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Febbraio 22, 2007 - 12:05 pm

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Ori chiuse la comunicazione, scosse il capo e si porto una mano alla fronte come per levare delle gocce di acqua si fermo a meta del gesto.
Che idiota che era stato e per l’ennesima volta aveva la spiacevole sensazione di essersi beccato la solita secchiata di acqua gelata. Certo ripensandoci si sentiva molto frustrato la serata al concerto in qualche modo lo aveva portato a doversi guardare attorno, per accorgersi che scusitava parecchie gelosie.
Aveva salvato la cantante che all’improvviso era stramazzata sul palco, con tutta quella gente attorno aveva rischiato che morisse tra le sue mani, ma per fortuna era riuscito a mantenere il suo sangue freddo e salvarle la vita, in quell’occasione aveva per la prima vola visto Li sconvolta.
Quando tutto era finito lo aveva ringraziato ricordandoli che era stato grande.
Di cosa penso, infondo aveva solo salvato una vita era il suo lavoro dopotutto.
Il giorno seguente si era recato all’ospedale per vedere come stava la cantante più per una forma di cortesia nei riguardi di Li che per vero interesse, aveva constatato che purtroppo era una cosa seria la donna non aveva nessun’intenzione di smetterla.
Alla sua dichiarazione che la prossima volta lui non sarebbe stato la per salvarla, per tutta risposta aveva ricevuto un’offerta di lavoro. Scoraggiato era andato a cercare Li per dirle di stare attenta alla sua amica, in cambio aveva ottenuto l'avertimento di stare attento all’ ex di Midori perché era geloso.
Ritorno con la mente nel suo appartamento ed alla telefonata fatta poc’anzi rendendosi conto che l’unica persona della quale sarebbe stato contento se fosse stata gelosa, non lo considerava minimamente come qualcosa di più di un amico, che complicata era a volte la vita.
Si giro a guardare l’ora calcolo il fuso orario e decise che poteva chiamare senza temere di disturbare, compose il numero ed attese, dopo pochi secondi l’immagine di una bella ragazza gli rispose con uno splendido sorriso.
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Ciao tu disturbo forse?
No sai perfettamente che tu non disturbi mai, ma mi chiami cosi di raro.
- Scusami Sakura sono stato molto preso con la seconda attività che svolgo, quella per intenderci che mi serve per ritrovare quella serpe che mi ha incastrato a New York.
sei riuscito a scoprire qualcosa?
No, sto ancora cercando, ma le persone con cui lavoro sono molto competenti e prima o poi capiterà l’occasione.
Speravo che saresti tornato presto a New York e invece è già passato un anno, non posso negare che tu mi manchi, infondo ero abituata a prendermi cura di te, ma mi accorgo anche che sei cresciuto e che sai cavartela anche da solo, allora dimmi che problema hai stavolta?
Vediamo se riesco a darti una mano, se mi hai telefonato vuol dire che ce qualcosa che ti preoccupa.

Non so come ma tu riesci sempre a capire quando ho qualche problema fin da quando eravamo piccoli ecco perché ti adoro. Quindi ecco cosa mi tormenta...........

Un’ora più tardi Ori chiuse la comunicazione parlare con Sakura come al solito lo aveva aiutato a capire meglio le cose, decise di seguire il suggerimento di sua sorella è prese la sua decisione, sapeva che una volta presa l’avrebbe portata a termine a ogni costo anche se significava farsi del male, adesso non era più tempo di pensare ma di agire, certo gli altri si sarebbero sorpresi avrebbero visto una parte di lui che nessuno conosceva, questo lo fece sorridere e si preparo ad iniziare un nuovo giorno.

