Interludio: Gli Ultimi (Bar Araphor e Ostelor, nov 75QE) | Terra Di Mezzo | Forum

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Interludio: Gli Ultimi (Bar Araphor e Ostelor, nov 75QE)
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Novembre 9, 2008 - 10:41 pm

[SIZE=2]Il terzo giorno dopo il suo ritorno dal Menelcarca, Nirien si recò dal Re. Eäromä stava immobile sul suo seggio, in attesa; guardava la fanciulla e aveva paura: Nirien era mutata, il suo volto s’era fatto grigio, freddo, ostile, come accade al mare quando il sole all’improvviso è velato da opache nuvole. In piedi di fronte al Re, Nirien parlò lentamente, con tono di disprezzo più che di timore.[/SIZE]

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[SIZE=2]Nirien[/SIZE]

[SIZE=2]“Quale sia stata la mia parte in tutto questo, tu lo sai benissimo” gli disse. “Ho tradito la tua fiducia. Ma un Re dovrebbe tener conto delle capacità di sopportazione di un Elfo, ancorché questi sia un suddito, anzi della sua stessa famiglia. Se volevi mettermi di fronte ai miei limiti, hai scelto bene la tua pastoia. Borgil è forse morto a Ny Chennacatt ormai, ed Elendil al quale volevo dare me stessa non è più per me. Nielval e gli uomini che mi avevi affidato sono perduti, e adesso non ho né compagni né amore residuo per questa terra. Me ne andrò dai miei boschi dove non potrei provare che vergogna per ciò che ho fatto e dove non incontrerei altro che umiliazione. Lotterò per la libertà e la luce altrove, contro coloro che sono stati causa di tutto questo, e cercherò di riscattare il mio nome. Del mio retaggio, questo solo domando: che mi siano accanto i compagni che vennero nella Fortezza Oscura, se lo desidereranno e se vorrai separarti da loro. Prenderei con me anche mio figlio, se fosse più grande; ma l’affiderò a mia madre. A meno che tu non ami infliggere dolore, non vorrai impedirmelo, né tollererai che al bambino venga detto male di me, o che cresca fra di voi in un’atmosfera di fredda insolenza e disprezzo per il suo sangue. Mio figlio è del lignaggio dei Sindar, e nessun altro discendente avrò. Ho deciso. E adesso me ne andrò.”[/SIZE]

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[SIZE=2]Eäromä [/SIZE]

[SIZE=2]Fino a quel momento Eäromä era rimasto seduto ad ascoltare, gli occhi bassi, immobile. Ma a questo punto sospirò, alzò gli occhi e disse con tono triste: “Nirien, il Re direbbe che anche tu mostri fredda insolenza e disprezzo per quelli del tuo sangue, e che tu stessa ti sia già condannata senza speranza e senza aver udito altre ragioni; ma tuo cugino, che ti ama e che per te soffre, te lo perdona. Se Borgil è morto non è stato solo per te. La colpa non è tua se non in quanto fino all’ultimo momento non hai compreso i loro propositi. Ma per ciò che hai dovuto soffrire, e, ahimè, troppi adesso ne parlano, sappi che la responsabilità è anche tua. Hai amato Elendil con sincerità, e siccome i nostri cuori hanno la stessa propensione, ho capito che ti è toccato sopportare molte durezze e che non sei riuscita. Ora però tutto è divenuto chiaro, sebbene, posto che tu sia disposta a udire altro, oserei dire che in un primo momento a guidarti è stato anche il tuo piacere. E può darsi che le cose sarebbero andate altrimenti se avessi fatto ciò che ti avevo detto di fare. Una punizione è giusta".[/SIZE]

[SIZE=2]“Il Re”, disse Eäromä, “ha riflettuto a lungo su queste questioni durante i giorni, in apparenza lunghissimi, da quando sei giunta. Ha letto lettere giunte da est il cui tono è di gravità e preoccupazione. Ti ha ascoltata con attenzione e rispetto. Al terribile Alatar che ci minaccia si somma ora un Ombra persino più scura, che nasce dai nostri stessi cuori e germoglia là dove ha già trovato terreno fertile in passato. Quella pianta che credevamo per sempre sradicata ha lasciato un seme in Ardor, e quel seme ora vuole avvelenarci. Ahimè! Alla tua preghiera e al tuo desiderio di cercare pace altrove, il Re deve opporre un no. Non può fare altrimenti, sulla scorta della sua visione dei pericoli impliciti in entrambe le scelte: prepararsi o non prepararsi a una guerra che non potrà non versare sangue di nostri fratelli. Rimarrai qui”.[/SIZE]

[SIZE=2]Nirien abbassò gli occhi, e fece per andarsene. Ma Eäromä levò una mano per richiamare l’attenzione, e riprese: “Ciononostante il Re, sebbene abbia ormai compreso molto degli Elfi e degli Uomini, non ha la certezza che il suo modo di vedere le cose basti a permettergli una giusta decisione in materia di tanta portata e così rischiose”. Fece una pausa e, presa una pergamena, scrisse di suo pugno e lesse ad alta voce quanto segue:[/SIZE]

