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Luglio 7, 2008 - 10:46 am

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Passava sempre più tempo nell’ambulatorio.
Aveva messo tutto in ordine gia la prima volta in cui ci era entrato, disponendo tutto secondo il suo ordine. Le volte successive ritirava fuori tutto e poi lo rimetteva a posto, sempre in un modo leggermente diverso dal primo. Non che ci fosse un reale bisogno di cambiare la disposizione di farmaci e strumenti, ma più che altro per svuotare la mente.
Era come recitare un mantra.
Un po’ aveva difficoltà a stare in mezzo agli altri….da sempre…..un po’ non se la sentiva proprio di fingere di essere nel flusso di divertimento e incoscienza che c’era al piano di sotto.
Un rumore alle sue spalle, si girò di scatto.
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Greta….arrivare facendo un po’ di rumore per lei era come bussare prima di entrare: quando voleva non faceva il minimo rumore, come un fantasma.
Era tesa.
“Ho bisogno del tuo aiuto.”
“Ti serve del sinthoderma?”le domandò.
“No…..forse dopo servirà comunque.”
“Cosa intendi dire?”
“Devi farmi una scansione profonda, di parti organiche e inorganiche.”
“Per cercare cosa, e comunque non ho le attrezzature adatte qui per fare un esame del genere….”
Greta si sedette sul lettino.
“Credo che Arasaka abbia fatto qualcosa per rendermi tracciabile, quando vi ho conosciuti la prima volta ….non vedo altre possibilità…...”
“Ne sei sicura? Io ho gia fatto delle scansioni a tutti…..non credo che…”
“Stavolta ti dico io cosa e dove cercare….ok?”
“Comunque non ho qui le attrezzature per fare quello che mi chiedi.”
“Non hai le attrezzature per fare l’esame in sicurezza, è diverso.”
“Non è diverso invece ….senza le dovute condizioni non lo faccio.”
“Devi invece!”
“M a neanche per idea!”
“Non costringermi a forzarti…” Disse lei con aria minacciosa.
“Fà un po’ come ti pare….non faccio un esame così invasivo senza precauzioni di un certo tipo, e oltre tutto mi pare di capire che mi vorresti guidare nel mentre….per cui non potrei neanche anestetizzarti….ti rendo conto di cosa mi chiedi?”
Greta abbassò il capo.
“Aiutami…Devo capire…Devo capire se è colpa mia…devo esserne sicura, prima di prendere una qualsiasi decisione.”
“ Primo…non sarebbe comunque colpa tua….secondo…anche se fosse….cosa faresti?”
“Se non fosse possibile toglierei le parti traccianti…me ne andrei subito.”
Quest’ultima frase scaturì secca come una frustata.
Lui per un attimo traballò.
Poi incrociò lo sguardo triste di Greta e vide nei suoi occhi la stessa drammatica determinazione che sentiva in sé, travolto dalla preoccupazione per la sua famiglia, che mai avrebbe voluto venisse coinvolta nei rischi della sua vita.
“Respirò profondamente, come a cercare di soffiare fuori da sé la paura e i dubbi.
“Va bene….ma se i parametri superano i valori di rischio estremo stacco tutto.”
Lei sorrise triste.

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Li stava passando per caso dal piano degli ambulatori medici quando ad un tratto le parve di sentire un mugolio soffocato.
Si fermò per un attimo e trattenne il respiro per ascoltare meglio.
Di nuovo, stavolta lo aveva sentito meglio …era Greta ed era decisamente come se stesse soffrendo, parecchio.
Entrò nella sala e quello che vide fu come un pugno in faccia.
Doc era al monitor di manovra e controllo delle biosonde teso come non mai.
Greta era distesa sul lettino, coperta da un piccolo telo asettico oramai madido di sudore.
E sopra di lei il corpo centrale della vecchia macchina diagnostica, da cui si diramavano centinaia di filamenti sottilissimi. Terminavano tutti sul corpo di Greta….nel corpo di Greta, e vibravano nervosamente. Entravano praticamente in ogni giuntura…negli occhi…nelle orecchie…nel petto…ovunque... Era come se un gigantesco ragno la stesse violentando.
E lei tremava….tesa allo spasimo, immobilizzata al lettino con delle cinghie.

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Luglio 9, 2008 - 9:11 am

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Faceva caldo.
Si era avvicinata silenziosamente alla porta socchiusa a causa dei rumori che aveva sentito. Della voce che aveva sentito.
Il condizionatore ansimava nel tentativo di rendere tollerabile la temperatura dell’improvvisata sala operatoria, ma non erano caldo e umidità ad aver tolto il fiato a Li.
Cosa aveva potuto spingere Greta a subire tutto ciò?
Si fece coraggio. Fece un passo avanti e chiuse la porticina dietro di sé.

“Cosa succede qui?!”
Non era troppo sicura di aver avuto un tono abbastanza deciso, ma era il meglio che poteva in quel momento. Non svenire o vomitare in un angolo erano già un ottimo risultato, probabilmente.
Greta incrociò il suo sguardo, cercando di governare per qualche momento le contrazioni del viso e sorriderle “Tutto a posto… ho ordinato io a Doc di farm…” l’ennesima contrazione soffocò il resto.
“Non mi hai ordinato proprio nulla…” replicò lui senza neanche alzare lo sguardo dai monitor “faccio ciò che ritengo giusto e basta…” Lavorava veloce, le sue dita quasi volavano sulla tastiera. Probabilmente voleva finire prima possibile.
Greta respirò profondamente “Devo assolutamente sapere se Arasaka mi ha lasciato dentro un regalino… non posso portarmi dietro questo dubbio”.
Li si avvicinò e le prese una mano. Greta la strinse forte.
Le mille zampe del tecnoragno sibilavano come fruste.
“Penso che questa tortura possa terminare qui…” disse Li rivolgendosi non sapeva bene a quale dei due “non ha alcun senso. Anche ammesso che riusciste a trovare qualcosa, quelli dell’Arasaka avrebbero potuto comodamente inserire delle microspie anche in altri membri del gruppo” disse mentre mentalmente si dava dell’idiota.
“Ne dubito fortemente” ribatté Doc, senza rallentare il lavoro “Ho controllato tutti due volte…”
Greta sembrò non badare alle parole di nessuno dei due “Lavoravo per loro quando vi ho conosciuto… ho fatto l’errore di farmi mettere le mani dentro… non posso farvi rischiare così”.
Li la guardò perplessa. Si era quasi dimenticata che Greta non aveva fatto parte del gruppo da sempre ed era da tempo che non faceva più caso al fatto inizialmente fosse stata un mercenario Arasaka.
Una fitta lancinante fece inarcare Greta per un paio di secondi e poi accasciare col fiato grosso.
Li Ann le strinse forte la mano dandole un bacio sulla fronte. Era bollente.
Per Greta quel tocco fu fresco, come una benda bagnata per chi ha la febbre alta.
“La prossima volta parlamene prima, almeno, cretina” la rimproverò Li sottovoce carezzandole la fronte.
“Fatto” disse Doc tirandosi via dalla consolle come se non ne potesse più.
In quel preciso momento il ragno ritrasse all’unisono tutte le zampe sottili, senza emettere alcun rumore e lasciando sul corpo di Greta pochissime tracce.
Lei rimase ansimante e a occhi chiusi sul lettino. Li le tirò via una ciocca di capelli dalla fronte.
Oryuki medicava quel poco che c’era da medicare e monitorava cuore ed elettroencefalogramma “Non c’è nulla che non vada in te…” le disse “Adesso riposa. E basta…
“Non mancherò…” rispose Greta con un filo di voce “Grazie ancora, Doc”.
Cercò di mettersi seduta, ma iniziò a scivolare. Lei da una parte, il telo dall’altra.
Doc la sostenne mentre Li la copriva con un lenzuolo usa e getta ospedaliero.
“La accompagno su io a riposare” lo rassicurò vedendolo aggrottare la fronte “Non sta seduta, figuriamoci in piedi…” poi addolcendo ulteriormente il tono e rivolgendosi a Greta aggiunse “Hai fatto abbastanza l’eroina per oggi”
“Sì, è meglio” disse Oryuki, che sembrava aver bisogno di bere qualcosa di forte.