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Marzo 15, 2007 - 8:10 pm

- Dobbiamo passare un periodo di calma solo così i mandanti dell’assassinio di Crudelia si sentiranno al sicuro e commetteranno un passo falso.
Ed e Li erano stati categorici quindi avevamo un periodo d’assoluta “calma” dove ognuno si sarebbe riposato e dedicato alle varie cose che per un motivo o per l’altro nessuno era riuscito a portare a termine.
Ori stava ancora ripensando al discorso della sera precedente.
Tempo libero da quanto non né aveva, tra il lavoro al Trauma Team e le varie missioni non aveva praticamente mai pensato a se stesso.
Quindi di buon’ora quella mattina decise di recarsi in palestra, ad allenarsi.
Era da tanto che non lo faceva, certo appena sveglio si teneva in forma ma non aveva nulla a che vedere con l’allenamento vero e proprio.
Il piacere di imparare nuove tecniche, la voglia di confrontarsi con un avversario, gli stessi movimenti fatti in libertà e non costretto dalla propria stanza erano piaceri a lungo dimenticati e messi da parte.
Vide parecchie facce nuove segno che di tempo ne era passato, il Sensei stava insegnando a un gruppetto di nuovi allievi le tecniche di base.
Quindi Ori si mise da parte aspettando che il Sensei finisse la lezione.
Osservando gli allievi torno con la mente ad un’altra palestra e a un insegnante diverso colui che lo aveva iniziato a quell’arte, anche lui come loro era stato goffo al inizio ma poi la cosa gli era piaciuta e si era applicato con passione, tanto da essere notato e allenato dal capo palestra in persona con ottimi risultati, ma per lui la questione era che qualunque cosa facesse bastava che s’impegnasse per dare il meglio di se, non era proprio una vera sfida, sapeva benissimo di farcela, era piuttosto una dote che aveva da quando era ragazzo, un meccanismo di auto difesa che gli serviva per evadere dalla vita che conduceva, fin da bambino era sempre in giro per il mondo lasciato molto spesso alle cure delle sorelle di poco più grandi di lui e non riusciva mai a farsi un amico, e a mantenerlo per i continui spostamenti dei suoi genitori, questo lo aveva portato a impegnarsi, era una sorta di mondo privato dove quello che contava era l’impegno e la meta da raggiungere.
Il Sensei aveva terminato la lezione e stava venendo verso di lui,
- Mi fa piacere che sei ritornato, fammi vedere di cosa sei capace.
- In posizione.
Ori si preparò all’intenso allenamento dopotutto pensò, è vero per qualcosa che finisce c’è sempre un nuovo inizio.

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Aprile 19, 2007 - 10:57 am

Uscito dalla palestra Ori decide di chiamare Jagger, compose il numero e attese che Jag rispondesse.
-Ciao Jag sono Jeson -
-Jeson chi?
-Sono Doc- risposi con un tono lievemente infastidito
-Dimmi- rispose in maniera alquanto scazzata
-Vorrei proporti un lavoro che ti potrebbe interessare visto che si tratta di qualcosa che riguarda il tuo campo di lavoro.
-Ci incontriamo alla sala di smeraldo tra due ore non parlo di lavoro per telefono.
-Ok ma dove si trova la sala di smeraldo?
-E' una zona tra i Poser e i Presidenti basta che tu metta le tue delicate manine sul GPS e scrivi Sala di smeraldo(con un tono sarcastico)e vedrai che lui ti porta da me.
-Grazie Jag simpatico come al solito, sarò li tra due ore .

Due ore dopo Ori era in paziente attesa di Jag, che poco dopo si presenta puntuale all'appuntamento.
-Veniamo al dunque avrei da proporti un lavoro una cosa semplice per vedere come lavori se la cosa mi soddisfa allora ti proporrò qualcosa di un pò più complesso
Appoggiando i gomiti sui bracciali della sedia Jag risponde
-Sono tutto orecchi dimmi.
-Per il primo lavoro si tratta di di trovare informazioni su una persona, il secondo e molto più complesso ma potrebbe essere interessante per te
-Per le informazioni 2000 per il secondo parleremo se sarai soddisfatto tratteremo le condizioni.
Ori spiegò a Jag il tipo di lavoro,e Jag promette che tempo due giorni avrà quanto richiesto saluta con un cenno e se ne va.
Ori rimasto da solo finisce il suo drink pensando soddisfatto di essersi avvicinato di un gradino per risolvere la faccenda di New York, se Jag lavora bene come spera presto tuto sarà risolto e la sua vendetta consumata.

