[SIZE=2]Generali della Terra di Mezzo, e in particolare generali di Ardor, inizio la preparazione della battaglia di Tanith (Battaglia del Mumakan) mettendovi a disposizione i roster ...[/SIZE]
[SIZE=2]Il roster degli Elfi di Ardor (generato da un roster di Wood Elves):[/SIZE]
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[SIZE=2]Il roster dei Mumakani (generato da un roster di Dark Elves):[/SIZE]
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[SIZE=2]Il roster dei Valdacli e alleati Hathoriani (generato da un roster di Bretonnia):[/SIZE]
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[SIZE=2]Le forze dei Mumakani e degli Elfi di Ardor sono superiori, e Ardor può mettere in campo, contro il nemico Valdaclo, molto potere magico; ma i generali Valdacli sono esperti e ottimamente equipaggiati, e sono in grado di utilizzare contro i Mumakani la cavalleria pesante. [/SIZE]
[SIZE=2]Gli Elfi prendono i Valdacli quasi di sorpresa e possono utilizzare il bosco addizionale dei Wood Elves; grazie ad Aidea e alle false informazioni che ha fornito ai Valdacli, il terreno è in favore dei Mumakani ed essi schierano per ultimi (eroi e macchine da guerra esclusi, verranno schierati contemporaneamente).[/SIZE]
[SIZE=2]I generali di Ardor per questo scontro saranno sicuramente Aetos (Stefano) che riceverà un aiuto da parte del Narratore, e probabilmente il Narratore stesso. Dalla parte del nemico Valdaclo, avremo Dak e molto probabilmente Ovoloff. L'appuntamento è per questa domenica 22 marzo.[/SIZE]
[SIZE=2]La Battaglia di Tanith (Battaglia del Mumakan)[/SIZE]
[SIZE=2]Nel giugno dell’anno 76 della Quarta Era l’elfo Vanaril, emissario di re Fuinur della rinata Corte di Ardor, si reca assieme al generale Nùmenoreano Aetos (uno dei nuovi Signori di Ardor) nei territori in guerra fra Hathor e il Mumakan Occidentale. [/SIZE]
[SIZE=2]Lo scopo di Fuinur, che ha discusso delle sue intenzioni anche con la maga Maité e con l’arconte Athanasios, è triplice: conquistare l’alleanza degli uomini di Hathor (parte di essi in passato già fedeli ad Ardor) salvando la loro capitale Tanith, sottomettere alla volontà della Corte i capi Mumakani che stanno conducendo una guerra di conquista proprio contro Hathor, e infliggere allo stesso tempo un duro colpo al prestigio dei comandanti Valdacli e dell’Ordine di Nindamos, impegnati nella difesa di Tanith e delle altre città Hathoriane. [/SIZE]
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[SIZE=2]E’ un piano ambizioso, difficile da mettere in atto; Fuinur intende impedire che gli Hathoriani, suoi potenziali alleati, siano schiacciati dai Mumakani, ai quali non può comunque permettersi di sottrarre una vittoria già alla loro portata. Peraltro, non è per niente azzardato: re Fuinur ha poco tempo a sua disposizione per prepararsi a contrastare la minaccia rappresentata per lui dai Valdacli e la sua rinata Corte ha bisogno di sostegno politico, di armi e di uomini – che potrebbero facilmente venire da Hathor e dal Mumakan se l’influenza dei Valdacli nella regione venisse ridotta. Un colpo ai Valdacli potrebbe indebolire inoltre la fazione attualmente al potere nel loro Consiglio e dare spazio ad Arakhon, nuovo pretendente al trono, al quale Fuinur ha offerto amicizia; Fuinur è un re intelligente, e capace di osare.[/SIZE]
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[SIZE=2]Aidea[/SIZE]
[SIZE=2]Nonostante le avversità iniziali, grazie alla magia di Ardor e all’appoggio di alcuni degli arconti (che mettono a disposizione della Corte di Ardor i servigi di Aidea, la loro migliore spia), mentre la sacerdotessa Arbé riconquista le miniere Ardoriane di Mirisgroth strappandole ai Valdacli e la sacerdotessa Eirbé si avvicina all’antica fortezza elfica di Naurlindol per tentarne l’esplorazione, Vanaril e Aetos riescono a raggiungere il territorio di Tanith e ad incontrare tre degli Umar (‘capifamiglia’) Mumakani: Melkamu, Mulu e Wendimu. [/SIZE]
