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Mia cara sorella, scrivo questa lettera per informarti degli ultimi avvenimenti.
Partiti per Zambra con due navi e 300 armati di Mobarek siamo giunti nella baia di Zambra, dove, dalla torre di guardia di una sorgente che approvvigiona la città di acqua, ci hanno lanciato delle pietre con dei trabucchi!! Cominciamo bene!
Una nave è andata distrutta sugli scogli a causa di una maledetta e fortuita tempesta, per fortuna con poche vittime.
Abbiamo attaccato la torre di guardia e li abbiamo sconfitti. Ponto è morto! Mi dispiace molto, è come perdere un buon amico.
Siamo poi stati accolti in città dal principe, che, ovviamente, era all'oscuro di tutto ciò.
Sulle prime il principe non voleva assolutamente ritornare sui suoi passi, ma grazie all'intercessione di una leggiadra fanciulla di nome Jamilah, il tutto si è risolto!!!
Ovviamente ho un debito con tale fanciulla!
Rientrati a Tul-Harar siamo stati accolti dalle guardie a causa di tremendi eventi accaduti durante la nostra assenza! La casa dove risiedavamo è andata distrutta! Quasi tutti i servitori morti. Mobarek è stato assassinato! Samanduin ucciso! Ho bisogno che mi mandi Min Curloer, ovviamente. Niazi e Urrit scomparse, probabilmente rapite assieme a Khalid! Cyriaher è sopravissuto e scampato al massacro.
Ora siamo sotto protezione dei Parlatori, che conoscono uno dei nostri nemici, e non possiamo muoverci dalla Cittadella. Sento che devo andarmene da qui prima possibile alla ricerca di ciò che sai, ma non prima di aver ritrovato le mie donne ed il mio amico Khalid!! Da molto non ho notizie di Tara, sono preoccupato! Il Cavalier Khirdan è un uomo valoroso ed intelligente: non sarebbe il caso che diventasse, al posto mio, Capitano di Ostelor? E' sicuramente migliore di me!
Ho scoperto molte cose sul nemico comune, ma ho bisogno di altre notizie per avere un quadro preciso.
Sorella! Non sarebbe il caso, ora, di svelarmi TUTTO ciò che non so?
Un saluto affettuoso da tuo fratello.
Arakhon Eshe, Capitano di Ostelor.
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[la lettera, portata a Tul Harar dalla nave "Daracil" e forse infilata da una mano sconosciuta in mezzo alle altre consegnate a Zenabeth da Sha Bla, sembra esser stata bagnata da acqua salata, e a tratti è stata riscritta, da una mano diversa da quella di Ar-Venie ma altrettanto leggera e gentile, che ha imitato la sua calligrafia perfettamente ricostruendo parola per parola ciò che l'acqua aveva scolorito]
Al Cavaliere Arakhon Eshe, capitano della Daracil, Ar-Yozayan
Narbeleth, 74, Ostelor
Caro fratello,
Vorrai perdonarmi per non aver scritto prima e anche per la brevità di questa mia. Ma io ho ricevuto le vostre lettere, e vi penso sempre.
Le faccende di guerra vanno bene e sia le armate che la flotta si sono notevolmente rinforzate. Le armate sono schierate, ora, in maniera tale e così fittamente che persino uno scoiattolo troverebbe difficile transitare da nord a sud verso i Domini.
Il resto, affatto. A differenza di quanto ti ho scritto nella mia prima lettera i nostri commerci si sono ridotti molto più rapidamente di quello che pensavo. Non posso più inviare navi a oriente perché non avrei che dar loro di scorta, avendo Yamo forzatamente arruolato tutte le navi e gli equipaggi in grado di combattere, ma questo era previsto; nessuno a Ostelor o ad Arpel aveva invece pensato che l’azione dei pirati fra le isole dalla parte di Ormal e nel tratto prima di Usakan potesse diventare di colpo così violento. Le rotte fra i nostri porti e le colonie sono interrotte e la flotta di Arpel non può impegnarsi più di tanto sui due fronti. Abbiamo un forte bisogno di alleati a est, e la tua azione a Tul Harar sarà molto importante.