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Giugno 1, 2007 - 7:44 pm

Ma por... come diavolo aveva fatto sua madre ad avere il suo numero di cellulare quello che usava in missione per intenderci.
Lo aveva chiamato proprio quando le cose si mettevano al peggio.
Betty scappata dall’ospedale, e loro che stavano cercando un modo per seminare le due auto che li avevano affiancati.
Per cosa poi? invitarlo ad un the con i genitori di Stephany che non vedeva più da una vita, quelli di sicuro erano momenti drammatici ma il tempismo di sua madre era sbagliatissimo come sempre.
Però in quel momento gli torno alla mente il primo incontro con Staphany nella sala da the dei suoi.
Bella ragazza come tutte quelle che la madre cercava di propinargli come mogli, stranamente un po’ sulle spine esattamente come si sentiva lui, probabilmente costretta con l’inganno a partecipare a quello strazio di the.
Questo ricordò, aveva messo un punto a favore della ragazza è meritò un minimo sforzo per almeno conoscerla.
Quindi prima del solito “ bene adesso vi lasciamo un po’ da soli”, si era avvicinato non ricordava più con quale proposito, quando il suo occhio era caduto alla base del collo dalla ragazza, ben nascosto ma visibile per un occhio allenato come il suo aveva scorto l’innesto di un deck.
Quindi dopotutto pure lei aveva bisogno di evadere dal rigido controllo dei genitori.
Si erano scambiati uno sguardo di reciproco riconoscimento, di due persone in cerca di un’altra vita.
Ritornò improvvisamente con la mente nella macchina dove si trovava in tempo per sentire Li che si era messa in contatto con Betty, la quale stava cercando di raggiungerli.
Benedetta ragazza va bene che aveva una tempra forte, ma fuggire subito dopo essere stata operata.
Nelle condizioni poi in cui l’aveva tirata fuori dalla macchina era proprio da incosciente.
Ma tipico di Betty dopotutto.
Guardo Li e vide che stava sorridendo amorevolmente al telefono senza neanche rendersene conto.
Questi erano i suoi amici.
Questa la sua vita.
Al diavolo sua madre e i suoi stupidi the.
Era questo quello che lui voleva.
Erano queste persone incredibili che preferiva frequentare, non il mondo dorato dove era stato rinchiuso fin da bambino.

