All’altro capo del tavolo, lo scranno del re, con un cuscino su cui era ricamato in oro l’albero incoronato di stelle, era vuoto. Arcil sedette accanto a esso; Arakhon era la mano destra del re, ora. E il suo futuro sposo.
“Miei capitani” esordì formalmente “chiedo scusa per avervi fatto aspettare.”
Tu sei la nostra signora” rispose Varis. “Noi siamo al tuo servizio.”
Gli altri presero posto, e a quel punto la verità tornò a colpire Arcil Pharazir come una mazza ferrata: quel posto non le apparteneva più. Quegli uomini la rispettavano, ma non avrebbero più obbedito solo a lei. Le tornarono in mente le parole che Yamo le aveva detto prima della battaglia di Menelcarca, nel fresco giardino della residenza di campagna che occupavano. “Sei circondata da adulatori, da imbecilli”. Arcil passò lo sguardo sulle facce attorno al tavolo e si domandò quali fossero gli adulatori e quali gli imbecilli, ma si disse che sapeva già la risposta.
“Siamo solamente in cinque” osservò.
"Il signore Lammas si sta occupando dei preparativi, dopo la partenza del re per il Nord” spiegò Varis. “E il nostro valoroso Barristan senza dubbio cavalca sui fianchi dell’armata di Elorion, per poterti portare al più presto le notizie di cui hai bisogno.”
“Forse dovremmo attendere che anche il principe Arakhon e Barristan siano presenti” disse Arcil.
"Attendere che il nuovo Sovrintendente ci faccia la grazia della sua regale presenza?” Remmil Barathon scoppiò in una sonora risata. “Sarà una lunga attesa. E’ impegnato con i suoi Compagni della Luna. O con qualche donna”.
Arcil strinse le labbra; guardò Aginor, immobile accanto alla porta. Barathon osava troppo, talvolta.
“Il nostro amato Sovrintendente porta molti fardelli, ora” disse Varis. “Per alcune piccole questioni si fiderà di noi, in modo da alleggerire il peso.”
“Ciò che il signore Varis intende” spiegò Faravorn “è che tutte le faccende che riguardano bilanci, economia e giustizia annoiano mortalmente i sovrani. Con rispetto per voi, principessa. Il governo del principato spetta quindi a noi; come già sapete. I principi impartiscono qualche ordine, di tanto in tanto.” Si tolse dalla manica una pergamena strettamente arrotolata e la depose sul tavolo. “Per esempio, proprio questa mattina, un messaggero è arrivato al galoppo e ha portato questa richiesta di convocare il Concilio al più presto. Elorion ha un importante questione da porre di fronte ai Valdacli.”
Aginor si fece avanti; guardò Faravorn con severità e passò la pergamena ad Arcil. Recava un sigillo di Nindamos. Arcil spezzò la ceralacca con l’indice e scorse il documento per rendersi conto di quale fosse la richiesta così urgente fatta da Elorion in persona. Pensava già di saperlo; guerra. Via via che leggeva, invece, la sua incredulità aumentò. Sembrava non esserci limite alla bizzarria degli eventi che si stavano svolgendo di fronte ai suoi occhi, e alla vastità dei cambiamenti che la presenza di Arakhon aveva portato; una prova ulteriore che quell’uomo che solo un anno prima non si sarebbe neppure degnata di guardare, e che adesso stava per sposare, piegava gli eventi attorno a lui. E che a lei, Arcil Pharazir, venisse imposto di mandare avanti quella bizzarria in nome dei Valdacli era come versare sale su una ferita aperta. “Che pietosa …” imprecò.
“Ciò che la principessa Arcil vuole dire” annunciò Faravorn “è che sua grazia Elorion ci richiede di allestire un grande torneo in onore della nomina del nuovo Sovrintendente. In onore del principe Arakhon.”
“Quanto?” chiese subito Varis.
“Quarantamila aquile d’oro al vincitore” rispose Arcil, leggendo ad alta voce il testo della pergamena “ventimila al cavaliere che arriverà secondo, altri ventimila al vincitore della Grande Mischia, diecimila al vincitore della competizione fra arcieri.”