Poco dopo Li adagiò Greta sulla branda la piano di sopra.
Chiuse le imposte per impedire alla luce del tramonto di disturbarla e accese un ventilatore da museo per muovere un po’ l’aria.
Greta la guardò e le strinse una mano… ”Grazie, amica mia…”
“Ma cosa dici…”
“Non avrei sopportato di avervi messo in pericolo per una mia leggerezza… di averti messo…”
“Ssshtt….” Li le mise una mano sulla bocca e la zittì dolcemente “Ora pensa solo a riposare…”
Come se obbedisse ad un ordine, Greta si addormentò praticamente all’istante.

Li stette con lei per una decina di minuti… quel che bastava per accertarsi che dormisse tranquilla. Poi, silenziosamente scese nel seminterrato.
Doveva trovare Cons. doveva farle allestire una stanza sicura da occhi e orecchie indiscrete…
Dovevano parlare. Tutti insieme.
Senza Chanticos tra i piedi …e senza Simone.

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3
Luglio 27, 2008 - 11:32 am

[size=2]D'accordo.
Alla fine il piano era partito.
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Non era un granché, ma il punto forte per Ramirez era vedere che la piccola cinese avrebbe fatto l'hacker della situazione, inoltre Consuelo avrebbe pilotato le piccole bombe; il resto era un assalto a colpi di mitra contro alcuni uomini ed una mitragliatrice automatica.
Edgar era agitato per via della notizia di Crudelia e del monitoraggio che aveva addosso. Pure Consuelo era controllata, ma si concentrò sul piano.
L’importante era che nessuno si facesse male, nessuno del gruppo almeno e nemmeno Simone era esposta direttamente. Il lavoro dell’assalto lo avrebbero fatto i locali, la banda dei Chanticos.
Buitre se ne uscì con quella frase… così voi non rischiate nulla…
Per Edgar dunque questo non solo significava dover aiutare i Chanticos, mettersi i loro colori, ma pure dover prendersi le pallottole destinate a loro.
Buitre stai al tuo posto ed esegui gli ordini. Gli aveva risposto.
Inspiegabilmente si era poi sentito costretto a doverlo sostituire nell’assalto alla vecchia banca. Doveva per forse di cose essere in prima linea a prendersi un proiettile. Erano venuti per aiutare la banda e per loro, loro i messicani, era ovvio che dovevano essere dei fratelli e combattere la guerra con loro.
La guerra.
Tra bande.

I Chanticos potevano fare da soli, avrebbero perso qualcuno, ma questa è la guerra. Combatti, muori, perdi, ma se vinci hai tutto.
Tutto.
Buitre avrebbe fatto da copertura a Consuelo, il doc sarebbe stato abbastanza vicino protetto Lupe, Franka avrebbe neutralizzato il cecchino esterno ed assieme a Simone posizionata sull’altro lato della piazza, avrebbero eliminato le guardie esterne… L’azione in collegamento neurale di Lee nella rete interna, Consuelo a pilotare l’ordigno esplosivo, e poi l’ingresso nella struttura con Kim Kube e solo tre Chanticos …
Cominciava così…
La vera guerra tra gang a Città del Messico.
Con bombe e spari nel cuore della notte.
Primo sangue![/size]

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4
Agosto 3, 2008 - 5:43 pm

[size=2]Edgar Ramirez.
2081.
Città del Messico.

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La balaustra era crollata dopo alcuni secondi con un sonoro CRACK!
Di seguito c'era stata un'altra esplosione.
Qualcuno aveva cercato di scappare verso i sotterranei ed era incappato nelle trappole esplosive de "La Mujer Fatal" Consuelo.
Avrebbe voluto fare il giro di tutti i corpi ed essere sicuro che fossero tutti morti, ma andò verso uno su cui risaltavano i capelli blu. Erano due volte più scuri del cielo terso d'Irlanda in estate. Erano il colore del mare che si schianta contro le scogliere altissime da dove si tuffavano gli indipendentisti del 2071.
La grandine di colpi esplosi aveva scavato buchi di distruzione tutto intorno sul pavimento, sul muro, sulla colonna che lo proteggeva.
Più in là. Giù in fondo alle scale c'erano Murphy e la niña che aveva combattuto in Sud-America. Erano scomposti e parevano fare parte del pavimento, oramai stavano scendendo sotto terra.
Si chinò sul corpo contorto con la chioma blu e lo girò.
Gli occhiali scheggiati gli stavano di sbieco sul naso ed aveva un graffio sotto le labbra. Avvertì immediatamente la temperatura fredda del corpo. Se n'era andato. Il suo volto stava diventando cenere, il sangue continuava ad uscire dalla pancia.
Edgar premette la pancia con le mani. Sentì la carne debole e trita dagli impatti letali.
Nell'orecchio il dottore stava dicendo che stava arrivando e quando fu là iniziò un sacco di manovre per fermare la fine della corsa in questa o in quella.
Era strano il potere di un dottore. Poteva salvare una vita all'infinito oppure in altre occasioni poteva condurla alla morte senza sofferenza nel caso di un eutanasia.
Edgar guardò verso il crepitio dell'auto incendiata. Il corpo del ragazzino con la faccia da drogato della Jamaica stava disteso con il fucile ancora imbracciato. Gli occhi semichiusi sulla realtà come sempre, erano ora semichiusi sull'altro lato del fiume ed il fiume forse per lui gli sarebbe parso uno sballo, oppure la solita noia come da queste parti.
Edgar si sollevò e guardò per l'ultima volta il viso del "cinese" che non voleva avere amici.
Il fiume scorreva nella direzione sbagliata.
Gli occhiali scheggiati caddero dal volto e Ramirez vi appoggiò la punta dello scarpone sinistro sopra ed attese.
Guardò il proprio fucile. S'era inceppato. Era la prima volta che gli succedeva una cosa simile con un arma da lui preparata, lubrificata. Forse era un segnale. Era rimasto fuori a cercare di disincepparla per tutto il tempo che quei quattro c'avevano messo a morire.
Inoltre Franka era stata colpita e le avevano tranciato una gamba.
Il peso dello scarpone spaccò le lenti. Ramirez spostò completamente il proprio peso sul piede sinistro e gli scricchiolii terminarono nella rottura definitiva.
Era cominciata male, la giornata del primo sangue.

Era andata storta.
Il Doc cercava il miracolo.
Edgar poggiò il gomito sul fianco distogliendo lo sguardo dall'arma che questa volta aveva sparato sentenze in ritardo.
Non vedeva il Doc così agitato da quella volta che aveva cercato di salvare la vita al "Vescovo".
Era in preda ad uno stato di concitazione.
Edgar pensò all'adrenalina...

Un'unica cosa.
El Buitre, l'avvoltoio, sarebbe stato contento.
Lui il sangue l'aveva voluto.
Ora il piccolo Kim Kube gli avrebbe dato la vita. El muerto.

Sentì tossire.
Non capì.
Non era possibile.
Il braccio dell'asiatico si era mosso e la sua bocca sputava sangue mentre saliva un colpo di tosse.
Il Doc stavolta c'era riuscito.
Era sceso con le ali di un demone nero nell'abisso ed aveva strappato l'anima maledetta di Kim a chissà quale Cherubino nero.
Edgar si ricordò della Madre Santissima e si segnò con una croce.
All'inferno.

Buitre vattene all'inferno.
[/size]
“Questa è la guerra remota dove le schiere degli antichi dei che erano come gli angeli del cielo, decisero che era giusto tentare la strada. Scesero dalle loro camere nel cielo e dunque si chiusero nell’unico posto che aveva la concretezza del reale. L’arcaica terra degli uomini.”

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Agosto 5, 2008 - 12:07 am

Storto. Era andato tutto storto.
Li si staccò con rabbia i cavi dal deck da combattimento e spense il PC.

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No. Non è vero. Si corresse preparandosi a mantenere solo la connessione minima che le avrebbe permesso di riprendere possesso del proprio corpo e raggiungere gli altri. Non è andato proprio tutto storto. Alcune cose era andate decentemente.

Rivolse un cenno di saluto al Chantico di ronda sul tetto su cui si era rifugiata e prese a scendere le scale, un cavo penzolante tra sé e l’armdeck e il computer spento saldamente ancorato alla gamba sinistra.

Devo raggiungerli al più presto si disse mentre procedeva a passo spedito.

