Interludio: primo vento di marzo (mar 75QE, Ostelor) | Terra Di Mezzo | Forum

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Interludio: primo vento di marzo (mar 75QE, Ostelor)
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Aprile 27, 2007 - 9:51 pm

Cara sorella,

Il deserto è un posto meraviglioso pieno di fascino e ti ringrazio di avermi mandato quaggiù. Spero tu stia bene e che ti sei ripresa dalla tua convalescenza, dal canto mio, solo una polmonite, niente di grave. Le montagne sono affascinanti e piene di cose interessanti, migliaia sono le cose che potrei raccontarti.
Ti reco notizie anche tristi. Mutamin è morto e il suo servo lo ha pianto molto. Tarim è stato giustiziato a Tartaust, e Tara è ancora in cerca di altre notizie.
Molte cose vi arriveranno dal nord.
Parla con Artagora di lui mi fido. La nostra comune prigionia ci ha unito, confrontatevi e cercate delle soluzioni.
Niasi è splendida e suo padre molto intelligente ho parlato con lui e avremo buoni rapporti. Khirdan, il Cavaliere, mi accompagna e Zambra ci attende.

Tuo fratello Arakhon

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Min Curloer

"Quasi come un codice" , disse Curloer, riarrotolando la lettera. La ripose nella custodia di cuoio, nello scrittoio di Ar-Venie.

"Si. Un codice. Un codice sciocco, molto evidente. E non l'ha scritta lui, non è di suo pugno" , disse Ar-Venie. Sedeva accanto alla finestra, nel giardino d'inverno, piegata di lato; la fine del mese di marzo portava il vento, portava la pioggia, e rinnovava il dolore. Si chiese se quel dolore, a momenti straziante come una punta rovente, sarebbe mai andato via, o se fosse destinato ad accompagnarla per sempre, fino all'ultimo giorno, unico amante inseparabile.

"Pensi sia fasulla?" , rispose Curloer, cercando di ignorare il pallore mortale sul viso della signora di Ostelor. "No..." , disse Ar-Venie. Rimase poi in silenzio, mentre la pioggia batteva contro le imposte.
"Vuoi che vada via?" , chiese ancora Curloer. "No, no, rimani. E' passato. Mi prende ogni tanto; è la pioggia, l'umidità", rispose Ar-Venie.
"Dovresti vedere Sha Bla" , disse Curloer. Prese dei biscotti dalla cesta, e le versò una tazza di tisana. "E dovresti riposare. Dormi poco" .
"No, grazie. Mi sto convincendo che Sha Bla non sia buono a nient'altro che a preparare i suoi impiastri e le sue pozioni. Purtroppo ne ho ancora bisogno, e non posso dargli il benservito, ma preferisco i medici di Artagora" , disse, prendendo la tazza calda con tutte e due le mani. "Quanto a dormire non ho sonno. E come potrei. Presto, Curloer; sarà presto. Settimane, forse giorni, e se vincono arriveranno qui. Ma ci penseremo in quel momento. Torniamo, per ora, alle nostre cose. Questa lettera è partita due mesi fa da Tartaust; Samaduin l'ha fatta imbarcare appena ricevuta, assieme agli altri suoi messaggi. Non l'ha scritta Arakhon, e non ho avuto più notizie né da Tara né da Ciryaher, ma sono comunque convinta che non sia falsa. E' arrivata senza passare di mano, quindi nessuno l'ha alterata", disse Ar-Venie.
" 'Molte cose vi arriveranno dal nord' ... 'Migliaia sono le cose che potrei raccontarti' . Difficile sbagliarsi, nell'interpretare queste parole" .
" 'Migliaia' . Ma chi? Migliaia di chi, o che di che cosa. Hanno ritrovato Khalid, il servo del principe Mutamin, ma non ne menzionano il nome, credo vogliano tutelarlo. Ma Mutamin è morto, assieme al suo capitano, e senza di loro i legami con l'Oriente si fanno più tenui. Nessuna notizia di Tara. No, non mentire con me, Curloer; questa lettera porta notizie terribili, te ne sei reso conto anche tu. E' infinitamente gentile da parte tua cercare di farmi rimanere tranquilla, ma non serve. Non serve affatto!". Scosse il capo, e continuò. "No. Non dobbiamo illuderci che arrivino buone notizie. Samaduin ha scritto che Arakhon è inseguito, e gli inseguitori lo avranno raggiunto prima che possa rientrare a Tul Harar e che riesca a mettersi sotto la protezione di Mobarek. Khirdan lo proteggerà, ma se i nostri nemici sono così temibili come crediamo... hanno bisogno di tutto l'aiuto che possono ricevere. Imrazor non è lontano dai passi, e sarà presto primavera; dobbiamo scrivere subito ad Artagora!"