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[SIZE=2]Umar Melkamu[/SIZE]
[SIZE=2]Fuinur, per bocca di Aetos (riconosciuto dai Mumakani come ‘campione’) e Vanaril, discute con loro e accetta di cedere ai Mumakani i territori orientali di Hathor fino alle colline di Kalimnos in cambio della libertà di Tanith, che rimarrà città Hathoriana libera; i tre Umar che Vanaril incontra acconsentono a loro volta a sostenere Ardor e a diffondere la notizia della rinascita della Corte, e la sua proposta d’alleanza, fra le genti della regione e presso gli altri Umar.[/SIZE]
[SIZE=2]Gli Umar confermano la loro decisione di attaccare la città di Tanith; la Corte di Ardor, che già sapeva di non poter convincere quel popolo ad arrestare la guerra, accetta di sostenerli nell’impresa per cercare di ridurre il numero di vittime e la portata della distruzione e del saccheggio. [/SIZE]
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[SIZE=2]Ralmoth[/SIZE]
[SIZE=2]Sia Fuinur che Aetos sanno che, per quanto i Mumakani siano superiori in numero, i Valdacli, che sotto il comando di Ralmoth difendono Tanith assieme ad alcune centinaia di soldati di Hathor, lo sono in addestramento, qualità delle armi e disciplina; i Valdacli dispongono inoltre della cavalleria pesante di Nindamos e di macchine da guerra, con le quali hanno tenuto la capitale fino a quel momento. Per poter ottenere una vittoria certa su di loro è necessario quindi attirarli fuori dalle mura, su un territorio favorevole agli Umar. [/SIZE]
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[SIZE=2][COLOR=navy]Nienné [Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
Alviaré [/COLOR][/SIZE]
[SIZE=2]Fuinur predispone un’esca: Vanaril stesso, Aetos, Nienné ed Alviaré (due delle sacerdotesse guerriere dell’ordine di Tesarath), e alcuni degli elfi Fuinar di Gildor sotto la guida di Sirindin inscenano un incontro fra importanti emissari di Ardor e gli Umar; Aidea, alla quale il re di Ardor ha promesso la libertà di Tanith in prima persona, riesce a infilarsi nel letto di Ralmoth carpendogli importanti notizie sul numero e sull’organizzazione dei Valdacli (che poi fa giungere a Vanaril), informandolo indirettamente della presenza degli elfi di Ardor e spargendo allo stesso tempo false informazioni sulla disposizione dei Mumakani. [/SIZE]
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[SIZE=2]Tarush[/SIZE]
[SIZE=2]Il 26 di giugno dell’anno 76 Aetos e Vanaril lasciano Tanith e mostrano apertamente la presenza di Ardor in quelle terre; il 30 di giugno, Ralmoth, convinto della necessità di dover muovere per primo e mosso dalla speranza di uccidere o catturare gli emissari della Corte, muove battaglia ai Mumakani, cadendo così nella trappola di Fuinur.[/SIZE]
[SIZE=2]La tenue luce che precede l’alba stava avvolgendo le basse colline alberate quando Aetos di Ardor diede agli Umar il segno di avanzare. Guidava le tre grosse bande di guerrieri Mumak stando a cavallo di un castrato scuro, pronto a smontare e a impugnare la sua grande spada; gli Umar Melkamu, Wendimu e Mulu lo seguivano, conducendo in tutto settemila guerrieri, e molte delle donne sapienti del Mumak, fra le quali Brehane e Almaz, camminavano fra i loro ranghi, proteggendo gli Umar con la loro magia. Nienné ed Alviaré, le due Sorelle Verdi di Tesarath, si erano unite alla grossa banda di Melkamu; odiavano i Valdacli, e desideravano combattere; più a ovest, Vanaril, che portava sul campo di battaglia la magia degli Elfi e la voce del Re, stava nascosto fra gli alberi, assieme ai Fuinar di Sirindin, e a Ruehar, il migliore degli arcieri. Dietro a loro, cento cavalieri Mumakani erano pronti a muovere e ad essere gli occhi e le orecchie di Fuinur di Ardor.[/SIZE]