Non tutto era andato male … sebbene gravemente colpita, Greta era riuscita a eliminare il cecchino e le guardie sul tetto, e l’azione di Simone sulla mitragliatrice era stata praticamente da manuale. Nonostante l’arma di Ed si fosse inceppata e Kim fosse in fin di vita, la banda nemica era stata sconfitta, proprio come i Chanticos avevano richiesto.

Anche il suo primo attacco in rete poteva essere considerato accettabile. Certo, Crudelia avrebbe fatto cento volte meglio, ma, sebbene avesse sperato di riuscire a copiare qualche dato, era piuttosto soddisfatta di essere riuscita a piazzare il virus come pianificato e, tenuto conto del numero di programmi anti-operatore che aveva trovato ad attenderla, era felice anche solo di essere riuscita a togliersi di mezzo in tempo e senza subire danni.

Doc era riuscito a raggiungere Greta e a stabilizzarla.

Solo dopo che Li era stata rassicurata che la situazione era sotto controllo, Giz aveva abbandonato il fianco di Lupe in attesa degli uomini che avrebbero recuperato l’amica ferita ed era volato verso una delle entrate della banca.

Nel frattempo Ed aveva ripreso la padronanza dell’arma e della situazione… ma molti erano già caduti. Troppi. Il ragazzo con tutti quei capelli, la pilota della banda. Persino il terzo uomo… quello taciturno. Tutti i Chanticos che avevano preso all’attacco frontale. Dal primo all’ultimo. Erano rimasto solo Lupe e Buitre, che pattugliava le fogne assieme a Consuelo.

Giz era finalmente arrivato a destinazione. Ed aveva finito di sterminare il nemico e non c’erano più bersagli su cui sfogare la propria frustrazione. No. Uno era rimasto. Giz era partito, pronto a colpire, ma l’uomo aveva preso le scale che portavano di sotto e Consuelo le aveva detto Lascialo a noi.

Li aveva richiamato il drone, anche se a malincuore, e aveva ripreso a camminare veloce. Doc stava avendo delle difficoltà a rianimare Kim. Lo scontroso coreano non si era rivelato poi male come combattente e anche se in un paio di occasioni gli avrebbe assestato volentieri un gancio nello stomaco, doveva confessare che si poteva stare abbastanza tranquilli con lui a coprire le spalle.

Le aspettative dei Chanticos erano state così elevate che aveva davvero temuto gli effetti di un eventuale insuccesso… ma la missione era stata ultimata come richiesto e, nonostante i caduti, il casino prodotto era stato all’altezza di quanto voluto dai messicani… Speriamo bene…

Il suono gutturale e soffocato di Doc, in preda alla rabbia e alla frustrazione, le disse che Kim non ce l’aveva fatta.

All’improvviso di cosa avrebbero detto o pensato i Chanticos non le fregava più nulla.

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Settembre 8, 2008 - 11:04 am

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Mancava un po’di azione certo, ma degli introiti non ci poteva proprio lamentare.
L’idea funzionava bene e i recenti sviluppi a livello di contatti garantivano una solidità che non aveva mai avuto prima.
Eppure qualcosa lo amareggiava.
Un po’era stata la vista di FixIt aveva fatto scattare un misto di curiosità e inquietudine.
Era arrivato carico di domande e dubbi; come un invasato aveva vomitato tutto i suoi sensi di colpa e le sue domande. Il tutto partendo dalla convinzione che fossero tutti vivi.
Poi se ne era andato via quasi sbattendo la porta.
Meglio così, ma la voglia di fare qualche domanda in giro era rimasta anche a Jagger.
Poi era arrivato quel tipo.
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Aveva un aspetto un po’ dimesso ma comunque vestito con abiti molto costosi.
Un corporativo?
A prima vista si, ma Jag lo aveva osservato dal momento in cui aveva attraversato il cancello fino al suo ufficio.
Aveva un passo controllato e nervoso insieme, come una molla tesa e pronta a scattare. E misurava lo spazio attorno a sé praticamente in continuazione. Il suo interesse era istintivamente teso a misurare ogni metro in base a rischi, vie di fuga persone visibili e no, contromisure elettroniche e sicurezza umana e no.
Alla fine del tragitto fino alla scrivania di Jag quell’uomo aveva una mappa precisa del circondario in testa, tracciata con il criterio di chi era un combattente navigato.
Era decisamente un solitario.
Di classe, si, ma pur sempre un solitario.
La gigantesca pistola fissata sotto la scrivania gli diede un certo senso di sicurezza, anche se il misterioso visitatore che aveva chiesto alla segretaria di lui risultava disarmato a tutti i controlli.
Jag indossò la faccia più inesplicabile che aveva e lo fece entrare.
“Buongiorno.” Disse con tono ufficiale il visitatore.”Il signor Jagger?”
“Dipende da chi lo cerca.”Disse jag con le braccia incrociate di fronte a sé.
“ Mi chiamo Seamus Bidermeier. ” Trasse fuori dalla giacca con un gesto lentissimo un palmare.
“Desidero rubarle solo cinque minuti del suo prezioso tempo.”
A jag gia stava sulle palle con quel tono ironicamente untuoso.
“Naturalmente siccome il suo tempo è appunto prezioso sarà abbondantemente retribuito.”
Jag guardò il palmare sul cui monitor appariva la cifra pronta ad essere trasferita sulle sue coordinate.
Si, cinque minuti di pazienza si potevano anche dare per dieci pezzi.
Seamusdalnomeevidentementefalso sorrise e si sedette.
Dopo aver effettuato la transazione richiamò una immagine sul palmare.
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“Conosce questa donna?”
“La conoscevo, è morta durante la ribellione.”
“Ah, è morta quindi….”
Gli occhi di Seamus lo fissavano senza battere ciglio e Jag era sempre più nervoso.
“ Ne è certo?”
“Si, perché, lei ha diverse notizie? Perché se le ha le hanno venduto delle balle.”
“E’ possibile, certo.”
“Posso sapere perché le interessa una donna morta da tempo?”
“No, non può.”
Disse Seamus alzandosi
“La ringrazio Mr Jagger, lei mi è stato di grande aiuto.”
Gli porse la mano.
Jagger rimase a braccia conserte.
“No c’è di che.”
Il solitario da copertina ritrasse la mano con un sorriso , si girò e se ne andò tranquillamente.
Jag era sempre più curioso, doveva indagare.
Assolutamente.

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7
Settembre 8, 2008 - 11:37 am

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Odore di tabacco.
Si svegliò domandandosi chi era che fumava accanto alla sua branda.
Si girò su di un fianco e guardò.
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Era seduta per terra sotto la finestra. Un paio di shorts ed una canottiera, e la luce di una luna grigio argento che facevano scintillare le cromature della gamba nuova.
Una sigaretta le penzolava dalla mano destra.
E forse aveva pianto un po’.
Franka non fumava mai.
Greta neppure.
Si guardarono.
Lei gli porse la sigaretta.
Lui la prese e ne trasse una voluta con un certo piacere, poi gliela ridiede.
“Non riesci a dormire?” Le domandò.
Franka lo guardò con gli occhi fissi.
“Andiamocene via, facciamo questo ultimo lavoro e scompariamo.”
Ed si sedette sulla branda.
Lei continuò.
“Quando mi sono unita a voi una delle cose che cercavo era la libertà”
Fece un anello di fumo.
“La libertà di fare i lavori che volevo, cose piccole, senza dovermi invischiare con poteri troppo grossi da gestire. Per un po’ è stato così…..dare la caccia al vescovo è stata una delle cose che mi ha dato di più…..Una volta tanto seguivo una emozione e non il ricatto di un contratto.
Era una cosa che avevo scelto.
Poi tutto è andato a rotoli e a volte ho paura che alla fine è stata un po’ colpa mia.”
Spense la sigaretta e raccolse le ginocchia a sé.
“Facciamo questo ultimo lavoro e spariamo.
Eliminiamo i traccianti e andiamocene, via dall’Arasaka… via da Falkenberg, che si facciano le loro guerre fra di loro, che si sporchino le mani da soli una volta tanto, noi ce ne andiamo. Un’altra città , un luogo dove non ci conosce nessuno e partiamo da zero, a modo nostro, a fare quel che sappiamo fare, ma per NOI.”
Aveva una espressione dura e tagliente. Forse era quella l’espressione che aveva quando fissava dal mirino del suo Mauser la testa da far esplodere.
Ed non la aveva mai vista così determinata.