[SIZE=2]Laonde per cui: in primo luogo in segno di onore per Nirien di Aingalad; e in secondo luogo in nome di una miglior guida del regno in questioni che lei meglio comprende, il Re ha deciso di inviarla da questo momento presso Valandor Hamina, del quale diverrà pertanto voce di consiglio e sarà principessa e presso il quale dimorerà fin tanto che diversa decisione sarà proclamata [/SIZE]

[SIZE=2]“Quando la decisione sarà annunciata” riprese Eäromä “a tutti sarà reso noto il mio pensiero circa la situazione attuale e ciò che intendo fare. Ti porrà al di sopra del disprezzo; e affrancherà i tuoi poteri, in modo che altre perdite sembrino più facilmente sopportabili. Conosci gli Uomini; sai di loro, sai dei Valdacli e di ciò che fecero, e di quanto poco potrebbe bastare perché tutto inizi di nuovo. A Valandor, una volta che tu sia principessa, dirai e risponderai come sembrerà opportuno a te. Questa sarà la tua punizione”.[/SIZE]

[SIZE=1]Da "Racconti Incompiuti di Nùmenor e della Terra di Mezzo", di J.R.R. Tolkien[/SIZE]

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Novembre 21, 2008 - 10:05 pm

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[SIZE=2]Eäromä di Valagalen[/SIZE]

[SIZE=2]Terilaen dei Fuinar, re di Valagalen, membro del Concilio dei Sette e quindi dell’Alleanza dei Valdacli, venne assassinato nel 2995 della Terza Era a Taaliraan, nei dintorni di Kirnak, dove si trovava, assieme ad Araphor, Phorakhon e Seregul, per presenziare al secondo incontro nel quale i più potenti dei Valdacli discussero in merito alla possibile guerra contro i Noldor di Ardor. Pochi giorni dopo, Seregul annunciò di aver catturato e giustiziato gli assassini di Terilaen, e mostrò al mondo i loro corpi: erano corpi di elfi, e l’annuncio di Seregul, assieme al dolore che Araphor provò per la perdita di un amico e alleato politico, spinse lei stessa e subito dopo Phorakhon ad appoggiare le intenzioni offensive del Valdaclo nei confronti della Corte di Ardor stessa. [/SIZE]

[SIZE=2]I Valdacli prepararono la guerra, che scoppiò terribile e devastante pochi mesi dopo, e trascinò la Corte di Ardor e la regina Ardaniel, figlia di Ardana, nella distruzione e nell’oblio. Ma gli elfi di Valagalen non marciarono contro i loro fratelli di sangue dell’est; alla morte di Terilaen seguì infatti un periodo nel quale i Fuinar di Aingalad e Metharn, pieni di sospetti nei confronti dei Valdacli stessi, si ritirarono nelle loro foreste impedendo agli Uomini di accedervi. Il Concilio di Aingalad, composto da Fuinar e Sindar, governò il Valagalen fino all’anno 51 della Quarta Era, ben dopo la fine della Corte, la caduta del Signore degli Anelli e la vittoria di Elessar Telcontar a nord; durante questo periodo molti elfi scampati alla guerra di sterminio dei Valdacli, fra i quali Lariessé, Alalethien, Cuthalion e Maité, si rifugiano nei boschi attorno alla casa di Terilaen. I cuori dei Fuinar, che pur comprendevano la profonda malvagità della Corte, di fronte all’inaudita violenza dei quali furono testimoni, diventarono freddi nei confronti dei figli di Nùmenor, e dei Bianchi in particolare.[/SIZE]
[SIZE=2]L’isolamento degli elfi silvani di Valagalen terminò nell’anno 53, quando il Concilio di Aingalad, dopo aver ricevuto missive da parte di Arwen Undomièl, figlia di Elrond Mezzelfo, e numerose visite da parte di Valandor Hamina e degli ambasciatori di Gondor, decise di riallacciare le relazioni con gli antichi alleati Valdacli minacciati dalla Teocrazia, e di eleggere re Eäromä, nato sul finire del 2800 della Terza Era da Nernis, sorella di Terilaen, e da Calimdir di Metharn. [/SIZE]

[SIZE=2]Eäromä, amico degli Uomini dopo esser stato da ragazzo molto vicino ad Araphor e spesso suo ospite, avventuroso e straordinariamente intraprendente, rappresentante della classe sociale più alta dei Fuinar, era quindi di nobili natali e influente anche presso altre famiglie ed enclave degli elfi del Sud. Totalmente dedito ai Valar e alle pratiche religiose della sua terra, nonché assai versato nello studio della storia di Nùmenor e Gondor, Eäromä temeva e insieme ammira la supremazia militare dei Valdacli, della quale aveva avuto modo di rendersi conto da giovane visitando le terre di Usakan subito dopo la caduta della Cittadella, dove si era recato in veste di inviato per chiedere il rilascio di alcuni Fuinar di rango inferiore non legati alla regina Ardaniel e imprigionati per cose di poco conto. [/SIZE]

