"... Quando un popolo, divorato dalla sete di libertà, si trova ad avere a capo coppieri che gliene versano quanto ne vuole, fino a ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono sono dichiarati tiranni.
E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui, che i giovani pretendono gli stessi diritti, la stessa considerazione dei vecchi, e questi per non parer troppo severi, danno ragione ai giovani.
In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo né rispetto per nessuno. In mezzo a tanta licenza nasce e si sviluppa una mala pianta ..."
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[size=2]Da "Repubblica" di Platone[/size]
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Beleridan , Legato di Gondor
Il calice di cristallo raccolse la luce del fuoco, disperdendola negli angoli della stanza, mentre Beleridan figlio di Earendur, il legato Gondoriano, lo rigirava nelle sue mani. Era di fattura molto fine, il lavoro di un’artista; come qualsiasi cosa provenisse dalle rinnovate officine dei vetrai di Arpel, la città amica di Ostelor e talvolta la sua rivale al Sud. Calici come quelli aggraziavano le tavole dei maestri carpentieri di Umbar, di Tul Isra, e ora anche la tavola della regina a Minas Tirith e il rozzo tavolo da campo di re Elessar nel Khand, dove l’esercito di Gondor aveva posto il suo campo in quel tempo, sempre vigile nei confronti di altri attacchi delle terribili creature che ancora dimoravano in Mordor.
Un piacere così semplice, cenare con posate e suppellettili fini. Era quasi divertente, in un certo senso, pensare che, mentre il re andava a nord per incontrare le orde di Orchetti ai confini del Khand, le provviste speciali, i coltelli d'argento, i tovaglioli di lino e il suo calice di cristallo sarebbero andati con lui.
Le lettere venute dal nord, quelle poche giunte fino ai Domini, indicavano che c’erano stati, per tutto l’anno appena trascorso, disperati combattimenti nell’area devastata dove la Grande Via Est veniva quasi attraversata dalla strada che portava al Mare di Rhun.
Tutto questo suonava strano nella pace e nell’allegria di Ostelor, dove la gente era aliena alla sensazione che provava chi era stato sempre in guerra per anni e anni. Eppure Beleridan si meravigliava di come i suoi rappresentanti, gli uomini del Consiglio, fossero così ingenui, di come gli uomini del sud sembrassero neppure accorgersi di quanto la pace in quelle terre fosse importante e di quali sarebbero state le ripercussioni di una guerra. La maggior parte naturalmente; alcuni ne erano ben coscienti.
Beleridan non era uno sciocco. Yamo era stato eletto Primo Consigliere, così come aveva preventivato. L'idea di Athanasios di spingere Arakhon Eshe e le famiglie a loro vicine a schierarsi apertamente contro i conservatori aveva però ottenuto risultati; il Consiglio era disunito, spezzato a metà. Era più debole.
Beleridan era informato degli agitatori e dei cattivi consiglieri dalla bocca piena di vermi giunti dall’est. Temeva di sapere chi servivano, e si rendeva conto che i loro sforzi avrebbero reso ancora più efficaci le azioni del nemico, ancora più difficile portare la tranquillità e la libertà anche in questa parte della Terra di Mezzo. C'erano, probabilmente, spie dell'Harad anche all’interno del Consiglio stesso, o comunque erano molto vicine al nuovo Primo Consigliere; forse, parlavano con la speranza di spingere ancora il fratello contro il suo stesso fratello.
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Yamo Nindamos , Primo Consigliere di Ostelor
Il color borgogna del calice tinse la mano del legato del colore del sangue, mentre egli lo teneva sollevato e scrutava nelle sue profondità. Un’improvvisa brezza gelida smosse le tende. Beleridan si alzò, il calice ancora nella sua mano, e si avvicinò alla finestra per chiuderla. Guardò fuori, verso il Mindo Malezaro, e più a sud verso la strada di pietra che si perdeva in distanza alla luce della luna. Poi volse lo sguardo a nord, al mare. Da qualche parte, oltre quel mare, l’esercito di Gondor attendeva un altro assalto dei servi di Mordor.
Improvvisamente, notò una nave nera che si muoveva a grande velocità, le estremità dei remi e la spuma nell'acqua rese a tratti brillanti dalla luce della luna.
Una nave? A quell’ora?