[SIZE=2]~[/SIZE]
[SIZE=2]Sulle colline di fronte a loro, Ralmoth si alzò in piedi e si massaggiò le spalle possenti, sollevando lo sguardo verso le sentinelle e i frombolieri di Hathor appostati sul costone.[/SIZE]
[SIZE=2]“Qualche traccia di movimento?” chiese ad Hallatan, il suo luogotenente.[/SIZE]
[SIZE=2]“No, capitano.”[/SIZE]
[SIZE=2]Ralmoth sollevò la corazza con lo stemma dell’Albero Bianco e se la infilò, lasciando che Hallatan gli assestasse i guardaspalle e li affibbiasse sul posto; intanto Tarush, giovane e con la barba scura, s’inchinò davanti a lui.[/SIZE]
[SIZE=2]“I Mumakani sono di fronte a noi, in una depressione fra quelle due colline, a circa una lega da qui. Dal mio conto risulta che sono circa il doppio di noi, il che significa che devono aver avuto dei rinforzi; schierano anche degli elefanti. Da quei boschi a ovest, gli arcieri avranno facile tiro sui frombolieri e sugli opliti di Hathor. Questa piana fra le colline e gli alberi, Ralmoth, è una trappola perfetta; siamo stati attirati proprio dove ci aspettavano. ”[/SIZE]
[SIZE=2]Ralmoth avrebbe voluto imprecare, invece sorrise.[/SIZE]
[SIZE=2]“Hai agito bene, Tarush, e non ti preoccupare di chi ci ha traditi. Quanto torneremo a Tanith ci guarderemo attorno, e scopriremo com’è stato possibile, dovessi rivoltare ciascuna pietra di ogni strada. Non ti preoccupare neanche dei numeri. Ricorda soltanto che siamo Valdacli e che la Luce cavalca con noi, contro le Schiere dell’Ombra.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Si, capitano” rispose l’uomo, distogliendo lo sguardo.[/SIZE]
[SIZE=2]Ralmoth non ebbe difficoltà a intuire quello che stava pensando. Pochi giorni prima, gli aveva detto che tutto sarebbe stato come un gioco, che avrebbero preso gli Elfi di Ardor e li avrebbero condotti in catene fin di fronte ad Arcil Nindamos; che Arcil avrebbe dato loro un premio, e che gli Arconti sarebbero stati riconoscenti e li avrebbero acclamati facendo scolpire statue di marmo in loro sembianze. E ora quella battaglia stava per concludersi in un disastro, forse in un massacro.[/SIZE]
[SIZE=2]“Io non sono Seregul, e neppure un capitano di Nindamos” aggiunse in tono sommesso, e quando Tarush lo guardò con sorpresa gli batté una pacca sulla spalla con una risata, aggiungendo: “Non possiamo certo prendere in considerazione l’idea di perdere di fronte a questi negri, vero?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Desideri parlare agli uomini, capitano?” chiese Tarush, con un sorriso nervoso, non sapendo come comportarsi con quell’uomo così strano.[/SIZE]
[SIZE=2]“No. Riferisci loro che più tardi terrò un discorso per la vittoria e ci potremo ubriacare tutti.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Un discorso prima della battaglia potrebbe dare migliori risultati” osservò Telperien di Nindamos.[/SIZE]
[SIZE=2]“Ho sentito dire che Yamo Nindamos era un buon parlatore, giusto?” ribatté Ralmoth, girandosi verso la donna. “Non ha forse riempito gli orecchi degli uomini di Ostelor di parole di fuoco, la notte prima della battaglia, sulla Piana di Maldor?” aggiunse, rivolto a Tarush.[/SIZE]
[SIZE=2]“Lo ha fatto, capitano” confermò Tarush.[/SIZE]
[SIZE=2]“Allora ripeti agli uomini esattamente ciò che ho detto. Adesso muoviamoci, perché voglio passeggiare con il mio cavallo sopra le teste di quegli Elfi prima che il sole sia alto nel cielo. Tu prenderai metà dei cavalieri, Tarush, ed io comanderò gli altri. Li colpiremo come una lancia, duramente e con forza … e ricorda che non voglio prigionieri. Solo gli Elfi e le loro streghe; nessun altro. E quando prenderete quelle streghe, legate le loro mani, tappate le loro bocche e infilatele in un sacco, ché non possano maledirci con le loro parole chiamando l’Ombra in loro soccorso.”[/SIZE]