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Giugno 20, 2007 - 9:46 pm

Notte, l’auto guidata da Li correva veloce mangiando i chilometri che ci separavano da Ginevra e dal C.E.R.N.
Con la mente quasi addormentata controllò il mio pad medico per vedere che tutto funzioni a dovere.
Che i parametri di Betty addormentata al mio fianco fossero nella norma, le avevo somministrato un leggero sedativo per aiutarla a riposare meglio, e riprendersi più in fretta dalle ferite riportate nell’incidente d’auto.
Per fortuna non aveva riportato gravi conseguenze nella sua fuga dall’ospedale dove l’avevo fatta ricoverare.
Ritorno con la mente alla conversazione avuta con il mio collega del Trauma Team riguardante il fatto che tutto l’accaduto fosse fatto passare sotto silenzio.
Cosa ottima, in questo momento non desideravo pubblicità.
Ma oltre a questo mi ronzavano nella mente le ultime parole del collega
“Non si preoccupi dottor Jeson sappiamo essere discreti, e poi per il nostro testimonial questo ed altro”.
Il nostro testimonial, ecco le parole che mi davano più fastidio.
Di nuovo la faccenda di quella cantante che avevo salvato in quella discoteca.
Di nuovo la faccia di quel giornalista con il sorriso falso che mi assicurava che potevo farmi molta pubblicità.
E Trauma Team che aveva preso la cosa al balzo per farsi pubblicità.
Che la cosa potesse farmi piacere?
Ma...
Sinceramente non sapevo cosa farsene della pubblicità.
La cosa diventò piuttosto inquietante quando cominciai a rendermi conto che probabilmente avrei dovuto lasciare il gruppo, troppa fama mi rendeva riconoscibile, e nelle nostre missioni alle volte la casa poteva essere pericolosa.
Esattamente come ora.
Decisi di tenere il gruppo all’oscuro della cosa per il momento, dovevo ancora analizzarla e assimilarla prima di prendere una decisione al riguardo.
D’altro canto il gruppo non mi conosceva minimamente, per ora si limitavano ad accettare la mia presenza come medico ma nulla di più.
Le mie opinioni venivano ascoltate ma non venivano messe in pratica.
La cosa alle volte era frustrante, come nel caso di Betty.
Oltre tutto nessuno di loro aveva mai chiesto del mio passato come medico, si limitavano ad accettare le mie cure senza sapere cosa in realtà io pensassi o provassi come medico.
Tipico dopotutto dei pazienti se hanno bisogno ti cercano, se stanno bene si disinteressano a te.
E pensare che c’era stato un periodo della mia vita in cui avevo odiato la carriera di medico.
Era stato poco dopo la laurea, una cosa dovuta ai miei genitori che all’epoca mi avevano spronato molto.
Ma con quel lavoro non mi sentivo realizzato, come tutti i ragazzi che cominciavano appena ad affacciassi sulla propria strada anch'io mi sentivo irrequieto.
Questo alle volte mi portava a frequentare i bassi fondi cittadini, ma in una città come Québec dove legge e ordine sono tenuti ad alto livello emozioni di qualsiasi natura a parte le donne, sono difficili da trovare per un giovane voglioso di sottrarsi ai rigidi controlli dei genitori.
Cosi decisi di prendere il primo incarico per un giovane medico ed andarmene dal Canada dove i miei avevano costruito la casa dei loro sogni.
Questo mi aveva portato in un piccolo villaggio sudamericano dove c’era bisogno di personale medico, nell’unico ospedale esistente per miglia
Ma arrivato sul posto avevo scoperto che era poco più che un ospedale da campo, con pochi medicinali ed inadeguate attrezzature, il lavoro consisteva nel curare i vari casi di malattie dovute alla povertà ad alla guerra che dilagava per il paese.
In un giorno come un altro, lì il trascorrere del tempo era relativo, senti un gran trambusto nel cortile di quella che col tempo era diventata una specie di baraccopoli oltre che ad un ospedale.
Accorsi come al solito sperando che almeno la novità spezzasse la solita monotonia.
Il trambusto era dovuto ad un povero vecchio che in un linguaggio incomprensibile stava cercando un po’ anche a gesti di attirare l’attenzione sulla portantina a due ruote che aveva al seguito, su di essa si trovava distesa una donna visibilmente in preda alla febbre alta, con i vestiti sporchi e laceri un ventre rigonfio segno di un’avanzata gravidanza, i piedi piagati di chi abbia fatto parecchia strada.
Io nemmeno pensai, con un cenno feci portare la donna in quello che era un ambulatorio di fortuna, presi a visitarla mi risulto subito che era in preda alle doglie, ma che con la febbre alta dovuta ai piedi piagati e infetti difficile sarebbe stato tentare di tenerla in vita.