Beleridan dimenticò la brezza che l’aveva fatto rabbrividire, e appoggiò il calice sul davanzale della finestra. La sua attenzione era completamente attratta ora dalla nave nera che proveniva dal varco nord delle dighe, e si muoveva elegante verso i moli del porto più interno. Era chiaro che non si trattava di un mercantile ordinario, perché aveva superato rapidamente le dogane e i posti di controllo; l'arrivo della nave era stato annunciato, gli sbarramenti erano stati sollevati rapidamente per permetterle il passaggio, e senza quasi rallentare la sua corsa, magnificamente portata, la nave procedeva adesso verso l’ansa orientale e i magazzini.
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Hashiba , Onda Blu dell'Oceano
Un messaggio da Gondor? La spedizione di Cirmoth aveva forse preso il mare?
In quel caso sarebbe stata guerra; Gondor avrebbe vinto, ma a un costo terribile. Tutte le città della costa sudoccidentale, già piene di rifugiati, sarebbero state invase da migliaia di altre famiglie affamate. E se una parte dell’armata del Drago era veramente sopravvissuta alla Guerra dell’Anello intatta, sarebbe stata presto alle porte delle città dei Domini.
E se no? Se il messaggio non fosse stato da Gondor ma dall'Harad, e indirizzato a una delle famiglie?
Allora sarebbe stata guerra lo stesso. Ostelor, con Yamo di Nindamos al comando adesso, avrebbe cercato di capitalizzare il più possibile il suo attuale vantaggio e di trarre beneficio dalle difficoltà di Gondor, che si trovava impegnata sul fronte dell’Est e che aveva un re coinvolto in mille campagne. Ostelor avrebbe stretto alleanza con Arpel e si sarebbe espansa a nord verso il Dar e a est verso Tul Isra. E Gondor avrebbe dovuto mandare una flotta per fermare i Valdacli.
"Strano" , pensò Beleridan, "Un freddo così forte e improvviso nel mese di maggio".
Osservatore per natura, Beleridan sapeva che presto sarebbe stato il momento di agire, e posto che ci fosse qualche sostanza in ciò che aveva sentito e nella nuova fazione del Consiglio venutasi a creare attorno agli Eshe, avrebbe dovuto agire rapidamente.
Allontanandosi dalla finestra, si mosse verso la porta del suo studio.
Un angolo del suo mantello prese sul calice di cristallo nel movimento, e lo trascinò in esso; il calice rimase in bilico sull’orlo del davanzale per un lunghissimo momento, poi cadde, e si ruppe in mille pezzi.
[size=2]Adattamento di uno scenario di "Thieves Of Tharbad", modulo d'avventura I.C.E.[/size]
Datata giugno dell'anno 74 del regno di Elessar Telcontar di Gondor
Alla città di Ostelor
Il Cavaliere Beleridan, primo segretario del governatore della provincia di Ostelor in nome di Gondor, Cavaliere Valandor Hamina, si permette di annunciare che il governatore, desiderando servire il proprio Re, la Maestà Elessar Telcontar di Gondor, e guidato da veri sentimenti di amicizia e dall’amore che lega il Re alle terre che furono un tempo del Dominio dei Valdacli e a tutti i suoi sudditi, auspicando pace e armonia tra i due popoli, impone ai recentemente e illecitamente eletti rappresentanti di Ostelor, nonostante le molte offese e usurpazioni ai danni del Sovrano sua Maestà Elessar Telcontar, di ritirarsi definitivamente e incondizionatamente entro la festa di Mezza Estate prossima ventura dal governo della città, e di lasciarla, con tutti i loro beni, merci di scambio e armi, fatta eccezione unicamente per le navi da guerra di loro proprietà, che serviranno d’ora in poi la bandiera di Gondor e accompagneranno alla destinazione da lui medesimo comunicata le navi del Cavaliere Cirmoth di Gondor, intese all’ancora in Ostelor entro l’estate. In osservanza di tale supplica, il governatore della provincia di Ostelor in nome di Gondor, Cavaliere Valandor Hamina, assicura sul suo onore che a chi è stato illecitamente eletto in Ostelor non sarà fatto alcun male.
Il vostro devotissimo servitore,
[size=6]Cavaliere Beleridan di Pelargir di Gondor[/size]
M’inchino di fronte a voi
"Mi è stato detto, Athanasios, che Hathor si prepara alla guerra. Può essere una domanda sciocca, ma da che parte si schiererà?"
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Athanasios , Legato di Hathor [Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
Artagora , Arconte di Hathor
"Bene", rispose Athanasios comprendendo.
"A quanto sembra, non vuoi soltanto sapere che cosa succede ad uno stato, ma che cosa succede a uno stato gonfio di lusso. Forse però non è male, perché così parleremo probabilmente di come nascono in uno stato la giustizia e l’ingiustizia, e del perché faremo quello che faremo.