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[SIZE=2]Dopo l’alba, il nemico apparve in lontananza, e Vanaril scrutò le loro forze riparandosi gli occhi con una mano: oltre cento cavalieri precedevano un contingente di fanteria di mille e più opliti; i fanti però erano un agglomerato di uomini che sfoggiavano in parte elmi piumati e in parte calotte di cuoio nello stile dei Kiran, mentre gli stemmi dipinti sugli scudi erano molteplici: il cavallo alato di Olintus, le chiavi di Eme, le lance incrociate di Adrastos di Tanith. La capitale di Hathor non aveva unità politica, neppure in quella battaglia per la sua stessa esistenza. Nessuno però portava un elmo con le piume degli Arconti, e a quella vista Vanaril esultò: come aveva promesso Athanasios, i suoi uomini non erano partiti da Parga.[/SIZE]
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[SIZE=2]Sgusciando via dalla sua posizione, Vanaril raggiunse Sirindin. Guardò ancora gli Hathoriani che avanzavano, e un dubbio si faceva strada nel suo cuore; un sentimento al quale non riusciva a dare un nome. Gli Hathoriani che camminavano verso di loro al ritmo della marcia non erano nemici, era il popolo che Re Fuinur si proponeva di salvare, di proteggere. Non era il momento, però, di esitare; Aetos aveva già dato il via alla battaglia.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Manda gli arcieri su quella sporgenza rocciosa, al limite del bosco, e ordina loro di scagliare le loro frecce non appena il nemico sarà a tiro. Poi spostiamoci dietro la linea di colline, in modo da esser pronti ad attaccare di nuovo da sud appena Aetos avrà portato avanti i suoi.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Neppure uno dei nostri arcieri mancherà il bersaglio, Vanaril” sorrise Sirindin. “Resta con noi.”[/SIZE]
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[SIZE=2]La scarica iniziale di frecce degli Elfi decimò gli opliti e i frombolieri che avanzavano di fronte ai Valdacli. Il primo sangue era stato versato; sangue di Hathor.[/SIZE]
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[SIZE=2]Un’ora era trascorsa; Nienné, resasi conto che la magia di Vanaril era inefficace, condusse i Mumakani verso un’erta collina, ed essi corsero fino ad arrivare ad un costone che dominava il campo degli Hathoriani. [/SIZE]
[SIZE=2]“Elen Sila Lumenn Turintielvo! Fatevi onore, Secondogeniti! Vincete per Ardor!” tuonò Nienné, sollevando il suo pugnale, e il grido di guerra dei giovani Mumak si levò fragoroso, un rotolante muro di suono che echeggiò attraverso la pianura, unendosi ai barriti degli elefanti. [/SIZE]
[SIZE=2]In preda alla sete di sangue, Nienné si lanciò in mezzo ai guerrieri nemici, falciandone quanti più poteva, come una furia, uccidendo opliti e frombolieri di Hathor; Alviaré, accanto a lei, la seguiva nei gesti, mietendo uomini con fredda precisione, mentre deviava una lancia e una spada le apriva una ferita poco profonda sulla coscia. [/SIZE]
[SIZE=2]Presto gli Hathoriani furono massacrati e ridotti in fuga; gettarono via lo scudo e la spada per correre più in fretta, soltanto per essere braccati dalle due Tesarath e dai Mumak che correvano assieme a loro, decisi a ottenere la morte di ogni nemico. [/SIZE]