Venie si alzò, fece due passi verso l'interno del giardino come per mettersi a passeggiare, poi sbiancò di nuovo, si appoggiò tremando al tavolino portando il fazzoletto alla bocca e si rimise a sedere, nervosamente.

"Ecco" , disse sottovoce, appena si fu ripresa. "In mezzo alle disgrazie, la disgrazia che poteva essere evitata. Ecco. Ora dammi da bere, Curloer: questa nausea è assolutamente atroce".
"C'è soltanto del distillato di noci qui" , disse Curloer, guardandosi in giro, "e il liquore è l'ultima cosa di cui hai bisogno. Ho sentito anch'io Coridon, qualche giorno fa: niente alcolici, niente polveri di Sha Bla. E sono da evitare anche i busti troppo stretti e il tabacco".
"Tu sapevi?" esclamò lei, guardandolo con aria di sfida e arrossendo violentemente.
Curloer annuì. "Mia cara, tu esageri l'importanza della cosa" , disse poi. "Esageri davvero. Ma non è innaturale che tu lo faccia, poiché devi considerare che non soltanto le tue attuali condizioni fisiche distorcono notevolmente il giudizio, ma che il recente turbamento di spirito, le lettere, la battaglia imminente hanno necessariamente esasperato il naturale scompenso, il disagio. Comunque, nessun altro sa. E, sul mio onore, nessun altro saprà. Il mio attaccamento profondo non è cambiato".

Ar-Venie gli posò una mano sul braccio senza dire una parola e gli rivolse uno sguardo così triste, così privo d'illusioni che Curloer ne fu turbato: si diresse alla finestra, tornò indietro, accese il lume prima di continuare.

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"Rimane la questione dell'opportunità, la questione del tuo stato. Un matrimonio è fuori discussione. Rifletti".
"Ne sono sicura, Curloer" , disse Venie, profondamente commossa. Gli prese una mano e per un po' rimasero tutti e due in silenzio; alla fine disse a bassa voce: "Ora che Artagora è lontano, e Tara è perduta chissà dove, l'unico amico sul quale posso contare. Tu comprendi queste cose".

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Luglio 1, 2007 - 11:01 pm

Camminarono per strade buie. Da alcune taverne uscivano canti e da qualche parte una donna inveiva contro il proprio uomo. Un cane iniziò ad abbaiare e fu zittito. La pioggia martellava i tetti di paglia del piccolo borgo di Ahus, gocciolava dalle gronde e rendeva viscida la strada fangosa. Sopra le case si intravedeva un chiarore rossastro che divenne sempre più forte via via che i due si avvicinavano, finché Venie non scorse le fiamme di due bracieri che riscaldavano i soldati di guardia alla porta meridionale.