[SIZE=2]Eäromä era un pragmatista, convinto che la resistenza al cambiamento e all’avanzare dell’Età degli Uomini non avesse alcun senso. Il suo realismo contrastava nettamente con il fatalismo mistico di molti altri capi degli elfi e con la politica fredda di uomini come Valandor Hamina e Beleridan. [/SIZE]
[SIZE=2]Il suo lignaggio e l’innegabile ingegno fecero di lui un capo militare naturale, benché riluttante, della guerra dell'anno 74 contro i Valdacli Bianchi stessi, le cause della quale non vengono completamente chiarite dalle sue lettere e dai suoi resoconti. Non aveva alcuna simpatia per Seregul e i Valdacli che gli erano succeduti, come Nindamos, che, per quanto talvolta alleati di Gondor, coerentemente definiva banditi, sanguinari e addirittura blasfemi profanatori della fede in Ilùvatar. Il suo sdegno non erano tanto l’attitudine di un nobile arrogante e reazionario, o di un fanatico, quanto quello di un re profondamente colpito dalla calamità che si abbatté sulla sua terra, sul suo popolo e sui suoi amici, e che sentiva essere l’eredità del male di Sauron e un presagio della fine del suo lignaggio.[/SIZE]
[SIZE=2]Eäromä cercò strenuamente di trovare una mediazione che fosse in grado di soddisfare sia le necessità di Gondor e le aspirazioni di Valandor Hamina, sia la dignità e l’integrità del modo di vivere dei Valdacli Bianchi e degli elfi. Egli si oppose al proseguimento della guerra contro Ostelor e, nel clima di terrore che seguì la sconfitta di Ar-Venie Eshe ad Alsarias, fermò qualsiasi pretesa di rivalsa e di vendetta dei Valdacli del Nord nei confronti dei Bianchi e delle città della costa. Il consiglio di guerra voleva che Eäromä schiacciasse subito Ostelor per rivolgere poi le armi a sud, mentre Valandor fingeva di trattare per una tregua con Arpel; invece, Eäromä si occupò principalmente di abbindolare e mettere a tacere quelli che lo sospettavano di avere motivi nascosti per proteggere i Valdacli Bianchi, mentre mandava messaggi a Elessar Re di Gondor e proteggeva i confini della Piana di Maldor dagli Orchetti di Ny Chennacatt. [/SIZE]

[SIZE=2]Ciò nondimeno, alla fine, dopo la morte del fratello Borgil, fu trascinato, da eventi che non avrebbe potuto prevedere e dalla ricomparsa di un nemico che credeva sconfitto per sempre, in una parvenza di guerra risolutiva contro Ostelor e Rò Mollò. Egli attirò l’esercito rimasto fuori dalla città con l’aiuto della magia, con l’appoggio di spie infiltratesi fra i Valdacli e con una varietà di ingegnosi stratagemmi. Quando la città si arrese, nell’inverno dell’anno 76, dopo aver negoziato la sua indipendenza da Valandor e insediato un Sovrintendente in attesa del legato di Gondor che l’avrebbe governata, Eäromä si preparò a fronteggiare la rinata Corte di Ardor, con molti dubbi nella mente e molto dolore nel cuore. [/SIZE]

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Gennaio 3, 2009 - 5:37 pm

[SIZE=2]Bar Araphor (Miredor), gennaio dell'anno 76 della Quarta Era[/SIZE]

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Tuija[/SIZE]

[SIZE=2]Con una mano appoggiata sull’elsa della spada e l’altra che teneva la lancia verde e nera alla quale si appoggiava per camminare, Tuija ignorò la voglia di scappare di corsa verso gli accampamenti attorno a Bar Araphor, dai quali si era allontanata per quella stupida passeggiata, e continuò ad ascoltare.[/SIZE]

[SIZE=2]“A volte”, disse l’Elfo, “è difficile riuscire a cogliere la differenza fra sé stessi e i propri nemici. I Valdacli sembrano voler possedere il mondo, ma a quanto pare non possiedono ancora il loro stesso popolo.”[/SIZE]

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[SIZE=2]Eirbé di Ardor[/SIZE]

[SIZE=2]Girandosi, Tuija fissò la nuova venuta in quel modo che aveva imparato alla corte di Morija, finché quel sorriso che non arrivava agli occhi svanì dal suo volto. Eirbé, così si chiamava, cercò di sedersi più diritta. Dopo un momento, proseguì, così piano che Tuija dovette tendere le orecchie per sentire tutto.[/SIZE]

[SIZE=2]“Ci sono molte opinioni diverse su quello che accadrà, Tuija, e i sapienti sono spesso silenziosi, come se non conoscessero la verità. Alcuni sostengono che lo spegnersi del nostro popolo è l’espiazione di quanto i nostri avi commisero quando … vennero meno agli insegnamenti dei Valar. Io non lo so.”[/SIZE]