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[SIZE=2]Vedendo che il fianco era in pericolo, la cavalleria di Nindamos si lanciò in aiuto degli Hathoriani, mal calcolando la loro reale distanza: i Mumakil la chiusero in una morsa, e la distrussero. La battaglia volgeva in favore di Ardor, ormai; demoni alati erano apparsi, forse per un prodigio di Fuinur, o per una beffa di Alatar, di fronte alla cavalleria di Tarush, impedendo a lui e a Ralmoth di manovrare, e presto Nienné ed Alviaré sarebbero state addosso ai frombolieri di Hathor. A quel punto, l’intero fianco dell’esercito dei Valdacli avrebbe ceduto. Vedendo altri Hathoriani pronti a riorganizzarsi, però, Aetos diede l’ordine di trattenere la carica degli Olifanti; in quel momento, la punta della cavalleria di Ralmoth venne a trovarsi direttamente rivolta verso gli Olifanti e verso Vanaril e gli arcieri di Sirindin, ai piedi del bosco. Fu allora che Ralmoth capì di poter ancora vincere; e quando il grido di carica dei Valdacli si udì, Aetos seppe di aver perduto.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Valdacli!” gridò Sirindin, correndo verso gli altri arcieri. “Cavalieri Valdacli ci attaccano!”[/SIZE]
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[SIZE=2]I pochi Elfi che stavano attorno a Vanaril ebbero appena il tempo di gettare gli archi e di estrarre la spada prima che gli attaccanti fossero loro addosso. Ralmoth urlò, guidando i Valdacli contro di loro; i pesanti cavalli da guerra travolsero Sirindin e gli arcieri di Ardor falciandoli come spighe, nel clangore delle armi e le urla dei morenti; d’un tratto un cavallo s’impennò, e una spada lucente calò sul collo di Sirindin, staccandogli la testa in uno zampillo di sangue.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Questo è il prezzo, figlio d’un cane, servo dell’Ombra!” gridò il capitano dei Valdacli, e i suoi uomini urlarono ancora vittoria assieme a lui, mentre gli Elfi morivano. [/SIZE]
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[SIZE=2]La battaglia parve infuriare ancora per ore, ma alla fine la confusione cominciò a cessare e fu possibile vedere delle sagome che si muovevano fra i guerrieri Mumakani feriti, uccidendoli con daghe affilate. Nienné estrasse un sottile coltello da un fodero che portava fissato in alto sulla coscia e attese, mentre Alviaré, stringendo con il pugno il moncone di lancia che le spuntava ancora dalla spalla, chiuse gli occhi, debole, incapace di reggersi in piedi e di combattere. Nienné sapeva di non poterlo estrarre; il dolore, e il perdere altro sangue, avrebbero ucciso la sua compagna.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Guardate cosa abbiamo qui!” esclamò uno dei cavalieri dei Valdacli, smontando e accoccolandosi per sbirciare sotto i cespugli, poi si lasciò cadere in ginocchio e strisciò verso le donne, protendendo una mano. Nienné gli piantò il coltello in un occhio e l’uomo crollò al suolo senza un grido, piegando la testa in modo tale che il coltello rimase saldamente conficcato nell’orbita; mentre cercava invano di liberare l’arma, un gruppo di guerrieri l’afferrò e la rovesciò a terra. Cercò di rimanere a testa alta, nonostante le molte braccia che la strattonavano e la colpivano, con un’espressione furente negli occhi verdi.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Morirete per questo” promise ai razziatori.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Nessuno morirà”, ribatté un guerriero avvenente con i capelli biondi e una barba divisa in due trecce, “ma Arcil pagherà un buon prezzo per averti. Se sarai gentile con me, ragazza, la tua breve permanenza presso di noi sarà piacevole.”[/SIZE]