Tutta via dovevo fare un tentativo, se non altro per il bambino che stava per nascere, ma di medicine per alleviarle i dolori non ce n’erano.
Finite il giorno prima.
Stavamo aspettando i rifornimenti ormai in ritardo visto che non erano ancora arrivati.
Quindi avrei dovuto far nascere il pargolo come nei libri di storia al naturale, senza nulla nemmeno la sala parto sterile.
Il vecchio intanto si agitava sull’ingresso continuando a borbottare senza essere capito, feci un cenno ad un assistente in direzione del vecchio, questi capì al volo e prese il vecchio per la mano trascinandolo via.
Sistemai la donna alla meno peggio per prepararla al parto, la disinfettai( Grazie a Dio il disinfettante non mancava mai) e mi preparai per la nascita.
Dei momenti successivi ricordavo vagamente l’accaduto.
Una sirena che suonava nel campo.
La spinta finale è l’ultimo respiro della donna.
Il primo vagito del bambino.
Una tremenda esplosione alle mie spalle.
Io che d’istinto stringevo tra le braccia il neonato e poi il buio.
Quando ripresi i sensi ero steso su un pagliericcio di fortuna un collega chino su di me mi stava parlando con parole di cui non capivo il significato, ed un dolore intenso mi arrivava dall’occhio destro che non riuscivo ad aprire e dalla mano destra che mi pareva di fuoco.
Quando pian piano nella mia mente penetro la voce del collega
“ lascialo andare non posso medicarti hai la mano rotta”.
In quell’istante mi resi conto che stringevo ancora a me il neonato che sorprendentemente era ancora vivo.
Con difficoltà mollai la presa, ma il dolore che il collega mi fece togliendomi di braccio il piccolo ed il seguente esame per vedere le condizioni del mio braccio mi fecero svenire di nuovo.
Quando riaprì di nuovo gli occhi scopri che mi trovavo in un letto di un vero ospedale e una sottile lama di luce mi feriva la vista.
Girò lo sguardo nel tentativo di sottrarmi ad essa, e mitto a fuoco la figura di mia madre china su di me con sguardo ansioso.
In quel momento mi tornarono alla mente gli ultimi avvenimenti e feci per chiedere spiegazioni, ma mia madre fece il gesto di tacere chiamò un’infermiera, ed insieme con lei arrivo pure un medico che mi visitò costatando che le mie condizioni erano ottime
“Non tema dottor Jeson il suo occhio destro è stato sostituito con una delle migliori protesi in commercio e per desiderio di sua madre le abbiamo corazzato la nocca destra che era rotta in più punti , dovrà fare un po’ di riabilitazione ma tornerà presto come prima, il suo viso non mostra traccia di intervento, è stato sottoposto ad una plastica facciale nella zona interessata dalla protesi ora si riposi tutte le spiegazioni le saranno fornite in seguito.”
Più tardi durante la mia convalescenza scoprii di essere a Québec e che mia madre appena scoperto il mio ferimento aveva fatto fuoco e fiamme per riportarmi a casa e darmi le cure migliori.
Aveva preteso che rimanessi in coma farmacologico per tutto il periodo dei due interventi subiti, fino al mio trasferimento in Canada.
Del posto dove avevo prestato servizio scopri che poco era rimasto.
Un attacco dei ribelli del paese aveva raso al suolo quasi tutto, e che mentre ero intento a prendermi cura della donna sconosciuta, una granata a frammentazione era esplosa vicino al mio ambulatorio, io ero stato trovato tra i resti ancora vivo, ma con un occhio distrutto e una mano rotta, il bambino ancora stretto nelle mie braccia sorprendentemente vivo.
Questo mi portò ad apprezzare il ruolo di un medico, a considerare che dopotutto era sempre gratificante salvare vite umane ed alleviare le sofferenze altrui.
In un modo che nemmeno io sapevo spiegarmi capìi il mio scopo nella vita.
Capìi che un medico è un essere umano come tanti, ma che per amore del prossimo spesso si sacrifica per il bene degli altri senza pretendere nulla in cambio.
Imparai ad essere preparato per affrontare la vita che a gestire la morte con il giusto distacco.
Ma soprattutto scoprii che mi piaceva fare il medico e non lo facevo per denaro o fama come molti miei colleghi, ma per passione che fino allora non sapevo di possedere.
Ritornando al presente al limitare della mia coscienza sentivo il bisbigliare di una conversazione in atto.
Un aroma di sigaretta alleggiargli intorno ma ero ormai quasi sul punto di dormire anche se ero ancora in grado di capire che mi trovavo su un auto in corsa.
Mi sistemai leggermente meglio e permisi alla mia mente di riposarsi.
Senza accorgermi passai dalla veglia al sonno con un leggero sorriso sulle labbra.

