Interludio: Odio e rancore (nov 75QE, nel Chennacatt) | Terra Di Mezzo | Forum

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Interludio: Odio e rancore (nov 75QE, nel Chennacatt)
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Ottobre 31, 2008 - 7:00 pm

[SIZE=1]Nella fortezza del Nazgul Akhorahil, a Ny Chennacatt. Terza settimana di novembre dell'anno 75, Quarta Era.[/SIZE]

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Tuija [Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
Khalid
[/SIZE]

[SIZE=2]Il cielo schiariva rapidamente e la luna che si accingeva a coricarsi brillava intensamente dalle finestre orientali. Ma la luce portò poca speranza a Tuija e Khalid, soli nella fortezza di Ny Chennacatt. Il nemico attorno a loro pareva essersi moltiplicato anziché diminuito, e si vedevano i rinforzi giungere dai fianchi della montagna, e gli Orchetti ammassarsi alla soglia del largo corridoio che portava alla scala fra l’ottavo e il nono livello, nella Testa di Drago. La sortita di Khalid sulla finestra sopra l’Occhio, dalla quale poteva colpire i Sudroni con il suo arco, procurò agli assediati solo una breve tregua. Poi l’assalto riprese con raddoppiato vigore. Gli Orchetti brulicavano da un’estremità all’altra del passaggio interno. I Sudroni preparavano le corde con i ramponi. Il nemico tornava all’assalto.[/SIZE]

[SIZE=2]Khalid e Tuija erano sfiniti. Avevano scoccato quasi tutte le frecce e tirato tutte le lance; le loro spade erano scalfite e gli scudi incrinati. Tre volte si trovarono schiena contro schiena ad affrontare gli Orchetti, e tre volte si lanciarono in un attacco disperato, allontanandoli da loro e lasciando a terra orrendi mucchi di corpi.[/SIZE]
[SIZE=2]Improvvisamente nella sala alle loro spalle si levò un clamore. Degli Orchetti, strisciando come topi, erano riusciti ad aggirarli, e avevano fatto salire i Sudroni da un’altra finestra; lì si erano raggruppati nell’ombra, aspettando che l’assalto dal corridoio giungesse al culmine, e ora balzavano fuori dal loro nascondiglio.[/SIZE]

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[SIZE=2]“Ai!”, urlò Tuija. “Sono dietro di noi. Senti le voci di quegli uomini che sono assieme a loro? Sono come grida di bestie. L’alba non è lontana, ma non sarà l’alba ad aiutarci, Khalid. Saremo finiti prima di allora. Ma è stato bello, Khalid. E’ stato bello”.[/SIZE]
[SIZE=2]“Eppure è sempre l’alba la speranza degli uomini, amica mia”, disse Khalid. “Così dicono i menestrelli. Vieni! Le nostre spade lotteranno ancora assieme. Difendiamoci, e speriamo!”[/SIZE]

[SIZE=2]Correndo fianco a fianco come fratello e sorella, si precipitarono lungo il corridoio, su per le scale, e uscirono sulla terrazza esterna della fortezza, uccidendo un pugno di Orchetti che si era parato davanti a loro. Le due spade lampeggiarono come una sola riflettendo il sole che sorgeva.[/SIZE]

[SIZE=2]“I principi del Dàr!” gridò Khalid. “Per i principi del Dàr e per la Luce della dea!”[/SIZE]
[SIZE=2]“Che possiate crepare tutti!” gridò Tuija. “Figli di una fogna, che possiate crepare tutti!”[/SIZE]

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[SIZE=2]Assalendoli di fronte si precipitarono sui Sudroni. La spada di Khalid s’innalzò e cadde, brillando di fuoco bianco; Tuija ne travolse un paio ululando, colpendoli con la corta mazza che aveva raccolto e spingendoli con un bastone fin che precipitarono dall’alto della terrazza sulla roccia sottostante. Sconvolti dalla furia dell’assalto, gli uomini che erano arrivati sulla terrazza con le corde si fecero indietro.[/SIZE]

[SIZE=2]Fu allora che Tuija vide Tund Hòl; e fu come se tutto, di colpo, fosse di nuovo come in quella notte, al castello di Nùrmi.[/SIZE]

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[SIZE=1]Da "Il Signore degli Anelli", di J.R.R. Tolkien[/SIZE]

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2
Novembre 2, 2008 - 2:07 pm
[SIZE=2][FONT=Verdana]Da scritti di [/FONT][FONT=Verdana]Unnath [/FONT][FONT=Verdana]Edril, [/FONT][FONT=Verdana]del periodo della Teocrazia di Ostelor (attorno al 50 della Quarta Era):[/FONT][/SIZE]
[SIZE=2][FONT=Verdana]" ... Gli [/FONT][FONT=Verdana]Ithron[/FONT][FONT=Verdana] erano a conoscenza degli avvenimenti presenti e futuri, e vennero in [/FONT][FONT=Verdana]Endor[/FONT][FONT=Verdana] nell’anno Mille della Terza Era, sbarcando ai [/FONT][FONT=Verdana]Mithlond[/FONT][FONT=Verdana], inviati dai Guardiani del Mondo per aiutarci nelle situazioni difficili. Erano immortali e invecchiavano lentamente; io credo che essi non potessero utilizzare il loro potere manifestandolo apertamente, ma che fossero chiamati a coalizzare gli altri, a renderli più grandi e trarre da loro la vera forza. Colui dai capelli corvini, di bianco vestito, fu chiamato [/FONT][FONT=Verdana]Curunir[/FONT][FONT=Verdana] dagli Elfi, e vennero anche gli [/FONT][FONT=Verdana]Ithryn[/FONT][FONT=Verdana] Luin, che andarono a Est. Quale fu il loro destino non so ma temo che essi fallirono e caddero così come [/FONT][FONT=Verdana]Curunir[/FONT][FONT=Verdana], ché questi che andarono a Est avevano, nondimeno, cominciato a meditare pensieri tutti loro, profondi e astuti, di cui nulla rivelavano ai compagni. Così tessero alcune di queste invenzioni e fantasie nella seta del mondo. Anche se senza dubbio in un modo diverso, e sospetto che i culti segreti da loro fondati siano sopravvissuti, e che siano le loro, le ‘magiche’ tradizioni, più forti della caduta stessa di [/FONT][FONT=Verdana]Sauron[/FONT][FONT=Verdana], che minacciano il nostro tempo, e dalle quali dobbiamo guardarci con durezza, senza scrupolo e pietà, senza rimorso, perché la gloria di [/FONT][FONT=Verdana]Iluvatar[/FONT][FONT=Verdana] è eccelsa e null’altro conta ... "[/FONT][/SIZE]
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Novembre 2, 2008 - 2:11 pm
[SIZE=2][FONT=Verdana]Da scritti di [/FONT][FONT=Verdana]Arvarien,[/FONT][FONT=Verdana] vissuta nel 1600 della Seconda Era, ritrovati a Rò-Mollò da [/FONT][FONT=Verdana]Ar-Venie Eshe fra l'anno 74 e l'anno 75 della Quarta Era[/FONT][FONT=Verdana]:[/FONT][/SIZE]
[SIZE=2][FONT=Verdana]Così la linea di [/FONT][FONT=Verdana]Chishou[/FONT][FONT=Verdana] e quindi l’ultimo che era disceso dai Lai nel momento in [/FONT][/SIZE]
[SIZE=2][FONT=Verdana]cui [/FONT][FONT=Verdana]Gilfanon[/FONT][FONT=Verdana] colpì passò nell’Ombra. E tutto nella loro città non era che Ombra, non [/FONT][/SIZE]
[FONT=Verdana][SIZE=2]più cose viventi ma l’Ombra nata dai Sali essenziali e fatta corpo. E il tempio conteneva [/SIZE][/FONT]
[FONT=Verdana][SIZE=2]Tutti i loro Sali.[/SIZE][/FONT]
[SIZE=2][FONT=Verdana]Ma [/FONT][FONT=Verdana]Gilfanon[/FONT][FONT=Verdana] non uccise [/FONT][FONT=Verdana]Chishou[/FONT][FONT=Verdana], perché i Lai erano creature scivolate già nell’Ombra, [/FONT][/SIZE]
[FONT=Verdana][SIZE=2]la Terra aveva divorato la loro essenza, [/SIZE][/FONT][FONT=Verdana][SIZE=2]ed essi esistevano solo parzialmente nel nostro mondo, per mezzo delle loro arti e del [/SIZE][/FONT][FONT=Verdana][SIZE=2]sortilegio che prolungava la vita a prezzo della coscienza. [/SIZE][/FONT]
[SIZE=2][FONT=Verdana]E [/FONT][FONT=Verdana]Gilfanon[/FONT][FONT=Verdana] si ritrovò circondato da creature che non poteva vedere, perché nessun occhio [/FONT][/SIZE]
[FONT=Verdana][SIZE=2]umano poteva percepire l’Ombra. Ma non fu perduto, perché i Lai non potevano più toccare [/SIZE][/FONT]
[SIZE=2][FONT=Verdana]ciò che esisteva; essi erano solo spirito. [/FONT][FONT=Verdana]Gilfanon[/FONT][FONT=Verdana] li sentiva respirare, [/FONT][/SIZE][FONT=Verdana][SIZE=2]e il loro respiro lo rendeva debole, cosicché fuggì. Essi l’inseguirono, ma la Luce li uccise, [/SIZE][/FONT][FONT=Verdana][SIZE=2]perché solo nell’Ombra essi potevano esistere; nel buio essi si muovevano, nella notte, [/SIZE][/FONT][FONT=Verdana][SIZE=2]e nell’Abisso essi erano forti e invincibili. [/SIZE][/FONT]
[FONT=Verdana][SIZE=2]Così il destino dei Lai fu di rimanere [/SIZE][/FONT][FONT=Verdana][SIZE=2]prigionieri di ciò che avevano creato e costruito fino alla fine del tempo.[/SIZE][/FONT]
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Novembre 2, 2008 - 2:13 pm

[FONT=Calibri][SIZE=2][FONT=Verdana]Da scritti ritrovati da Ar-Venie a Rò-Mollò, e da lei confrontati con le notizie giunte da Same nell'anno 72 della Quarta Era, dopo la spedizione di Arakhon[/FONT][/SIZE][/FONT]

[FONT=Calibri][SIZE=2][COLOR=darkgreen][FONT=Verdana]Esiste [/FONT][FONT=Verdana]un popolo che non sogna. Kinn-Lai, una delle tribù degli elfi Avari.[/FONT][/SIZE]

[SIZE=2][FONT=Verdana]Che [/FONT][FONT=Verdana]cosa nascondono i sogni del popolo che non sogna? Segreti [/FONT][FONT=Verdana]di negromanzia [/FONT][FONT=Verdana]più antica del mondo, risalenti a Numenor e scoperti nella [/FONT][FONT=Verdana]ricerca dell’Immortalità[/FONT][FONT=Verdana], che potrebbero consentire a chi si impadronisse di questa arte di creare un esercito di morti viventi e di [/FONT][FONT=Verdana]golem. I [/FONT][FONT=Verdana]morti viventi nascerebbero dall’eccessiva perfezione e dal fallimento nel concedere l’immortalità stessa; analogamente a quello che era accaduto per i [/FONT][FONT=Verdana]Nazgul.[/FONT][/SIZE]
[FONT=Verdana][SIZE=2]Alcuni dei Kinn-Lai si erano uniti quindi nell’Est, agli Uomini generando dei Mezzelfi. Avevano trasmesso a loro i loro segreti, e i Mezzelfi immortali, non sopportando il dolore per la perdita dei Mortali che erano loro cari, avevano utilizzato le arti loro trasmesse dai Kinn-Lai per renderli “immortali” – ma la cosa non era riuscita. Il “popolo che non sogna” era quindi un popolo di Mezzelfi che non ha il dono del Sogno.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Verdana][SIZE=2]I figli di Elros giunti da Numenor nell’est della Terra di Mezzo all’inizio della Seconda Era avevano fondato delle colonie e si erano avvicinati ai Mezzelfi; alcuni di essi ne avevano appreso le arti. Gli uomini dell’Est si erano ribellati alla corte decadente e crudele che regnava su di loro, guidati da uno dei Mezzelfi. Gli altri Mezzelfi erano stati sterminati assieme alla loro discendenza e assieme ai Numenoreani che si erano uniti a loro; questa guerra fratricida era stato il motivo per cui per molti secoli l’est aveva rifiutato contatti con l’ovest. Pochissimi Mezzelfi e alcuni Numenorani erano riusciti a fuggire; i più erano scomparsi o si erano nascosti in altre città e civiltà. Alcuni però erano arrivati a Same. Là a metà della Seconda Era avevano fondato una potente civiltà, che aveva soggiogato gli abitanti originari. Avevano scoperto l’Abisso e tratto potere da esso.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Verdana][SIZE=2]Alla fine della Seconda Era questa civiltà era crollata su se stessa a causa del potere liberato dall’Abisso stesso che a stento era stato richiuso. Rimanevano solo alcuni signori Numenoreani di minore importanza, attorno ai quali erano nate strane leggende e che non potevano più tornare in patria a causa della superstizione che avevano suscitato. Anathien, la Principessa Triste.[/SIZE][/FONT]
[SIZE=2][FONT=Verdana]Che cosa rappresentano però i sogni del popolo che non sogna, oltre a nascondere terribili segreti? Rappresentano le loro anime, la loro immaginazione, le loro idee, i desideri e le speranze[/FONT][FONT=Verdana].[/FONT][/SIZE]
[SIZE=2][FONT=Verdana]Il Signore dell’Est richiamerà l’esercito dei Morti e delle creature dell’Abisso e lo farà aprendo la Soglia, nella Torre Eterna, là da dove l’uomo può vedere gli dei. Alcune rime aprono la Soglia e si devono accompagnare al suono del flauto e al sangue dei Kinn-Lai. Il flauto [/FONT][FONT=Verdana]è nascosto in Ny Chennacatt, fu trovato da un esploratore dell’esercito del Re Tempesta e a lui portato, [/FONT][FONT=Verdana]per [/FONT][FONT=Verdana]esser poi ritenuto irrilevante e dimenticato. [/FONT][/SIZE]
[SIZE=2][FONT=Verdana]La musica è la chiave, il corno va suonato in una certa [/FONT][FONT=Verdana]maniera. Questo esploratore ebbe per nome Par Shetti ed Akhorahil che si era accorto di lui non lo lasciò morire, e Shetti vagò maledetto per il Chennacatt nel tormento. Egli parla del flauto e della Stella di Obed, amuleto reale del Grande Harad. Entrare nella fortezza dal grande ingresso o dalla Testa di Drago equivale per chiunque alla morte ma Shetti scrive di cose, in un modo, che fanno capire che dalla sua camera il sorgere del sole fosse particolare l’ultimo giorno dell’anno. Che cosa potrà voler dire?[/FONT][/SIZE]