[SIZE=2]L’esitazione nella voce di lei la stupì. Tuija non aveva mai pensato che un Elfo potesse essere preoccupato come qualsiasi altro uomo per ciò che aveva rivelato sul suo passato. Forse la vergogna c’entrava di più della preoccupazione. La vergogna era un elemento importante per gli Elfi, le aveva detto Tara. Gli Elfi si vergognavano per ciò che era accaduto in qualche epoca remota, e allo stesso tempo per aver abbandonato il mondo a sé stesso per tanto tempo. Alcuni, come il re Eäromä, erano amici degli Uomini anche per quello.[/SIZE]

[SIZE=2]“In troppi abbiamo sentito alcune versioni o parti delle profezie che annunciavano la caduta della nostra Corte” proseguì Eirbé in tono più controllato, come se lei stessa, nonostante la giovane età, le avesse ascoltate. “Sapevamo che i Valdacli ci avrebbero distrutti …” Il controllo sembrò venire meno e lei trasse un lungo respiro. “Molti credono che continueranno a ucciderci in una infinita danza di spade, un sacrificio per espiare le colpe. Altre sostengono che il ritorno stesso di re Fuinur è una prova, e serve a liberarci dagli elementi più deboli prima dell’Ultima Battaglia. Ho anche sentito Maité affermare che Ardor adesso è il sogno di un potente, e quando egli si sveglierà da questa vita noi non esisteremo più.”[/SIZE]

[SIZE=2]Opinioni piuttosto cupe. Come se non bastasse l’averle rivelato di questo misterioso Morgil che voleva parlarle di nascosto a re Eäromä, e un passato decisamente terribile. Era una meraviglia che se ne stesse ancora là ad ascoltare. Forse Eirbé era una pazza. Ma Fuinur, anche se non poteva essere lo stesso, era un nome che Tuija conosceva.[/SIZE]

[SIZE=2]“Cosa pensi tu di questo tuo re Fuinur? Cosa pensano i tuoi sapienti?” chiese Tuija, anche lei in un sussurro.[/SIZE]
[SIZE=2]“Che quello che deve essere sarà. Salveremo ciò che possiamo salvare, Tuija dei Ghiacci. Non possiamo sperare in nulla di diverso.”[/SIZE]

[SIZE=2]Salveremo. Si era inclusa fra i sapienti, proprio come aveva sospettato. “Bé”, disse lei con leggerezza, “secondo me il tuo re si merita una tirata di orecchie, almeno così penso io. Forse anche re Eäromä lo crede. E di sicuro i Valdacli.”[/SIZE]
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[SIZE=2]“Fra le altre cose” mormorò Eirbé. “Con mio dispiacere. Credono molte cose che vorrei non credessero. Sei disposta, Tuija dei Ghiacchi, a parlare con il mio signore Morgil?”[/SIZE]

[SIZE=1]Da "I Fuochi del Cielo", di Robert Jordan[/SIZE]

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Gennaio 4, 2009 - 6:44 pm

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[SIZE=2]“Non ci dovrebbe essere contatto fra noi, Eirbé. Se non in modo estremamente casuale, di passaggio. Se necessario chiederò a sire Fuinur di guardarti. Credo si divertirebbe, ma dubito che sarebbe lo stesso per te.”[/SIZE]

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[SIZE=2]Eirbé fu scossa da brividi a quel pensiero. Improvvisamente il messaggio per sire Morgil non le sembrava più così urgente. Raccontò comunque di Tuija, di come non avesse risposto alla richiesta di parlare con Morgil e dell’interesse che quella stessa richiesta aveva destato presso il sire Eäromä, al quale Tuija si era rivolta.[/SIZE]

[SIZE=2]Maité scosse il capo stancamente. “Un’altra cosa di cui preoccuparsi. L’inverno più freddo che io ricordi. La fame in tutto il Geshaan. Una Sorella scomparsa nel Tuktan. Le incursioni dei Mumakani che stanno di nuovo aumentando sulle città di Hathor. Questi idioti che giocano a fare i re. I principi degli Uomini che litigano, alimentando i tumulti. Le nostre spie, incapaci di trovare un briciolo di verità nonostante tutto. Apparentemente predicano che il Re dell’Ovest è rinato in veste di un Valdaclo e cavalca un esercito di draghi che distruggerà l’Ombra del Sud” osservò incredula. [/SIZE]
[SIZE=2]“Anche le piccole cose sono brutte. La guerra nel Miredor ha interrotto i commerci con il nord e tutti stanno diventando irrequieti, dicono che Elessar di Gondor manderà un nuovo esercito. Molti dei vassalli dei Valdacli del Sud potrebbero anche essere deposti come conseguenza. Le sole buone notizie che ho sentito sono che Athanasios sta riuscendo a far breccia nella resistenza degli Arconti, in nostro favore, e l’imminente caduta di Ostelor ha richiamato i Valdacli che erano giunti a Tharin. Ma immagino che le buone notizie vadano bilanciate con le cattive. Vorrei solo che ci fosse un equilibrio. Leané aumenterà la guardia sulle loro Colonie. Non vedo che problemi potrebbe causarci adesso il ‘re dei Valdacli’, ma non voglio scoprirlo.”[/SIZE]