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Gennaio 1, 2008 - 7:45 pm

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Seduta sul letto nell’appartamento di suo fratello Sakura rilegge per l’ennesima volta il datapad che ha in mano, e per l’ennesima volta i suoi occhi si riempiono di lacrime.

- Com’è possibile?

Con un gesto di rabbia inutile scaglia il datapad dall’altro lato della stanza.

- Dannazione. Tutto ciò è un incubo, non voglio crederci! non posso crederci!

Scoppia in pianto gettandosi sul cuscino e tempestandolo di pugni.
Dopo quasi 10 minuti in cui da sfogo a tutta la sua rabbia finalmente si calma, resta appoggiata sul cuscino sfinita, con un gesto stanco della mano si asciuga le lacrime che continuano a scendere copiose, poi molto lentamente si rialza e con la mano cerca la cornice che è sempre appoggiata sul comodino accanto al letto, la porta davanti al viso cercando di mettere a fuoco l’immagine che la cornice in quel momento mostra. È un’immagine d’anni addietro, di lei che sorride felice abbracciata a suo fratello nel giorno della laurea di lui, per proseguire con lui che abbraccia lei e Cholin il giorno delle sue nozze, poi la vista le si sfuoca di nuovo e la cornice si fa confusa. Con un gesto disperato la porta al petto, quasi che cosi facendo potesse tornare indietro ai momenti felici contenuti in essa.

E’ riportata alla realtà da un leggero colpo alla porta della stanza da letto, un grosso cane nero seguito da uno marrone si avvicinano, il primo le da una leccata al viso mentre il secondo le mette il muso sulle ginocchia, con gesto distratto li accarezza entrambi, sono ormai tre giorni che li trascura da quando quella maledetta telefonata a sconvolto la sua esistenza e quella della famiglia.

Non ha nemmeno visto sua madre, sa solo che è ricoverata in ospedale dal giorno in cui un incaricato della Trauma Team a suonato alla loro porta, la notizia l’ha ricevuta dal padre al video telefono, un padre che di solito telefonava molto di rado, in quell’occasione l’aveva visto distrutto e invecchiato di colpo, dalla sua espressione aveva capito che qualcosa di grave era accaduto, ma mai si sarebbe aspettata di sentire quella notizia.

Si era precipitata a San Francisco immediatamente e aveva visto i segni lasciati dalla guerra scatenatasi sulla città, i telegiornali avevano annunciato che c’erano stati molti morti e feriti. Alcuni quartieri avevano subito scontri violenti, mentre certe zone erano state risparmiate. La palazzina dove suo fratello aveva in affitto l’appartamento aveva subito qualche sparatoria di cui i muri portavano ancora tracce.
In garage la macchina di suo fratello non aveva subito danni, mentre i corridoi del palazzo portavano segni evidenti di scontri, l’appartamento era come lui l’aveva lasciato prima di recarsi al lavoro con i suoi abiti ancora piegati sulla sedia dove li aveva appoggiati. Questo forse più di tutto, le fa sembrare la cosa assurda, irreale e le trasmette l’impressione che lui possa rientrare da un momento al altro.

Con un’ultima carezza allontana i due cani, si alza e raccoglie il datapad da dove lo aveva scagliato, per fortuna non si era rotto. Aveva passato tutti i due giorni precedenti a raccogliere le informazioni che esso conteneva, e anche se adesso aveva il quadro completo le domande invece restavano senza una risposta i dubbi la assalivano e l’incredulità persisteva.
Ad esempio perché il fratello il giorno prima che scoppiasse la guerra aveva assunto una guardia del corpo? A quale scopo? Cosa l’aveva spinto a farlo? Domande che restano senza risposta per ora.
La beffa più grande era che sebbene lui avesse assunto una guardia del corpo questa non era servita a proteggerlo, e nel momento che lui si sentiva più sicuro, vale a dire quando si trovava al lavoro era stato rapito con estrema facilità., e portato via sotto il naso del suo equipaggio.
Da chi è perché era un altro mistero senza risposta.

- Accidenti Ori in che razza di guaio ti sei trovato? Perché non mi hai chiamato come facevi sempre? Perché?

Ma solo il silenzio le rispose, un silenzio che cominciava a pesarle sull’animo.