Tu vuoi che parliamo di Ostelor e di Gondor. E della nostra terra, naturalmente. Consideriamo uno stato rigonfio; nulla ce lo impedisce.
Ad alcuni, in Ostelor, ciò che hanno, sale, olive, formaggio, belle focacce, vino e banchettare in compagnia dei loro figlioli e di canzoni, e abitazioni, e l’essere ben vestiti e calzati non basterà; né basterà questo genere di vita, ma vorranno inoltre letti e tavole e altre suppellettili e pietanze e incensi e profumi, e ciascuna di queste cose in grande varietà.
E le cose prima dette non dovremo più considerarle come le uniche necessarie; dovremo ricorrere alla pittura e al ricamo e procurarci oro, avorio e ogni altra simile materia. No?"
"Si", rispose Artagora.
"Bisognerà dunque ingrandire ancora di più lo stato, sempre di più, perché quello sano non basterà più. Si dovrà accrescerlo di mole e riempirlo di una massa di gente la cui presenza non sarà più imposta dalla necessità: poeti con i loro valletti, attori, musicanti, impresari, fabbricanti di ogni sorta di suppellettili per diversi usi, soprattutto per la moda femminile.
Servi, un gran numero: non vi sembra che occorreranno balie, nutrici, acconciatrici, barbieri e poi cucinieri e cuochi? E ancora avremo bisogno di guardiani di porci. Tutto questo non c’era, nel nostro stato di prima, non essendocene bisogno, ma adesso occorrerà.
Ci vorranno poi anche altri animali, in grande numero, perché questa gente dovrà mangiare. Non è vero?
"Come no."
"E quel territorio che prima era sufficiente adesso sarà piccolo. E non dovremo prenderci una porzione del territorio dei vicini se vorremo aver terra sufficiente per pascolare e arare? E non dovranno essi pure prendersene del nostro, se covano anche loro sconfinata brama di ricchezza, oltre il limite del necessario?"
"Inevitale, Athanasios", ammise Artagora. "Ma che intendi dire?"
"E allora, Artagora, faremo la guerra? O come andrà la cosa? Gli stati dei Valdacli sono rigonfi, Artagora. Ecco che intendo dire. Non possono ingrandirsi a est: mangerebbero ciò che da' loro ricchezza. Non possono ingrandirsi a sud e a ovest. A nord? E facciamo pure a meno di dire se la guerra, se questa guerra, sia fonte di male o di bene. Contentiamoci di averne scoperto la genesi"
Ma ora, la tua seconda domanda. Che cosa faremo? Che cosa farà Hathor?
Per disegnare Ostelor e le città dei Valdacli, mio caro, occorre pensare a uno stato ancora maggiore di quello su cui dissertavamo, e non ingrandito di poco, ma aumentato di un esercito intero che esca a battaglia.”
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Lo scudo di Hathor
[size=2]Da "Repubblica" di Platone[/size]
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"Che cosa farà Hathor, in mezzo ai due titani, Artagora?
Se dobbiamo dire una nobile menzogna, una di quelle che si rendono necessarie, quale espediente potremmo adottare per farla credere specialmente a quei governanti che vorremmo convinti della nostra estraneità agli accadimenti e, se no, se i governanti sono impervi, al resto dei cittadini di modo che attraverso di loro essa raggiunga i governanti stessi apparendo così ancora più credibile?"
"Quale menzogna?", chiese Artagora
"Non si tratta di una novità, ma di una certa cosa."
"Oh", disse Artagora, "Sembra che tu abbia scrupolo di parlare, Athanasios!"
"Quando avrò parlato", ribatté, "Vedrai che ho fondato motivo."
"Parla", disse Artagora, "Senza timore".
"Ebbene, parlo: pure non so con quali parole mi esprimerò. Hathor, in mezzo ai due titani, sopravviverà. E s’ingrandirà di nuovo, di quel tanto che basta per permetterle di dar da mangiare a quei poeti, balie, nutrici, e valletti e attori e musicanti. Perché anche il nostro stato, Artagora, è diventato troppo piccolo dopo le conquiste dei Valdacli. Ma la menzogna, la menzogna. Essa è il centro di tutto, e intendo spiegarti.