Ma ti prego di perdonarmi nuovamente perché mi sto allontanando dalla cosa più importante. Siamo stati ancora una volta minacciati direttamente e coinvolti in un grave pericolo. Artagora ci ha dimostrato una volta di più l’amicizia di Hathor e sua in particolare, ed è stato ferito nell’imboscata nella quale siamo caduti, al porto, nel tentativo di fare chiarezza sui movimenti di alcuni capitani del Mumakan e sui loro colloqui con personaggi forse preminenti a Ostelor. Mi dirai che non avremmo dovuto esporci e che è stata un’azione poco accorta; in principio è vero e come capitano della città avrei dovuto affidare questi compiti a Tanadas o, forse, se avessi voluto rimanere all’interno della nostra famiglia, a Imrazor, per consentirgli di distinguersi in queste circostanze. Ma non ero proprio sicura di come si sarebbe comportato, capisci? Non che dubitassi della sua condotta, ma mi era parso che fosse rimasto molto scosso e che i sortilegi dei quali ti ho detto avessero scavato in lui nel profondo, turbando non solo il suo sonno, ma la sua intera esistenza. Per questa ragione ho voluto chiedere di nuovo l’aiuto di Artagora, che è sapiente in queste cose, ma una o due cose avrebbero potuto prendere una brutta piega se lui stesso, le sue guardie e Indur non avessero combattuto per me con grande coraggio. Mentre lottavamo, un arciere continuava a cercare di colpirmi, con metodo e precisione estrema, e da una distanza impossibile; i soldati di Artagora hanno trovato una sola freccia, e la stessa sembra essere di fattura elfica, il che non può essere, ma ci dà un’idea di quanto perfezionati siano i metodi e le armi degli assassini che ci sono stati mandati contro. Chiunque riesca a raggiungere una tale maestria nel costruire un’arma, a farla quasi come quelle degli Elfi o dell’Ovest, non può che essere temibile.
Temo che il nemico abbia messo una spia nella nostra casa; forse Arto aveva scoperto chi fosse, ed è per questo che è stato portato via e, dopo questo tempo non posso che esserne sicura, ucciso e fatto scomparire. Guardo in tutte le direzioni e non ho fiducia più in nessuno se non in Artagora; ho quindi deciso di allontanare anche Imrazor e Indur, per un periodo, in modo da poter agire liberamente. A Imrazor non ho rivelato le vere ragioni del suo allontanamento; ho seguito il mio istinto. Al pensiero di quanto miseramente io mi sia comportata con lui, sono diventata rossa e ho chinato la testa come una verginella; sull’onore di nostro padre, quasi mi sono messa a singhiozzare, tanto ho desiderato averlo di nuovo accanto a me in questa casa: le giornate passate con lui, e le nostre passeggiate, mi sono tornate in mente con tale chiarezza. Ma la sua vicinanza e i miei sentimenti m’impediscono di pensare con la freddezza e la lucidità necessarie; ho, in questo momento, bisogno di solitudine.
Infine ti prometto di non giocare più al soldato sfidando i nostri nemici faccia a faccia, ti prometto di non farlo più; non è nella mia natura e senza te al mio fianco non ho successo in simili strategie. Ed è una promessa che, oso dire, il fato mi aiuterà a mantenere, perché dopo l’offesa recatami da Ziminnath il mio corpo non è più lo stesso e non ho retto alla fatica della lotta. Sono ora costretta al riposo, affidata alle cure attente di Coridon, uno dei medici di Artagora, e di Sha Bla. Mi rimetterò presto, fra pochi giorni sarò di nuovo in piedi, ma la mia spada rimarrà per sempre, temo, appesa accanto allo scrittoio.