Infine il suo sguardo si posa sulle ultime annotazioni del datapad le più dolorose e con voce rocca comincia a rileggerle:

E’ accertato che il corpo ritrovato nella zona di Fremont appartenga al Dottor Oriyuki Jeson, anche se esso al momento del ritrovamento era in cattive condizioni tanto da rendere impossibile l’identificazione visiva, la comparazione del DNA e gli innesti cybernetici corrispondono con i dati dei nostri archivi. Si allega l’elenco degli oggetti rinvenuti sul cadavere:

-Piastrina di riconoscimento di Trauma Team parzialmente illeggibile ma con l’ultimo numero seriale compatibile a quelli del dottor Jeson.

-Tuta in dotazione alla Trauma Team irrimediabilmente danneggiata.

-Cip di crediti bruciati impossibile accertare l’origine e provenienza.

Redatto da Dott. Jack D. Ripper
Coroner presso Trauma Team
Le ginocchia si piegano e senza sapere come si ritrova seduta a terra, le lacrime riprendono a scorrere.

- Ori non voglio credere che tu sia morto, non posso crederlo, io e tu eravamo più che sorella e fratello.

Avrei certamente sentito o capito se ti avessero fatto del male, e invece non ho sospettato nulla fino alla telefonata di nostro padre.

Ori perché?

PERCHE’??

PERCHE’ NON CI SEI PIU’???

Solo un lungo silenzio rispose al suo grido.