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8
Settembre 8, 2008 - 7:46 pm

Prima Fixit con le sue paranoie,e adesso questo tizio dal nome evidentemente falso.
Solo un idiota pagherebbe 10 testoni per sentire una risposta
che una volta tanto era onesta,e quel tizio era tutto meno che stupido.
Peccato che Tony fosse schiattato durante il blitz degli Orbitali,non avrei mai riscosso quel debito.
Comunque se c'èra la possibilità che quella tr... di Consuelo
fosse viva allora quasi sicuramente anche gli altri potevano essere
sopravvissuti pensai,ma prima di tutto dovevo trovare informazioni su
questo Seamus,dall'aspetto era quasi sicuramente un Eurosolitario.
Mi venne in mente quel tizio di Glasgowo,come si chiamava,
ah si Armor era l'unico contatto che gli era rimasto in Europa.
Drin-Drin-Drin,suonò tre volte il cellulare prima che quella
voce blesa attivasse la comunicazione:
"Armor"dissi"sono Jag ti invio una foto e un nome,fammi sapere
tutto quello che riesci a scoprire,a presto".
Adesso nel mio cuore stava rinascendo la speranza,
Li potrebbe essere viva.

452 Messaggi
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9
Settembre 11, 2008 - 10:53 am

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Seduto, col mento appoggiato sui pugni, guardava con aria svogliata la birra poggiata sul tavolo di fronte a se.
“La cerveza mas fina….” Recitava l’etichetta sulla bottiglia.
Ma oramai quella metà che rimaneva era calda, e di fino aveva poco, faceva un po’schifo in quella giornata calda.
Troppo da valutare.
Troppo a cui pensare.
Tre ore prima Lupe era arrivata con quel solito cipiglio da dura, la maschera di chi sa quel che fa.
“Mia sorella vorrebbe che tu la accompagnassi a fare la spesa.”
“La spesa…stai scherzando?”
“No, ha chiesto espressamente di te. Per me non fa differenza se non vuoi ma lei ci tiene”
Ed fece un pigro cenno di assenso e di li a poco era di fronte Margarita.
La donna aveva la solita aria orgogliosa, leggere rughe di espressione sotto gli occhi, come se fosse abituata ad assottigliare gli occhi per guardare minacciosamente avanti a sé.
Erano in cucina.
Lei aveva una addosso con i colori dei Chanricos e una doppietta con le canne segate nella fondina dietro la schiena.
“Pensavo che i mercati rionali fossero posti meno pericolosi.”
“Non andiamo al mercato.”
“Ah, capisco.,,,,e dove andiamo?”
“Devi vedere una cosa, tu hai fatto delle domande precise, è giusto che tu sappia.”
“Capisco.”
Poi lei aveva spostato un pesante scaffale rivelando un buco nel pavimento ed una scaletta di corda.
Ed iniziava a capire che la cerezeria di Margarita non era costruita in un posto a caso.
Era sopra parecchi snodi di vecchi tunnel, passaggi della rete fognaria e cavità molto vecchie; da li era possibile raggiungere non viti parecchi posti.
E in quel caso erano andati in quella che sembrava una stazione abbandonata della vecchia rete metropolitana.
Li c’erano un altra decina di persone. Quattordici per la precisione. All’apparenza erano pezzi grossi di quasi tutte le gang cittadine. Sette erano capi, o meglio , gente nella stessa posizione di Lupe, erano dei vice con ambizioni di potere, il resto erano di scorta.
Solo i Quetzalcoatl mancavano, guarda a caso.
Ed ascoltò.
Quello che faceva Lupe era quello che altri stavano preparando.
Tentavano di prendere la guida delle loro gang di appartenenza, con la differenza che Lupe si era accollata il peso di fare la guerra ai quetzalcoatl, che non solo ai Chanticos avevano creato problemi, ma anche a tutte le altre bande.
Gli accordi sembravano essere che se questa mezza rivoluzione avesse avuto successo Lupe sarebbe stata il capo riconosciuto. Anche se più ascoltava e più si rendeva conto che la testa di tutta quella storia era sorella maggiore….sorella? C’era qualcosa che non gli quadrava.
Poi , alla fine di tutto erano tornati indietro.
Margarita sembrava conoscere la rete fognaria altrettanto bene quanto Carlos Leon.
Prima di salire la scaletta che li avrebbe riportati nella cucina della “Perdida esperanza” lei lo aveva guardato dritto negli occhi.
“Allora, che ne pensi?”
“Penso che ci penserò, poi se c’è qualcosa da dire te lo dirò.”
“Mi sta bene”
E risalirono.
Appena sopra lei gli aveva messo in mano una bottiglia di birra ghiacciata.
Ora era calda.

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10
Settembre 21, 2008 - 12:42 am