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Sha Bla

“Tempo fa mi prometteste che sareste riuscito dove Artagora ha fallito” , disse a Sha Bla.
“Voi e io, Ar Venie, abbiamo fatto troppe promesse” , ribatté lui. La sua voce aveva un tono stanco.
“Cosa credete?” rispose lei in tono sprezzante. “Vi ho dato quanto desideravate” .
“Si. Non ho detto che le promesse non vadano mantenute. Comincerò a mantenere qualcuna delle mie” , affermò Sha Bla. “Ma la strada che volete percorrere è lunga, Ar Venie, avrete bisogno di molti amici” .
“Mi posso permettere di comprarli” , replicò Venie.
Sha Bla annuì, fermandosi accanto a un oscuro portone. Venie lo fissò, interrogativamente. “Avalbatan abitava qui” , disse Sha Bla. “Ci aspettano in questa casa” , disse. “Ciò che volete sapere vi aspetta in questa casa” , aggiunse ancora, poi la fissò in faccia. Ar Venie era alta, ma lui non lo era di meno. “Non è giusto che voi mettiate a rischio la vostra vita per mantenere una promessa che non avreste mai dovuto fare” .
“Però l’ho fatta” , replicò Venie.
Lui assentì. “Questo è vero” .
Ci fu un lungo attimo di silenzio. Sha Bla poteva sentire una sentinella camminare sulle mura. “Io...” cominciò.
“No” , lo interruppe Venie bruscamente.
“Non ho...”
“Un’altra volta. Devo abituarmi a tutto questo. Sono stanca di tutto, Sha Bla. Eshe Far ...”
Esitò e Sha Bla pensò che non avrebbe aggiunto altro, invece lei riprese, stringendosi nelle spalle. “Da quel giorno in poi ho vissuto tutto come in un sogno”.
Sha Bla s’inchinò leggermente. “Vi ammiro” , le disse, ed era sincero, ma rimase stupito di aver espresso a voce alta quel pensiero.

Per la frazione di un momento, Venie non parlò. Nei suoi occhi il riflesso delle fiamme dei due bracieri creava bagliori rossastri. “Che ne è stato di quella ragazza?” chiese. “Quella pallida creatura, così protettiva nei vostri confronti?”
“Io non sono stato capace di proteggere lei” , rispose Sha Bla, “ed è morta”.
“Gli uomini sono una massa di bastardi” , replicò Ar Venie, poi si voltò e tirò la fune che sollevava il paletto della porta. “Ma sono felice che voi abbiate mantenuto la vostra promessa, sia pur per denaro” , disse senza girarsi, quindi la porta fu richiusa, il paletto ricadde al suo posto e di lei non restò neppure l’ombra.

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Luglio 5, 2007 - 11:12 pm

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“Che cosa nascondono i sogni del popolo dei Kinn-Lai? Segreti di negromanzia più antichi del mondo stesso, Ar Venie. Segreti risalenti a Numénor e scoperti nella ricerca dell’Immortalità, che potrebbero consentire a chi si impadronisse dell’Arte di creare un esercito di morti viventi e di golem che potrebbe rappresentare l’inizio del ritorno dell’Ombra sulla Terra di Mezzo. L’Ombra, di per se stessa, non può mai essere sconfitta; può esserlo solo, momentaneamente, chi la incarna. La ricerca dell’eccessiva perfezione ci ha punito, e abbiamo fallito. Fallito nel concedere l’Immortalità stessa; così come accadde ai Nazgùl, ingannati da Sauron ..."

Molti di coloro che vivevano con lui si scoraggiarono e la loro volontà divenne fievole e i pensieri incompleti e oscuri, mentre molti altri finirono per intonare la propria musica alla sua invece che al grande tema al quale volevano arrivare, e vivere i suoi sogni.
A questo modo il danno provocato si diffuse, oscurando tutte le altre opere, perché i Suoi pensieri venivano dal buio al Suo interno, verso il quale nessuno poteva volgere luce; e siccome quelle idee segrete non aveva nessuna affinità con la bellezza della creazione, l’armonia fu spezzata e distrutta. Ed Egli continuò la sua opera fino a quando tutto attorno a Lui nel sogno non ebbe raggiunto un grado inimmaginabile di malinconia e bruttura; allora sorrise tristemente e suonò la sua ultima armonia: subito, anche se nessuno comprese con chiarezza come, in mezzo alla malinconia si levò un nuovo tema, simile e tuttavia diverso dal primo, che raccolse forza e dolcezza.

