Edgar si guardò attorno.
Non ci voleva un grande sforzo per farlo…c’era davvero poco spazio.
Lo stretto indispensabile.
Greta dormiva li accanto, accovacciata su un fianco. Il lenzuolo la copriva appena.
Con un dito sfiorò i margini appena percettibili di una cicatrice dietro la spalla:
“Una mina Claymor” Aveva detto lei….”...E il mio braccio è stato staccato dal cono di esplosione.”
Avevano parlato del più e del meno, solo che per alcuni il più e il meno erano la giornata al lavoro, il tempo, il traffico….per loro era il Costarica e le guerre centroamericane, le missioni nell’est europa.
Prese un lembo del lenzuolo e la coprì meglio.
Lei si girò, aveva un sorriso impercettibile su viso, un viso molto meno compassato con gli occhi chiusi.
Era seduto in fondo al letto e si sentiva strano….
Mentre passeggiavano per digerire il minestrone, “buono come Lo faceva la mia mamma” aveva sentenziato solennemente Greta, lei gli aveva detto:
“So molte cose di te. Prima di venire con voi nel deserto l’Arasaka mi aveva passato dei dossier su di voi…..”
Edgar la aveva guardata con aria interrogativa.
“E allora?”
“Niente” aveva detto lei arricciando un po’ il naso come una bambina. Poi lo aveva guardato negli occhi.
“Mi sembrava giusto dirtelo, nei tuoi confronti voglio dire.”
Poi erano andati a casa.
La Ratzwerger dormiva sul divano. Edgar spense la televisione e salì con lei le scale.
“E’ un po’ piccolo.”Le aveva detto guardandola
“Penso ci basterà…”disse lei avvicinandosi a lui.
Fu molto bello.
“Non mentirmi mai” aveva detto Greta.” Fai quel che vuoi ma non mentirmi mai”…non lo sopporterei.”Lui non aveva detto nulla, ne lei probabilmente si aspettava alcun tipo di risposta.
Spense la sigaretta e si distese accanto a lei.
Intimità.
Era da molto tempo che questa condizione non la sfiorava neppure, intimità con qualcuno, naturalmente…..e ora si sentiva quasi un po’ a disagio. Solo all’inizio però, poi ridivenne subito una parola familiare.
Dormì profondamente e senza sognare.
Albeggiava quando si risvegliò e Greta era seduta accanto a lui e lo guardava.
“Ciao”
“Ciao”
Sorrideva….quel sorriso rassicurante, senza la minima preoccupazione di coprirsi, con una naturalezza asolutamente priva di malizia.
“Credo di aver sentito odore di caffè e focaccine venire dal basso.” Gli disse facendogli dei piccoli cerchi con la punta del dito sulla spalla.
“Intimità”Pensò Edgar, e sorrise.

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La noia era la cosa che odiava di più.
Un’infanzia passata nella ovattata calma della campagna canadese, gli studi sempre in controllatissime scuole private, l’università, un lavoro rispettabile, tutto secondo una tabella di marcia che rispecchiava tutte le ambizioni e le aspirazioni dei suoi genitori.
Fin li andava tutto bene, c’era lo spazio per condurre una sua esistenza, per seguire le proprie aspirazioni, esplorare un mondo da cui la sua famiglia la aveva sempre tenuta lontana, al sicuro….. ma ora...
“Vorremmo tanto dei nipotini”
le dicevano sempre più spesso, quanto rientrava a casa per il week end e soppor….stare un po’ dai suoi. Fin qui era prevedibile, quasi normale che i suoi genitori iniziassero a darle certi imput, ma i teh pomeridiani con i buoni partiti erano diventati troppo frequenti e fastidiosi.
Era stata una lunga parata di personaggi insipidi e noiosi, ordinari e lontanissimi dal suo gusto.
L’unico che si era salvato era quel dottore di Trauma Team….bello lo era, forse un po’ impacciato, ma probabilmente perché i genitori lo avevano portato li a tradimento, proprio come lei.
Una cosa la aveva un po’ turbata….
.ad un certo punto, poco prima che lei dovesse escogitare un diversivo per evitare la fatidica frase” beh, ora lasciamo un po’ soli i nostri ragazzi!”, quel tipo la aveva guardata….ma non come altri facevano di solito, le aveva guardato l’innesto del deck, appena visibile sotto uno strato di sinthderma, per un’ istante c’era stato un momento di comprensione di una comune volontà di fare altro della propria vita.