Ramirez.
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Edgar.
Era un'altra sera, una sera fatta di parole.
Era una parte che gli piaceva.
Finalmente per la prima volta si sedette sul cornicione del tetto della "Speranza Perduta". Gambe a ciondoloni a dieci metri dal marciapiede sporco ed in certi punti divelto.
Osservò il manto sotto le lampade dell'illuminazione stradale.
Qualcuna di loro di tanto in tanto ciondolava e le ombre la sotto si muovevano vive.
Con quella luce poteva vedere bene il manto, pareva che un sarto avesse usato tutti gli scampoli che gli erano rimasti per rattoppare alla bell'e meglio la strada.
Davvero pareva che tutta la strada fosse stata costruita in ondate pianificatrici diverse, non al chilometro però, ma al metro quadro. Oppure: alcuni dei partecipanti alle gare d'appalto avessero corso per i due metri davanti la finestra del locale e altri per i tre attorno al tombino; una terza società s'era data un gran da fare per i cinque metri subito a fianco e probabilmente aveva usato un asfalto mediocre a giudicare dall'aspetto ghiaioso che regalava la luce dondolante.
Era il vento.
Osservò le due guardie cui non si era abituato. Gli incutevano un timore reverenziale. Erano gli angeli della "Speranza". Erano in quattro per l'esattezza.
Quattro lati e quattro angoli.
Quattro Angeli o quattro Demoni non faceva alcuna differenza.
Quattro muri con una porta nascosta nell'animo.
Uno degli "angeli" gli aveva chiesto: "Todo Bien Gringo?" ed Edgar annuì sorridente e sorrise e... sorrise allegro.
"Todo bien amigo!" rispose Ed rassicurandolo.
L'uomo avrà avuto una cinquantina e più d'anni ed era vestito come un poveraccio qualsiasi di Città del Messico. Aveva due cartucciere incrociate sul petto sopra una stinta e sporca camicia gialla.
La sua complice risata mise in mostra i denti gialli e marci. Quel peone della rivoluzion, quando gli domandò, inquadrandolo con gli occhi: " E donde està la Muchaca del flor?" ad Edgar scappò la risatina del ragazzo ubriaco ed innamorato.
Quel sudaticcio peone lo stava prendendo in giro e ondeggiava da un piede all'altro come se fosse pronto per iniziare un flamenco.
"Non lo so! Veramente non lo so!" rispose stringendosi nelle spalle.
"Bocconcino prelibato quella chica con un giusto sapore sulla pelle. Profumo della giovinezza audacia e pazzia in cerca dell'amor."
Due colpi di tacco e quell'uomo sdentato, fu lì vicino e gli sbatté la mano sulla spalla.
"In cerca del vero amor!"
"Può essere, non lo so... io.."
"Ascolta il bandito Lopez: una donna che sale quassù per parlare con un gringo assassino come te; che sale da sola e ti viene così vicino da farti sentire il suo respiro sul tuo petto, vuole solo una cosa!"
Edgar osservava Lopez estrarre le sigarette e poi aprì la camicia e le bandoliere sul suo torace villoso.
"L'amore?" rispose con una domanda Edgar.
"Probabile, chi può dirlo..." e si sedette con Edgar sul cornicione con i piedi a ciondoloni verso il tetto della "Speranza Perduta".
"... Chi può dire cosa passa per la testa di una muchaca Loca." Il messicano, angelo del demonio s’infilò in bocca una sigaretta senza filtro, n’offrì una ad Edgar che negò con la testa.
Edgar prese la busta nel taschino della camicia e aprendola sfiorò con le dita la sigaretta che lei, gli aveva lasciato la sera prima. Prese le cartine e rollò una.
Stava per farsi un amico.
Sapeva cosa doveva fare. Avrebbe dovuto rispondergli seccamente e scacciarlo. Non lo fece, era già troppo tardi per pensarla così.
Quello intanto affermava che era formosa e muy arrapante e dicono d’averla sentita urlare con certi uomini, ma nessuno era riuscito a metterle il guinzaglio.
"Lei èstà loca veramente. Un hombre ha ucciso un suo amante, ed un altro s'è buttato giù... dal tetto... come te... adesso... ed una femmina putà madre ha cercato di spararle, ma quando ha impugnato la pistola le è partito un colpo e s'è sparata ad una gamba. E' morta nel suo sangue mentre il fidanzato era con quella. Voleva ucciderli: entrambi: lei ed il fidanzato e poi si sarebbe sparata al cuore."
Il messicano si accese la sigaretta in mezzo a tutto il suo parlare, pareva l'avesse punto uno scorpione. Appoggiò il fucile da guerra sul parapetto del tetto a terrazza e riuscì ad accendere anche quella di Ramirez.
"Cosa vuoi dire?" interrogò Ramirez facendo uscire il fumo nelle parole, cancellandole con la mano,
"Che es una Bruja malvagia e che il suo cuore e pieno di spine."
"Una curandera ho sentito."
"Esatto: lei fa del bene al corpo delle persone, all'animo? fa sorridere. Ma..."
Il messicano si interruppe per aspirare a pieni polmoni.
Poi soffiò la fumata verso la strada.
"Ma?" fece curioso Edgar.
"Ma chi lo sa? Il suo cuore ha le spine, nella notte essa è sola; me l'ha detto mia novia. Capito?"
"Sì!"
"No che non hai capito, lei piange come nostra Madre Vergine. Il suo cuore è avvolto dalle spine perché lei non è la Vergine Maria ed il mondo non si è redento nel nome dell'amore di suo Figlio il Cristo."
Ramirez si rabbuiò. Sentire parlare del Cristo e della Vergine e sicuramente di Dio nel giro di pochi minuti, non lo avrebbe rilassato prima di andare a stendersi per dormire qualche ora, non sarebbe stato male alzarsi e salutare.
D'altro canto la guardia della terrazza-cielo era dunque uno degli angeli e poteva avere il tempo di una sigaretta.
Poteva averlo.
"Il buon Dio..." eccolo là e Ramirez storse gli occhi
"... sa che su questa terra c'è qualche disgraziato che ha bisogno d'amore e quella muchaca lo stà cercando. Essa è muy formosa ed attraente, ma non conosce l'amor. Lei lo crede qualche volta, ma poi Zac!" ed il messicano mosse la mano con il palmo aperto verso il collo di Edgar.
"Essa è sensuale e provocante, ed in ogni momento lei vorrebbe volare come quando... come quando... " Il messicano parlava e si muoveva con tutto il corpo. Doveva essere vero quello che dicevano di loro, dei latini; Lopez, in quel momento, stava mimando d’avere qualcosa di grosso tra le mani qualcosa che si muoveva avanti ed indietro. Ramirez capì la mimica.
"Cerca l'amore con il sesso! comprendi adesso?" pareva aver concluso.
Ramirez lo guardò ed era incerto.
"Ho conosciuto una persona così." disse infine al messicano sorridente.
D'istinto il messicano abbassò il capo in segno d'assenso e poi corrucciandosi, domandò:
"Come?"
"Ricordo che ho conosciuto una persona così!"
"Davvero?"
"Sì!"
"E dove?"
"Non importa è morta!"
"Mi dispiace Amigo; Lopez non voleva..."
"No. Non ti preoccupare è tutto a posto. E' una storia vecchia. Passata."
"Ma che dici? Tu sei giovane, non avrai ancora dimenticato i suoi occhi, la camminata, i suoi fianchi..." Il messicano parve rattristarsi.
Aspirò e soffiò esausto.
"Quello che voglio dire, è che tanti vanno a letto con essa e solo pochi pensano che forse saranno il suo amore e essa piange dentro e soffre. Altri ne hanno paura, credono che essa sia maledetta..." Il messicano sentì parlare Edgar.
"... Invece, essendo povero, ho soltanto sogni; e i miei sogni, ho steso sotto i tuoi piedi; cammina leggera, perché cammini sui miei sogni."
Attimo di silenzio sopra le luci dondolanti e le ombre sotto che si muovono.
Solo alcuni cani paiono avere sentito qualcosa. Il loro lontano latrare angoscia il messicano che aspira ancora la paglia.
"Proprio così!" assentì convinto il prode peone della Nueva Rivoluzion Messicana.
"Dunque tu non vuoi che vada a letto con lei. Tranquillo non ci andrò!" sorrise Edgar gettando il mozzicone oltre il parapetto giù nella strada.
Il messicano di nome Lopez saltò giù dal parapetto e si girò sui tacchi degli stivali e scagliò la paglietta oltre le spalle giù sul tetto della terrazza.
"Vedi che non hai capito!" Bofonchiò.
"Al contrario. Io voglio che tu ci vada... a letto con lei!"
"Ma come credevo che questo discorso fosse solo..."
"NoNo! Gringo! Se tu non andrai a letto con lei come saprai se sei l'uomo giusto, l'uomo che lei cerca nel nome dell'amore, e soprattutto come lo farà a sapere lei? Io voglio la sua felicità e se tu sei la sua, l'uomo della sua vita, della vita consacrata ad un unico essere che Dio unisca..."
"Finché morte non vi separi!" disse amaro Edgar.
"Esatto! Ma questo viene dopo! Prima..." Mimò ancora qualcosa di largo tra le mani.
"D'accordo. Basta!" Edgar scese dal parapetto e si massaggiò le natiche poi si stiracchiò le braccia verso l'alto.
Il Messicano continuava a guardarlo con la bocca aperta.
"Sei simpatico Hombre!" Disse Edgar al messicano allontanandosi. "Ma credo che andrò a riposare un po'."
"Ed a riflettere su ciò che ti ho detto!" aggiunse Lopez.
"Certo Amigo! Certo!" il tono d’Edgar era un po' sprezzante, ma Lopez non se n’accorse.
"Bueno e ricordati che sarai sulla buona strada se la sentirai urlare." gli puntò un indice verso la faccia.
"Lo terrò presente all’occasione."
Edgar Ramirez andò benedetto dal messicano.

Lopez raccolse il fucile, tolse e rimise la sicura e poi guardò dal tetto.
La luna calava, ed il vento soffiava piano.
Lontano il latrare dei cani non diceva niente di buono.
La dea stava parlando nel vento con la sua voce e gli stregoni sarebbero andati da lei con i loro cani guerrieri.
Lopez bisbigliò:
"Nostra Signora di Guadalupe non schiacciare la serpe e fai sbocciare i fiori dei cactus! Nostra Signora, ti prego!"
Lopez era un latino.
Lopez mimò.

Qualcosa nell'aria.
Dall'alto in basso.
Da sinistra a destra.

Lopez mimò il segno della croce.

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11
Ottobre 6, 2008 - 10:43 pm

Era finito nella giungla.
Stava respirando quell’umidità. Ancora una volta ogni respiro, ogni metro.
Gli scarponi della guida, il tank-top della Loca.
Troppo tranquilli.
Lui per i suoi passi esperti e lei per un top troppo corto per una giungla d’insetti.
Era finito.
Nella giungla.

Anni fa.