“In tutto, novantamila pezzi d’oro.” Faravorn respirò a fondo. “E non dobbiamo trascurare le altre spese. Sarà una festa formidabile. Questo significa cuochi, carpentieri, serve, cantanti, giocolieri, buffoni …”
“Da queste parti” intervenne Aginor “di buffoni ne abbiamo in abbondanza”. Faravorn ammutolì, rosso per la vergogna, ma non osò ribattere.
Arcil guardò Varis. “E sarà il Tesoro a sostenere questi oneri?”
“Di quale Tesoro parlate?” ribatté Varis, con una smorfia. “Risparmiatemi l’imbecillità, principessa. Sapete bene quanto me che i forzieri della corona sono vuoti da anni. Sarò costretto a chiedere un ennesimo prestito e Ostelor sarà compiacente, nessun dubbio in merito. Al momento, dobbiamo al Consiglio Mercantile di Ostelor, e quindi a Eäromä e a Gondor ora, qualcosa come tre milioni di aquile d’oro. Che differenza potranno mai fare altri centomila?”
“Un momento, Varis.” Arcil era sconvolta. “State dicendo che la corona è indebitata ora per tre milioni di pezzi d’oro? Nonostante ciò che ci ha portato l’alleanza con il principe Arakhon?”
"No, principessa Arcil: vi sto dicendo che la corona è indebitata per oltre sei milioni di pezzi d’oro. La fetta più grossa la dobbiamo al Consiglio di Ostelor, ma abbiamo chiesto prestiti anche a Elorion stesso, alla Banca di Ferro delle Colonie Orientali, e a svariati consorzi commerciali - Andalonil, Varos, per parlare solo dei più grossi. Elorion ha serrato i cordoni della borsa, ora, e il suo argento non ci arriva più. Di recente, ci siamo rivolti pure al Credo, e il sacerdote tira sul prezzo peggio di un pescivendolo di Dorne. Il denaro che vi porta il vostro promesso sposo è come l’aria che salva la vita di chi stava già soffocando per qualche momento ancora, ma non basterà a lungo.”
“Alla mia incoronazione il Tesoro traboccava d’oro.” Arcil rifiutava di accettare la realtà. “Come avete potuto permettere che accadesse una cosa simile?”
“Il maestro del conio si limita a trovare i fondi necessari.” Varis si strinse nelle spalle. “I principi e i suoi cavalieri li spendono.”
“Non posso credere che il mio tesoriere abbia permesso ai mercanti e ai banchieri di ridurre il principato a mendicare!”
Il gran maestro Thargarion scosse il testone calvo. “Il vostro tesoriere è stato un uomo prudente, ma temo che la vostra maestà non sempre presti orecchio ai suoi saggi consigli.”
“La vostra reale maestà adora l'esercito, e non disdegna tornei e festini” precisò Faravorn “e detesta tutto ciò che il vostro tesoriere definisce ‘coniare monete’ ”.
“Parlerò io con sua altezza il Sovrintendente Arakhon” affermò Arcil. “Questo torneo è una stravaganza assurda, qualcosa che il principato non può permettersi, ed è la proposta di un nostro nemico.”
“Parlate pure con il vostro promesso sposo” ribatté Faravorn. “Noi dovremo comunque pianificare questa stravaganza assurda.”[/SIZE]
“Lo faremo un altro giorno” rispose Arcil.
Aveva parlato con tono brusco, forse troppo, a giudicare dalle occhiate degli astanti. Non era più solo Arcil Pharazir di Nindamos, questo doveva ricordarlo in ogni istante. Presto sarebbe stata Arcil Eshe Nindamos. Da quel momento in poi, sarebbe stata solo una prima tra eguali.
“Perdonatemi, miei signori” disse in tono più conciliante. “Sono molto stanca. Sospendiamo la seduta, per oggi, e riprendiamola quando tutti saremo in forma migliore. Devo portare queste notizie così importanti al Sovrintendente Arakhon.”
Non chiese e non attese il loro consenso. Si alzò senza aggiungere altro, fece un cenno di commiato con il capo e uscì, accompagnata da Aginor.