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[SIZE=2]Si accamparono in una macchia di alberi vicino al fiume Sebé. Wendimu osservava i feriti, che erano stati sistemati lontano dal gruppo principale per evitare che le loro urla mentre venivano curati potessero turbare le donne e lo spirito dei guerrieri giovani. Gli Elfi di Ardor che li avevano condotti in quella battaglia erano tutti morti, e così gli Umar Melkamu e Mulu, mentre le bande guerriere dei Mumakani avevano subito una disfatta che era costata loro forse duemila morti. Wendimu s’inginocchiò accanto a un ragazzo che aveva perso tre dita della mano destra: sotto il velo del sudore, il volto del ragazzo era grigio per lo sforzo e il dolore.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Adesso sono inutile”, sussurrò. “Cosa farò?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Gli dèi ti hanno dato due mani”, gli disse Wendimu, “e dovrai imparare a usare l’altra. Non è una cosa tanto grave, sei un cavaliere … e sei abile, e inoltre hai troppo coraggio per lasciare che una ferita così da poco abbia la meglio su di te.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non sono bravo con la sinistra, Umar.” Il guerriero accanto a loro, ancora più giovane, era morto dissanguato, e gli avevano coperto il volto.[/SIZE]
[SIZE=2]“Ci lavoreremo insieme, tu ed io”, disse Wendimu, proseguendo oltre. [/SIZE]
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[SIZE=2]Aetos gli venne incontro quando ebbe finito il giro; non parlava la lingua di Mumak, ma Wendimu conosceva le frasi dell’Adunaico.[/SIZE]
[SIZE=2]“Ci è andata bene” commentò, asciugandosi il sudore dalla testa con uno straccio sporco di sangue. “Se avessimo tardato solo ancora un poco, gli opliti di Hathor ci avrebbero schiacciato contro il fianco della collina.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Se non avessimo ascoltato le tue parole, uomo, non ci sarebbe stata nessuna battaglia in questo luogo maledetto dagli dèi” replicò Wendimu “e ora staremmo danzando la vittoria sulla piazza di Tanith!”[/SIZE]
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[SIZE=2]Quando le avanguardie entrarono in azione, il combattimento fra le forze armate alla leggera e gli arcieri, nonostante che le benedizioni degli dèi avessero contrastato la stregoneria di re Fuinur, ebbe, in un primo tempo, esito ben favorevole agli Elfi ed ai Mumak loro alleati: gli opliti caddero colpiti dalle frecce e lame degli Elfi dell’Ombra, e Nindamos ne fu travolto, schiacciato dagli Olifanti neri, e tutti i suoi morirono. [/SIZE]
[SIZE=2]Non appena però i cavalieri Valdacli di Ralmoth vennero a contatto con gli Olifanti, ne seguì una battaglia veramente barbarica: essi non lottarono infatti, secondo l’usanza, con conversioni e mutamenti di fronte, ma abbatterono gli Olifanti e puntarono verso i capitani degli Elfi e combatterono avvinghiati in corpo a corpo ai nemici. Le forze di Ralmoth infine benché inferiori in numero riuscirono superiori in tattica e favoriti da Mandos, e benché gli Elfi combattessero tutti con disperato coraggio, ne uccisero nella mischia la maggior parte e respinsero i rimanenti verso il bosco, menandone strage e colpendo senza pietà. [/SIZE]
[SIZE=2]Quando gli araldi di re Fuinur furono a terra morti, le bestie e i demoni che essi avevano evocato scomparvero d’un tratto; le forze di fanteria nostre allora, ricevute negli intervalli le milizie leggere, cozzarono contro le bande di guerrieri negri sconfiggendo gli Umar, e fu il primo luglio dell'anno Settantaseiesimo la vittoria di Ralmoth e di Tanith Capitale di Hathor, Città dei Valdacli.[/SIZE]
[SIZE=2][Eios, storico di Hathor, primo secolo dell'Epoca Quarta][/SIZE]
[SIZE=2]Adesso Boronil si stava stirando sulla sella, cercando di sciogliere un nodo nella schiena. ‘Sto diventando molle’, pensò. ‘E vecchio.’ Un giorno e una notte in sella, con due fermate per abbeverare i cavalli, e sentiva il peso di ogni singolo capello grigio che aveva sulla testa. Pochi anni prima non se ne sarebbe nemmeno accorto. ‘Almeno non ho ucciso nessun innocente’, si disse. Con gli elfi di Ardor e i loro sudditi sapeva essere duro come tutti quelli che avevano prestato giuramento alla Luce – i servi dell’Ombra andavano eliminati prima che potessero radunare tutto il mondo agli ordini dei loro signori – ma prima voleva sicuro che fossero davvero servi dell’Ombra. [/SIZE]
