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Recensione serie: Horror Classic
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1
Settembre 9, 2007 - 6:38 pm

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Titolo: Horror Classic
Valutazione: 7.00

di J.H. Brennan

1) Dracula.
Prova ad aprire questo libro, ma attenzione: il rischio è quello di trovarsi all’improvviso in un castello tra le verdi foreste della Transilvania...

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2)Frankenstein.
Una orrenda creatura, un mostro spaventoso nato mettendo insieme vari pezzi di diversi cadaveri è fuggito dal laboratorio del dottor Frankenstein!

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In questo libro il protagonista sei tu.
Scegli da che parte stare...

A cura di EGO
Valutazione generale: 7

Nel 1986 J.H. Brennan, il più poliedrico autore di librogame nonché uno dei più geniali in assoluto, ha un’altra delle sue grandi intuizioni e decide di scrivere un paio di librigioco dedicati ai due mostri più famosi dell’horror moderno. Nasce così la miniserie intitolata Horror Classic.

Brennan, essendo anche autore di numerosi libri “non giocabili” ed avendo da sempre una certa passione per il fantastico e l’occulto, dimostra di conoscere molto bene i romanzi da cui prende il via questa serie. Né nel volume dedicato a Dracula, né in quello che riprende (ambientandola negli anni ’80) la tappa conclusiva della storia del barone Frankenstein e del suo mostro, mancano riferimenti e citazioni alle opere originali; ma si tratta comunque solo di una base, perché il testo dei libri reca in ogni paragrafo l’inconfondibile stile dell’autore, vario ed elegante sebbene mai privo di ironia e humor gustosissimi.

Brennan è noto per non aver mai riciclato un sistema di gioco, e quello impiegato in Horror Classic è probabilmente quello che gli è riuscito meglio tra tutte le sue serie pubblicate in Italia, perché è molto facile da apprendere e da applicare, eliminando i calcoli infiniti di Fire*Wolf e velocizzando i combattimenti anche più che in Alla corte di Re Artù.
Il personaggio (come i suoi nemici) possiede cinque caratteristiche, tra cui:
- Velocità e Coraggio, la cui somma serve per stabilire chi colpisce per primo;
- Forza e Abilità, che invece stabiliscono il danno.
Salvo specificazioni, per colpire bisogna fare sempre almeno 6, e il punteggio dei dadi, sommato a Forza e Abilità, è l’ammontare del danno inflitto. Raramente entrano in gioco armi e armature che modificano il danno, e quindi i calcoli sono veloci (e i Punti di Vita sottratti sempre tali per cui i combattimenti si risolvono in pochi scontri). L’ultima caratteristica, Psico, è il numero di volte in cui il personaggio o il suo nemico può ricorrere a speciali abilità, alcune insidiose, altre letali, altre ancora a doppio taglio.

La vera trovata geniale di Brennan è però quella di aver allestito, di fatto, due avventure doppie sotto più aspetti. Prima di tutto i paragrafi: ne esistono di due tipi, i Loc e gli Act. I Loc contengono le descrizioni dei vari luoghi visitabili; ogni paragrafo d’azione (Act, appunto) ha un rimando al Loc relativo, cosicché il gioco non viene appesantito da descrizioni eccessive e ripetitive. In più, essendo separati, i Loc possono contenere descrizioni lunghe, accurate e molto evocative, che vanno quasi a costituire una piccola “guida turistica” del libro.
Gli Act, dal canto loro, sono organizzati come in Fire*Wolf: testo normale per descrivere la situazione, testo in corsivo per parlare direttamente al lettore e fornirgli le opzioni sul da farsi*. La narrativa è di gran classe, e mescola descrizioni bellissime (non solo quelle dei Loc) a battute graffianti e situazioni assurde degne delle avventure più deliranti di Alla corte di Re Artù (in effetti, i due libri sono zeppi di riferimenti alla serie più famosa di Brennan).

Il secondo “sdoppiamento” consiste nel fatto che ogni libro contiene due avventure: gli Act dispari ci vedono nei panni del mostro di turno, quelli pari invece sono dedicati all’umano che gli dà la caccia. I luoghi visitati sono per lo più gli stessi, ma vengono visti da due prospettive diverse e vi succedono cose completamente differenti. La varietà dei libri ne guadagna moltissimo, e permette a Brennan di sbizzarrirsi come non mai nella creazione di eventi ed esseri completamente fuori di testa. Inoltre i diversi personaggi esplorano anche delle ambientazioni a loro esclusive, come esemplificato dalla magnifica città perduta di Xanthine, visitata dal barone Frankenstein nel secondo volume.

Da questa descrizione si può capire quanto la varietà e la ricchezza, sia ludica che letteraria, di Horror Classic siano elevate; una lettura diretta può poi velocemente confermare come lo stile dell’autore sia decisamente maturo, in grado di offrire avventure sì gustosamente ironiche, ma non fino ai livelli di delirio puro in cui sprofonda fin troppo volentieri il prode Pip. Horror Classic riesce anzi a far scorrere dei brividi lungo la schiena, a volte per l’intensità emotiva di alcuni passaggi, a volte semplicemente per la strabiliante atmosfera creata dalle descrizioni e dai disegni, splendidi soprattutto nel primo volume (il secondo, seppur notevole sotto questo punto di vista, ha un’ambientazione che meno si presta ad una rappresentazione grafica così efficace).
Anche giocando ci si accorge che l’autore ha profuso un certo impegno nella strutturazione degli ambienti e degli eventi: se si escludono alcune sviste nel volume Il conte Dracula, infatti, i due libri si giocano assai bene. Il giocatore ha quasi sempre il controllo della situazione, le morti gratuite sono abbastanza rare, i combattimenti mai impossibili, il lancio di dadi vita-o-morte si vede poco e quasi mai pone condizioni proibitive. E’ un grosso passo avanti rispetto a Fire*Wolf, e in modo particolare il secondo volume raggiunge un livello di qualità molto alto anche per un autore scafato come Herbie. Facendo una media abbastanza ponderata tra i soli due libri disponibili, si può sicuramente dire che Horror Classic sia una serie riuscita; Il Conte Dracula dà sempre la sensazione di un libro scritto senza essere stato giocato a fondo, mentre Frankenstein è un piccolo capolavoro.

*Nota filologica: in realtà, l’uso del corsivo nel testo viene usato da Brennan anche in Grail Quest a partire dal terzo volume, ma in Alla Corte di Re Artù viene eliminato dalla traduzione, scrivendo tutto in caratteri normali.

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