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Aprile 13, 2009 - 2:03 am

[FONT=Times New Roman][SIZE=3] [Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
Quella mattina mi ero svegliato presto.
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[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Ero uscito dalla camera che avevo preso in affittto da Jagger quasi senza fare rumore, ma anche se l’avessi fatto lì nessuno si sarebbe lamentato, tutti si facevano i fatti propri.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Nel garage comune avevo preso la mia auto, ricomprata da Jagger.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Fino a quando non l’avevo rivista non mi ero reso conto di cosa quella macchina significasse per me.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Un caro ricordo di un amica e di un altra vita. [Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
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[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Avevo lasciato al pilota automatico il compito di portarmi al Bay Front Park.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Mentre attraversavo il breve tratto che mi separava dal parco avevo visto qualche segno di quella che un anno prima era stata una guerriglia urbana.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]In due settimane da quando ero tornato la città mi sembrava cambiata, diversa da come la conoscevo.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Ma non ero forse io diverso dall’uomo che ero stato appena un anno prima?[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Scesi dalla macchina lasciando per un attimo lo sportello aperto giusto il tempo di far scendere Copine.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Con passo lento attraversai il parco per poi fermarmi ad ammirare la baia al primo sole del mattino.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Copine felice per essere all’aperto, corre inseguendo le farfalle, fermandosi di tanto in tanto ad annusare i fiori.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]I ricordi mi tornano alla mente come un fiume in piena.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Riportandomi ad un anno prima.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]La decisione presa quando ero stanco, sia di corpo che di mente, per le troppe ore trascorse a curare i feriti, di fingermi morto per far perdere le nostre tracce, era stata una completa idiozia.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Ma l’avevo capito solo molto più tardi.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Al momento mi era sembrata l’unica soluzione possibile.[/SIZE][/FONT]
[SIZE=3][FONT=Times New Roman]Vedo ancora la sera che ci siamo riuniti, eravamo in una capanna della resistenza. [/FONT][/SIZE]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Valutavamo la proposta di Falkenberg.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Risento ancora la mia voce rispondere in modo stanco:[/SIZE][/FONT]
[SIZE=3][FONT=Andalus]“Si, d’accordo è la cosa migliore da fare per la sicurezza delle nostre famiglie.”[/FONT][/SIZE]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Non era servito a nulla.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Ci catturarono con una rapidità sorprendente.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Minacciati e ricattati proprio negli affetti più cari. [/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Costretti a lavorare per loro.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Erano seguiti poi mesi di addestramento.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Mesi per me di dubbio, rabbia, rimorso.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Mesi in cui ho dovuto accorgermi di quanto fossi dipendente da mia sorella .[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Di come non riuscissi ad andare avanti senza di lei.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Mesi dove avevo capito che l’infatuazione per Consuelo mi era ben che passata.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Dove solo il pensiero di quanto Sakura soffrisse sapendomi morto non mi faceva dormire la notte.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]E durante il giorno mi rinchiudevo in una severa routine di cose da fare e rifare per non lasciare spazio ai pensieri.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Poi erano seguite le missioni, prezzo da pagare per la mia libertà e la loro sicurezza.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Dove la meravigliosa illusione di amicizia e onesta, era miseramente crollata, lasciando al loro posto persone che non conoscevo affatto.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Dove per un momento, uno solo, avevo sperato di morire davvero.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]La domanda di Ed ancora chiara mi rimbalza nella mente:[/SIZE][/FONT]
[SIZE=3][FONT=Times New Roman][/FONT][FONT=Andalus]Doc sai che moriremo nella giungla[/FONT][FONT=Times New Roman]?[/FONT][/SIZE]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Avevo risposto senza esitazione:[/SIZE][/FONT]
[SIZE=3][FONT=Times New Roman][/FONT][FONT=Andalus]Si lo s[/FONT][FONT=Times New Roman][FONT=Andalus]ò[/FONT]![/FONT][/SIZE]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Poche ore dopo sarei morto davvero se Simone senza esitare non si fosse messa sulla traiettoria del missile.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Quando l’avevo soccorsa ero rimasto stupito che fosse uscita viva dall’impatto. [/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Certo era grave, ma viva. [/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Donna incosciente che rischia la vita per dei perfetti sconosciuti, in cambio di un sorriso e una parola gentile.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Questo, e le lunghe ora trascorse in sala operatoria per salvarle la vita, la paura di un attimo di perderla sotto i ferri, mi avevano ricordato che possedevo ancora qualcosa per la quale valesse la pena continuare ad andare avanti, il fatto di essere un medico.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Era tutto lì, nella parola Dottore. [/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Il significato della mia esistenza.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Tanto semplice che me ne ero dimenticato.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Un anno fa ero stato un ragazzo viziato che cercava emozioni forti per sentirsi vivo.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Con la scusa di cercare la mia strada nella vita, credevo di essermi lasciato la famiglia alle spalle.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Ma la realtà era ben diversa. [/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Dipendevo ancora fortemente da loro .[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Ora invece che mi credono morto, e non oso fargli sapere la verità. [/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Ora che su di loro non posso più contare.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Ora ho solo il mio lavoro.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Ora so di essere un Dottore.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Ora qualunque cosa io faccia sò di esserlo.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Ma ancora non ho deciso dove andare.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Dove sistemarmi.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Per il momento continuerò ancora a fare parte del gruppo. [/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]In fondo anche loro hanno bisogno di un medico,.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Le emozioni in missione di certo non mancano, ne mancano i compensi per mantenere lo stile di vita a cui sono abituato.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Ora devo cercare di considerare di più me stesso.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Posso dire addio a Jeson Oriyuki il ragazzo che ero stato.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Ed essere Doc.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]L’uomo che sa andare avanti nella vita con le sue sole forze.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Riporto la mia attenzione alla realtà che mi circonda.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Lo splendore del sole che tinge il mare con i suoi mille raggi dorati. [/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Cerco con lo sguardo dove si è cacciata Copine. [/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3][Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Lei sententosi osservata lascia il gioco con le farfalle per correre verso di me scodinzolando gioiosa.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Mi chino e la prendo in braccio.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Accarezzandola ancora una volta mi chiedo:[/SIZE][/FONT]
[SIZE=3][FONT=Times New Roman][/FONT][FONT=Andalus]Ma perchè diavolo nel momento in cui ho deciso di ricominciare a vivere, ho chiesto alla prima bella ragazza che ho incontrato di portarmi a comprare un chihuahua?[/FONT][FONT=Times New Roman][/FONT][/SIZE]
[SIZE=3][FONT=Times New Roman]-Ma!-[/FONT][/SIZE]
[SIZE=3][FONT=Times New Roman]- Ora che sei qui cosa ne farò di te? -[/FONT][/SIZE]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Copine mi guarda con quei suoi occhioni lucidi e per tutta risposta mi lecca la mano.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Mi avvio verso la macchina.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3]Il giorno oramai è cominciato e con esso il mio nuovo cammino.[/SIZE][/FONT]
[FONT=Times New Roman][SIZE=3][Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
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