Tu devi comprendere che nessun tema può essere suonato se, alla fine, non proviene da Iluvatar stesso, e che nessuno può alterare la musica a dispetto di Iluvatar. Chi ci prova, in ultimo scopre che ha aiutato solo a elaborare qualcosa di ancor più grandioso e di una meraviglia più complessa. Perché, guarda! Nella trama che Iluvatar vi aveva esposto, nelle vostre vite, sono entrati, attraverso la scoperta dell’antico potere dei Kinn-Lai , terrore simile a fuoco, infelicità pari ad acque scure, ira uguale a tuono, e il male, lontano dalla luce di Iluvatar come gli abissi del luogo fra tutti più tenebroso. Per mezzo dell’errore sorsero dolore e sofferenza; il potere di Sauron ha fatto si’ che nascano la crudeltà, il saccheggio, le tenebre, il fango disgustoso e ogni marciume nei pensieri e nelle cose, foschie putride e fiamme violente, il freddo senza pietà e la morte priva di speranza. Ciò tuttavia avviene attraverso i servi dell’Ombra, e non per opera loro; e anche Sauron e Tenebra hanno compreso, e Unnath Edril, e Shakor compresero, e voi tutti comprenderete con loro, e lo dichiareranno infine anche gli esseri che ora devono convivere con il male e sono costretti a sopportare sofferenza e dolore, terrore e malvagità, che ciò contribuisce solo alla eccelsa gloria di Iluvatar, e non fa che rendere la sua Musica più degna di essere udita, la vita più degna di essere vissuta, e più stupefacente, e meravigliosa.
Ciò che è stato trovato nei libri di Same è frutto dei sogni e allo stesso tempo verità. Eppure l’Abisso si stende sotto la terra sulla quale posiamo i nostri passi e sopra di noi, nel cielo. E l’Abisso si unisce con il nostro mondo e il nostro tempo. La’, sotto la neve, nella città dei Kinn-Lai, dove la brina crea le sue opere squisite. A Moria, e nella fortezza del Re Tempesta ... e la’, sulla Torre Eterna, nel deserto di pietra”.

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Zenaran

Venie fissò la parete dietro alla vecchia Azrabeth, smise di pensare agli eventi dietro alle sue parole, e ascoltò riferire tutto quello che era successo in quegli anni oscuri. Sentì Zenaran trattenere il respiro quando Azrabeth disse di aver comunicato con Iluvatar tramite l’Arte; la donna era immobile, le mandibole serrate come stesse sopportando un tormento privato. Quando Venie guardò di nuovo Azrabeth, scoprì che era bianca come il ghiaccio.

“Sauron è stato battuto, ma odio e malignità non sono morti; il Re dell’Ovest ha molti nemici da sconfiggere, e non conoscerà riposo fino a quando l’ultimo di loro non sarà caduto, e solo allora l’Albero Bianco potrà crescere in pace. La Compagnia del Mezzuomo si è sciolta, e la tristezza accompagna il cammino dei Portatori dell’Anello verso Ovest; e proprio ora la Compagnia della Luna si rivela e la sua storia comincia. Il vanitoso e arrogante Alatar , colui che ora chiamiamo Tenebra, ha raggiunto la città dei Kinn-Lai, e la’ non puoi più passare. A Ny Chennacatt c’è solo che morte. Ora andrai a cercare Sùlimo , con i tuoi amici e alleati, per suonare per l’ultima volta la Melodia. Grandezza, splendore ... inestinguibile tristezza. I guardiani, i guardiani... essi ti fermeranno, se non sarai forte. Il Sangue dei Kinn-Lai può domare i guardiani; per colpa vostra, Tenebra l’ha trovato, ho sentito le sue grida di trionfo”.

Si trovò a osservare attentamente la vecchia, e a scoprire che in lei rimaneva ben poco della regina del passato, della sua bellezza, del suo spirito. Odiava quello che le stava dicendo; l’offendeva. Eppure chiese con voce umile: “Perché è necessario tutto questo, mia regina? Numénor vive in noi. Ostelor è forte. Troveremo la magia di Shakor, la troverò, e farò tutto il possibile per riportarla da te. Con essa, sconfiggerete Tenebra, e i nostri figli vivranno dopo di noi”.