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Novembre 2, 2008 - 2:19 pm
[SIZE=2][FONT=Verdana]Scritto da [/FONT][FONT=Verdana]Ar-Venie[/FONT][FONT=Verdana] Eshe dopo il colloquio con [/FONT][FONT=Verdana]Azrabeth, nell'anno 75 della Quarta Era, poco prima della battaglia di Alsarias[/FONT][/SIZE]
[FONT=Verdana][SIZE=2]Molti di coloro che vivevano con lui si scoraggiarono e la loro volontà divenne fievole e i pensieri incompleti e oscuri, mentre molti altri finirono per intonare la propria musica alla sua invece che al grande tema al quale volevano arrivare, e vivere i suoi sogni.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Verdana][SIZE=2]A questo modo il danno provocato si diffuse, oscurando tutte le opere degli Elfi, perché i suoi pensieri venivano dal buio al suo interno, verso il quale nessuno poteva volgere luce; e siccome quelle idee segrete non aveva nessuna affinità con la bellezza della creazione, l’armonia fu spezzata e distrutta. Ed egli continuò la sua opera fino a quando tutto attorno a lui nel sogno non ebbe raggiunto un grado inimmaginabile di malinconia e bruttura; allora sorrise tristemente e suonò la sua ultima armonia: subito, anche se nessuno comprese con chiarezza come, in mezzo alla malinconia si levò un nuovo tema, simile e tuttavia diverso dal primo, che raccolse forza e dolcezza.[/SIZE][/FONT]
[SIZE=2][FONT=Verdana]Nessun tema può essere suonato se, alla fine, non proviene da [/FONT][FONT=Verdana]Iluvatar[/FONT][FONT=Verdana] stesso, e che nessuno può alterare la musica a dispetto di [/FONT][FONT=Verdana]Iluvatar[/FONT][FONT=Verdana]. Chi ci prova, in ultimo scopre che ha aiutato solo a elaborare qualcosa di ancor più grandioso e di una meraviglia più complessa. Perché nella trama che [/FONT][FONT=Verdana]Iluvatar[/FONT][FONT=Verdana] ci ha esposto, nelle nostre vite, sono entrati, attraverso la scoperta dell’antico potere dei [/FONT][FONT=Verdana]Kinn-Lai[/FONT][FONT=Verdana] e dell’errore dei maghi orientali, terrore simile a fuoco, infelicità pari ad acque scure, ira uguale a tuono, e il male, lontano dalla luce di [/FONT][FONT=Verdana]Iluvatar[/FONT][FONT=Verdana] come gli abissi del luogo fra tutti più tenebroso. Per mezzo di quell’errore sorsero dolore e sofferenza; il potere di [/FONT][FONT=Verdana]Sauron[/FONT][FONT=Verdana] ha fatto sì che nascano la crudeltà, il saccheggio, le tenebre, il fango disgustoso e ogni marciume nei pensieri e nelle cose, foschie putride e fiamme violente, il freddo senza pietà e la morte priva di speranza. Ciò tuttavia avviene attraverso loro e [/FONT][FONT=Verdana]Sauron[/FONT][FONT=Verdana], e non per opera loro; e anche [/FONT][FONT=Verdana]Sauron[/FONT][FONT=Verdana] e [/FONT][FONT=Verdana]Alatar[/FONT][FONT=Verdana] hanno compreso, e [/FONT][FONT=Verdana]Unnath[/FONT][FONT=Verdana]Edril[/FONT][FONT=Verdana], e [/FONT][FONT=Verdana]Shakor[/FONT][FONT=Verdana] compresero. [/FONT][FONT=Verdana]Azrabeth[/FONT][FONT=Verdana] dice che tutti comprenderemo con loro, e lo dichiareranno infine anche gli esseri che ora devono convivere con il male e sono costretti a sopportare sofferenza e dolore, terrore e malvagità, che ciò contribuisce solo alla eccelsa gloria di [/FONT][FONT=Verdana]Iluvatar[/FONT][FONT=Verdana], e non fa che rendere la sua Musica più degna di essere udita, la vita più degna di essere vissuta, e più stupefacente, e meravigliosa. [/FONT][/SIZE]
[SIZE=2][FONT=Verdana]Ciò che ho trovato nei libri di [/FONT][FONT=Verdana]Shakor[/FONT][FONT=Verdana] è frutto dei sogni e allo stesso tempo verità. Eppure l’Abisso si stende sotto la terra sulla quale posiamo i nostri passi e sopra di noi, nel cielo. E l’Abisso si unisce con il nostro mondo e il nostro tempo... là, sotto la neve, nella città dei [/FONT][FONT=Verdana]Kinn-Lai[/FONT][FONT=Verdana]. A Moria, e nella fortezza del Chennacatt e là, sulla Torre Eterna, nel deserto di pietra. [/FONT][FONT=Verdana]Sauron[/FONT][FONT=Verdana] è stato battuto, ma l’odio e la malignità non sono morti; il Re dell’Ovest ha molti nemici da sconfiggere, e non conoscerà riposo fino a quando l’ultimo di loro non sarà caduto, e solo allora l’Albero Bianco potrà crescere in pace. [/FONT][/SIZE]
[SIZE=2][FONT=Verdana]Nella loro ricerca della conoscenza, [/FONT][FONT=Verdana]Shakor[/FONT][FONT=Verdana], protetto da [/FONT][FONT=Verdana]Azrabeth[/FONT][FONT=Verdana], che ha celato le sue intenzioni a [/FONT][FONT=Verdana]Unnath [/FONT][FONT=Verdana]Edril[/FONT][FONT=Verdana], e lei stessa hanno scoperto molti segreti. [/FONT][FONT=Verdana]Azrabeth[/FONT][FONT=Verdana] mi ha detto questo prima di morire: “la Compagnia del [/FONT][FONT=Verdana]Mezzuomo[/FONT][FONT=Verdana] si è sciolta, e la tristezza accompagna il cammino dei Portatori dell’Anello verso Ovest; e proprio ora la Compagnia della Luna si rivela e la sua storia comincia. Va’ veloce, perché il vanitoso e arrogante [/FONT][FONT=Verdana]Alatar[/FONT][FONT=Verdana] ha raggiunto la città dei [/FONT][FONT=Verdana]Kinn-Lai[/FONT][FONT=Verdana], e là non puoi più passare, e a Ny Chennacatt c’è solo morte. Ora andrai a cercare [/FONT][FONT=Verdana]Sùlimo[/FONT][FONT=Verdana] , con i tuoi amici e alleati, per suonare per l’ultima volta la melodia di grandezza e di splendore e di inestinguibile tristezza. I guardiani, i guardiani ti fermeranno”. [/FONT][/SIZE]
[SIZE=2][FONT=Verdana]In Ro-Mollò, e quasi sicuramente in tutti i domini, non c’è nessun testo che possa svelare quale fu la sorte degli Avari. A differenza degli [/FONT][FONT=Verdana]Eldar[/FONT][FONT=Verdana], rifiutarono le Terre Immortali e preferirono rimanere nella Terra di Mezzo; dissero che sarebbero rimasti fino alla fine del tempo, e così probabilmente fecero. Ma la mortalità della Terra di Mezzo e il tempo, forse, consumarono i loro corpi, trasformandoli in creature invisibili agli occhi degli Uomini. Il loro sangue scomparve, nulla di loro rimase. Ma io non andrò alla Torre; devo fare altre cose. Se [/FONT][FONT=Verdana]Anikaran[/FONT][FONT=Verdana] aveva quel sangue, allora nostra figlia lo ha ancora più forte. La linea si deve interrompere. Tutto dipenderà da Arakhon.[/FONT][/SIZE]
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Novembre 3, 2008 - 11:09 pm

[SIZE=2]Lo specchio con la cornice dorata rifletteva l’immagine della stanza, il motivo inquietante a mosaico che copriva le pareti, i mobili, i bei tappeti e gli altri specchi. Oltre a quel riflesso vi era un’altra immagine: la stanza di un palazzo senza una finestra o una porta. Lo specchio mostrava una donna in quella stanza e rifletteva allo stesso tempo anche l’immagine di un vecchio che stava immobile con addosso un vestito blu notte, il volto distorto in una combinazione di rabbia e incredulità. Incredulità.[/SIZE]

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[SIZE=2]Qualcosa si mosse indistintamente nello specchio e la donna si voltò lentamente. Adesso, un Senzanima condivideva la stanza con lei. Nulla di tutto ciò era inconsueto in quel luogo.[/SIZE]

[SIZE=2]Anysa morta e lontana, troppo lontana per poterla riprendere. Jaichim svanito, incenerito. Zalarit fermato a un passo dalla vittoria. Le Soglie chiuse, tutt’e due. Ricacciato indietro nel momento del trionfo.[/SIZE]
[SIZE=2]Se la prese comoda, lasciando aspettare Alall fino a quando il dubbio e la paura non la spinsero a far gesto di parlare, ma prima che lei potesse aprire bocca, Alatar l’interruppe e chiese furioso: [/SIZE]

[SIZE=2]“Perché gli è stato concesso di fare tutto ciò? Perché non l’avete distrutto e straziato la sua carne e il suo spirito?”[/SIZE]

[SIZE=2]“Maestro”, disse Alall. “Non tutto ci è ancora chiaro. Siamo consapevoli che i segni si sono manifestati e le profezie si sono avverate, che …”[/SIZE]

[SIZE=2]Il Senzanima dietro ad Alall non cambiò nemmeno posizione. L’afferrò per la gola con scioltezza, la sollevò con il braccio teso fino a quando sentì i piedi di lei sollevarsi dal pavimento. Il grido divenne un gorgoglio e la donna afferrò con entrambe le mani il polso della creatura. Questi, con la donna che perdeva colore in volto e oscillava nella sua morsa ferrea mentre moriva, rivolse lo sguardo privo di occhi oltre lo specchio, verso Alatar, in attesa di un comando. [/SIZE]

[SIZE=2]Alatar tentò di ritornare alla contemplazione del costrutto che aveva di fronte a sé nella sua stanza, alla bellezza soave di quel corpo strappato alla morte nell’attimo perfetto, la bellezza di ciò che era stato e che sarebbe stato di nuovo. Ma Alall aveva interrotto la sua concentrazione. L’aveva rovinata. Alatar avrebbe quasi voluto ucciderla. Quanto sarebbe durata? Non era una donna comune. Come se percepisse i suoi pensieri, il Senzanima si mosse di nuovo. No, avrebbe potuto ancora essergli utile.[/SIZE]

[SIZE=2]Per lui era comunque difficile concentrarsi a lungo su qualcosa, ora. Tranne Arakhon. Poteva percepire il Valdaclo, poteva quasi indicarlo, così vicino. Arakhon lo attirava, adesso. Di recente vi era qualcosa di diverso, una differenza che era apparsa all’improvviso, quasi come se qualcuno si fosse impossessato parzialmente di Arakhon e nel farlo avesse risvegliato cose antiche. Non importava. Arakhon e la sua compagnia di miserabili gli sarebbero appartenuti presto. Avrebbe tanto voluto sentire il loro dolore; sicuramente avrebbe provocato loro del dolore. I suoi servi si sarebbero accaniti contro di loro. Niente più sotterfugi.[/SIZE]

[SIZE=2]Camminò avanti e indietro: doveva muoversi. Ora avrebbe scatenato tutta la sua potenza. La caduta del Sud sarebbe stata opera sua! Sua! Non di Sauron e della sua progenie. Come avrebbe potuto colpire di nuovo quei miserabili? Con cosa avrebbe potuto lavorare? [/SIZE]
[SIZE=2]Erano rimasti pochi dei suoi servitori originari; uccisi o fatti cadere da Arakhon. Si era trattato solo di contrattempi, ma gli erano costati cari. [/SIZE]
[SIZE=2]Il modo in cui Arakhon e Khalid sembravano piegare attorno a sé gli eventi lo attirava. Era la loro caratteristica peculiare. Non avrebbe dovuto esserci nulla a differenziare un pastore dell’Harad e un Numenoreano di bassissima stirpe da chiunque altro, ma di recente si era accorto di riconoscerli a prima vista nelle sue visioni, come se avessero un marchio sulla fronte, e non erano più da soli. Il menestrello era scomparso ma c’erano quella ragazzina ciarlante, e il filosofo. Persino Elfi.[/SIZE]

[SIZE=2]No! Doveva concentrarsi. Concentrarsi! Schiarirsi la mente. Gli occhi ricaddero sulla donna. Schiarirsi la mente. Pensare a qualcos’altro.[/SIZE]

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[SIZE=2]Alatar sollevò un dito e sorrise. “Non aver paura”, disse sottovoce. Il Senzanima lasciò la presa; Alall ricadde e ondeggiò come se stesse per svenire. Sarebbe sopravvissuta. [/SIZE]

[SIZE=2]Era stato costretto a farle male.[/SIZE]
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[SIZE=1]Da "Il Signore del Caos, di Robert Jordan[/SIZE]

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Novembre 5, 2008 - 10:29 pm

[SIZE=2]Il corpo delle abitazioni sembrava in condizioni migliori. Era molto più largo di prima, molte case erano state ricostruite e avevano un tetto di paglia nuovo. Il recinto accanto al grande portone era pieno di cavalli, mentre quello delle mucche e l’ovile erano stati spostati oltre. Anche per le capre adesso esisteva un recinto. La sabbia era stata fatta arretrare, le scale e le mura ripulite. Una dozzina di lunghe tende bianche formavano una fila oltre il recinto e non lontano erano visibili due strutture molto più grandi. [/SIZE]
[SIZE=2]Il cambiamento più grosso erano i guerrieri: molti indossavano degli abiti blu scuro aderenti con il collo alto, e dovevano essere più di cento, di tutte le età. Non aveva idea che le ricognizioni di Jahar alla ricerca di nuovi servitori del Fuoco fossero andate tanto bene. [/SIZE]
[SIZE=2]La presenza del Maestro sembrava saturare l’aria. Hemre teneva sott’occhio una fila di uomini a torso nudo che si esercitavano nelle posizioni della scherma haradana. Aveva solo un ciuffo di capelli bianchi, il naso butterato, e sudava più di tutti gli altri: senza dubbio aveva voglia di bere del vino, ma li osservava e correggeva con la stessa attenzione di quando era Mastro della Spada a Tartaust. Umar Tuqmish, un Figlio delle Acque Rosse dai capelli grigi e senza la mano destra, ne controllava altre due file. Era decisamente un buon risultato.[/SIZE]

[Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
[SIZE=2]Alall[/SIZE]

[SIZE=2]Era giunta per riunirli attorno a sé, ma non si sarebbe rivolta a loro in modo troppo diretto. Non avrebbero dato ascolto e fiducia a una donna. Jahar aveva fatto preparare una sorta di palco rialzato dal quale parlare ai servi, un blocco di semplice pietra nera lucidato con tanta cura da brillare al sole, con due scalini intagliati sul retro. Si trovava in un’area aperta, in mezzo al forte, e il terreno era stato spianato tutt’attorno. [/SIZE]
[SIZE=2]Le donne e i bambini si riunirono da un lato per guardare e ascoltare; Jahar salì per primo, tenendola al suo fianco, leggermente dietro a lui. [/SIZE]

[SIZE=2]Dal blocco, ebbe la possibilità di vedere quanto si fosse spinta lontano la voce del Maestro. Narishma, di cui Jahar le aveva parlato, il giovane con la scintilla innata, aveva gli occhi neri grandi come quelli di una ragazza e il volto pallido, ma era molto scuro e portava i capelli acconciati in due lunghe trecce con dei monili d’argento legati in fondo. Aveva riconosciuto delle teste rasate con il codino, tipiche di Mo-Rhun, e due uomini con il viso dipinto, come di solito erano usi fare nel Profondo Harad. Vedeva occhi a mandorla degli Easterling e ragazzi Mumak bassi e dalla pelle abbronzatissima. Un vecchio uomo aveva la barba oleata e tagliata a punta come quella dei signori del Khand, e non meno di tre avevano la barba che lasciava scoperto il labbro superiore come facevano i giovani Valdacli delle isole. Si era aspettava soprattutto giovani, ma i volti freschi come quelli di Eben e Jedin erano bilanciati da teste grigie e calve, alcune anche più grigie di quella di Damer. [/SIZE]

[SIZE=2]Jahar non era bravo con i discorsi, ma avevano pensato a lungo a cosa doveva dire. E il pensiero e la voce del Maestro erano con loro; Jahar avrebbe trovato le parole.[/SIZE]

[Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
[SIZE=2]Jahar[/SIZE]

[SIZE=2]“Avrete sentito dei racconti sul Principe Drago. Di come egli sia volato da fin qui per affrontarci e sconfiggerci. Avrete sentito del fuoco e della morte, dei draghi nel cielo, e di popoli interi che fuggono davanti alla loro potenza. Questi racconti sono veri. Molti hanno visto il Principe Drago; molti hanno visto la Regina d’Oriente accanto a lui su uno Spirito del Fuoco. Quando sentirete altri racconti, non date ascolto alle voci. Sapete che si trovano qui per combattere contro la Fiamma Segreta, per combattere contro di voi e uccidervi, e potrete ridere in faccia a chi vi riferirà qualcosa di diverso”.[/SIZE]

[SIZE=2]Non vi fu alcuna reazione. Rimasero in piedi a fissarli, senza muoversi, quasi senza respirare. Jahar sembrava quasi beffardo. Toccò il sacchetto più grande che portava con sé e lo diede a Jahar, mentre egli proseguiva guardando i suoi uomini. [/SIZE]

[SIZE=2]“Avete bisogno di un nome. Nella lingua antica, le parole che oggi leggiamo come ‘Fiamma Segreta’ significavano forse ‘Servitori Segreti’, o qualcosa di simile. La lingua antica non si traduce con facilità”. [/SIZE]

[SIZE=2]Lui ne conosceva solo poche parole, qualcuna imparata da Zalarit, qualcuna appresa ascoltando il Maestro e altre che imparava di volta in volta dai rotoli della Magia. Era stata Alall, però, a suggerire quella giusta. [/SIZE]

[SIZE=2]“Un’altra parola nella lingua antica è ‘Asha’man’. Significa guardiano, o guardiani. Guardiani. Non un comune difensore o guardiano. Non potreste definire ‘Asha’man’ un uomo che difende una causa ingiusta. Un ‘Asha’man’ difendeva la verità, la giustizia. Un guardiano che non si sarebbe arreso nemmeno dopo che fosse svanita la speranza. Voi siete qui per diventare come loro. Quando avrete finito, sarete Asha’man”.[/SIZE]

[SIZE=2]I mormorii si levarono come un fruscio di foglie al vento mentre il nome veniva ripetuto, ma si spensero subito. Volti attenti li osservavano; poteva quasi vedere le orecchie impazienti di sentire le parole successive. [/SIZE]

[SIZE=2]“Quando un uomo arriva alla Torre Nera verrà chiamato guerriero, perché questo è ciò che diventa quando si unisce a noi, ciò che diventerete voi, guerrieri che combatteranno per il Maestro e chiunque si opponga alla giustizia. Quando un soldato raggiungerà una certa perizia nelle sue capacità, verrà chiamato Dedicato e avrà una di queste”. [/SIZE]

[SIZE=2]Dal sacchetto, Jahar estrasse l’emblema che aveva creato l’argentiere, una piccola spada d’argento, perfetta, con la lunga elsa a croci inclinate e la lama ricurva.[/SIZE]

[SIZE=2]“Narishma.”[/SIZE]

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[SIZE=2]Narishma[/SIZE]

[SIZE=2]Narishma s’inginocchiò, e Jahar si chinò per appuntare la spada d’argento sull’alto collo della giubba. Sembrava risplendere anche di più contro la lana scura. Il volto di Narishma era espressivo come la roccia sotto i loro piedi. Jahar gli diede il sacchetto, dicendole: “Consegnale a chiunque pensi sia pronto, nel nome del Maestro. Sii sicuro di scegliere bene”.[/SIZE]

[SIZE=2]Tirandosi su, Narishma si rivolse a sua volta agli uomini, che ora l’osservavano con rispetto. [/SIZE]

[SIZE=2]“I Dedicati che imparano abbastanza verranno chiamati Asha’man e riceveranno questa dal Maestro”. [/SIZE]

[SIZE=2]Prendendo un piccolo sacchetto di velluto, ne mostrò il contenuto. Il sole brillava sull’oro finemente lavorato e sullo smalto rosso. Una sagoma sinuosa, simile a una fiamma. Anche quella fu appuntata da Jahar sul colletto di Narishma, dall’altro lato, quindi ora spada e Fiamma risplendevano da entrambi i lati della gola. [/SIZE]

[SIZE=2]“Suppongo di essere stato il primo Asha’man”, disse Jahar agli uomini “Ma Narishma è il secondo. Spero che tutti voi diventerete Asha’man, ma che succeda o meno, ricordatevi che siamo tutti soldati. Ci aspettano molte battaglie, forse non sempre quelle che penseremo e, alla fine, verrà l’ultima battaglia. Vinceremo. Vinceremo perché è giusto”.[/SIZE]

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Novembre 5, 2008 - 11:56 pm

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Ejei[/SIZE]

[SIZE=2]Fra le massicce colonne squadrate in marmo con grosse venature di un rosso così vivo da sembrare sangue, c’erano più notabili e mercanti del Chenna di quanti Ejei se n’era aspettato; file di Signori della Terra vestiti con gli abiti migliori, con cappelli flosci o lunghe sciarpe azzurre e blu sul capo e giubbe dalle maniche a sbuffo e a righe, ricamate con motivi complessi o decorate con perle e piccole gemme.[/SIZE]
[SIZE=2]Alle loro spalle c’erano i cittadini di Tartaust, vestiti di scuro a parte le bande colorate sui mantelli e giubbe lunghe fino alle ginocchia. Molti avevano le teste rasate e le barbe a punta, certamente tutti i giovani. I dignitari del Chenna sembravano colmi di aspettativa anche se a disagio. I volti degli uomini di Tartaust parevano scolpiti nel ghiaccio. Non c’era modo di dire chi lo aveva acclamato e chi no, ma Ejei sospettava che la maggior parte delle grida fossero venute da quelli del Chenna.[/SIZE]

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[SIZE=2][COLOR=navy]Ismail [/COLOR][/SIZE]

[SIZE=2]“Molti desideravano servirti, qui” mormorò Ismail mentre si incamminavano sul pavimento di mattonelle dorate con il grande mosaico che rappresentava il sole contro la montagna, seguiti da una silenziosa ondata di inchini e riverenze.[/SIZE]
[SIZE=2]Ejei sbuffò. Desideravano servirlo? Non aveva bisogno di Umar Khwaja per sapere che quei nobili minori speravano di diventare più potenti ottenendo delle proprietà a Tul Isra e a Tul Harar una volta che la guerra fosse stata vinta. Senza dubbio Ismail e gli altri avevano già deciso, se non addirittura promesso, quale terra sarebbe andata a chi.[/SIZE]
[SIZE=2]In fondo al corridoio della Grande Sala, il trono si ergeva al centro di un palco di marmo blu scuro. E anche in quel caso era visibile la tipica austerità di Tartaust, rispetto agli altri troni, almeno. La grande sedia risplendeva per la doratura e la seta, ma in qualche modo sembrava tutta composta da linee verticali, a esclusione del sole raggiato posto in modo da svettare sopra la testa di chiunque vi si fosse seduto.[/SIZE]
[SIZE=2]E quel giorno l’onore toccava a lui. Ismail l’accompagnò e Batu Sartaq, campione dei guerrieri, fu lasciato passare, quindi i più giovani dell’Orda si disposero velocemente attorno al podio, con le lance che bloccarono Ismail stesso e tutti gli altri signori. Sui volti degli Haradani era dipinta la frustrazione. La Sala era talmente silenziosa che Ejei riusciva a sentire il proprio respiro.[/SIZE]

[SIZE=2]“Questo appartiene a qualcun altro” disse alla fine. “E poi ho trascorso troppo tempo in sella per apprezzare una sedia così dura. Portatemene una più comoda”.[/SIZE]

[SIZE=2]Vi fu un momento di tacito stupore prima che un mormorio si diffondesse nella sala. Ismail assunse d’improvviso un’espressione così pensierosa, subito controllata, che Ejei si mise quasi a ridere. Con ogni probabilità Zalarit aveva ragione riguardo a quell’uomo. Trascorse un po’ di tempo, poi un individuo con una giubba ricamata di stelle giunse ansimando, seguito da due schiavi che trasportavano una sedia con lo schienale alto coperto da cuscini di seta, e indicò dove sistemarla lanciando molte occhiate preoccupate a Ejei. Quando i tre servitori andarono via, inchinandosi a ogni passo, Ejei lanciò via quasi tutti i cuscini e si sedette con gratitudine, tenendo la sua lancia sulle ginocchia. Quasi tutti i presenti attendevano le sue parole con impazienza e trepidazione.[/SIZE]

[SIZE=2]Con l’aiuto di Zalarit, aveva escogitato un piano per quel momento. Alcune idee sapeva che erano giuste anche senza l’apporto di Naiman e di Zalarit. Ma gli sarebbe piaciuto avere Zalarit lì con sé perché potesse dargli dei suggerimenti in caso di necessità, magari al posto di Rakhan che sembrava aspettare solo il momento per dare il segnale di bruciare la città. Ma ormai non aveva senso indugiare. Di sicuro ogni notabile di Tartaust e del Chenna si trovava in quella sala.[/SIZE]

[SIZE=2]“Perché i cittadini di Tartaust si tengono indietro?” disse ad alta voce, e la folla si mosse scambiandosi occhiate confuse. “I capi famiglia del Chenna e del Siresha sono venuti per aiutare, ma non è un motivo valido per cui i cittadini di Tartaust debbano restare in fondo. Sono i padroni di questa sala e ci hanno aperto le porte, a noi tutti. Che ognuno si disponga secondo il proprio rango”.[/SIZE]

[SIZE=2]Sarebbe stato difficile dire se fossero più stupiti gli uomini del Chenna o i cittadini di Tartaust, anche se Ismail sembrava pronto a ingoiarsi la lingua, e gli altri sei non avevano un’aria assai migliore. Anche Umar Khwaja, con la sua notevole pazienza, era impallidito. Ogni sguardo era puntato su Ejei.[/SIZE]

[SIZE=2]“Ho notato le bandiere che sventolano sulle torri di Tartaust” proseguì Ejei quando il rumore e il movimento cessarono. “E’ giusto che ci siano molte bandiere Easterling perché noi andremo in guerra per voi. E’ giusto che ci siano molte mezze lune del Chennacatt. Senza il grano del Chenna, a Tartaust non sarebbe rimasta anima viva per issare una bandiera, e senza le spade dei coraggiosi guerrieri di Chennacatt gli abitanti di questa città, i nobili come la gente comune, starebbero imparando a obbedire a Zayed di Tul Harar. Il Chennacatt si è guadagnato un grande onore e rimarrà libero com’è sempre stato”. [/SIZE]

[SIZE=2]I notabili del Chenna, colmi d’orgoglio, si sprecarono in cenni d’assenso e sorrisi, ma le parole di Ejei parvero confondere Ismail, soprattutto visto il discorso precedente. I cittadini di Tartaust, sotto il palco, si guardavano sospettosi.[/SIZE]

[SIZE=2]“Ma non ho bisogno di così tante bandiere per me. Che ne rimanga una sola con l’emblema del Sole, sulla torre più alta della città, per permettere a chiunque si avvicini di vederla, ma togliete le altre e sostituitele con i vostri vessilli di Tartaust. Questa è Tartaust, e il Sole deve sventolare orgoglioso. Tartaust ha il suo onore, e deve conservarlo”.[/SIZE]

[SIZE=2]Nella stanza esplose un boato così improvviso che i giovani dell’Orda sollevarono le lance, un boato che echeggiò da una parete all’altra. I cittadini di Tartaust acclamavano forte come la folla nelle strade, saltellavano e gesticolavano come gente a una festa. In quella confusione, furono i notabili del Chenna a scambiarsi occhiate silenziose. Non sembravano in collera. Ismail appariva più che altro insicuro.[/SIZE]