Vi è caso che da oro nasca argento, bronzo e ferro, e da ferro, argento e bronzo prole d’oro, e così reciprocamente nelle altre nascite. Perciò la divinità ordina prima e particolarmente ai governanti di non custodire nulla con tanto impegno quanto le buone occasioni. La spedizione di Cirmoth di Gondor non è una spedizione di guerra."
"Come, non è una spedizione di guerra?"
"No, non è. Porta con sé soldati e anche molti, tanti da riempire una città, e tutto ciò che serve per costruirne magari una, e per una lunga sosta o forse per rimanere per sempre, ma é una spedizione che ha un fine diverso. Un oracolo in Parga l’ha rivelato. Ma ora, Artagora, la menzogna. Conosci qualche espediente per indurre i governanti dei Valdacli a credere che i governanti di Gondor vogliano offenderli? Aspetta però a rispondere, perché prima devo dirti ancora una cosa.
Cerchiamo o supponiamo di cercare di persuadere gli stessi governanti e i soldati, poi anche il resto dei cittadini, che tutta l’educazione fisica e spirituale che era stata data loro dai loro padri, essi avevano creduto di sentirla e di riceverla, ma non erano che dei sogni; e veramente essi si erano trovati dentro la terra, già plasmati e allevati, essi stessi, le loro armi e, bell’e fabbricato, tutto il resto del loro equipaggiamento.
E quando in ogni dettaglio fu ultimata la loro preparazione, la terra loro madre li mise alla luce: ora essi sono tenuti a provvedere e a difendere la terra che abitano come fosse la loro madre e nutrice, se qualcuno l’assale, e a considerare gli altri cittadini in loro terra come fratelli.
Continuando il racconto diremo loro così: voi, quanti siete nati in Numenor, siete tutti quanti fratelli, ma la divinità, mentre vi plasmava, a quelli tra voi che hanno più diritto e attitudine al governo mescolò dell’oro, e perciò altissimo è il loro pregio; a quelli nati secondogeniti, argento, e li mandò a nord; ferro e bronzo agli agricoltori e agli altri artigiani. Ancora: la divinità ordina di non essere di nessuno tanto buoni guardiani quanto i figli. E se uno stesso figlio della divinità ha in sé alla nascita bronzo o ferro, di non averne alcuna pietà, ma di usare alla natura il riguardo dovutole e di respingerlo tra gli artigiani o tra gli agricoltori. Ora, conosci qualche espediente per indurli a credere questo mito?"
"Non era senza ragione", disse Artagora, "Che da un pezzo esitavi a rispondermi e a dire queste menzogne. No, non ne conosco. Credo però di vedere l'ordito."
Molto naturale! , rispose Athanasios. Molto naturale che tu dubiti dell’efficacia e della giustezza di queste menzogne.
Ciononostante ascolta anche il resto, e ricorda: stiamo cercando di persuadere un anima sensibile, perché in passato c’è stato chi ha parlato loro di queste cose per indurre i loro figli, i posteri e il resto della loro futura umanità a crederlo. Ora, questo andrà attuato così come vorrà la pubblica opinione. Altro non si farà.
Quanto a noi, cittadini di Hathor, armiamo questi “nati dalla terra” e poi facciamoli avanzare guidati dai loro capi. E così condurranno tutta la loro vita odiando e odiati, insidiando e insidiati, temendo molto di più i nemici interni che gli esterni; ed eccoli già correre sull’orlo della rovina.”
“Ma la loro rovina sarà la forza di altri", disse Artagora, " Perché quando questi “nati dalla terra” combatteranno contro i loro fratelli, fatti d’argento nella loro opinione, non si cureranno di chi è fatto di ferro e bronzo, sia esso loro fratello o viva nel mondo, o non ne avranno la forza. Hathor non si schiererà; favorirà la guerra, ma nient’altro. Prospererà, e forse persino si libererà, perché i due titani non potranno accorgersi di lei o guardare troppi fronti. Hathor vivrà mandando a morte altri. No, non era senza ragione che da un pezzo esitavi a rispondermi."
“Sei offeso? Mi dispiace. Ti ammiro e ti rispetto. Ma noi non possiamo essere offesi, Artagora. Come te tempo fa provavo sentimenti di orrore, quando sentivo queste menzogne. Ho imparato a capirle. Non pretendo di essere un grande uomo per Hathor. Eppure, se io non fossi nato, tante cose sarebbero diverse. Migliori? Non penso. Non fingo mai di essere qualcosa di diverso da ciò che sono. Ora con il tuo aiuto il mio lavoro sarà più importante.”
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L' "Arsenia"
[size=2]Da "Repubblica" di Platone[/size]
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