Da “Il Trono di Spade” di George R.R. Martin
[SIZE=2]** you do not have permission to see this link ** Arcil[/SIZE]
[SIZE=2]“Menzogne” disse Arcil piena di stizza. “Solamente menzogne. Sentire le tue storie non è per niente una delle mie cose preferite. Le mie preferite sono quelle nelle quali la tua gente viene incatenata e muore. Non mi fai paura”.[/SIZE]
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[SIZE=2]Fuori ci fu del trambusto. Arcil si volse a osservare dalla finestra. Aginor, seguito da due uomini dell’Ordine, stava andando verso il corpo di guardia, rapido, ma la finestra era orientata in un’altra direzione, così Arcil non poté vedere che cosa stava accadendo. Si batté una mano sulla coscia, frustrata.[/SIZE]
** you do not have permission to see this link ** [SIZE=2]Morani[/SIZE]
[SIZE=2]“Oh, mia piccola bambina dell’estate” disse delicatamente Morani. “Che cosa sai tu della paura? La paura viene con l’inverno, mia piccola principessa, quando la neve cade e si ammucchia sulle vostre case, quando i venti gelidi ululano dal nord. La paura appartiene alla Lunga Notte, quando il sole nasconde il proprio viso per anni e anni. La Lunga Notte nella quale, in tenebra senza fine, nascono e vivono e muoiono cose che non hanno nome, e gli Uomini diventano scheletri per la fame, e ombre bianche camminano nelle foreste.”[/SIZE]
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[SIZE=2]“Vuoi dire gli elfi” disse Arcil, con voce fredda. “Ombre bianche di elfi”.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Gli elfi, anche gli elfi, sì. Perché no. Le foreste sono la nostra casa, la casa che voi avete invaso. Centinaia, migliaia di anni fa per te, ci fu un inverno così freddo e così eterno come mai se ne erano visti, e l’Uomo non può averne memoria. Ma io lo ricordo molto bene. Ci fu una notte che durò un’intera delle vostre generazioni. Nei castelli, i vostri re tremavano e morivano, come gli animali nelle stalle. Piuttosto che guardarli morire, le vostre donne soffocavano i loro bambini. E poi piangevano, sentendo le lacrime congelarsi sulle guance”. [/SIZE]
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[SIZE=2]La voce di Morani si dissolse nel silenzio, assieme al ticchettio della pioggia d’estate. Osservò Arcil con occhi distanti, velati. [/SIZE]
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[SIZE=2]“E allora, mia principessa” le chiese “è questa una delle storie che ti piacciono?”[/SIZE]
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[SIZE=2]“Che cosa vuoi da me, Elfo?” Arcil avrebbe voluto scacciarla, ma era di colpo piena di riluttanza. “Hai salvato la vita di Arakhon e la mia; per questo, hai la mia gratitudine, e la libertà. Di fronte al re Elessar non hai fatto menzione di ciò che i miei soldati ti hanno fatto; per questo, hai il mio rispetto. Ciò non fa di te, Elfo, una compagnia gradita. A dire il vero non so neppure perché io ti abbia permesso di entrare, e ti stia ascoltando”.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Arakhon chiama Tenebra il vostro avversario. Parla di morte, di oscurità; di cose create da uno stregone corrotto dal Male, un negromante capace di leggere nella sapienza antica e di chiamare al suo fianco la stessa Morte. Un negromante più forte del Fuinur che hai falsamente sconfitto. Non credevi alle parole di Arakhon, del figlio di mercanti, ma ora non è più così. Per questo, adesso ascolti”.[/SIZE]