[SIZE=2]Rivolse quei penetranti occhi scuri su Eirbé. “Perché sei venuta nel mio Sogno sventolando le ali come un gabbiano spaventato? Morgil poteva aspettare. Ora è distratto, ma ti avrebbe ascoltato appena gli fosse stato possibile. Difficilmente troverà potere e gloria prima del tramonto.”[/SIZE]
[SIZE=2]L’eco dei propri pensieri indusse Eirbé a cambiare posizione a disagio. “Lo so” rispose. Le sopracciglia di Leané si sollevarono in segno di avvertimento, ed Eirbé aggiunse velocemente “Madre”. Maité annuì in segno di approvazione. “Questo non spiega perché, bambina” ribatté Maité.[/SIZE]
[SIZE=2]Eirbé s’irrigidì. “Madre, nulla di ciò che ho visto nel viaggio fino alla corte di Eäromä e presso il re stesso è stato molto importante. Sicuramente non ho visto nulla che ci indirizzi verso un alleato o una soluzione”. Dovette fermarsi per deglutire, sotto quello sguardo penetrante. “Madre, non c’è ragione perché io non debba riferire direttamente a sire Morgil, al contrario ci sono motivi per cui dovrei …”[/SIZE]

[SIZE=2]Maité tremò visibilmente. “Le tue impressioni mi sono state molto utili, Eirbé. Sei fedele all’Ordine prima che a Morgil, e a sua volta l’Ordine gli è fedele. Riferirò io in vece tua. Hai scoperto tu che la donna si trovava da Eäromä. E’ importante sapere di questa Tuija, se Morgil desidera sapere. No, non puoi andare da lui. Prima o poi i tuoi occhi e quelli delle altre Sorelle mi forniranno una mappa verso la ricostruzione di Ardor, e fino a quando non accadrà mi saranno comunque utili. La delizia di un gatto è la disgrazia di un topo. Ora parla, dimmi tutto ciò che conosci di lei.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Viene da una landa remota, a dieci giorni oltre il mare dell’Haragaer e la punta del Valagalen, che ha chiamato Same nella sua lingua. Una landa coperta dai ghiacci per più di metà del suo anno, che i Valdacli hanno più volte reclamato come colonia. Nacque poco più di vent’anni fa. Non sa da chi discende, perché fu allevata e cresciuta in una casa comune, dove si trovavano donne, ma è figlia di Uomini di quella stessa terra. Forse di un marinaio di nome Jennaberin, dal quale prese la costituzione robusta, e di una donna di quella casa comune dalla carnagione pallida e i fianchi stretti.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Morgil non ti crederà come non ti credo io. Ti sei ingannata, o l’astuzia di Eäromä ti ha ingannata celando la verità dietro a un mantello di menzogne. Una donna come quella che descrivi mai potrebbe muovere l’interesse di Morgil e Fuinur. Una donna senza natali, partorita per lo sfogo di un viandante. Perché mai dovrebbe avere qualcosa a che fare con i nostri scopi. Meglio perdere i tuoi servigi che vederti cadere in trappole di tale ingenuità, Eirbé.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Dovevo trovare un motivo per la sua presenza nel nostro destino, Madre” mormorò Eirbé “che non mi facesse pensare solo alle cose che dici e sembrare tutto così sbagliato, che non mi facesse desistere dallo scoprire ciò che sire Morgil mi aveva ordinato di cercare. La donna, Tuija, era semplice nei modi e poco intelligente. Pronta all’amicizia e al sorriso. E allora chiesi di più.”[/SIZE]

[SIZE=2]Lo schiocco secco del palmo di Maité battuto sul tavolo la fece fermare. “Obbedisci molto bene” osservò sarcasticamente. “Bambina, fino a quando non sentirò dalla tua bocca il contrario, supporrò che la tua obbedienza sia veramente a me. Prega che sia così”. Eirbé fu nuovamente scossa dai brividi. “Ricordatelo bene. Continua, ora. Giudicherò alla fine”.[/SIZE]

[SIZE=2]“Tuija conobbe sire Fuinur in quella stessa terra di Same. Fui sicura che mi stesse raccontando delle verità perché il sire stesso aveva menzionato quella landa di ghiacci e il suo confronto con Alatar, il Blu. Durante un inverno, cinque anni fa, Tuija si recò a una residenza di un ambasciatore dei Valdacli, nominato Aldor, e là ebbe inizio la sua storia con quelli che adesso conosce come i Compagni della Luna – essi sono Arakhon Re dei Valdacli, il principe Khalid venuto dal Profondo Harad, Suri principe del regno di Morija, Lal figlia del principe Mutamin del Dàr ed altri. [/SIZE]
[SIZE=2]Sire Fuinur, in quel tempo, non ricordava le sue origini e viveva fra i boschi assieme alla figlia Anysa. Tuija rimase con loro perché attratta dall’avventura e spaventata da un capitano Valdaclo che l’aveva interrogata contro il volere dell’ambasciatore Aldor, poi lei e la figlia di sire Fuinur divennero amiche, ebbero per mentore un altro Valdaclo di nome Ciryaher, un menestrello, che insegnò loro a leggere e scrivere e furono molto unite fino a quando sire Fuinur non richiamò la figlia a sé. Tuija lasciò poi Same su una nave di Ostelor e viaggiò a lungo nelle terre dei Valdacli e nel Grande Harad, aiutando la Compagnia della Luna della quale divenne avanguardia e lama veloce, conoscendo l’arconte Artagora di Hathor e combattendo contro un negromante chiamato Ba Zalarit, servo di Alatar. E anche questo è un nome che il nostro sire Fuinur ci aveva fatto.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Ne ho sentito parlare” rispose brusca Maité. “Anche di Artagora e della famiglia del 'Re dei Valdacli' ho sentito parlare. Questo non ci riguarda, per ora, fino a quando Fuinur non dirà diversamente. Che cosa sa, questa donna Tuija, di noi?”[/SIZE]