[SIZE=2]Ejei non sapeva cosa ognuno di loro avesse letto nelle sue parole. Di certo si era aspettato che sentissero più di quanto lui diceva, soprattutto quelli di Tartaust, perché questo era l’incantesimo che il Maestro aveva preparato e che Zalarit aveva infuso in lui, ma nulla gli avrebbe fatto presagire una simile reazione. La riservatezza di Tartaust era una cosa particolare, lui che aveva saccheggiato le carovane per anni lo sapeva bene, a volte unita a una sfacciataggine inattesa. Zalarit era stato reticente a riguardo, anche se aveva messo molta insistenza nel convincerlo che sarebbe stato sorprendente. [/SIZE]
[SIZE=2]Quando alla fine le acclamazioni si spensero, iniziarono i giuramenti di fedeltà. Ismail fu il primo a inginocchiarsi, con il volto teso mentre si impegnava per la Fiamma e la sua speranza di salvezza e rinascita a servire il Maestro e obbedirgli fedelmente. Dopo che Ismail di Tartaust ebbe baciato la punta della lancia, fu la volta di Aramil, del Chennacatt, e uno per uno si inginocchiarono davanti a lui, alternandosi tra cittadini e capi nomadi come Zalarit aveva suggerito e come Ejei aveva decretato. [/SIZE]
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[SIZE=2]Coskun[/SIZE]
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[SIZE=2]Dovevano garantirsi la lealtà della città, per avere una fortezza, un punto sicuro dal quale inviare rifornimenti e uomini a est e poter così compiere la loro mossa contro Tul Harar. E c’era qualcosa d’altro vicino a Tartaust che interessava al Maestro. ‘E glielo porterò in dono!’, si ripromise. ‘Si accorgerà presto di chi sia il migliore dei suoi servi!'[/SIZE]

[SIZE=2]Ejei non capiva perché chi si trovava di fronte a lui cominciasse a sudare e inumidirsi le labbra mentre si inginocchiava e balbettava il suo giuramento. Ma non poteva vedere la luce fredda che gli brillava negli occhi.[/SIZE]

[SIZE=1]Da "I Fuochi del Cielo", di Robert Jordan[/SIZE]

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9
Novembre 13, 2008 - 6:26 pm

[SIZE=2]Ardic era lì, a qualche passo di distanza, e la fissava. Il vestito di Wei era pulito, ogni piega di seta rossa in ordine, ma alcune ciocche di capelli erano scomposte. Sembrava stanca e addolorata.[/SIZE]

[SIZE=2]“Come …?” chiese Ardic. “Ciò che hai fatto, non lo avrei creduto possibile”.[/SIZE]
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[SIZE=2]Khalid accorse a passo rapido con la spada in pugno, il viso insanguinato, la giubba strappata. Senza distogliere lo sguardo da Tuija, Wei sollevò una mano, facendo cenno all’eroe di fermarsi vicino a lei. “Sta bene … Qingwen … Wei? Tuija sta bene?”[/SIZE]

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[SIZE=2]Wei distolse lo sguardo da Khalid e lo fissò sul corpo della ragazza dai capelli rossi, poco più grande di una ragazzina. Giaceva distesa sulla schiena, gli occhi sgranati e fissi verso il cielo, il sangue che le scuriva la camicia sul petto e che le usciva lentamente dalla bocca e dal naso. Arakhon stava in piedi, immobile, come impietrito. Con tristezza Wei si chinò per toglierle delle ciocche di capelli dal viso. [/SIZE]
[SIZE=2]‘Luce, è solo una bambina. Sono arrivata troppo tardi. Perché non l’ho fatto prima? Una bambina!’ pensò.[/SIZE]

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[SIZE=2]Wei (Qingwen)[/SIZE]

[SIZE=2]“Fate in modo che qualcuno si prenda cura di lei per questo tempo” disse gentilmente Wei. “Il suo cuore batte e il suo corpo respira; presto però, se non troveremo … lei, semplicemente, finirà. Adesso non possiamo fare di più per aiutarla”.[/SIZE]
[SIZE=2]Le mani di Khalid tremavano così tanto sull’impugnatura della spada che poteva appena tenerla. “Dimmi cosa devo fare per salvarla, regina”, disse con voce severa. “Qualsiasi cosa!”[/SIZE]

[SIZE=2]Ardic si avvicinò, lasciandosi colmare piano dal potere e sfiorando il petto di Tuija. Incanalò il potere dirigendo i suoi flussi nel corpo della ragazza, cercando, provando, senza riuscire a trovare.[/SIZE]

[SIZE=2]“Ardic” esclamò Wei, agitata.[/SIZE]
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[SIZE=2]Ardic[/SIZE]

[SIZE=2]Ardic non voleva starla a sentire, c’erano troppe cose che lo incuriosivano in quello strano modo della regina orientale di fare magia. ‘Deve guarire, se respira’ , pensava. 'Se lei è ancora nel corpo allora il corpo può guarire, così dicono gli arcani dell'Ovest' . Il torace di Tuija si sollevò e ridiscese. Il cuore. ‘Batte’. Il sangue, denso e scuro, colava dalla ferita sul petto. ‘Vivi, vivi’. Ma gli occhi di Tuija lo fissavano velati. Senza vita. Le lacrime scesero inosservate sulle guance di Arakhon. [/SIZE]

[SIZE=2]“Deve vivere!” esclamò Ardic. “Regina, non so come, ma se tu hai fatto questo, allora i miei incantesimi …”[/SIZE]
[SIZE=2]“La morte non può essere guarita, Ardic. Non sei il Creatore”.[/SIZE]

[SIZE=2]Capì. Fissando quegli occhi morti Ardic lentamente lasciò andare il potere. Il corpo ricadde rigidamente. Il corpo. Khalid lanciò indietro il capo e gemette selvaggiamente come un qualsiasi Orchetto; la pietra sfrigolò e mandò scintille quando Arakhon la colpì violentemente con la sua spada per sfogare la frustrazione e il dolore.[/SIZE]
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Novembre 13, 2008 - 8:16 pm

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[SIZE=2]La sua tenda era più piccola di quella che occupava Omerna, ma a terra era steso un telo che impediva alla polvere di depositarsi sulle sue cose e uno specchio da viaggio abbelliva la cassa accanto al suo letto. Talvolta, Alall usciva fuori per guardare le case e le piazzette stese davanti ai suoi occhi nel chiarore del primo pomeriggio, una delle città più vive del mondo, piena di migliaia di uomini e donne che erano meno che pedine su una scacchiera. L’arredamento della sua tenda era in stile domanese, legno chiaro con venature, intarsiato di madreperla e ambra, e piccoli arazzi brillanti che rappresentavano foreste, fiori e animali al pascolo. L’inverno era freddo.[/SIZE]
[SIZE=2]La luce divenne scura come quella del crepuscolo. L’oscurità non la sorprese. Si voltò e si inginocchiò immediatamente.[/SIZE]

[SIZE=2]“Maestro, vivo per servirti”.[/SIZE]

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[SIZE=2]Un uomo alto fatto di ombre buie e di luci d’argento stava in piedi davanti a lei. Alatar.[/SIZE]

[SIZE=2]“Dimmi cos’è accaduto, bambina”. [/SIZE]

[SIZE=2]La voce risuonò come una campana di bronzo.[/SIZE]

[SIZE=2]Sempre in ginocchio, Alall ripeté ogni parola che aveva detto Rahdi Kahreb, anche se si chiedeva perché fosse necessario. Le prime volte aveva omesso le parti irrilevanti, e Alatar aveva voluto conoscere ogni intonazione, aveva preteso di sentire ‘ogni’ parola, ‘ogni’ gesto e ‘ogni’ espressione. [/SIZE]
[SIZE=2]Era chiaro che il Maestro, in qualche modo, vedesse già tutti i suoi incontri, da lontano. [/SIZE][SIZE=2]Alall aveva cercato di dedurre quale logica si nascondesse dietro tutto ciò e aveva fallito. Alcune cose non funzionavano usando la logica. Poche settimane prima, uno dei suoi servi, un Senzanima, l’aveva quasi uccisa. E una volta Alatar l’aveva rapita durante la notte, mentre dormiva – lei non aveva ancora capito dove l’avesse portata; si era risvegliata di nuovo nel suo letto e questo l’aveva terrorizzata anche più di essere in presenza di uno degli Stregoni. Per Alatar, lei non era nemmeno un verme, neppure un essere vivente, solo la pedina di un gioco da muovere a suo piacimento. Il primo a dirglielo era stato Zalarit, anni prima degli altri; l’aveva scelta nel culto segreto di Jamieehet per metterla al comando delle sue spie.[/SIZE]

[SIZE=2]Alall si era inginocchiata davanti a ognuno dei servi di Alatar, dicendo che viveva per servirli e, intendendolo sul serio, obbedire ai loro ordini, qualsiasi fossero. Dopo tutto erano un solo gradino al di sotto del Signore delle Tenebre, e se voleva essere ricompensata per i propri servigi, con l’immortalità che sembrava alcuni dei prescelti già possedessero, era meglio obbedire. Si era inginocchiata davanti a ognuno di essi, ma solo Alatar era inumano. Quel manto d’ombra e di luce; aveva percepito la sua forza, aveva capito fin dal primo momento quanto fosse più forte di lei, eppure sembrava … il nulla. Come se lo Stregone non esistesse affatto. Alall desiderava davvero scoprire la sua essenza. Anche se non avrebbe potuto farne alcun uso.[/SIZE]

[SIZE=2]“E così Hol è morto” osservò Alatar, e Alall si accorse sobbalzando di avere raggiunto la fine del proprio racconto. Le ginocchia le dolevano sulla pietra, ma sapeva bene di non doversi alzare senza permesso. [/SIZE]
[SIZE=2]Un dito fatto di ombra si mosse nell’aria verso labbra argentee e pensierose.[/SIZE]

[SIZE=2]“E’ sempre stato uno stupido. Uno stupido arrogante, convinto di esser già immortale. Già altre volte si era salvato solo grazie alla mia benevolenza, ma questa volta è giunta troppo tardi. Una bambina sciocca e coraggiosa in cambio di Tund Hol. Uno scambio misero, ancora una volta, eppure uno scambio importante. La morte della bambina li avrà colpiti e ciò ci sarà utile”. [/SIZE]

[SIZE=2]Alall rimase in silenzio. Il Maestro non aveva mai fatto conversazione con lei; ordinava o esigeva.[/SIZE]

[SIZE=2]“A questo punto, tutto è chiaro. Hai già preparato la mazza che spaccherà la testa di Arakhon come un melone marcio?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non ne sono certa, Maestro” rispose lei con lentezza – ponendosi la stessa domanda – ma Alatar si limitò a fissarla.[/SIZE]

[SIZE=2]“Che sia o meno già pronta, lo colpiremo lo stesso”.[/SIZE]

[SIZE=2]“Arakhon è pericoloso, sommo Maestro. Sembra aver acquisito talento, ed è vicino a cose che non avrebbe dovuto raggiungere. Cose che non dovrebbero essere svelate al suo popolo”.[/SIZE]

[SIZE=2]In risposta le giunse una risata cristallina. [/SIZE][SIZE=2]“E cosa? Riguardo a Zalarit? Ai vermi che abitano le vecchie Colonie? O forse pensi di dover proteggere me? A volte sei davvero dolce, bambina”. [/SIZE]

[SIZE=2]Quella voce era divertita. Alall sentì di avere il viso in fiamme e sperò che Alatar l’interpretasse come vergogna, non rabbia. [/SIZE]

[SIZE=2]“Stai forse suggerendo che dovremmo rivolgere il nostro sguardo di nuovo ai Valdacli ed eliminarli, bambina? Non ancora. Continuano ad avere una loro utilità. E sarà così almeno fino a quando il giovane Arakhon non ci raggiungerà e, molto probabilmente, anche dopo. Scrivi pure i tuoi ordini per i tuoi capitani e accertati che vengano eseguiti. Veder mettere in atto i piccoli giochi degli Uomini è senz’altro divertente. Talvolta così divertente da eguagliare le battaglie del passato. Riuscirà a fermare la guerra fra il re Zayed e la regina di Mo Rhun? Un tempo i signori dei Valdacli lo facevano, vero? Ma si tratta di … quanto? Duemila anni fa? Chi cercherà di mettere sul trono della sua Alleanza del Nord? L’offerta di essere il re di tutti i Valdacli riuscirà a indurre i discendenti di Nùmenor a superare il loro disgusto per un uomo che non è di sangue puro? Valandor Hamina soffocherà in preda alla frustrazione, prima di avere una risposta? E’ un peccato che Eäromä opponga resistenza all’idea di un esercito più grande, perché nel momento del bisogno esso gli mancherà. E credevo che l’ambizione di Andalonil fosse già stata stimolata dai nostri inviti a tornare a ovest”.[/SIZE]

[SIZE=2]L’incontro stava per finire. Non duravano mai più del tempo necessario ad Alall per riferire tutto e ricevere nuovi ordini. Ma lei aveva ancora una domanda da porre.[/SIZE]

[SIZE=2]“La Torre, sommo Maestro”. Alall si inumidì le labbra. Aveva scoperto molte cose.[/SIZE]

[SIZE=2]Occhi lucenti come due lune piene la studiarono in silenzio, e la schiena di Alall fu percorsa da un brivido. Il destino di Jarna, la donna che l’aveva preceduta, le balenò nella mente.[/SIZE]

[SIZE=2]“Tu hai delle curiosità, bambina” rispose alla fine Alatar. “Potrebbe essere un vantaggio, diretta opportunamente. Se usata in maniera errata …” Quella minaccia rimase sospesa in aria come un pugnale luccicante.[/SIZE]
[SIZE=2]“L’indirizzerò come tu comandi, sommo Maestro” Alall ansimava. “Solo come tu comandi. Io vivo per servirti, mio Maestro”. La voce era simile a un gracidio, ma Alall riuscì comunque a infondere una certa enfasi alle parole.[/SIZE]
[SIZE=2]Per un lungo istante gli occhi d’argento la fissarono immobili, poi Alatar disse: “Bene. Allora ti istruirò”.[/SIZE]
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Novembre 16, 2008 - 2:46 pm

[SIZE=2]Nel villaggio di Jadaf, a ovest di Ny Chennacatt. Alla fine di novembre, 75 Quarta Era[/SIZE]

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[SIZE=2]“E sarebbe?” chiese Artagora con impazienza.[/SIZE]