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[SIZE=2]Provava collera nei confronti di Morani; per il modo in cui le si stava rivolgendo, per il fatto stesso di esistere e di essere di fronte a lei. Per qualche motivo, tuttavia, non riusciva a decidersi. Il dubbio. Sottile; sempre più forte.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Fu dalle tenebre che vennero per la prima volta” continuò l’elfo. “Vennero dall’Est. Cose antiche, cose fredde e morte. Create dai servi di Morgoth; anche se noi, allora, non conoscevamo il suo nome. Odiavano il ferro, il fuoco e il tocco del sole. Odiavano tutte le creature nelle cui vene scorresse sangue. Avanzarono a devastare villaggi e città e regni cavalcando cavalli pallidi. Le loro armate di morte distrussero molti eroi, molti grandi eserciti. Nulla poterono le spade degli Uomini. In loro non c’era pietà neppure per le giovani madri e per i piccoli al loro seno. Diedero la caccia alle vostre donne nelle foreste congelate. Nutrirono i loro morti servi con la carne dei vostri figli”.[/SIZE]
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[SIZE=2]La voce di Morani si abbassò fino a un sussurro. Arcil si stupì di ritrovarsi protesa in avanti per poter continuare a udire.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Erano i tempi prima della venuta dei Valdacli, molto prima che Sauron, attraverso il Mare, fosse portato alla vostra isola. E le centinaia di regni di quei giorni erano i regni dei Primi Uomini, che avevano preso le terre appartenenti ai figli della foresta. Eppure qua e là, nel fitto dei boschi, i Figli della Foresta continuavano a vivere nelle loro città di legno, nelle loro colline percorse da gallerie, e i Volti negli Alberi continuavano a montare la guardia. Così, mentre il freddo e la morte dilagavano sulla terra degli Uomini, l’ultimo degli eroi intraprese un viaggio alla loro ricerca. Sperava che l’antica magia dei Figli della Foresta potesse restituirgli le armate che aveva perduto; sperava che la loro sapienza potesse aiutarlo a sconfiggere la Tenebra che adorava i Tre: Creatore, Conservatore, Distruttore. Altri dei. Con una spada, un cavallo, un cane e una dozzina di compagni si avventurò nelle terre morte. Per anni andò avanti a cercare, l’ultimo degli eroi. Cercò e cercò, fino a quando cominciò a disperare di riuscire mai a trovare i Figli della Foresta e le loro città segrete. Il Male si mise sulle sue tracce, dandogli la caccia con branchi di pallidi ragni, grossi come mastini. Uno dopo l’altro, i suoi compagni morirono. La lama della sua spada si congelò al punto da spezzarsi quando cercò di usarla …”[/SIZE]
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[SIZE=2]Bang! Arcil sussultò e il cuore le balzò in gola, ma era stata la porta, solamente la porta a sbattere. Aginor era sulla soglia, con la sagoma gigantesca di Holor sulla scala alle sue spalle.[/SIZE]
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[SIZE=2]“Abbiamo visitatori.” Aginor non sorrideva; guardava Morani. “È richiesta la vostra presenza, principessa.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Chi sono?” chiese Arcil.[/SIZE]
[SIZE=2]“Tirion, della Confraternita dei Guardiani. Porta risposte al vostro messaggio.”[/SIZE]
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[SIZE=1]Da “Il Trono di Spade” di George R.R. Martin[/SIZE]
[SIZE=2]“Signora, vi imploro: riflettete su quello che il cavaliere Barathon sta dicendo!” supplicò Agrahil. “Stiamo parlando di assassinare una bambina!”[/SIZE]
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[SIZE=2]Agrahil[/SIZE]
[SIZE=2]“La puttana è incinta!” Il pugno massiccio del cavaliere si abbatté sul tavolo del Concilio con uno schianto tonante. “Io vi avevo avvertita, Arcil. Il giorno della sua investitura, ricordate? Vi avevo detto che questo sarebbe accaduto, ma voi vi siete rifiutata di ascoltare. Ebbene, adesso ascolterete. Il figlio della puttana è stato concepito prima della morte di Valandor, e quindi, se lei partorisse un bel maschio, rimetterebbe tutto in discussione. Voi, la vostra reggenza sul Sud e tutto quanto. Ho investito tutto il mio denaro e la mia faccia su di voi, Arcil, dopo che mi avete chiesto sostegno per Arakhon, e non lo perderò. Voglio Idrivane Hamina morta, lei e il suo bambino, e voglio morto anche quell’idiota di Faravorn che non ci ha avvertiti in tempo. Mi sono spiegato con sufficiente chiarezza? Li voglio morti! Tutti quanti!”[/SIZE]