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Gennaio 24, 2009 - 9:46 am

[SIZE=2]Andustar (Colonie dei Valdacli), marzo dell'anno 76 della Quarta Era[/SIZE]

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[SIZE=2]Tariel (Tuija)[/SIZE]

[SIZE=2]La locanda, proprio in cima alla collina, era di pietra come ogni altro edificio del villaggio, e chiaramente contrassegnata come tale da un’insegna dipinta che pendeva davanti alle ampie porte. ‘I Nove Anelli’. [/SIZE]
[SIZE=2]Tuija smontò da cavallo con un sorriso e legò ‘Palla di Neve’, il suo castrone nero, a uno dei pali davanti all’entrata. ‘I Nove Anelli’ le diceva qualcosa; forse niente di buono. Eiél sembrava ancora a disagio quando la aiutò a smontare. “Stai bene?” le chiese. “Non ti ho spaventata lassù, vero? Palla di Neve non cadrebbe mai da una scarpata con me.” Si chiese cosa fosse veramente accaduto.[/SIZE]

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[COLOR=navy]Eiél
[/COLOR][/SIZE]

[SIZE=2]“Mi hai terrorizzata,” disse lei lentamente con la sua voce musicale ma tesa “e io non mi spavento facilmente, donna. Ti saresti potuta ammazzare, ammazzare … andiamo via. Questo posto è pieno di uomini. Ciò che vuoi fare è folle. Torniamo indietro.”[/SIZE]
[SIZE=2]Tuija scosse il capo. “Non possiamo. Il tempo passa veloce. Per Arakhon, ancora più che per noi. Adesso sparisci e fai come ti ho detto, Eiél. Ci rivedremo questa notte.”[/SIZE]

[SIZE=2]Lei le voltò le spalle, e il suo mantello verde scuro parve ergersi a dividerle, come un muro di arbusti. [/SIZE]

[SIZE=2]~[/SIZE]

[SIZE=2]Tuija si aspettava che la sala comune fosse vuota, visto che era quasi ora di cena, ma un tavolo era occupato da una mezza dozzina di uomini, che giocavano a dadi fra i boccali di birra, e un altro individuo stava seduto da solo davanti al suo pasto. Sebbene i giocatori non avessero armi in vista e non indossassero alcuna armatura, solo giubbe semplici e brache nere, qualcosa nel modo in cui si comportavano disse a Tuija che erano soldati. I suoi occhi si spostarono sull’uomo solitario. Un capitano, con il bordo degli stivali rivoltato e la spada appoggiata al tavolo, accanto alla sedia. Una striscia d’argento e una d’oro attraversavano il davanti della giubba rossa da una spalla all’altra, e la parte anteriore della testa era rasata, anche se i capelli neri che gli partivano da dietro la testa erano lunghi. Quelli dei soldati erano corti, come se per tagliarli fosse stata presa a modello una ridicola ciotola, la stessa per tutti. Valdacli dell’Andustar. [/SIZE]
[SIZE=2]Tutti e sette si girarono a guardare Tuija e gli altri quando entrarono.[/SIZE]
[SIZE=2]La locandiera era una donna asciutta con un lungo naso e capelli tendenti al grigio, ma le rughe sembravano più che altro parte del suo sorriso affabile. Andò incontro ai nuovi arrivati con aria affaccendata, pulendosi le mani su un grembiule immacolato. [/SIZE]

[SIZE=2]“Buonasera a voi …” i suoi occhi veloci si posarono subito sul vestito porpora ricamato d’oro di Tuija e sulla corazza bianca di Ingdion “… mio signore, mia signora. Io sono Madwen, mio signore. Benvenuti a ‘I Nove Anelli’. Siete di passaggio verso Sorul?”[/SIZE]

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[SIZE=2]Ingdion[/SIZE]