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Azrabeth quasi scosse la testa in diniego. “Potrebbe essere, Ar Venie. Shakor ... era un giovane vanitoso. Ha capito solo troppo tardi quanto terribili erano i segreti ai quali stava togliendo il velo. Prima di correre altri rischi, bisogna accertarsi di alcune cose”.
Incontrò con calma i suoi occhi. “Ho scritto una lunga dichiarazione e ne ho dato una copia a Zenaran, che la porterà a Urland, al Consiglio di Ostelor e a re Elessar, a Gondor, e un’altra sarà tenuta al sicuro. Anche tu hai il Sangue. Tua figlia è la mia erede, ora, Ar Venie. Ed è la Luce d’Oriente, l’erede al trono. E tu sei l’erede di Shakor. Ne sarebbe contento; egli ti amava molto, come se fossi figlia sua”.

Aveva mantenuto la sua anima intatta con una minuscola speranza per tanto tempo. Per tanti mesi, si era convinta ad andare avanti con l’idea che alla fine di tutto avrebbe potuto in qualche modo tornare nei prati, camminare con Artagora parlando di filosofia, e sentire il fresco vento della baia seduta al sole sulla terrazza, che avrebbe potuto ridere e scherzare con Tara, come prima. Altri potevano sognare di onori o ricchezze o imprese di valore cantate da menestrelli. Lei voleva solo tornare a una casa allo svanire della luce, per sedere vicino al fuoco, e tenere un bambino in grembo mentre un uomo che l’amava gli raccontava della sua giornata. Di tutte le cose a cui aveva mai dovuto rinunciare in virtù del sangue che portava, quella era la più cara. Doveva ora abbandonare tutto? Doveva diventare per sempre la donna di ferro che aveva mentito a Imrazor, che l’aveva forse mandato a morire per allontanare l’avversario da lei, che aveva fatto in modo che Arakhon, suo fratello, partisse senza più nessuna speranza di rivedere i luoghi in cui era nato, con solo una speranza, e poi aveva fatto in modo che anche quella speranza gli fosse rubata?

Non aveva voluto dirlo ad alta voce. Se ne accorse quando Azrabeth replicò. “E’ questo che significa essere Sacrificio, Ar Venie. Nulla può essere tenuto per sé. Nulla.”
“Allora non la riconoscerò”. Le parole le bruciavano sulla lingua. “Non la rivendicherò come mia”.
“Non ce n’è bisogno, perché lo farò io. Senza dubbio avrà l’aspetto della Luce d’Oriente. Il tuo sangue è forte. Per i nostri scopi, è sufficiente che io sappia che la bambina è tua. Lo hai già ammesso con Nielval, la tua serva, e lei la protegge. A lei hai detto che hai generato una figlia con Anikaran".

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"Anikaran stesso lo sospettava. Ha già apposto la sua firma al documento, con una dichiarazione giurata che la bambina è figlia sua, e Zenaran è qui, e anche lei giurerà. In tutte le terre dei Domini, i figli di un uomo della Teocrazia vengono messi a morte. Ar Venie”, continuò, e la sua voce era quasi gentile, anche se le orecchie di Venie rimbombavano all’udire le sue parole e quasi vacillava, “Nessuno può sfuggire al fato. Né tu, né tua figlia. Fai un passo indietro e comprenderai che è per questo che lei è nata. Quando tutte le circostanze cospiravano per negare un erede alla linea d’Oriente, in qualche modo una è stata creata. Da te. Accetta, e sopporta”.

Erano le parole sbagliate. Azrabeth poteva essere stata educata così, ma a Venie era stato detto: “Lo scontro non è finito finché non hai vinto”. Alzò gli occhi e girò lo sguardo su tutti i presenti. Non sapeva cosa vedessero sul suo viso, ma i loro occhi erano immobili.

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“Posso sconfiggere Tenebra” dichiarò. “E lo farò”.
Rimasero in silenzio.

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“Tu vuoi la tua vittoria” disse ad Azrabeth. Attese fino a quando non vide l’assenso del suo volto. “Io voglio la mia bambina”, aggiunse piano.

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