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[SIZE=2]Barathon[/SIZE]
[SIZE=2]Gli altri membri del Concilio Ristretto stavano mettendocela tutta per fingere di trovarsi altrove. Erano di certo più saggi di Barathon, nessun dubbio. In poche altre circostanze Arcil si era sentita così sola. Agrahil stava continuando a rivolgersi a lei. [/SIZE]
[SIZE=2]“Se compiremo un simile atto, Arcil, saremo disonorati per sempre.”[/SIZE]
[SIZE=2]“È il mio onore, Agrahil, non quello di Nindamos”, urlò Barathon. “E non sono cieco al punto da non vedere l’ombra dell’ascia pronta a calare sul mio collo.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non c’è nessuna ascia: c’è solamente l’ombra di un’ombra, lontana trent’anni da adesso.” Agrahil scosse il capo. “Se poi quest’ombra esiste realmente.”[/SIZE]
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[SIZE=2]Carridin[/SIZE]
[SIZE=2]“Se?” intervenne Carridin in tono suadente. “Mio signore, tu mi sminuisci.” Le sue dita incipriate s’intrecciarono. “Porterei forse menzogne alla mia principessa e al Concilio, dopo aver rischiato così tanto per venire qui?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Quello che porti, mio signore, sono i bisbigli di un traditore, raccolti all’altro capo delle Colonie.” Agrahil squadrò Carridin con occhi glaciali. “E forse Beraid si sbaglia. Forse mente. L'ha già fatto.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Beraid non oserebbe ingannarci ora.” C’era un sorriso mellifluo sul volto di Carridin. “Conta sulle sue informazioni, mio signore. La principessa è veramente incinta. Del padre, presumibilmente … ma non lo potremo mai provare, e si troverà senz’altro un nobilotto compiacente, pronto a confermare di averla inforcata e a discolpare la memoria di Valandor.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Questo è quanto dici tu” insisté Agrahil. “Ma se ti sbagli, non c’è nulla da temere. Se proviamo che il padre è Valandor, non c’è nulla da temere. Se la ragazza perde il bambino, non c’è nulla da temere. E se genererà una femmina invece di un maschio, non c’è nulla da temere. Infine, se il bambino muore durante l’infanzia, non c’è nulla da temere.”[/SIZE]
[SIZE=2]“E se invece fosse un maschio?” lo contraddisse Arcil. “Se sopravvivesse?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Tra loro e noi continuerebbero a esserci le montagne” si ostinò Agrahil. “Io comincerò ad aver paura del Nord il giorno in cui insegneranno ai Valdacli a volare oltre Fiammanera.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Quindi tu mi consigli di non fare nulla finché la genia di Valandor non avrà fatto marciare un’armata d’invasione sulle mie terre?” chiese lei.[/SIZE]
[SIZE=2]“La genia di Valandor si trova ancora nel grembo di sua madre. Neppure il Conquistatore osò muoversi da Numènor prima di aver generato eredi.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Per gli dei, Agrahil! Sei più testardo di un bue!” Barathon lanciò un’occhiata di fuoco sugli altri membri del Concilio. “E voialtri? Vi siete inghiottiti la lingua? C’è nessuno che farà ragionare questo pazzo?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Io mi rendo conto delle tue ritrosie, principessa.” Carridin elargì ad Arcil un sorriso untuoso e posò una delle sue mani soffici sulla manica di Agrahil. “Realmente mi rendo conto. Credimi, portare una simile notizia al cospetto del Concilio non mi arreca alcuna gioia. Ciò che stiamo contemplando è una cosa terribile, una cosa … orrida. E tuttavia a noi, cui che è demandato il dominio, è parimenti demandato il dovere di compiere orridi atti in nome del bene dei Valdacli, per quanto dolorose possano essere queste decisioni.”[/SIZE]