Dopo quella del Brasile, del Nicaragua, del Guatemala, quella della Colombia.
Tranquillo esploratore.
Nella Colombia però era finito il viaggio, quello della vita.
Lui non lo sapeva cosa sarebbe accaduto dopo.
Un ragazzo con la barba lunga, eppure tutti loro, tutti erano, già tutti, uomini. Tutti loro, i gringos dei Gialli e loro i sud-americani. I ragazzi sparano come gli uomini della guerra. Uno contro l'altro e non è più un gioco.
E' la vita.
Spara o muori.
Nella serata del caldo tropicale, due pattuglie nemiche in cerca l'una dell'altra...
Per un solo motivo.
Giocare la vita dell'altra.
Spedirla all'inferno.
Nemico contro nemico. Come una vecchia tradizione che però ha perso un po' del sapore degli antichi eroi di un tempo o delle medaglie al valore, del secolo scorso. Oramai è solo uno scempio.
Ogni metodo, ogni idea, ogni trucco è valido e nessuna Convenzione Svizzera la farà da padrone in questa terra.
Il segreto è che in realtà sei dove nessuno ti vedrà. Dove nessuno lo saprà. Dove nessuno ti ascolterà.
Solo chi resterà saprà. Forse lo racconterà, forse.
Ma lui, lui solo lo saprà, quanto male c'era stato, e quanto non n'avrà risparmiato.
Secolo scorso o diecimila anni fa.
Era uguale.
Nemico contro nemico.
Giungla, deserto, montagna, pianura, città, colline, o mare, paludi, altopiani, campi coltivati e non coltivati, paesi e villaggi, borghi e sobborghi...
Era sempre la stessa cosa.
La stessa cosa.
Solo che Edgar Ramirez era morto nella giungla.
Aveva finito il suo viaggio e ricordava i posti più belli come la Bolivia, dove non aveva sparato nemmeno un colpo; il Perù dove aveva camminato su ghiacciai antichi.
L'Argentina fatta ancora su tetti di greyhound d'importazione americana.
Il Cile... Dove l'aveva vista ballare senza ritegno, ingorda della vita, come dell'amore, come di un'ora che non tornerà, come di un bacio che l'aveva colto di sorpresa, dopo che lo aveva spinto lontano dicendogli "Non sono il tuo tempo da passare!".
Poi il gringo era saltato fuori all'improvviso ed aveva sparato basso.
Il gringo non gridava, non parlava, non si doleva, non si piegava trafitto mentre il mitra esplodeva i suoi colpi.
Edgar Ramirez si chiedeva in quell’ultimo momento dove stesse tirando il grilletto? Perché sentiva gli spari, ma non vedeva fischiare le pallottole nella direzione del gringo? Perché i proiettili stavano cadendo così vicino ai suoi piedi, ma non riuscivano ad alzare il tiro.
Edgar Ramirez s'era chiesto un mucchio di cose mentre cadeva in avanti cercando di aggiustare il tiro sullo straniero che nemmeno sembrava un gringo con quella zazzera e quella barbaccia simile alla sua.
Cadde a terra e poi quando sentì la mano che lo girava sentì la lama piantarsi nel cuore. Lo straniero lo malediva e piangeva, piangeva.
"Che stupido!" pensò e gli sorrise mentre egli strappava la medaglietta di riconoscimento.
"Non è contento? Mi ha vinto! Forse è dispiaciuto per i suoi compagni. Te li ho fottuti gringo."

Il sole colorava il cielo al di sopra giungla.
Il colore era di un rosso ed arancione e rosato in certi punti.
Era stata una giornata di dura marcia in cerca del nemico, ma ora non sentiva più alcuna fatica.
Adesso poteva riposare tranquillo.
Non poteva fare altro se non guardare il cielo tra i fogliame degli alberi.
Presto la notte lo avrebbe coperto.
Una fresca notte.

Disse qualcosa di idiota quando con la mente tornò in Cile.
-Non sono il tuo tempo da passare!-.

Qualche attimo fa.

Era finito nella giungla.
Respirava quell’umidità, ancora ogni respiro, ogni metro.
Gli scarponi, il tank-top.
Tranquillità.
Passi esperti, ma non per Loca.
In una giungla d’insetti.
Era finito.
Nella giungla.

Quindi cambiò idea.
Decise di cambiare il piano.
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Ottobre 24, 2008 - 10:24 am

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Con Buitre e Marisol si era sistemata all’ingresso della piccola caverna, pronta ad eventuali attacchi.
Aveva dato un ultimo sguardo a Li ed Enrique, poggiati come bambole di pezzasul fondo della grotta, unico segno di attività l’ininterrotto e velocissimo alternarsi di codici che apparivano sui displau dei loror terminali. Erano altrove in quel momento, proiettati nella rete, all’assalto della fortezza virtuale che proteggeva i dati della piantagione.
Consuelo vigilava sul corretto funzionamento dell’attrezzatura, e contemporaneamente monitorava il perimetro di quella fetta di giungla fitta e oppressiva grazie ad una rete di microcamere e sensori di movimento che aveva sparso li attorno.
Doc invece era pronto a quello che nessuno avrebbe voluto accadesse.
Ma che accadde.
Enrique ad un tratto si contorse e si inarcò in preda dalle convulsioni, due volte in una manciata di secondi. Sicuramente un programma cerbero gli aveva scaricato direttamente nelle sinapsi del lobo frontale delle violente scariche elettriche. Il netrunner dei Chanticos staccò la connessione mentre daol naso e dalle orecchie gli calavano dei sottili rivoli di sangue.
Doc fu subitoli, pronto ad iniettargli un neurocalmante, per evitare danni permanenti alla corteccia.
Ad un tratto la voce di Consuelo giunse sussurrando nelle orecchie di tutti attraverso gli auricolari.
“Contatto a ore 2, trenta metri.”
Sia lei che tutti gli altri all’ingressi strinsero saldamente i fucili concentrando la loro attenzione all’esterno.
Consuelo proseguiva.
“Ore 2 , venticinque metri.”
L’intruso proseguiva il linea retta.
Strano.
“ventitre metri.”
Stava rallentando.
“venti metri.”
Ora si era fermato.
Poi Simone capì.
Non poteva essere uno solo, di sicuro ne avevano gia altri due sui fianchi, e molto più vicino.
Si girò istintivamente alla sua sinistra. e trovò subito il bersaglio. Tre colpi in rapida successione e vide l’ombra minacciosa cadere colpita.
“Consuelo in quel preciso momento riuscì a tracciare, trasmise subito le posizioni e tutto fu chiaro.
Erano in quattro.
Destra sinistra davanti e dietro.
Sinistra era inoffensivo.
Buitre sparò avanti a sé e Marisol alla sua destra.
Ma anche davanti a loro sparò.
Col suo lanciamissili Skorpio.
Un colpo maldestro che sibilò alto, sopra il costone.
Simone ebbe un brivido. L’intenzione di quel maledetto era di piazzare un colpo nella grotta.
In uno spazio così ristretto chi stava la in fondo non avrebbe avuto scampo.
Quanto tempo ci vuole per ricaricare un lanciamissili da spalla? Se era bravo cinque secondi al massimo.
Prese la mira e sparò verso il posto da cui aveva visto partire la vampata.
Il grilletto dl suo AK74 scattò senza produrre effetto.
Inceppato.
Non aveva tempo di prendere un’altra arma.
Nella sua testa gia vedeva quel bastardo che ricaricava il suo lanciamissili e prendeva la mira.
Immaginò l’esplosione nel fondo della grotta. Non sarebbe sopravvissuto nessuno.
Pensò a Li Ann…
Non aveva tempo per nient’altro.
Cercò di calcolare i tempi e poi si alzò in piedi, cercando di coprire il fondo della grotta.
Poggiò saldamente le mani sulla roccia sopra di se e fece scattare con una contrazione dei polpacci due lunghi speroni dalla pianta dei piedi, che dopo aver trapassato la suola degli anfibi si piantarono saldamente nel suolo.
L’istante dopo vide una vampata di fronte a sé, e un punto che le arrivava addosso ad una velocità folle.
Chiuse gli occhi pensando che erano poche le possibilità che l’endoscheletro potesse superare una prova del genere.
Poi un boato le esplose in petto proiettandole una fiammata lancinante su tutto il corpo. Sentì la pelle staccarsi con tutti i vestiti. Per un interminabile. secondo riuscì a contenere l’onda d’urto. Sentiva ogni parte del suo corpo cigolare minacciosamente, poi gli appigli cedettero e volò via spinta come fosse un fuscello verso la parete di roccia dietro di sé.
L’urto violentissimo che la schiacciò togliendole tutto il fiato che aveva fu l’ultima cosa che sentì. Poi fu solo buio.