[SIZE=2]Gli esploratori che aveva mandato per le strade di Tanith stavano tornando indietro e alle loro spalle arrivavano altri uomini con i mantelli bianchi, portando delle torce che disturbavano la visione notturna. Imprecando sottovoce, Boronil ordinò al suo drappello di fermarsi mentre studiava gli uomini che gli stavano venendo incontro. [/SIZE]
[SIZE=2]Sui loro mantelli c’era l’Albero Bianco ricamato, e le Stelle, come sul suo. Lo stesso che avevano tutti i Valdacli, e l’individuo a capo dei nuovo arrivati aveva anche un cordone con nodi dorati, sotto il mantello, che gli conferiva lo stesso grado di Boronil. La differenza era che, sotto il mantello bianco, quegli uomini che avanzavano brandendo le torce avevano una casacca nera con ricami anch’essi dorati. Nindamos. Inquisitori. Con ferri roventi, pinze e acqua sgocciolante, gli Inquisitori ottenevano confessioni e pentimento dai servi dell’Ombra, ma c’era chi sosteneva che decidevano chi fosse colpevole già prima di cominciare il loro lavoro. Boronil era uno di quelli che lo dicevano.[/SIZE][SIZE=2]‘Quando sono arrivati? Perché?’, si chiese.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Ti stavamo aspettando, capitano Boronil” esordì il loro capo con una voce dura. Era un uomo alto, con il naso aquilino e con quel bagliore di certezza negli occhi che avevano tutti quelli di Nindamos. [/SIZE][SIZE=2]“Avresti dovuto fare più in fretta. Io sono Einor Saren, il secondo di Tardulion Anarion, comandante della Mano della Luce della principessa Arcil di Nindamos.” [/SIZE]
[SIZE=2]La Mano della Luce, la mano che disseppelliva la verità, così dicevano. A loro non piaceva essere chiamati Inquisitori. [/SIZE]
[SIZE=2]“C’è una locanda in questo quartiere, vicino al mercato. Attraversa la piazza con i tuoi uomini, e prendi alloggio là. È sorprendentemente confortevole.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Sono a caccia di un fuggitivo, di una possibile spia, capitano Saren. Il capitano Tarush in persona mi ha raccomandato di non interrompere la caccia, e di evitare qualsiasi distrazione.”[/SIZE]
[SIZE=2]“La tua preda è stata … fiutata, capitano Boronil. Mi parlerai dell’uomo che insegui una volta alla locanda. Adesso fai muovere i tuoi uomini. Sono io al comando, ora, a Tanith, dopo la promozione del capitano Ronethil. Ho con me gli ordini con il sigillo della principessa Arcil, se ancora hai dei dubbi.”[/SIZE]
[SIZE=2]Boronil trattenne il ringhio che gli si stava formando in gola. Fiutata. Si chiese se il corpo fosse già stato buttato nel fosso fuori dalle mura o gettato nel fiume. Era tipico degli Inquisitori. Abbastanza freddi da sterminare un intero villaggio per mantenere la segretezza e stupidi abbastanza da gettare i corpi nel fiume e lasciare che la corrente li portasse a valle per rendere nota la loro impresa. “Ho dei dubbi sul poterti obbedire, Inquisitore. Il capitano Tarush pensa che si tratti di un comandante nemico scampato alla battaglia, vuole interrogarlo di persona. Perché sei qui?”[/SIZE]
[SIZE=2]Il volto di Saren si irrigidì, ma la sua voce rimase dura ed esigente. [/SIZE]
[SIZE=2]“È semplice, capitano. Ci sono molti servi dell’Ombra, qui a Tanith e in tutta Hathor. È arrivato il momento di riportarli nella Luce. Tu sei qui per fare quello che ti viene ordinato, Boronil. Per obbedire a dama Arcil e compiere l’opera della Luce! O ti stai allontanando dalla Luce?”[/SIZE]
[SIZE=1]Da "La Grande Caccia" di Robert Jordan[/SIZE]
[SIZE=2]Quando l’Inquisitore ebbe finito, Nienné ricadde sul pavimento con un tonfo sordo. Non trasalì neppure. Stava tremando. Molto forte. Teneva la bocca chiusa mentre batteva i denti.[/SIZE]
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[SIZE=2]Einor Saren[/SIZE]