[SIZE=2]“A me il problema sembra abbastanza semplice.” Alisar alzò le spalle. “Avremmo dovuto far uccidere Valandor e la sua famiglia anni fa, ma sua maestà Daroc commise l’errore di dare retta al suo nobile cuore.”[/SIZE]
[SIZE=2]“La misericordia non è mai un errore, Alisar” ribatté Agrahil. “Contro Ardor, sul Tridente, Valandor abbatté una dozzina di guerrieri Fuinar che minacciavano Daroc. Quando lo portarono da lui, ferito e prossimo alla morte, Daroc disse: ‘Non dimenticherò quest’uomo, ricorderò sempre la sua lealtà e il modo in cui ha combattuto valorosamente’, e poi mandò da lui il suo personale maestro guaritore.” Agrahil spostò sulla principessa uno sguardo privo di calore. “Il sangue dell’uomo che disse quelle parole è ancora qui, oggi?”[/SIZE]
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[SIZE=2]Arcil[/SIZE]
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[SIZE=2]“Non è la stessa cosa, Agrahil.” Arcil era a disagio. “Valandor Hamina era un cavaliere della Guardia Bianca, allora.”[/SIZE]
[SIZE=2]“E Idrivane Hamina è una ragazzina di quattordici anni.” [/SIZE]
[SIZE=2]Agrahil era consapevole di stare oltrepassando tutti i limiti, ma non avrebbe taciuto. “Così io vi chiedo, Arcil: per quale ragione prendemmo le armi contro Ardaniel, figlia di Ardana la regina Folle, se non per porre fine all’assassinio di bambini?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Per porre fine agli Elfi!” disse sottovoce Arcil.[/SIZE]
[SIZE=2]“Principessa, non mi risulta che tu abbia mai avuto paura degli Elfi.” Agrahil compì uno sforzo per evitare che la repulsione trapelasse nella sua voce, ma fallì. “O forse sentite già la corona dei Valdacli sulla vostra testa, e al pensiero di perderla tremate per l’ombra di un bambino che ancora deve nascere?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Attento, Agrahil.” Arcil, rossa in viso, gli puntò contro l’indice. “Non un’altra parola. Hai dimenticato chi sono e chi rappresento, qui dentro?”[/SIZE]
[SIZE=2]“No, principessa. Forse sei tu ad averlo dimenticato.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ora sono io a dire: basta!” urlò Arcil. “Ho la nausea delle parole. Che venga presa una maledetta decisione e che sia finita! Forza, voi, idioti, parlate!”[/SIZE]
[SIZE=2]“Dev’essere uccisa” dichiarò Barathon.[/SIZE]
[SIZE=2]“Non abbiamo scelta” mormorò Carridin. “È triste, molto triste.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Principessa, c’è onore nell’affrontare il nemico sul campo di battaglia.” Gli occhi azzurro chiaro di Barelion si levarono su Arcil. “Ma non c’è nessun onore nell’assassinarlo quando ancora si trova nel ventre di sua madre. Perdonami, ma devo schierarmi con Agrahil.”[/SIZE]
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[SIZE=2]Teldion Arador[/SIZE]
[SIZE=2]Il tesoriere Teldion si schiarì la gola, un’operazione di elevata complessità che parve richiedere molto tempo. “Il mio ordine serve il reame, non chi regna. Un tempo consigliai Daroc con la stessa lealtà con la quale ora consiglio la principessa Arcil. Non auguro alcun male a questo bimbo non ancora nato. Tuttavia mi chiedo, e vi chiedo: dovesse la guerra tornare a infuriare, quanto soldati morranno? Quanti figli verranno strappati alle loro madri per morire sulla punta di una picca?” [/SIZE][SIZE=2]Con infinita tristezza, con infinita cautela, Teldion si accarezzò la punta della sua barba bianca. “Non è forse più saggio, addirittura più pietoso, che Idrivane Hamina muoia adesso, così che decine di migliaia vivano?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Si, pietoso” concordò Carridin. “Oh, tesoriere, quale verità hai detto. Se gli dei, nei loro capricci, dovessero concedere un figlio a Idrivane Hamina, il reame ne sarebbe certamente insanguinato.”[/SIZE]