[SIZE=2]Tara alzò gli occhi a quelli del suo amato. “Desidero lasciare queste montagne con la regina Wei, per cercare di salvare la vita della ragazza. Il drago Sereloth può portare noi tre a malapena, e non altri. Ma tu andrai con l'altro drago e seguirai Arakhon oltre la terra dei Due Fiumi, per trovare assieme a lui la Torre Eterna e mantenere la promessa fatta a Venie. Ardic tornerà a Fiammanera a cavallo, per cercare alleanze. E' un piano complicato”.[/SIZE]

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[SIZE=2]Un’espressione incredula percorse rapida il viso di Artagora. Si tirò diritto. Arakhon pensò di dire qualcosa, ma non era quello il suo momento. Malgrado l’informalità del luogo, Tara e Artagora erano tesi come due archi. Ardic uscì per badare al cavallo che aveva comprato. Wei e Khalid rimasero in piedi.[/SIZE]

[SIZE=2]“Spiegamelo con parole semplici” Artagora ordinò a Tara, e lei obbedì.[/SIZE]

[SIZE=2]Le mappe di Arakhon furono svolte una per una, e Tara spiegò perché la sua presenza alla corte di Eäromä potesse forse significare l’accesso a segreti che gli Elfi non avrebbero svelato ad altri. Arakhon lesse ad alta voce i passaggi delle ultime lettere che aveva ricevuto, e descrisse ciò che lo attendeva oltre Tul Harar. [/SIZE]
[SIZE=2]Artagora dapprima fece solo domande, senza commenti o giudizi fino a quando non fu sicuro di avere ottenuto da loro ogni frammento di informazione. Tara stava al suo fianco, alternativamente guardando Arakhon seria e rivolgendosi ad Artagora radiosa nel tentativo di strappargli almeno un sorriso. Wei preferì dimenticarsi del tutto dove si trovava e si allontanò per giocherellare con i fiocchetti sui drappi del letto di Tuija.[/SIZE]
[SIZE=2]Quando Arakhon ebbe finito di parlare, e Tara ebbe aggiunto i suoi commenti, Artagora si appoggiò sul tavolo e vuotò il bicchiere di kafe. Poi scosse la testa. [/SIZE]

[SIZE=2]“No. Questa impresa, questa tua decisione di andare da Eäromä per salvare Tuija è troppo basata su favole e filastrocche perché io rinunci a te proprio adesso, Tara. Mi hai mostrato abbastanza per convincermi che vale la pena di seguire Arakhon nella sua guerra, e manderò messaggeri ad Hathor appena mi sarà possibile. Ma tu, lontana da me, a ovest? No. Adesso non ho spirito per questo. Pochi giorni fa mi stavo ossessionando sulle nostre possibilità di uscire vivi da Chennacatt, sul come non fosse giusto dopo tutto, e ora, se tu lasci …”[/SIZE]

[SIZE=2]“Non sto fuggendo da te, parto per una cerca. Come ho sempre fatto. Una cerca che ha per fine salvare una vita, questa volta. E lascio il mio cuore con te. Non avevo in mente questo, Artagora, neanche per un attimo, ma Wei dice che Tuija morirà di nuovo e per sempre fra pochi giorni se non troveremo un sapiente che possa curare la sua anima e questo sapiente non è Ardic né possiamo trovarlo a Ostelor, o nelle terre dei Valdacli. Eäromä è influente e il suo popolo conosce Elfi ancora più antichi. Mi ascolterà, guarirà Tuija e noi ci ritroveremo”.[/SIZE]

[SIZE=2]“E pensi che la tua presenza impressionerebbe questi Antichi? Se li trovi? Se sono mai esistiti e se Eäromä ti concede di vederli? Devi avere un’influenza ben grande su Eäromä …”[/SIZE]

[SIZE=2]“Io credo che esistano, e che lui li abbia più vicini di quanto noi immaginiamo. Se fallisco, Tuija se ne andrà, e io tornerò da te, per starvi accanto e dedicarmi alla guerra assieme a voi. Che cosa avremmo perso? Se ho successo, riporterò indietro un innocente amica di Arakhon, che ha dato la sua vita per lui”.[/SIZE]

[SIZE=2]“E se muori durante la cerca?” chiese pesantemente Artagora.[/SIZE]

[SIZE=2]Tara aprì la bocca per parlare, ma Arakhon alzò una mano per calmarla. Silenzioso, calmo in viso, guardò Artagora.[/SIZE]

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[SIZE=2]“Tara desidera che io le permetta di andare dal re degli Elfi”, disse, “e subito. Desidera raggiungere Eäromä e rivedere Ostelor, per trovare l’aiuto di cui adesso abbiamo bisogno”. [/SIZE]

[SIZE=2]Lo sguardo di Artagora ora sembrava triste. Arakhon si umettò le labbra.[/SIZE]

[SIZE=2]“Io, naturalmente, glielo proibirei se vedessi un altro corso di azione” disse con calma. “Che cosa sappiamo di questi Antichi che possono salvare Tuija? Direi nulla. Non riguardo quello che dobbiamo chiedere. Ma la mia amica Tara ha ragione. Wei non può andare da sola. E io. Io devo andare a Tul Harar e incontrare Zayed; Khalid deve venire con me. Per quanto brami di tornare a casa mia, a Ostelor, essa rimane ancora lontana per me. Hai sentito i pensieri di tutti su questa impresa, Artagora. I miei. I tuoi li conosci. E molto abbiamo ancora da discutere prima che tu possa fidarti di me, perché io non sono Venie e il mio cammino sarà diverso dal suo. Eppure ti dico: abbiamo bisogno di te e dell’appoggio delle città di Hathor. Considerati questi consigli, che cosa desideri fare?”[/SIZE]

[SIZE=2]A quel punto Artagora si girò e guardò solo Tara. Nessun cenno, nessun sussurro passò fra loro. Ma Artagora sapeva. Era una donna nata con i Valdacli. Era vissuta con loro, e li amava tanto quanto amava lui. Prima che sua, sarebbe stata sempre della sua famiglia. Tara lo fissava certa del loro accordo; se le avesse imposto la scelta, l’avrebbe perduta, e, più di questo, non sarebbe stato un atto giusto.[/SIZE]

[SIZE=2]“Desidero che Tara vada da Eäromä, oltre le montagne. E desidero partire con te appena possibile, Arakhon”. [/SIZE]

[SIZE=2]Mentre Arakhon annuiva lentamente, Tara sorrise, parlando di Ostelor e di come l’avrebbe trovata, e il suo cuore sprofondò sul fondo dello stomaco.[/SIZE]
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[SIZE=1]Da "L'Assassino di Corte", di Robin Hobb[/SIZE]

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Novembre 16, 2008 - 9:02 pm

[SIZE=2]Orrostar (Domini Valdacli Orientali), fra novembre e dicembre dell'anno 75 della Quarta Era[/SIZE]

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[SIZE=2]“Sono queste le tue notizie urgenti?” chiese irritata. [/SIZE][SIZE=2]Jall aveva riferito che Andalonil si trovava sempre nelle isole, ancora invischiato fino al collo con i Mumakani; a Tildin erano già stati inviati ordini riguardo al Valdaclo. Anche il primo figlio di Andalonil lavorava ancora per il nemico, ad Arpel, dove persino il ‘Falco’ aveva pochi informatori. Jamilah bevve un lungo sorso di vino fresco. Da qualche tempo, si sentiva fragile e fredda, eppure il clima di quelle giungle riusciva a farla sudare persino d’inverno, qualche volta.[/SIZE]
[SIZE=2]Nalerma sobbalzò. “Ah … no, mia signora”. Rovistò in una tasca della giubba e ne estrasse un piccolo cilindro d’osso con tre strisce rosse che ne percorrevano la lunghezza. “Volevi che questo ti venisse portato non appena il piccione lo avesse consegnato e …” Si interruppe quando Jamilah glielo strappò di mano.[/SIZE]

[SIZE=2]Era ciò che aspettava, il motivo per cui le sue navi non erano già in viaggio per Tul Harar con lei in testa, se non alla guida. Le notizie da Morija erano arrivate rapide, e intendeva raggiungere Arakhon il prima possibile. Ma se non si trattava solo della follia di Varadin, delle farneticazioni di un uomo distrutto dal crollo della sua fortuna e dalla scomparsa della sua influenza presso i Valdacli, Arakhon avrebbe dovuto attendere ancora. Arakhon, e forse anche altro. [/SIZE]

[SIZE=2]~[/SIZE]

[SIZE=2]Una volta in vista della Porta dei Fiori, l’accesso alla cinta interna, Jamilah rallentò. Diversi uomini nelle strade affollate la guardarono con ammirazione mentre le passavano vicino e, forse per la millesima volta, lei si ripropose di smettere di indossare gli abiti della sua città natia quando tornava a casa, e per la millesima volta lo dimenticò. Gli abiti non erano importanti, e se un uomo non si accorgeva di essere troppo sfacciato, le bastava solo fargli sapere con chi stesse parlando. Li faceva fuggire abbastanza in fretta, di solito più in fretta di quanto potessero correre.[/SIZE]

[SIZE=2]Tutto ciò che le interessava in quel momento erano le notizie che attendeva da Erif. Solo per questo, ricevuto il messaggio, aveva interrotto il suo viaggio verso Harar. Attese con pazienza, lasciando che la folla la oltrepassasse, fingendo di interessarsi alle merci dei contadini ma attenta in realtà solo alle persone che uscivano dal grande cancello, ma non vide la testa calva e il volto rotondo dell’uomo. Alla fine sospirò. Ovviamente non aveva ricevuto la sua chiamata; se fosse accaduto, si sarebbe inventato una scusa qualsiasi per presentarsi all’appuntamento all’ora giusta. Avrebbe dovuto attendere il giorno successivo.[/SIZE]
[SIZE=2]Si allontanò dal cancello e incrociò lo sguardo di un tipo alto dal volto sottile, con gli abiti da carrettiere, che la guardava con troppa ammirazione. Quando i loro sguardi s’incontrarono, l’uomo ammiccò. Non l’avrebbe sopportato di nuovo per tutto il percorso fino ai suoi cortili. ‘Devo proprio ricordarmi di mettere abiti semplici’, si disse, chiedendosi perché, a casa, non l’avesse mai fatto prima. S’infilò nello stretto vicolo fra la coltelleria e la taverna, che portava direttamente dietro al muro del suo terrazzo.[/SIZE]

[SIZE=2]Quei viottoli erano stati asciutti l’ultima volta che li aveva percorsi, ma, dopo le piogge, più si addentrava più diventavano maleodoranti. Le pareti erano spoglie, senza finestre e quasi mai una porta o un cancelletto, e quelle che c’erano avevano l’aspetto di non essere state aperte da molto, molto tempo. Era sempre stato così, anche quando, da bambina, rincorreva i gatti randagi che la guardavano silenziosi da sopra i barili e le mura di cinta, o i cani tutti pelle e ossa. A volte ringhiavano prima di andare via di corsa per infilarsi in una traversa. Non aveva mai avuto paura di venire graffiata o morsa; i gatti sembravano percepire qualcosa in lei. I cani invece erano ostili, quasi pensassero che lei stessa fosse un gatto, ma quasi sempre fuggivano dopo aver ringhiato un po’. [/SIZE]
[SIZE=2]C’erano più gatti di quanti se ne ricordasse ma vide molta meno gente. Non aveva ancora incontrato nessuno prima di svoltare l’angolo, quindi notò cinque o sei ragazzetti che le venivano incontro, ridendo e parlando tra loro. Sembravano stupiti di vederla.[/SIZE]

[SIZE=2]“Chiedo scusa, principessa” mormorò uno di loro, quindi si fecero tutti da parte, anche se in quel punto c’era molto spazio.[/SIZE]

[SIZE=2]Chiedendosi se fossero gli stessi che l’avevano seguita quando era uscita dal suo cortile – uno di quei volti sembrava familiare, un ragazzetto basso con gli occhi dolci – annuì e mormorò dei ringraziamenti mentre passava. Fu allora che sentì il pugnale penetrarle tra le costole.[/SIZE]
[SIZE=2]Il violento stupore la paralizzò abbastanza a lungo da permettere al ragazzetto di liberare il pugnale e di affondarlo di nuovo. [/SIZE]
[SIZE=2]Altri, nella sua guerra, erano morti in questo modo prima di lei, ma Jamilah non avrebbe mai pensato che l’assassino potesse essere un ragazzetto della sua città. Cercò di bloccarlo, ma non aveva forza nelle braccia. Rimase aggrappata a lui, che resse il suo peso, e si ritrovò a fissarlo negli occhi. Il volto era rosso, sembrava sull’orlo delle lacrime. “Era necessario. Era necessario. Sei una strega del Principe Drago. L’ha detto il Maestro e … “ Come se si fosse accorto di colpo che stava abbracciando la sua vittima, la spinse via, e fuggì assieme agli altri.[/SIZE]

[SIZE=2]Ora Jamilah non aveva più forza neppure nelle gambe. Cadde pesantemente contro il muro e scivolò. Il freddo che aveva sentito nel petto adesso stava espandendosi in tutto il corpo. Jamilah non capì se fosse la sua percezione del tempo a rallentare o se tutto stesse accadendo così in fretta. Sentì il rumore di passi che risuonavano nel vicolo e sollevò il capo per vedere Veamon a bocca aperta e con gli occhi sgranati. Proprio come Muzabar, anche questi era l’immagine perfetta di un signore dei Valdacli, con un tabarro bianco e oro e una giubba bianca. “Tradimento!”, gridò Veamon.[/SIZE]
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[SIZE=2]Se avesse potuto, Jamilah avrebbe riso. Era difficile respirare, e sentiva il sangue che le gorgogliava in gola. Muzabar non le era piaciuto dal primo momento in cui lo aveva visto. In effetti, lo disprezzava. Qualcuno doveva sapere. Cercò con lo sguardo la striscia di carta arrivata da Aringill, che era caduta non molto lontano dalla sua mano; poteva passare inosservata, ma non se il suo cadavere l’avesse stretta tra le dita. E quel messaggio andava letto. La mano sembrò strisciare lentamente nel fango, sfiorò la carta, spingendola lontano mentre cercava di afferrarla. Jamilah cercò di costringersi a vedere bene. Doveva … la nebbia si era ispessita. Una parte di lei cercò di ignorare quel pensiero; non c’era nebbia. La nebbia era più densa, e là fuori, sul mare, c’era un nemico, invisibile, nascosto, pericoloso. Il messaggio. Cosa? Quale messaggio? Era tempo di lasciare il porto e sguainare la spada, era giunto il momento dell’ultimo attacco. 'Per la Luce, mio Re. Sto arrivando!'[/SIZE]
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13
Gennaio 5, 2009 - 11:32 am