Prego, Arakhon, che tu mi scriva subito di nuovo appena vi sarà possibile e che mi mandi notizie di Tara e della vostra ricerca,
tua affezionatissima Venie
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Ad Arakhon Eshe, capitano della Daracil, presso Samaduin Wafar, in Tul Harar
Norui, 75, Alsarias
Mio caro Arakhon.
E’ indicibilmente puerile sentirsi così giù nel momento in cui si affronta il destino che noi stessi ci siamo costruiti; ma lo sono.
Stasera il tramonto odora di ferro, di rabbia e di paura. L’odorato è uno dei sensi più evocatori, forse perché non abbiamo un vocabolario che lo riguardi, se non per qualche misera approssimazione per descrivere la vasta complessità dell’odore; e quindi una fragranza, senza nome e innominabile, rimane scevra di ogni associazione. Artagora direbbe, di certo, che questo è ancor più vero perché essa non può essere rivisitata a piacimento e dunque soffocata dall’uso di una parola; e così colpisce ogni volta come nuova e reca con sé le circostanze della prima volta in cui è stata percepita. Ciò è particolarmente vero quando è trascorso un considerevole periodo di tempo. Artagora è qui, a poca distanza dalla mia casa, eppure non ho il tempo di parlare con lui, stasera, e domani non so ancora se potrò farlo; questo mi dispiace molto.
Caro Arakhon, ancora una volta ti tradisco, perché con questa lettera non posso raccontarti tutto ciò che so; io ti voglio bene, e ho cercato a mio modo di essere sempre affettuosa e rispettosa nei tuoi confronti. Ma sono una donna difficile; qualche volta mi giro e rigiro tutta la notte, e penso agli errori che ho fatto, eppure è senza scopo, perché so che farò di nuovo un torto, mi sento così.
La lettera viaggerà in mani fidate, ma la strada da Alsarias, dove mi trovo, alla tua casa in Tul Harar è lunga. Forse, se nel giorno di Mettaré sarai di nuovo alla fortezza, dove ti separasti dai tuoi compagni di giochi, e guarderai a ovest, la mia voce ti raggiungerà; si presenterà a te una volta sola, sii risoluto. Sii risoluto e rispondi, perché senza la mia voce, non vedrai il sole che sorge.
Ho seguito più che ho potuto il vostro cammino; dalle tue lettere ho capito che siete stati in difficoltà, ma che siete riusciti a tornare e che ora state bene, e sono contenta; abbiamo brindato a voi con tre urrà.
Imrazor è morto, e in Ostelor sono accadute molte cose che mi hanno portata a fare delle scelte che non avrei mai immaginato; e così sono tornata di nuovo a Rò-Mollò, dove trascorsi le mie giornate da giovanetta, e dove conobbi Anikaran; in Rò-Mollò vive Azrabeth, maestra di sapienza, maestra di Shakor.
Arakhon, siamo stati usati, ancora una volta così come fu nel nord; fratello contro fratello, ed è troppo tardi per fermarsi. Ora che so devo guadagnare tempo; per impedire che continuino ad usarci, per permettere alle genti di riflettere, a re Elessar di capire, e a te di camminare incontro al sole. In un confronto di questo genere, una cosa influenza l’altra; qualsiasi cosa influenza l’altra, in certa misura. Guiderò l’intera armata del Nord contro la spedizione di Cirmoth; in Ostelor e in Rò-Mollò non rimangono che pochi frombolieri, e Cirmoth ha raccolto la sfida, egli è qui, di fronte alle mura, con tutti i suoi alleati.
La distruzione reciproca è l’unica via per guadagnare quel tempo di cui abbiamo bisogno, e quindi domani avrò occasione di esercitare il mio lato peggiore. Amo Ostelor; fino a che punto sarò responsabile del nostro destino, del destino del mio popolo? In ogni caso è la mia unica speranza; e sperare devo. Nell’ultima battaglia disperata, perché la lunga notte non discenda, monteranno la guardia le montagne e correranno i morti alla difesa, tomba infatti non sbarra il mio richiamo.