[SIZE=2]Alisar non aveva ancora parlato. Sotto lo sguardo penetrante di Agrahil, soffocò uno sbadiglio. “Quando sei a letto con una donna brutta, la cosa migliore è chiudere gli occhi e fare ciò che va fatto” dichiarò. “Anche a prendere tempo, la sua bruttezza non andrà via. Dalle un bacio e che sia finita.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Un bacio?” Il capitano Barelion era senza fiato.[/SIZE]
[SIZE=2]“Il bacio dell’acciaio” precisò Alisar.[/SIZE]
[SIZE=2]“Ecco fatto, Agrahil”. Barathon si rivolse al Primo Cavaliere. “Tu e Barelion siete le uniche voci discordanti. Accadrà al torneo. L’unico problema che rimane è chi mandare a ucciderla.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Beraid non attende altro che il perdono” ricordò Carridin.[/SIZE]
[SIZE=2]“Disperatamente” aggiunse Alisar. “Ma è stato portato via e mandato con Elessar, e ci tiene a restare in vita ancora più disperatamente. In questo momento, la principessa è protetta dall'autorità di Ostelor, dove la pena per chiunque sfoderi una lama e sia al di fuori dell’Ordine è la morte.” Si accarezzò una guancia incipriata. “Il veleno … le Lacrime di Lis, per esempio. Non si saprà mai che non è stata una morte naturale.”[/SIZE]
[SIZE=2]Le palpebre pesanti del tesoriere Teldion si spalancarono di scatto. Scoccò ad Alisar uno sguardo pieno di sospetto.[/SIZE]
[SIZE=2]“Veleno?” borbottò Barathon. “È un’arma da codardi.”[/SIZE]
[SIZE=2]Agrahil ne ebbe abbastanza. [/SIZE]
[SIZE=2]“Parli di mandare qualcuno a tagliare la gola a una ragazzina di quattordici anni e poi disquisisci sull’onore?” Spinse indietro lo scranno, e si alzò. “Vacci tu a tagliarle la gola, di persona. L’uomo che pronuncia la sentenza dovrebbe anche eseguirla. E guardala dritto negli occhi, quando la sgozzerai. Guarda le sue lacrime, ascolta le sue ultime parole. Direi che tu le devi almeno questo.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Per la Luce!” bestemmiò Arcil, la furia repressa a stento. “Tu parli sul serio, maledetto te!” Brancolò alla ricerca della caraffa di vino accanto al suo gomito, la trovò vuota e la scaraventò contro il muro facendola scoppiare in mille pezzi.[/SIZE]
[SIZE=2]“Il mio vino è finito, e anche la mia pazienza. Agrahil, lo faremo e basta. Non avrò alcuna parte attiva in questo assassinio, Barathon. E voi tutti. Comprendo le ragioni che avete esposto. Fate pure quello che volete; obbedirò alla decisione del Concilio dell’Ordine, e rimarrò vincolata al giuramento del segreto, ma non chiedete di apporvi il mio sigillo o quello di Nindamos. Fatelo in vostro nome, inventatevi un motivo. Non voglio saperne più nulla. Vi auguro ogni successo.”[/SIZE]
[SIZE=2]Arcil fece un leggero inchino, si voltò alzandosi dallo scranno e se ne andò senza un’altra parola, scortata da Alisar. Alle sue spalle, pressoché senza soluzione di continuità, la discussione riprese. [/SIZE]
[SIZE=2]“Nelle città di Ormal” propose Barathon “esiste la società degli Uomini senza Faccia.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Un momento, un momento” esclamò Teldion. “Potremmo assoldare un intero esercito di mercenari per la metà della tariffa degli Uomini senza Faccia. E questo solo se dovessero uccidere qualche mercante. Neppure oso pensare quanto chiederebbero per una principessa …”[/SIZE]
[SIZE=2]Nel superare il cortile, l’aria le parve essersi fatta di colpo pesante, oppressiva. Si percepiva il sentore della pioggia. Arcil non avrebbe chiesto di meglio: l’avrebbe fatta sentire meno sudicia. [/SIZE]
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[SIZE=2]Idrivane Hamina[/SIZE]
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[SIZE=1]Da “Il Trono di Spade” di George R.R. Martin[/SIZE]
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