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Dicembre 16, 2008 - 11:36 am

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Stava tirando il fiato dopo la corsa a perdifiato fuori dalla camera del main frame e da quel budello di tunnel.
Non aveva ancora disconnesso fisicamente il proprio deck.
Si accinse a farlo mentre cercava di controllare battito e respirazione.
"E questo cos'è...?"
Sul menù della propria unità di stoccaggio c'era un pacchetto di file che non era decisamente roba sua.
Diede un occhiata....
L'icona aveva la forma di un pacchettino con tanto di fiocco.
Carta da regalo nera e fiocco viola....inevitabilmente le venne in mente il breve contatto che aveva avuto poco prima con l'icona di Crudelia.
Diede un 'occhiata alla lista di file.
ED.CRDSIM
LIANN.CRDSIM
CONS.CRDSIM
DOC.CRDSIM
GRT.CRDSIM
JAGG.CRDSIM
KANE.CRDSIM
Sussultò.
Riflettè se era il caso....ma non resistiva alla coriosità.
"Solo una rapida occhiata."
Il tempo che si passava in ambiente virtuale era fulmineo e denso come sempre.
Alla fine quella quarantina di secondi di connessione le parvero un tempo infinito....
Si disconnesse.
Era un po' rossa in viso e aveva la gola secca. Bevve e si asciugò il sudore dalla fronte con la manica.
Non sapeva cosa pensare.
E Crudelia era sempre di più un grande mistero.
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Dicembre 16, 2008 - 11:36 am

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Stava tirando il fiato dopo la corsa a perdifiato fuori dalla camera del main frame e da quel budello di tunnel.
Non aveva ancora disconnesso fisicamente il proprio deck.
Si accinse a farlo mentre cercava di controllare battito e respirazione.
"E questo cos'è...?"
Sul menù della propria unità di stoccaggio c'era un pacchetto di file che non era decisamente roba sua.
Diede un occhiata....
L'icona aveva la forma di un pacchettino con tanto di fiocco.
Carta da regalo nera e fiocco viola....inevitabilmente le venne in mente il breve contatto che aveva avuto poco prima con l'icona di Crudelia.
Diede un 'occhiata alla lista di file.
ED.CRDSIM
LIANN.CRDSIM
CONS.CRDSIM
DOC.CRDSIM
GRT.CRDSIM
JAGG.CRDSIM
KANE.CRDSIM
Sussultò.
Riflettè se era il caso....ma non resistiva alla coriosità.
"Solo una rapida occhiata."
Il tempo che si passava in ambiente virtuale era fulmineo e denso come sempre.
Alla fine quella quarantina di secondi di connessione le parvero un tempo infinito....
Si disconnesse.
Era un po' rossa in viso e aveva la gola secca. Bevve e si asciugò il sudore dalla fronte con la manica.
Non sapeva cosa pensare.
E Crudelia era sempre di più un grande mistero.

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Gennaio 20, 2009 - 12:40 pm

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Aveva deciso di togliersi ogni traccia di biondo per tornare al suo vecchio colore di capelli, nella puerile speranza che sarebbe bastato a togliersi la tristezza di dosso.
Non era servito.
Scese in strada sperando che il caos della festa organizzata dai Chanticos potesse distrarla almeno un po’.
Il risultato era solo quello di aggirarsi in mezzo alla calca di uomini donne e bambini esultanti come uno spettro.
Era impermeabile alla musica, alle grida, all’odore di cibo e alcool. La gente la riconosceva e le dava delle gran pacche sulle spalle, tutte le persone le sorridevano amichevoli e contente e lei restituiva una espressione di circostanza, ma era come se guardasse tutto da dietro un oblò.
Si guardò un po’ in giro.
L^ Ann si stava liberando della tensione alla guida di una gigantesca motrice da autoarticolato truccata per gare di accelerazione, e Kim faceva la stessa cosa. Doc faceva la persona seria e si teneva un po’ in disparte, ma non troppo tutto sommato.
Consuelo si godeva forse più di tutti quel clima, che del resto le era più familiare di quanto lo fosse per tutti loro.
Greta non si avvicinò a nessuno di loro, ne aveva voglia ma non lo fece. Prese invece una bottiglia di Josè Cuervo e iniziò a bere.
Dopo un po’ l’alcool la rilassò quel tanto che bastava in mezzo alla folla e cercare di godersi la musica e la festa..
Ma il senso di delusione di sé stessa le era entrato dentro profondamente. Aveva giurato di non ricascarci più, ed eccola lì ancora una volta, a piangersi addosso. Trasse un respiro profondo e bevve un ultimo sorso di tequila, gettò la bottiglia quasi vuota in un angolo e si buttò con tutta l’intenzione di reagire in mezzo alla calca.
Per un po’ quasi si divertì.
Poi uno dei Chanticos che non aveva mai visto iniziò a chiacchierare con lei. Era bello e simpatico e lei era completamente sbronza. In un attimo si ritrovò con lui in fondo ad un vicolo, con un desiderio rabbioso da sfogare con quel uomo di cui non conosceva neanche il nome. Tutto si consumò senza una parola e subito dopo, quando lui non fu più in lei, Greta si sentì immediatamente sciocca. E sporca.
Poi l’uomo, mentre si abbottonava i pantaloni, disse sorridendo fra sé e sé delle parole in quechua, non immaginando che un chip linguistico permetteva a Greta di capire quasi tutto di quel dialetto.
“Incredibile…mi sono fatto una dei famosi gringos…devo proprio dirlo agli altri quanto è....”
Il chip tradusse il termine con sgualdrina ma si capiva dal tono che la parola era meno asettica.
Greta sentì improvvisamente l’acceleratore adrenalinico scattare e farle balzare il cuore in gola.
Tutto rallentò.
I muscoli sintetici della sua gamba meccanica scattarono con tutta la forza che potevano generare e un calcio violentissimo si abbattè sull’inguine dell’uomo, che si piegò vuotando improvvisamente tutta l’aria che aveva nei polmoni. Con l’innaturale velocità di cui era capace prese la del malcapitato testa e la guidò verso il ginocchio.
Non fece in tempo a realizzare il suono della mascella del Chantico che si frantumava che lo gettò a terra con tutta la forza di cui era capace, pronta a d abbattere un altro calcio sul suo indifeso pomo d’adamo.
Ma si trattenne.
Si limitò a sputare addosso a quel corpo che si lamentava piano e se ne andò quasi in trance
Gli uomini alla fine la tradivano sempre.

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Marzo 26, 2009 - 12:26 pm

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La ferita al petto le doleva un po’. Aveva guardato con attenzione allo specchio e non c’era alcuna traccia visibile dell’intervento ricostruttivo. Come sempre Doc aveva fatto un lavoro minuzioso e attento.
Si era abituata ai ritmi un po’ sonnolenti delle mattine alla “Perdida Esperanza” e niziava a gradirli.
Anche il caffè di Margarita iniziava a piacergli.
Forse era il modo molto familiare con cui la padrona di quella specie di ostello per “desperados” lo mesceva, o forse il caldo e il sole del Messico.
Simone era gia seduta, anche lei di fronte ad una tazza di caffé nero e fumante e una stampata di quotifax dispiegata davanti a sé.
Vedendola avvicinarsi sorrise:
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“Buongiorno Greta.”
“Buongiorno a te.”
Greta e si sedette, leggermente sorpresa di quanto trovasse piacevole il sorriso tranquillo di Simone.
Simone bevve un sorso di caffé.
“Che notizie interessanti oggi?”Domandò Greta.
“Le solite cose..politica…corporazioni…Questa è interessante…Mi domando perché la comunità degli hacker abbia avuto la necessità di attaccare le installazioni del SETI….le hanno accecate..”
“Il Search of Extra Terrestrial Intelligence? Boh..magari hanno criptato qualche codice utile in altri campi.”
Simone continuò.
“Qui dicono anche che SunTech e la lega orbitale hanno cominciato i lavori di costruzione presso San Paulo dell’ascensore orbitale.”
Greta poggiò pigramente il mento sui palmi delle mani.
Simone alzò gli occhi dalle notizie.
“Ti fa ancora male?”
“Solo una leggera dolenza… ma passerà…Doc ha fatto un buon lavoro, come sempre.”
“Non parlavo della cicatrice.“
Greta sobbalzò a quella domanda assolutamente inaspettata.
Erano gia alcuni giorni che aveva scoperto quanto potesse essere piacevole parlare del più e del meno con Simone, e per quanto avesse imparato che fosse una persona decisamente priva di peli sulla lingua non avevano mai parlato di nulla di realmente personale.
La guardò perplessa.
Simone scosse la testa e rituffò lo sguardo nella sua tazza.
“Lascia perdere…sono sempre il solito elefante nella cristalleria.”
Greta si scosse un istante e le toccò la nano.
“No.. no…anzi…grazie di preoccupartene.”
Ritrasse la mano e la mise nell’altra, iniziando a sfregarsele un po’ nervosamente.
“Si, fa ancora male. Ma in cuor mio lo sapevo che poteva finire così.”
Simone tirò su la testa e continuò ad ascoltarla silenziosamente.
“E per motivi che non comprendo continuo a trovarmi persone con una idea di libertà che non riesco a gestire, tutto qua.”
Rimescolò il caffé nella tazza, guardandolo come se sperasse di trovarci una risposta.
Simone tirò indietro una ciocca di capelli che la infastidiva.
Greta alzò la testa improvvisamente.
“E tu come ti senti?”
Simone sorrise di rimando allo sguardo di Greta, ma le sue labbra si torsero subito sotto il peso di una sottile amarezza.
“Siccome credo che neanche tu stia parlando della mia condizione fisica, diciamo che ho imparato ad accettare il fatto che a volte ho la tendenza che di mirare a persone evidentemente irraggiungibili.”
Poggiò la tazza vuota sul tavolo e guardò fuori dalla finestra.
“Così mi tengo lontana dalla ipotesi che mi si dica di si.”
Greta la guardò silenziosamente per un paio di secondi.
“Non escludere che dove ti aspetti un no tu possa rimanere sorpresa.”
Le due donne si guardarono negli occhi in silenzio per lunghi istanti.
Poi Simone sorrise sorniona e indicò la maglietta che Greta indossava
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“Certo non ti aspettare avances davvero interessanti con un presupposto così…”
Risero tutte e due sonoramente.
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Li Ann era da parecchio tempo che non vedeva ridere Greta di gusto.
E non si preoccupò troppo di non vedere entrambe per il resto della giornata.