Sauron è stato battuto, ma odio e malignità non sono morti; il re Elessar ha molti nemici da sconfiggere, e non conoscerà riposo fino a quando l’ultimo di essi non sarà caduto, e solo allora l’Albero Bianco potrà crescere in pace. La Compagnia del Mezzuomo si è sciolta, e la tristezza accompagna il cammino dei Portatori dell’Anello verso l’Ovest; e proprio ora la Compagnia della Luna si rivela e la sua storia comincia.
E tu dovrai scegliere, Arakhon: scegliere se distruggere un popolo intero e tutto ciò che ha creato, o lasciarlo prosperare, permettendo al male di crescere e di manifestarsi.
Non ho più tempo. Spero di riprendere in mano la penna a Inziladun, e di scriverti che sono stata capace di distruggere me stessa, con Endariel e i suoi capitani, e la nostra armata, ma che sono ancora con te, pronta a raggiungervi e ad affrontare con voi la minaccia dell’Ombra. Perdona, ti prego, chi ti raggiungerà, perché ha agito in mio comando. Come agogno a un domani favorevole, e ti prometto che non correrò rischi insensati.
Ma se non dovessi riuscire, ho affidato a Curloer i nostri ricordi, a Sha Bla la nostra casa, e a te ciò che ho di più caro; guarda a ovest nel giorno di Mettaré, ricordami per sempre, e sarò per te intensamente viva.
Venie
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Al Cavaliere Arakhon Eshe, di Far Eshe, capitano della Daracil, Ar-Yozayan, presso Yafai Mobarek, in Tul Harar
Per mia volontà, nello spirito dell’Alleanza delle Sette Terre dei Domini Valdacli, perché, dunque, sia chiara a tutti la mia intenzione e venga meno ogni sospetto che potrebbe sorgere circa Arakhon latore del presente atto e la sua autenticità, circa i beni della famiglia Eshe e tutte le sue proprietà, col presente atto valido di fronte al supremo Consiglio di Ostelor, in Ostelor e tutte le città dell’Alleanza e di fronte a tutti quelli che a essa appartengono, di qualsiasi città e stato siano, anche coloniale, ducale, territoriale o di qualsiasi altra inferiore dignità, potestà o ufficio siano rivestiti, così come di diritto conferito, nei termini dell’Alleanza,
stabilisco, dò e concedo ad Arakhon tutto ciò che è proprietà della famiglia Eshe, a condizione che egli prenda in moglie Nielval nata a Ostelor nonché sotto la sua certa e sicura salvaguardia Urrit, figlia di Nielval, per quanto riguarda sia le loro persone che gli onori e qualsiasi altra loro cosa, nei regni, province, domini, territori, città, castelli, paesi, villaggi e in tutti i luoghi dell’obbedienza dell’Alleanza dei Valdacli, attraverso i quali essi passeranno o che avranno la sorte di toccare.
A questa condizione, e a condizione che tutti i beni siano solo dei figli di Arakhon e Nielval nei tempi che verranno e dei loro discendenti e che Urrit sia salvaguardata ma esclusa dall’eredità e dalla famiglia Eshe, Arakhon sarà erede della famiglia Eshe in mia morte.
Il supremo Consiglio di Ostelor riceve, per mano di Sha Bla Tiedra, copia di quest’atto. Se dovesse sorgere qualche dubbio circa esso e quanto esso contiene, si starà alle leggi di Ostelor e alla dichiarazione dell’Alleanza fra le Sette Terre dei Domini Valdacli.
Se poi qualcuno tentasse di fare qualche cosa contro l’intero atto o qualche sua singola disposizione, sappia che egli incorrerà nella indignazione mia e della famiglia Eshe nonché della città di Ostelor e del suo supremo Consiglio.
Alsarias, Norui, 75 , Ar-Venie Eshe
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