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Artagora e Tara ebbero un po’ di tempo per riprendersi dai brutti momenti passati nella fortezza del Chennacatt.
Mangiarono e si riposarono, e pian pianino il loro aspetto tornò ad essere quello che tutti i loro amici ricordavano, e non quello di ombre provenienti da chissà quale limbo.
Parlarono anche molto e anche molto stettero in silenzio., ma tutti notarono quanto spesso il loro sguardi si cercassero e quanto inevitabilmente finissero per ritrovarsi accanto dopo un po’.
I diversi compiti incombevano sull’immediato futuro di ciascuno dei due, compiti diversi.
Era sera e Artagora approfittò di un raro momento di relativa intimità per parlare a Tara
“Ascoltami Nielval”
Tara fece istintivamente attenzione, sapeva che Artagora usava chiamarla così solo in rari casi e solo nel rispetto della discrezione e nell’intimità che quel nome richiedeva.
“Ho quaranta inverni sulle mie spalle ma la primavera nel mio cuore non è mai giunta.
Forse brevi raggi di sole, quelli si…ammirazione, attrazione…forse….ma la primavera nel mio cuore è arrivata con te.”
Prese fiato guardandola con un sorriso dolce.
“Se penso ai frangenti terribili in cui il nostro sentimento è cresciuto non posso non pensare che debba essere inevitabilmente forte ma so anche che viviamo tempi difficili e in nostro impegno e teso anche a far si che questi tempi migliorino.
Una delle cose che amo di te è la saldezza dei tuoi intenti…una delle tante cose…. a dire il vero.”
Un tono malinconico attraversò brevemente i suoi occhi.
“Anche se è proprio il senso del dovere che getta un ombra su di noi….”
Tara fece per parlare ma Artagora le fece cenno di aspettare con una mano.
“Ma ho capito un paio di cose.
L’idea di separarci nuovamente mi era insopportabile….Ma se prima mi sono trovato in mezzo a missioni e pericoli senza qualcosa di realmente mio per cui lottare ora una ragione la ho.
Ti dissi che volevo vivere una vita con te, fianco a fianco, e se voglio dare almeno una speranza a questo desiderio devo accettare tutto questo, devo cavalcare i draghi e accettare di vederti partire in una direzione opposta alla mia.
Ma nonostante tutto sarai con me e io sarò con te.”
La guardò con un sorriso aperto ed uno sguardo ottimista.
“Porto il pensiero di te nel mio cuore, e l’immagine dei tuoi bellissimi occhi nei miei, ora ho davvero un motivo per lottare, una piccola luce nel buio di questi tempi cupi che sia tutta mia”

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14
Gennaio 5, 2009 - 8:56 pm

[SIZE=2]Savra usava la zappa in modo discontinuo, guardando i piccoli germogli di senecio che spuntavano fra le file di cavoli. Non che Murshid fosse duro come padrone, non lo era più di sua madre e di certo era meglio di Barir, ma Savra non era andato a Tul Harar per finire in un orto a sarchiare verdura sotto il sole. Aveva riposto le sue speranze in Samaduin che aveva bisogno di uomini per gli Eshe. Era tutto così ingiusto. Non aveva fatto nulla.[/SIZE]

[SIZE=2]Agitando gli alluci nudi nella terra, sorrise a un’ostinata erbaccia e la colpì, intendendo sradicarla dall’orto e dalla mente. Se al mondo c’era giustizia, il signore Zayed sarebbe venuto anche in quella casa e l’avrebbe preso fra le sue guardie. Appoggiandosi alla zappa, si perse sognando a occhi aperti di combattere con Zayed contro le schiere dell’Ombra, con lui che lo proteggeva con il suo scudo, dichiarando che voleva essere un Custode delle Porte; avrebbe scelto l’oro come colore, naturalmente, e …[/SIZE]

[SIZE=2]“Savra Da’ud?”[/SIZE]

[SIZE=2]Savra sobbalzò sentendo quella voce severa, ma non era Murshid. Fece il miglior inchino possibile, con la zappa ancora in mano. “Buon giorno, signore straniero. Sei venuto per riportarmi in città?”[/SIZE]

[SIZE=2]Lo straniero si avvicinò senza curarsi del campo di ortaggi. Malgrado il caldo del mattino indossava un mantello, con il cappuccio calato per mantenere il viso in ombra. “Proprio prima che tu lasciassi Tul Harar hai accompagnato una donna dal principe Sa’d. Una donna che si faceva chiamare Jampe.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Si, signore straniero” rispose Savra, con un tono leggermente interrogativo. Non gli piaceva il modo in cui aveva parlato, quasi avesse lasciato la città per sempre.[/SIZE]
[SIZE=2]“Dimmi tutto quello che hai sentito o visto, ragazzo. Dal momento in cui hai visto la donna. Tutto.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ma non so nulla, signore straniero. Lei mi ha mandato via non appena …” Il dolore lo percorse e lui affondò le dita nella terra, inarcando la schiena; lo spasmo durò solo un momento, ma sembrò eterno. Lottando per respirare, si accorse di avere la guancia schiacciata a terra e le dita ancora tremanti affondate nel suolo. Non ricordava di essere caduto. Poteva vedere il cesto della frutta di Fanan capovolto vicino al capanno di pietra, e i panni umidi appena lavati sparpagliati a mucchi. Intontito, pensò che fosse strano; Fanan non avrebbe mai buttato a terra la frutta a quel modo o trascurato i panni.[/SIZE]

[SIZE=2]“Tutto, ragazzo” ripeté lo straniero freddamente. Adesso stava in piedi e torreggiava su Savra, non facendo alcuna mossa per aiutarlo. Gli aveva fatto male; non doveva essere così. “Ogni persona con cui questa Jampe ha parlato, ogni parola che ha pronunciato, ogni espressione.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Ha parlato con il principe Sa’d, signore straniero” singhiozzò Savra ancora in terra. “Questo è tutto quello che so, signore. Tutto.” [/SIZE]

[SIZE=2]Incominciò a piangere in modo incalzante, sapendo che non era abbastanza per soddisfare quell’uomo. Aveva ragione. Non smise di gridare per molto tempo, e quando l’Asha’man se ne andò non c’era alcun suono attorno alla casa se non il chiocciare delle galline. Nemmeno un respiro.[/SIZE]

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[SIZE=1]Da "L'Ascesa dell'Ombra" di Robert Jordan[/SIZE]

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15
Febbraio 2, 2009 - 9:29 pm

[SIZE=2]Le grandi piogge invernali chiamate ‘cemaros’ continuavano a riversarsi dalle montagne verso il Chennacatt, le più abbondanti e fredde di sempre, a memoria d’uomo. Alcuni dicevano che quest’anno il ‘cemaros’ stava cercando di recuperare i mesi di ritardo. I fulmini crepitavano nei cieli, abbastanza numerosi da tappezzare di luce il buio notturno. Il vento frustava le terre e la pioggia le flagellava, trasformando in fiumi di fango tutti gli uadi e le strade tranne le più solide. I fiumi in piena non erano più navigabili. A volte il fango si ghiacciava al calar del sole, ma l’alba portava sempre il disgelo, anche col cielo grigio, e di nuovo il terreno diventava una palude. Ismail era sorpreso di quanto poco tutto ciò potesse importare agli uomini del Culto.[/SIZE]

[SIZE=2]Gli Asha’man erano arrivati in fretta, convocati da uno dei loro sacerdoti; a metà mattina, cavalcarono fuori dal serraglio per essere subito assaliti da un acquazzone che oscurava anche il sole, tanto che sembrava di essere al tramonto. Attraverso quello squarcio nell’aria si vedeva la neve che cadeva sui monti sopra Fhul, grossi fiocchi bianchi che vorticavano veloci e nascondevano quello che c’era dietro. [/SIZE]
[SIZE=2]Quasi tutti gli uomini di quella breve colonna erano infagottati in pesanti mantelli blu, ma la pioggia pareva scivolare intorno a loro e ai loro cavalli. Non era così evidente, eppure chiunque se ne accorgeva tornava a fissarli una seconda volta, se non una terza. Per restare asciutti bastava poco Potere, un incantesimo semplice, ma bisognava essere disposti a far capire a tutti la propria vera natura. D’altronde, per questo era sufficiente il ricamo sulla spalla dei loro mantelli. Anche mezzo nascosti dalla pioggia, quegli uomini emanavano un’aria di orgoglio, un’arroganza che era percepibile anche da come sedevano in sella. Un’aria di sfida. Gli Asha’man si gloriavano di ciò che erano.[/SIZE]
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[SIZE=2]Il loro comandante, Jahar Guruth, era alto e portava una giubba dal taglio assai elegante, col colletto alto e fatta della migliore seta. La spada era riccamente decorata d’argento, e d’argento era anche intrecciato il cinturone, chiuso da una fibbia a forma di serpente fatta anch’essa d’argento. Jahar si faceva chiamare Baijan m’hael; in una lingua antica dell’Harad significava Condottiero della Tempesta, e chissà quale ruolo stava a indicare.[/SIZE]

[SIZE=2]Coskun era fermo a un passo dall’uscita della tenda verde di Ismail e guardava accigliato la pioggia che fuori scendeva in cascate. La tenda era circondata dalla guardia del corpo a cavallo di Tartaust, a non più di trenta passi di distanza eppure a malapena visibili. Avrebbero potuto essere delle statue, per come ignoravano l’acquazzone.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Come si aspettano che io possa trovare qualcuno con un tempo del genere?” mormorò, girandosi a lanciare un’occhiata verso Ismail. Aveva uno sguardo duro e sfrontato, ma era sempre così da quando gli Easterling erano entrati in quella regione, che guardasse un uomo o il palo di uno steccato.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Si aspettano che tu gli obbedisca, Coskun” rispose freddamente Ismail. L’importante era che il giovane non si opponesse direttamente agli Asha’man. “E non che tu perda tempo discutendo i loro ordini.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Come comandi, signore” mormorò Coskun. “Invierò immediatamente la guardia.” Con un brusco saluto, uscì spavaldo nella tempesta. Ismail si chiese se quel giovane avesse anche solo una vaga idea di quanto era stato vicino alla morte quando aveva contestato il Baijan m’hael.[/SIZE]

[SIZE=2]Con l’arrivo di Jahar e degli Asha’man, il piano per spingere Zayed verso est aveva preso il via. Aveva preso il via, e si sarebbe mosso lentamente avanti. Presto gli accampamenti sarebbero stati spostati, e Ismail non avrebbe provato neppure a celare i suoi movimenti. Non aveva molto senso sforzarsi di mantenere la segretezza. Le notizie viaggiavano lente se portate dai corrieri, da quando si erano scatenate le piogge, ma lui era sicuro di essere osservato, dal M’hael, da Ejei, dalle spie di Zayed, da chiunque credeva di trarre o perdere un vantaggio da ciò che sarebbe accaduto nel Chennacatt e poteva permettersi di pagare un soldato. Forse persino da Arakhon Eshe. Se il M’hael riusciva a tenerlo d’occhio e a mandare assassini contro di lui, perché non poteva succedere l’inverso?[/SIZE]

[SIZE=2]Ma nemmeno gli Asha’man, forse, sapevano il perché di quegli spostamenti.[/SIZE]
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[SIZE=1]Da "Il Sentiero dei Pugnali", di Robert Jordan[/SIZE]

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16
Marzo 1, 2009 - 3:20 pm

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[SIZE=2]Gli occhi di Jampe si aprirono di scatto. Era stanca fin nelle ossa e si sentiva vuota, ma la fame era un’ombra accanto al senso di vuoto nel suo petto. Era lontana perfino da sé stessa, come se fosse un’altra persona che osservava Jampe do’Beremidor soffrire. Sopra di lei, il soffitto di una tenda a strisce blu e oro si increspava al vento. L’interno della tenda era fioco e ombroso, ma la tela vivida rifulgeva alla tenue luce del sole. E ieri non era stato un incubo. Avevano cercato di ucciderla, ma più di questo l’inorridiva il pensiero che la morte, in quel deserto, poteva essere tutto fuorché … definitiva. [/SIZE]
[SIZE=2]L’aria era calda, ma lei tremava. Era distesa su un materasso di piume; attraverso l’odore del carbone che bruciava nei bracieri, avvertì un profumo muschiato e l’uomo che lo portava. Nessun altro era presente.[/SIZE]
[SIZE=2]Senza alzare la testa dal cuscino, lei disse: “Non l’hanno trovata, Sa’d.” Si sentiva la testa troppo pesante per sollevarla.[/SIZE]

[SIZE=2]Una delle sedie da campo stridette debolmente mentre lui vi si sistemava. La tenda era grande abbastanza per ospitare una famiglia, e gli elaborati mobiletti di Sa’d non sarebbero parsi fuori posto in un palazzo, tutti intagli intricati e dorature.[/SIZE]

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[SIZE=2]Sa’d[/SIZE]

[SIZE=2]Sa’d doveva essere sorpreso per il fatto che lei avesse indovinato che si trovava lì, tuttavia la sua voce era calma. [/SIZE]

[SIZE=2]“No. Penso di no, ma la stanno ancora cercando. I miei esploratori … quando non sei tornata al crepuscolo, ho inviato un’intera compagnia. Sono tornati solo i due che hanno trovato te, e solo perché l’hanno fatto prima del tramonto. Gli altri sono tutti morti. Uccisi prima di poter percorrere più di cinque o sei miglia. Ho ordinato di mantenere una stretta sorveglianza attorno all’accampamento, Arganda ha disposto una forte guardia. Rimane il fatto che non possiamo andare via di qui. Con te ridotta così, è ancora più difficile.”[/SIZE]

[SIZE=2]Le mani di Jampe si serrarono sulle soffici coperte di lana che la coprivano. Jondin non si sarebbe fatto cogliere di sorpresa, nemmeno da Zalarit. Ora però era morto e questo voleva dire che chi li aveva seguiti era ancor più pericoloso di lui. Erano ancora a caccia. Sarebbero venuti presto.[/SIZE]

[SIZE=2]“C’è una spiegazione per tutto questo, Jampe? All’inizio non lo credevo possibile, però poco per volta mi ero illuso … non sei venuta da me per amarmi, vero?”[/SIZE]

[SIZE=2]La voce di Jampe non cambiò, ma sollevò un poco una delle coperte azzurre. Sotto, era nuda.[/SIZE]