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17
Aprile 25, 2009 - 2:02 pm

** you do not have permission to see this link **
Salito sul lungo pullman un uomo anziano gli cedette il posto e lui cercò di non vedere, di simulare una distrazione guardando i fianchi della ragazza, ma il vecchio gli batté la spalla e fu costretto a girarsi verso di lui.
Era scuro di pelle, più basso e piegato dall’inclemenza del tempo e della fatica di chissà quanti campi coltivati, però pareva contento e parlava nella sua lingua facendo gesti in direzione del posto vuoto. Accanto a quel sedile vi era una donna, forse più giovane di quello che sembrava, con capelli neri catrame e denti marroni come foglie d’autunno.
Edgar cercò di sorridere all’uomo e sentiva solo d’aver sbagliato ancora una volta.
Da quando era diventato Edgar Ramirez nella giungla di quattro anni prima e pensato di poter fare qualcosa di diverso che non fosse gestito da un economia globale programmata per i prossimi 1000 anni, da quel giorno, Edgar era amareggiato dal doversi chiudere un’altra porta alle spalle.
Si allargò contro il corpo del vecchio che gli bussò ancora sulle spalle abbracciandolo e ringraziandolo, e fece sedere la bruja oscura su quel sedile consunto da cui usciva gomma piuma ocra.
La fattucchiera, lo tirò a sé e lo baciò.
Era facile per la donna scollata mostrare quello che sentiva, ma per Edgar c’era un irrigidimento continuo verso una posizione neutra su un fronte semplice come quello.
Un viaggio su un pullman preistorico verso sud pieno di lavoranti ed artigiani e non uno di militi armati fino ai denti dall’Arasaka per stanare ribelli sud americani.
L’incantatrice lo tirò ancora giù, mentre posava lo zaino sul ripiano di sbarre d’alluminio e legno. Lo tirò a sedere su di lei ed ancora si baciarono perché quello che Edgar le aveva dato, era solamente uno carezzato di labbra, e lei lo ingollò con la propria lingua nella sua bocca ed il bacio fu appassionato per alcuni attimi.
La donna nerissima al loro fianco farfugliò qualcosa in un misto di spagnolo e chissà quale lingua e tutti risero ed anche la maliarda affamata di baci rise.
** you do not have permission to see this link **-Cosa dice?- Chiese Ed.
-Che non le dispiacerebbe vederci fare qualcosa di più.- spiegò parzialmente la bruja ma la donna accanto, la interruppe aggiungendo qualcosa.
-…E aggiunge che siamo molto belli e giovani.-

Edgar la guardò sorridendo.
Aveva quella fila di denti marroni e le mancava l’incisivo sinistro, ma la schiettezza era semplice sincerità in un cenno d’assenso.

Faceva caldo ed il viaggio sarebbe durato fino a sera.
E lui…
Lui se ne sarebbe andato a sud a cercare qualcosa.
Pensò agli altri che aveva lasciato e d il volto gli si spense girando lo sguardo su una moto con due uomini e due pecore per niente contenti.
Pensò a come era furioso con Jagger per aver scelto le corp. A come lo voleva morto.
Non che fosse cambiato molto alla fine, Tutti erano stati presi e portati dentro. Forse ammazzarne il più possibile sarebbe stato ancora possibile.
Un proiettile. ** you do not have permission to see this link **
Pensò al perfido doc. Non era stata la clinica a cambiarlo. Era sempre stato così forse, ma non vederlo ogni giorno lo aveva reso sopportabile. Sebbene fosse un bravo dottore non pensava altro che a sé, e non si abbassava mai quella strana guardia da stronzo.
Consuelo, rideva e scherzava sempre, ma dentro era triste. Loca. Ridere per non piangere. Avrebbe aiutato il mondo se avrebbe potuto e certo un po’l’aveva fatto solo regalando qualche sorriso, ma oramai era segnata.
Edgar si alzò dalle ginocchia e carezzò la guancia della bruja sorridente.
Guardandola s’accorse di come era diversa da Greta.
Greta… un mare silenzioso e buio percorso dal riflesso d’argento di una luna d’acciaio. Attimi interi a spegnere le proprie emozioni e le proprie sensibilità. Probabilmente adesso lo farà ancora e ci sarebbe stato un nome in più da non pronunciare davanti a lei.
Il vecchio gli disse qualcosa, ma non c’era alcuna possibilità che Edgar capisse. Lui per le lingue non era portato, aveva un altro istinto.
Sorridendo pensò alla guerra, a quella di San Francisco e lui l’aveva persa per intero.
Si ricordò dei baffi di Fixit e dei suoi tatuaggi e di come gli procurò un lavoro.
Crudelia non viveva più, la considerava morta.
Un ricordo senza vita.
Lo aveva salutato alcune ore prima e s'era lasciato andare totalmente con lei nella piccola simulazione virtuale due ore dopo essere stato a letto con la bruja.
L’istinto di fare i morti.
Era quella la cosa che sapeva d’avere Edgar.
Da quando era nato, aveva combattuto ed ucciso, per sopravvivenza, per profitto, per vendetta, per pecunia, per divertimento ed anche per nessun motivo. Cominci con uno, poi passi a due e non fai neanche in tempo ad accorgerti che arrivi a tre e poi un altro.
Ed non ricordava nemmeno il primo, ma laggiù nella giungla non aveva sparato neanche un colpo mortale, gli spettri lo avevano fermato diverse volte, fucili che s'inceppano, colpi che non esplodono. Una serie di cose che lo avevano costretto a fermarsi ora.
Li aveva tenuti in pugno molte volte.
Il gruppo.
Li aveva mossi, fatti agire, erano i suoi occhi, le sue dita, le sue orecchie. Si ricordò quella volta che Tommy Boy gli aveva detto qualcosa sul fatto che doveva stare fermo ed immobile con Kim Kube ad attendere nella giungla. Per non far raffreddare Tommy, allora li mandò con Julio Cesar a prendere i campioni d’acqua e così Cesar quasi ci restava. Non sarebbe più successo un errore simile. Mai più.
Ma in fin dei conti loro non erano soldati, militari, uomini d’arme.
Quando infine la corriera si mosse si ricordò della piccola.
Di come aveva castrato ed ucciso Santiago.
Quanto di lei era entrato in lui.
E quanto di lui era entrato in lei.
Quello che lui aveva guadagnato, lei lo aveva perso.
La clemenza di un esecuzione.
Scomparsa.
Era finito.
Le sue “dita” non si sarebbero chiuse più in un “pugno”.

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Era finita.

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Ora scendeva in profondità.

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