull’acqua, ma questo non bastava per bloccare tutte le domande che continuavano a saltarle in mente come i fuochi della notte di fine estate. Cosa? Come? Non poteva parlare. Xir controllava il sogno, per proteggerla, forse. Come se non bastasse, alla fine del ballo, disse: “Sei una buona ballerina” con quella voce carezzevole e il volto dell’uomo, quindi la baciò. “Vieni a trovarmi presto. Vieni da sola.” [/SIZE]
[SIZE=2]Detto questo, Xir con il volto dell'uomo se ne andò di nuovo a danzare ridendo e scelse qualcuna delle ragazze vestite a festa. [/SIZE]
[SIZE=2]La Via si presenterà una volta sola.[/SIZE]
[SIZE=2]Il sogno finì.[/SIZE]
[SIZE=1]Da "Il Signore del Caos" di Robert Jordan[/SIZE]
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