[SIZE=2]“Nessun altro avrebbe potuto avvicinarti; ringhiavi come un lupo contro chiunque lo facesse. Quando ho deciso di provare, eri tanto insensibile che non potevi sentire quello che ti dicevano. Eri come un uomo già morto, che pensava solo al suo oro e alle sue collezioni. Dormivi come un uomo già morto, come qualcuno che avesse perso l’anima, freddo. Gamil mi disse che avevi qualcosa di nuovo, un gioiello prezioso.”[/SIZE]
[SIZE=2]Troppe spiegazioni, e non abbastanza. La rabbia avvampò, una rabbia lontana, ma Sa’d la represse. Non avrebbe urlato contro quella donna. “Gamil parla sempre troppo” disse in tono piatto. “Se mi avessi detto quello che volevi fare, Jampe, io …”[/SIZE]
[SIZE=2]“E’ stata la prima cosa a venirmi in mente. Il tempo passava, ma non trovavo la forza di andar via da te. Tu sai cosa sono, Sa’d, sai quello che faccio; non me ne vergogno. Ma tu hai riempito la mia vita di fiori. Se ti avessi raccontato tutto, avrei trascinato anche te in una guerra che non lascia che disperazione. Non ho pensato più a niente finché non sono quasi arrivati a noi. Comunque, cosa importava … avevo tempo. E’ volato via.”[/SIZE]

[SIZE=2]Talmente plausibile. E se avesse chiesto perché aveva mandato tutti quei messaggi a Tul Harar, a questo Arakhon, coi piccioni che lui aveva fatto cacciare, lei avrebbe trovato un’altra risposta plausibile. Non voleva sentirla.[/SIZE]

[SIZE=2]“Dove sono i miei vestiti?” chiese, tirandosi su sui gomiti e lasciando cadere la coperta. La sua voce non lasciava ancora trasparire alcuna espressione.[/SIZE]
[SIZE=2]Una singola candela su un tavolino accanto alla sedia di Sa’d era l’unica fonte di luce nella tenda, ma era più che sufficiente per i suoi occhi, per stanchi che fossero. Si era vestita in modo piuttosto modesto, prima di scappare dall’accampamento, un abito marrone chiaro per cavalcare con un alto collo. Attribuire modestia a Jampe era come mettere una pelle di pecora su un leone di montagna. Il suo volto era leggermente in ombra, affascinante e indegno di fiducia. Avrebbe fatto qualsiasi cosa, per le proprie motivazioni, e tutto ciò su cui non faceva promesse poteva pugnalarti alle spalle.[/SIZE]

[SIZE=2]“Sulla cassapanca laggiù” disse, facendo un gesto con una mano. “Li ho fatti pulire, ma hai bisogno di riposo e di mangiare, più che di indumenti. E prima di arrivare alla cena, a chi sono quei predoni vestiti di blu che volevano ucciderti, e ai nostri affari, voglio che tu sappia che nessuno più di me desidera aiutarti. Perché mi hai rubato la corona?”[/SIZE]

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[SIZE=1]Da "Il Cuore dell'Inverno", di Robert Jordan[/SIZE]

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17
Marzo 14, 2009 - 2:31 pm

[SIZE=2]Dopo aver appoggiato le mani sulla sella, Baraa attese fino a quando Korah lo affiancò. “Lo hai trovato?”[/SIZE]
[SIZE=2]L’uomo accaldato si sporse da un lato della sella per sputare. Sudava tanto. “L’ho trovato. Era caduto a est. C’è un’altra nuvola di sabbia da quella parte, due o tre leghe, sempre a est. Sono usciti fuori dal nulla. Ho visto un gruppo di Rhûani prendere Mar, saltandogli addosso da dietro i cespugli, avvolti in quei mantelli, e lo hanno buttato giù dalla sella. Lo hanno ucciso.”[/SIZE]

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[SIZE=2]Baraa[/SIZE]

[SIZE=2]“Quindi sanno che siamo qui.” Baraa respirò pesantemente. Non si aspettava che la loro presenza vicino al campo dei guerrieri di Mo-Rhûn restasse segreta, era chiaro che prima o poi gli esploratori avrebbero visto le loro tracce. Lui avrebbe preferito che fosse successo fra qualche giorno. [/SIZE][SIZE=2]Colpì una mosca azzurra, ma quella volò via lasciandogli una macchia di sangue sul polso. “Quanti?”[/SIZE]
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[SIZE=2]Korah sputò di nuovo, porgendogli il piccione trafitto dalla freccia. “Più di quanti mi fossi immaginato d’incontrare. Forse due o trecento. O quattrocento. Non volevo farmi vedere a contarli.” Prima che il colpo avesse il tempo di assestarsi, l’uomo ne sferrò un altro. “C’è anche la sua guardia personale, e sono assieme a quei cavalieri vestiti di blu, assieme a un esercito. Più uomini di quanti ne abbiamo in città. Forse il doppio.”[/SIZE]

[SIZE=2]Jasul, Basim e Dabir si erano avvicinati proprio a quel punto della conversazione, sudando e schiacciando mosche e ‘mordimi’. “Avete sentito?” chiese Baraa, e il gruppo annuì. La sua fortuna era un conto, ma essere in minoranza, tre contro uno, con quegli stregoni blu inclusi nel tutto, andava oltre ogni buona sorte. “Non siamo venuti qui per combattere” rammentò loro, anche se l’osservazione non lo fece sentire meglio.[/SIZE]
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[SIZE=2]Mentre giocava con la barba oleata, Basim mormorò: “Allora cosa intendi fare? Ritornare a Tul Harar?”[/SIZE]
[SIZE=2]“E’ esattamente ciò che farai tu” rispose Baraa. “Questo piccione portava un messaggio per i Valdacli. Forse qualcuno è caduto nelle mani dei Rhûani, questo però l’abbiamo visto noi. Dabir, tu andrai con lui, nel caso ci sia bisogno di inviare un messaggio di risposta. Andate da Arakhon Eshe; insegnategli a giocare a cani e serpenti, perché penso che vorranno venir qua velocemente, e non sarebbe una buona cosa se quelli che aspettano là oltre le colline li vedessero arrivare.”[/SIZE]

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18
Aprile 9, 2009 - 8:14 pm

[SIZE=2]Nell'oasi di Farafra, febbraio dell'anno 76 della Quarta Era[/SIZE]

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[SIZE=2]Da dietro uno schermo d’Aria e di Fuoco, Narishma osservò l’uomo dai capelli d’oro svanire nella casa al di là del pozzo, seguito dalla donna alta, dalla ragazza e da quattro altri uomini. Era possibile che stessero portando via qualche oggetto utile anche per lui, forse la corona di Anathien stessa, ma le possibilità erano basse. Riguardo alla corona, era assai probabile che si sarebbero uccisi cercando di capire come funzionava. Sa’d era un idiota, aveva lavorato e rischiato così tanto per mettere insieme una collezione di oggetti sconosciuti. Ma d’altronde nessuno dei capifamiglia di Tul Harar era mai stato furbo come credeva. Narishma, per esempio, non avrebbe mai rovinato i propri piani solo per una donna, solo per vedere quale meraviglia nascondeva fra le sue gonne. Era un’oziosa curiosità, un piacere meschino in confronto alla consapevolezza del Potere. Narishma era lì per ben altro, ma gli piaceva sapere cosa i nemici del Maestro reputavano importante, anche se era roba di nessun valore.[/SIZE]

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[COLOR=navy]Farah
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[SIZE=2]Stava per andare via quando i contorni delle case nell’oasi cominciarono improvvisamente a flettersi e tremolare. Ancora una volta. [/SIZE][SIZE=2]Infastidito, fissò le costruzioni fin quando quelle semplicemente si … disciolsero nell’acqua. Non era mai stato tipo da lasciarsi andare alle imprecazioni, ma gliene vennero in mente diverse. [/SIZE][SIZE=2]Che aveva fatto quell’uomo, per proteggere la sua casa? Non solo aveva ottimi combattenti fra le sue guardie, e armi orientali, ma era anche riuscito a intessere un incantesimo sull’intero lago e sulle case stesse, che si manifestava apparentemente per caso, eppure proprio quando i suoi uomini tentavano un attacco. Questi rustici barbari presentavano troppe sorprese. Aveva perso settimane, ormai. Un modo per rendersi invisibili, per quanto imperfetto. Doveva essere impossibile, eppure loro riuscivano a farlo. [/SIZE]
[SIZE=2]E poi c’era quel legame con l’acqua stessa, lo percepiva. Di questo Narishma era a conoscenza da tempo, ma ogni volta che credeva di aver preso le misure a questi primitivi incantatori, loro esibivano una nuova capacità, facevano qualcosa che neppure si sognava. [/SIZE]

[SIZE=2]“Grande padrone?”[/SIZE]

[SIZE=2]Narishma si limitò a girare il capo restando fermo a guardare l’oasi. “Si, Madic?” Che aveva fatto Sa’d, che la sua anima fosse dannata?[/SIZE]
[SIZE=2]L’uomo quasi calvo vestito di blu che si era avvicinato fece un profondo inchino prima di inginocchiarsi.[/SIZE]

[SIZE=2]“Grande padrone, ho saputo cosa ha destato paura e curiosità a Tul Harar alla fine del mese scorso. Si dice che un grande drago nero sia giunto in volo da ovest, portando un signore coperto d’oro e gioielli, un condottiero leggendario di nome Artagora. A quanto pare, questo Artagora è un filosofo e un grande mago, e si dice che abbia un anello con cui può controllare il drago. Nessuno sa dove fosse diretto e dove sia andato dopo essersi fermato vicino alla città, grande padrone. I quartieri vicini alle porte brulicano di chiacchiere, ma dieci persone diranno dieci cose diverse e faranno il nome di dieci destinazioni.”[/SIZE]

[SIZE=2]Narishma era tornato a studiare l’oasi non appena Madic aveva cominciato a parlare. Non gli interessava nessuna ridicola favola su maghi e filosofi. Sapeva dei tre draghi, ma uno era morto a oriente, l’altro era bruciato fra i picchi le Montagne Gialle e l’ultimo era ancora lontano, a Tul Isra. Niente poteva ottenere quell’effetto sull’intero complesso di costruzioni. A meno che … possibile che ci fosse qualcosa che disfaceva la tela? [/SIZE]
[SIZE=2]Narishma non aveva paura della morte. Prese freddamente in considerazione, ancora una volta, la possibilità di seguire le tracce precise che l’uomo dai capelli d’oro aveva lasciato, e tentare di entrare nell’oasi da solo. Una tessitura disfatta. Un’altra cosa impossibile distrattamente realizzata da quel …[/SIZE]
[SIZE=2]Una parte dei discorsi di Madic attirò la sua attenzione. “Artagora, hai detto?” Le ombre avevano appena cominciato ad allungarsi, ma non c’era neppure una nuvola a proteggere l’oasi dal sole.[/SIZE]
[SIZE=2]“Si, grande padrone. Con un mostruoso drago nero.”[/SIZE]

[SIZE=2]Quel nome gli diceva qualcosa. Artagora era stato uno di quelli che Zalarit aveva cercato di uccidere, a Ostelor, ed era stato presente anche a Ny Chennacatt, il Maestro aveva mandato Abit contro di lui. Non era un mago, era un ambasciatore straniero, però era indubbiamente un pericolo. Ma cosa poteva riuscire a fare quell’uomo anche con il drago? Cosa? E se fosse venuto verso l’oasi, in cerca dell’uomo biondo?[/SIZE]

[Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]

[SIZE=2]Narishma afferrò il Potere senza rifletterci, e punti neri si agitarono davanti ai suoi occhi. Le dita si strinsero sulla fibbia di ferro lavorato; il metallo gemette, contorto non dalla sua presa ma dai filamenti di forza presa a prestito dal Sommo Signore stesso, che si avvolsero intorno alla fibbia, flettendola quando lui fletté le mani con rabbia. Il Maestro non sarebbe stato contento. Con grandi difficoltà, era giunto sul continente per toccare di nuovo il mondo. Era impaziente di toccarlo ancora, di fare a pezzi il vuoto che bloccava la sua via verso la supremazia assoluta, e non sarebbe stato contento se Artagora fosse vissuto. Artagora aveva posto il Sigillo. La rabbia avvolse Narishma, il pulsare del sangue forte nelle sue orecchie. [/SIZE]
[SIZE=2]Un attimo prima non gli interessava dove stesse andando Artagora, ma adesso … stava venendo all’oasi. Ne era sicuro. Il Maestro aveva occhi dappertutto, persone che non sapevano neppure di servirlo. Ogni essere vivente avrebbe servito lui e il Sommo Signore, prima della fine. E lui non avrebbe permesso che una svista casuale rovinasse i suoi piani. Non gli piaceva quando le persone si immischiavano nei piani che lui architettava con tanta cura. E quelli che lo facevano e sopravvivevano, vivevano solo per pagarne le conseguenze.[/SIZE]

[SIZE=2]A un tratto sentì un rumore che non era il battito tuonante della sua furia. Un suono gorgogliante. Guardò Madic con curiosità, e si allontanò dalla pozza che si allargava sulla sabbia. Perso nella propria rabbia non aveva strizzato solo la fibbia di ferro con il Potere. Era notevole quanto sangue potesse uscire da un corpo umano.[/SIZE]

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[SIZE=1]Da "Il Sentiero dei Pugnali", di Robert Jordan[/SIZE]

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(Offline)
19
Maggio 5, 2009 - 6:49 pm

[SIZE=2]Verso [FONT=Verdana][SIZE=2]Mo-Rhûn, nel centro di Endor, marzo dell'anno 76 della Quarta Era[/SIZE][/FONT][/SIZE]

[Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]

[SIZE=2]Il luogo dove le carovane stazionavano era separato dai quartieri abitati da un lungo tratto di campi, nei quali si cominciavano a vedere delle piantine verdi alte circa una spanna. Il mercante era chiaramente pronto a ricevere Sa’d, poiché si trovava già in piedi accanto al piccolo tavolo sotto la tettoia a spiovente dell’edificio squadrato in pietra che costituiva il negozio adibito agli scambi. Dietro di lui c’erano due uomini con la barba, con indosso tuniche verdi e al cui fianco pendevano spade riposte in foderi dorati dalla punta ricurva.[/SIZE]

[SIZE=2]“Desiderate una dimostrazione di forza, signore?” chiese Tuul.[/SIZE]
[SIZE=2]“Potrebbe essere divertente, ma ne faremo a meno. Quello è Burlit e adesso andrà avanti per una buona clessidra a dire che dovrei avere fiducia in lui dopo tutti questi anni. Ma io non mi fido, e lo sa, e non ha senso offrirgli l’occasione di protestare. È in contatto sia con i mercanti di Mo-Rhûn sia con il seltiro Benjir.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Si, signore.”[/SIZE]