[SIZE=2]Ingdion riuscì a fare una mezza specie di goffo inchino. “No, mia buona locandiera. Veniamo dall’altra parte, dalle terre di confine.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Dalle terre di confine, dite. Bene. E tu, mia signora? Ti chiedo scusa per la domanda, ma non hai l’aspetto di una delle terre di confine, se non ti dispiace che te lo dica.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Io sono nata nel Trenth, comare Madwen. Il signore Ingdion viene da … Orrostar, dalla capitale, e io da Arpel.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Come dici tu, mia signora.” Lo sguardo della locandiera balenò sul pugnale di Tuija; le foglie d’acero in argento erano ben visibili sull’impugnatura. La donna aggrottò leggermente le sopracciglia, ma il suo viso fu di nuovo normale in un batter d’occhi. “Vorrai un pasto per te, signore, e per la tua bellissima signora, e per il vostro seguito. E stanze, immagino. Manderò qualcuno ad accudire i vostri cavalli. Ho un buon tavolo per voi, proprio da questa parte, e del maiale con i peperoni gialli sul fuoco. Poi andrai in cerca degli Elfi, mio signore, insieme alla tua compagna?”[/SIZE]
[SIZE=2]Ingdion, che stava seguendo la locandiera, quasi inciampò. “No! Cosa ti fa pensare a una cosa del genere?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Senza offesa, mio signore. Ne abbiamo già ospitati due qui, di cacciatori, tirati a lucido per sembrare eroi – non che intenda suggerire niente sul vostro conto, mio signore – il mese scorso. Non vengono molti forestieri da queste parti, tranne i mercanti da Nindamos per comperare avena e orzo. Non credo che altri cacciatori abbiano già lasciato la città, ma forse alcuni non pensano d’avere bisogno della benedizione e decidono di prendersi un vantaggio sugli altri.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Noi non siamo a caccia di Elfi, signora.” Tuija non guardò verso la finestra. “No di certo. Siamo in viaggio verso la capitale.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Come dici tu, mia signora. Perdonami per la domanda, ma: stai bene?”[/SIZE]
[SIZE=2]Tuija la guardò e parlò cercando di non far tremare la voce. “Sto abbastanza bene. L’inverno è stato freddo, e avrò bisogno di un po’ di riposo, ma sto bene.”[/SIZE]

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[SIZE=2]Hurin[/SIZE]

[SIZE=2]“Tu non sei di Tanturak, comare Madwen” disse Hurin all’improvviso. Appesantito dalle loro bisacce da sella e dal fagotto di Tuija, sembrava un carro bagagli ambulante. “Chiedo scusa, ma il tuo accento è assai diverso.”[/SIZE]

[SIZE=2]Il sopracciglio della locandiera si alzò, e la donna lanciò un’occhiata a Ingdion, poi sorrise. “Dovevo immaginare che tu fossi uno di quei signori dell’Ovest che lascia i suoi uomini parlare liberamente, ma io sono abituata a …” Il suo sguardo si spostò verso il capitano, che era tornato al suo pasto. “Luce, no, non sono dei Valdacli ma, come castigo degli dei per il mio comportamento, ne ho sposato uno. Ho vissuto con lui per ventitré anni e quando è morto – che la Luce risplenda su di lui – ero già pronta per tornarmene nel Geshaan, ma lui si è fatto l’ultima risata, davvero. Ha lasciato a me la locanda e a suo fratello i soldi, quando ero sicura che sarebbe stato l’esatto contrario. Barin era intrigante e contorto, come ogni Valdaclo che ho conosciuto, quelli dell’Ovest più degli altri. Vi volete accomodare, mio signore? Mia signora?”[/SIZE]
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[SIZE=1]Da "La Grande Caccia", di Robert Jordan[/SIZE]

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6
Gennaio 30, 2009 - 10:32 pm

[SIZE=2]“Com’è potuto accadere?” chiese, sorpreso dalla sua stessa voce, ancora calma come se fosse circondato dal vuoto.[/SIZE]

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[SIZE=2]Daeron[/SIZE]

[SIZE=2]“Non lo sappiamo con certezza” rispose Daeron, con la stessa calma apparente. “L’odio lascia sempre crudeli semi, ed essi, nel tempo, germogliano. Le decisioni dei Valdacli furono sbagliate; eppure, esse vennero prese, nonostante il consiglio di Terilaen. Forse la sua stessa morte servì a rendere la volontà che guidava i Valdacli più forte, a spingerli sul cammino senza ritorno della vendetta.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Vi rendete conto del problema, vero?” disse Valandor. “La ritrovata pace e la sorte stessa delle nostre terre, della loro libertà, sono come un gingillo di cristallo spinto da più mani su un tavolo, ciascuna delle quali muove in una diversa direzione. Una caduta dal tavolo potrebbe spezzarlo. Tre o quattro di quegli Elfi di Ardor che adesso nominate potrebbero persino tentare di distruggere la prigione del Nemico del Mondo. Chi può dire quanto siano potenti, e quanto efficace possa essere la nostra reazione, in questo stato?”[/SIZE]

[SIZE=2]Daeron fissò il reggente senza far trasparire alcuna emozione. Se ne rendeva conto. Valandor avvertì le prime avvisaglie della paura, che scivolava lenta come fanghiglia dentro di lui. ‘Non sono ancora pronto’, pensò. Non era sicuro che lo sarebbe mai stato per sfidare Ardor, ma di certo non lo era in quel momento. Faravorn sembrava stesse osservando la propria tomba aperta.[/SIZE]