[SIZE=2]Saren ritornò al tavolo, e si sedette poggiando i gomiti sul ripiano. Annotò le sue ultime osservazioni. Quella donna non avrebbe parlato. Certo, non aveva desiderato veramente che parlasse, ma era un peccato sciuparla in quel modo. Quanto ancora avrebbe potuto resistere? [/SIZE]
[SIZE=2]Indicò l’altra con un dito. [/SIZE]
[SIZE=2]“Date ancora un giro.”[/SIZE]
[SIZE=2]Alviaré sgranò gli occhi quando gli uomini tesero le corde del cavalletto, la bocca spalancata. Non aveva più fiato per gridare.[/SIZE]
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[SIZE=2]Saren la guardò torvo. Era sicuro che fosse vicina al punto massimo di sopportazione. Di lei, conosceva almeno il nome, ora. “Alviaré. Sui tuoi vestiti sono stati trovati semi di spina d’oro e lappola rossa. Queste piante non crescono per centinaia di miglia a nord di Tanith.” Per la Luce, quella faccenda lo spaventava.[/SIZE]
[SIZE=2]“Da dove eri partita,” chiese lentamente Saren “e perché …”. [/SIZE]
[SIZE=2]Fece un altro cenno agli attendenti. Aveva intenzione di chiederle come avesse fatto a superare i picchetti attorno alla capitale – cosa che evidentemente aveva fatto, ma non sapeva se avrebbe sopportato un altro giro. Gli elfi non parlavano facilmente … quelle due donne erano vicine alla morte, ormai. Appena gli attendenti toccarono le corde, però, le risposte uscirono da sole dalla bocca di Alviaré.[/SIZE]
[SIZE=2]“Da Menelcarca” squittì la ragazza. Non c’era bisogno di dire altro. La Tesarath tremava sul cavalletto. Le lacrime colavano dagli occhi, occhi sgranati al massimo e fissi su Nienné. Le parole ripresero a scorrere. “Sono v-venuta per a-assicurarmi che voi foste attratti v-verso la battaglia, e poteste cadere n-nella trappola. Per far tornare di nuovo grande A-Ardor.” Gli attendenti diedero un quarto di giro, ed Alviaré gemette e, la bocca aperta in un urlo, continuò a fissare la sorella Verde.[/SIZE]
[SIZE=2]“Bene” disse Saren. Poi di nuovo, in tono più truce “Bene!” L’espressione del suo volto era serena e controllata, ma il luccichio negli occhi scuri era assai simile alla malizia.[/SIZE]
[SIZE=2]“E così voi eravate l’esca. Ma chi era la mente, ragazza? E chi ha cambiato i disegni sulle mappe di Ralmoth, chi ha evocato il demone contro i nostri cavalieri? Dimmi ciò che sai, ragazza!”[/SIZE]
[SIZE=2]Gli attendenti diedero un quarto di giro. Se prima gli occhi di Alviaré erano sgranati, adesso parvero voler uscire dalle orbite. Un suono strozzato usciva dalla sua bocca spalancata. Teneva la testa girata verso il muro; Saren la fissò sbalordito per quanto forte fosse la sua volontà, ma a un tratto capì. Si voltò, tornò a grandi passi verso Nienné e la colpì forte con un calcio. [/SIZE]
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[SIZE=2]“Smetti di fissarla! Portate via questa donna!”[/SIZE]
[SIZE=2]“Che il Padre abbia misericordia di te” sussurrò Nienné. “Non devi parlare, Alviaré.” Nienné agitò le gambe come se stesse cercando di alzarsi senza però riuscirci. “Non devi parlare”, sussurrò ancora mentre i Valdacli la trascinavano via.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Aspettate!” urlò Saren. “Portatemela qui, invece.”[/SIZE]
[SIZE=2]Saren tornò al cavalletto, e strinse il pugno sulla leva, guardando Nienné, che barcollava sostenuta da due attendenti.[/SIZE]
[SIZE=2]“Dille di parlare … dille di raccontare tutto ciò che sa, e il dolore per lei finirà. Posso farlo finire, se mi parlate della vostra Corte. Dimmi del tuo re, o morirà davanti ai tuoi occhi. L'ammazzo con le mie mani.”[/SIZE]
[SIZE=2]Saren diede un quarto di giro. Le labbra di Alviaré assunsero una sfumatura bluastra.[/SIZE]
[SIZE=1]Da "Il Sentiero dei Pugnali", di Robert Jordan[/SIZE]
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