[SIZE=2]Suri non sapeva bene chi fossero i due personaggi menzionati, se non che Sa’d li giudicava importanti, né si fidava a sua volta di Tuul e dei Sudroni con i quali avevano deciso di viaggiare, ragion per cui cercò di memorizzare sia i nomi che la via più veloce per arrivare al torrente e agli alberi prima di girarsi sulla sella. “Daoud, Ghaouti, state pronti. Tzu, vai con Ender e Farah in fondo alla fila, farete da guardia al principe assieme a me ma da lontano. Prendete gli archi. Gli altri si portino a sud.”[/SIZE]

[Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]

[SIZE=2]Solo dopo che i guerrieri ebbero raggiunto la loro postazione, Sa’d scese di sella e si avvicinò all’uomo più anziano con la barba. Suri gli camminava al fianco, con Ghaouti e Daoud subito dietro, entrambi con le lance in pugno.[/SIZE]
[SIZE=2]Il mercante, la cui carnagione scura risaltava sulla camicia bianca, indossava un corpetto verdemare ricamato in oro e pantaloni ampi su bianchi stivali polverosi. Suri cercò di non mutare espressione, mentre si rendeva conto che la guardia del corpo alla sinistra del mercante stava osservando Jampe con molto interesse. Chissà se Sa’d se ne sarebbe accorto?[/SIZE]

[SIZE=2]“Ci incontriamo di nuovo, mercante Burlit”, lo salutò questi.[/SIZE]
[SIZE=2]“Principe Sa’d di Tul Harar! Il principe esattore più grazioso e saggio di tutti … siete più maestoso che mai, come un’aquila al tramonto nel cielo tranquillo, e il leone che va all’acqua fresca nella calura estiva …”[/SIZE]
[SIZE=2]“E voi siete ancora più bugiardo e gentile del solito”, ribattè il principe con un caloroso sorriso. “Possiamo ispezionare la vostra mercanzia per proporvi affari?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Siete miei graditissimi ospiti. È tutto radunato nel cortile, all’interno.”[/SIZE]

[SIZE=2]Suri fece segno a Daoud di avviarsi per primo attraverso il passaggio ad arco, sebbene non avvertisse alcuna presenza nella penombra, né un’eccessiva tensione nel mercante o nelle sue due guardie del corpo. Questi lo seguirono, precedendo Ghaouti e il principe. Suri veniva per ultimo.[/SIZE]
[SIZE=2]Sul pavimento lastricato del cortile, davanti al carro utilizzato per il trasporto, erano disposte le merci più disparate: pezze, sia di cotone variopinto sia di seta dell’est, morbida come quella di Tul Harar e di gran lunga più brillante, sebbene non altrettanto resistente; recipienti di oli profumati; vasetti di pigmenti dai colori vivaci e vasi più grandi traboccanti di cardamomo, di zafferano e di grossi chiodi di garofano, quelli che si trovavano solo a Mo-Rhûn; lingotti di stagno e due giare contenenti una sottile polvere macinata che Suri non aveva mai visto, ma che Sa’d riconobbe subito con un cenno di apprezzamento. E file di anfore, colme di liquidi diversi. In fondo, sorvegliata da altre due guardie, c’era una cassaforte.[/SIZE]
[SIZE=2]Burlit estrasse una chiave d’ottone luccicante e aprì la cassa rinforzata in ferro. Su un ripiano interno, c’era un cuscinetto di velluto blu scuro sul quale erano sistemati anelli d’oro, amuleti e pietre preziose. Il mercante lo porse a Sa’d, il quale controllò tutti gli articoli e annuì. Burlit ripose il cuscinetto e sollevò il ripiano. Sul fondo giacevano decine di lunghe catene d’oro e delle scatole che contenevano una polvere rossa.[/SIZE]
[SIZE=2]Suri notò, incuriosito, un disgusto che si irradiava da Sa’d mentre esaminava le scatole.[/SIZE]

[SIZE=2]“Potete chiudere la cassaforte.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Vedete”, disse il mercante, “si tratta solo di merce destinata alla vendita, nient’altro che questo.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Per uomini deboli”, replicò pacato Sa’d. “Pochi degni del loro nome la comprerebbero.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ah … questo non è vero. Gli uomini dell’Ovest, ne comprano in gran quantità.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Per se stessi o per piacere alle loro donne, altrettanto viziose?” Il tono di Sa’d era canzonatorio.[/SIZE]
[SIZE=2]Suri ascoltava. Come del resto faceva l’Easterling che li accompagnava.[/SIZE]
[SIZE=2]“Cerchiamo tutti di accontentare qualcuno, non ha sempre funzionato in questo modo, principe, fin dai tempi del Duarcato? Così va il mondo.”[/SIZE]
[SIZE=2]Sa’d annuì, e presentò parecchi fogli scritti finemente. “Già, e infatti il Duarcato si sfasciò, giusto?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Le stelle e la luna sono nel cielo, non è vero, onorevole principe?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ma non cadono, mentre il Duarcato sì. E adesso è successo di nuovo.”[/SIZE]
[SIZE=2]Un’espressione perplessa attraversò il viso del mercante. “Questo è vero.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Perché è successo di nuovo, Burlit? Forse perché Mo-Rhûn è retto e governato da una donna anziché da uomini giusti? Le donne sono forse più adatte alla riproduzione, proprio come le si considera oggi in molte delle vostre tribù nomadi, in Lustrea o a Dramur. Se una di esse rimane incinta, è meglio che partorisca un figlio maschio, o sarà ripudiata. Forse avremmo dovuto far così.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non ripudierei mai una delle mie mogli, gentile principe”, dichiarò Burlit con una vena di ironia nella voce mentre cercava di blandire il suo cliente.[/SIZE]

[SIZE=2]Suri si trattenne dal mostrare emozioni, anche perché non capiva bene quale fosse la posta in gioco. Sa’d stava suggerendo senza mezzi termini la necessità di riservare alle donne un trattamento peggiore, ma perché proprio a un mercante di Mo-Rhûn, che aveva una regina come governante? E se gli uomini di Mo-Rhûn avversavano la loro regina, come mai avevano attaccato Tul Harar per suo ordine? Oppure no? E come mai Sa’d si fidava di questo Burlit a tal punto da suggerire di non apprezzare la regina Naiman? Suri dovette ammettere di non conoscere la risposta.[/SIZE]

[SIZE=2]“No … “ rise Sa’d, “perché vi avrebbero di certo fatto assassinare, canaglia che non siete altro.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Gentile principe … “ protestò il mercante.[/SIZE]
[SIZE=2]“E cosa ha fatto Naiman dopo che Tul Harar le ha dimostrato sì tanta amicizia?” domandò Sa’d. “Qual è stata la ricompensa per l’Assemblea? Generazioni dopo generazioni i capi tribù di Rhûn si sono accapigliati per disputarsi quanto restava del vecchio regno. Quando Tul Harar intervenne per la prima volta, poco meno di quattro generazioni fa, Mo-Rhûn non era altro che una paludosa città fluviale che campava sulle briciole lasciate dai mercanti orientali.”[/SIZE]

[SIZE=2]Meno di quattro generazioni? Che genere di politica e di risorse doveva aver adoperato Tul Harar – o Morija, o una loro alleanza poiché Suri nutriva forti dubbi che tutto fosse avvenuto senza che gli interessi della ricca terra orientale ne fossero toccati – per creare un regno tanto potente in così poco tempo?[/SIZE]

[SIZE=2]“Oggi, Mo-Rhûn è il territorio più influente a ovest della Dorsale del Mondo. Grazie a Tul Harar, ha fatto più la famiglia di Naiman in tre generazioni che non tutti gli uomini della sua terra in più di mille anni. Andiamo, ditemi perché mai non dovremmo pensare che Naiman ci ha traditi, Burlit.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Sono un mercante, principe, ma se temete la nostra regina Naiman, siete in errore. La graziosa regina cammina nella Luce.” Rise allegramente Burlit, seppure con una certa aria di disagio.[/SIZE]
[SIZE=2]“Non temo Naiman, Burlit. Io temo per Naiman, non Naiman. Le cose non si fanno per soddisfare il piacere di un uomo. Ecco perché vorrei aver modo di capire.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Allora, principe, per il piacere di sentire queste vostre parole, vi devo rendere onore.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Vi ringrazio per l’onore, mercante, e per il piacere”, ribatté Sa’d con un largo sorriso.[/SIZE]
[SIZE=2]Burlit scosse il capo. “Non ci sono uomini come voi a Mo-Rhûn.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Sicuramente è ciò che voi e il seltiro Benjir vi augurate.” Sa’d prese un sacchetto dalla sua cintura e lo consegnò al mercante. Burlit l’appoggiò su un ripiano, e contò. Suri esaminò il mercante, le sue guardie e, attraverso una finestra, gli altri che aspettavano al di là del passaggio ad arco.[/SIZE]
[SIZE=2]Sa’d sollevò lo sguardo. “Sono ottantuno monete d’oro per tutta la merce che ho scelto.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ottantuno? Non ricaverei meno di duecento monete dalla vendita di tutto quello che avete visto”, protestò il mercante. “Se poi la settimana fosse buona, al sud, almeno duecentocinquanta.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ah, davvero? Non è che sapete già il tutto valer meno di cinquanta?”[/SIZE]
[SIZE=2]Burlit si strinse nelle spalle con aria rassegnata. “Ahimè, mi conoscete troppo bene.” Suonò un minuscolo campanello che gli era comparso nella mano come per magia.[/SIZE]

[SIZE=2]Suri sapeva che Burlit aveva inscenato quella commedia di rimostranze e che, in un certo senso, Sa’d l’aveva assecondato. Forse ciascuno dei due stava cercando di far sapere qualcosa all’altro? Che cosa c’era dietro tutto questo? [/SIZE]

[SIZE=2]Un giovinetto sottile avanzò portando una grossa borsa in pelle, che porse a Burlit. Il mercante slegò i lacci e mise le monete di Sa’d nella borsa. Poi firmarono entrambi due liste appoggiate sul ripiano dove prima si trovavano le monete. Sa’d si riprese una lista, la arrotolò e la porse a Suri. Si rivolse quindi al mercante con un lieve cenno del capo.[/SIZE]
[SIZE=2]“Grazie, mercante.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Grazie a voi, principe esattore. Siete sempre un cliente degno del massimo rispetto.”[/SIZE]
[SIZE=2]Burlit lo salutò con un profondo inchino, poi prese l’altra copia della lista.[/SIZE]
[SIZE=2]Sa’d indicò a Suri che era pronto ad andarsene, e questi annuì facendo segno a Daoud, affinché lo precedesse attraverso il passaggio ad arco per raggiungere il resto degli uomini rimasti in attesa fuori. Burlit non li seguì.[/SIZE]

[SIZE=1]Da "Le Cronache di Corus" di L.E. Modesitt[/SIZE]

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20
Maggio 9, 2009 - 12:50 pm

Quarta Era.
Anno 76.
Metà Marzo.

Quando aveva chiesto una mappa al nobile Sa'd non si era immaginato solo una strada su tutta la carta, tuttavia aveva calcolato la posizione quando erano uscite le stelle e...
Ancora una volta la notte era splendente come se nulla accadesse sulla sabbia del deserto.
Quando poi arrivarono le guardie di sua altezza la regina Naiman, tutto cominciò a correre incontro alla carovana.
Se tutto così semplice, era anche tutto così pericoloso.
"Dove speri di trovare AraKhon?
-Sotto una pietra con uno scorpione e litigare con formiche rosse!-
Già!". Aveva pensato Suri.
Daoud el Rahsid, gli aveva proposto i suoi nobili principi di mettere al sicuro la giovane Farah e di portarsi dietro un uomo come el Mu'Had o Artagora, ma Suri gli aveva detto che era disposto a perdere l'unico occhio rimastogli e a sacrificare la vita della bambina per quella guerra nel nome di AraKhon Eshe di Ostelor.
Aveva detto a Yampe che la trovava bella.
Aveva di che ridire di Ghauti e di Tzu, ma poi, dopo averli ripresi verbalmente, durante il seguito del viaggio pareva avessero compreso.
Aveva chiesto loro di giurare e così avevano fatto, ma Ender... Ender, il ferro pesante che sfavillava sanguinario nel combattimento con i nemici, ancora una volta era rimasto distante, ed ancora una volta era rimasto nel vago e Suri non dimenticava per chi aveva lavorato quel capitano schivo, e per chi anche Peshatn aveva lavorato, e di come quella testa massiccia era stata tagliata in fretta sulla Daracil, ma Ender da quando era tornato da Morija era diverso, qualcosa nel suo animo era stato spaccato con forza, la vista degli spettri forse, così nobili ed invece così orripilanti un'attimo dopo.
Le ferite che s'era procurato nella pugna erano soltanto graffi e quando salì sulla Daracil l'equipaggio intero s'era ammutolito al suo avvicinarsi al Capitano.
Il capitano Suri gli posò la mano sulla spalla e da quel giorno il suo alito non puzzò più di vino, non offese più AraKhon e non fu l'arrogante che era stato in passato.
Vi sono ferite che non si possono curare e questo AraKhon l'aveva fatto capire bene a tutti. Scendere a patti, fare dei compromessi, può essere davvero un colpo mortale e spezzare il nostro animo. Per sempre.
Era con quei pensieri in testa che Yampe gli si avvicinò e gli consegnò un sacchetto di danari.
Il sorriso smagliante le si allargava sulla faccia riferendosi a Ghauti.
Parlarono di Farah e di dover insegnarle qualcosa.
La piccola era cresciuta ed aveva l'occhio acuto, sarebbe diventata una persona furba ed intelligente.
Infine Suri pensò che el Rashid aveva ragione, ma non solo su Farah, invece di mettersi al sicuro dopo la vittoria all'oasi della sella dell'acqua erano andati a cacciarsi verso una sicura morte.
Tutti quanti loro erano andati lungo la pista polverosa a nord.
La profezia diceva che l'ombra sarebbe scesa a mezzogiorno e per scendere a sud doveva venire per forza da lì, da Nord e così a mezza mattina, sotto un sole di aquile, una casa su ruote portò la regina Naiman sulla loro stessa pista.
** you do not have permission to see this link ** La Regina Naiman do Mo-Rhun

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