[SIZE=2]Vuotando lentamente il calice di vino speziato, Daeron ripose il sigillo ottagonale nel sacchetto di pelle. “Forse riceveremo notizie più precise sul nuovo sovrano di Ardor prima dell’estate. Re Eäromä non intende affrontarlo in guerra, ma i Fuinar non rimarranno fermi ad aspettare che il vento dell’est porti l’Ombra sui loro boschi e sulle terre dei loro amici. Se capiamo perché l’Ombra sta rinascendo in Ardor, è probabile che si possa fare qualcosa al riguardo. E con quello che sapremo dirgli, Valandor Hamina potrà condurre questa lotta nella maniera migliore.”[/SIZE]
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[Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
[SIZE=2]Valandor [/SIZE]

[SIZE=2]Valandor fu rapito dall’immagine di Morgoth che spezzava le catene che lo tenevano avvinto e ritornava ancora una volta, libero; fuoco e oscurità riempirono il mondo nella sua mente, fiamme che consumavano senza fare luce, l’aria soffocata da un buio solido come la pietra. Con quel pensiero che gli riempiva l’anima, gli ci volle un po’ per capire cosa in realtà Daeron aveva appena dichiarato. “Volete dire che Eäromä rinuncerà a guidare il Consiglio?” Aveva creduto che il re elfico gli sarebbe rimasto attaccato come muschio su una roccia. ‘Non è ciò che volevi?’, si disse, in preda al dubbio.[/SIZE]

[SIZE=2]“Suppongo” rispose Daeron con calma. “A quanto pare la necessità che siano gli Uomini a governare in quella che ormai tutti sanno essere la loro epoca ritorna, dopo tutto. Sarà quel che sarà.” A Valandor sembrò che l’elfo sorridesse, ma fu un attimo, e avrebbe anche potuto essere la sua immaginazione; l’istante successivo era di nuovo composto e sotto controllo. “Dovete essere pronto.” Quel richiamo ai suoi dubbi fu sgradevole. “Dovremo discutere i vostri piani. Non potrete restare fermo ancora per molto. Anche se i reietti di Ardor non stanno progettando di muovere contro di voi, sono là fuori, ed espandono il loro potere. Riunire le città dei Valdacli sotto un’unica corona non vi servirà a nulla se troverete che tutte le terre al di là della baia di Usakan sono di nuovo nelle loro mani.”[/SIZE]

[SIZE=2]Ridacchiando, Valandor si appoggiò al tavolo. Dunque si trattava di una specie di complotto: se fosse stato ansioso per la rinuncia di Eäromä, forse sarebbe stato anche più disponibile ad ascoltare, più propenso a farsi guidare. Gli elfi non mentivano, non in modo diretto. Un giuramento impediva ai figli di Aingalad di proferire parola che non fosse vera. Valandor aveva scoperto che questo consentiva un ampio spazio di manovra. Alla fine Eäromä lo avrebbe lasciato davvero da solo. Dopo che fosse morto, di sicuro.[/SIZE]

[SIZE=2]“Quindi voi volete discutere i miei piani contro la rinata Ardor” disse asciutto. Da una tasca della giubba prese un sacchetto di cuio, lo scosse leggermente e ne aspirò avidamente il contenuto. “Perché? Sono i miei piani.” Tergendosi le narici con un fazzoletto, attese una risposta, ignorando lo sguardo furioso di Nirien.[/SIZE]
[SIZE=2]Il viso di Daeron non mutò espressione, ma i larghi occhi scuri avvamparono. “Cosa avete fatto quando avete rifiutato la nostra guida?” La voce era piatta come il volto, ma le parole sembravano schiocchi di frusta. “Ovunque vi siete recato avete lasciato dietro di voi morte, fallimento e odio.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Non a Ostelor” rispose lui, troppo in fretta. E con un tono troppo difensivo. Non doveva permettere agli elfi di farlo sbilanciare. Era il re dei Valdacli. Prese dei lenti, misurati respiri.[/SIZE]
[SIZE=2]“No,” concordò Daeron “non a Ostelor. E, grazie a re Eäromä, neppure ad Alsarias. Per una volta avete delle città che per quanto sconfitte vi seguono liberamente, e cosa ve ne fate? Portare giustizia a Ostelor, come vi aveva suggerito il re, è stato lodevole. Ristabilire l’ordine, nutrire gli affamati è altrettanto degno di merito. In un altro momento vi avrei fatto i miei personali complimenti. Ma questo non vi aiuta a prepararvi per il giorno in cui dovremo affrontare l’Ombra. La rinata Corte di Ardor va affrontata prima che essa sia un pericolo per voi.”[/SIZE]
[SIZE=2]Valandor sapeva di doversi mostrare altrettanto determinato. “Cosa volete che faccia? Devo dare la caccia a questi vostri reietti uno a uno?” Si costrinse di nuovo a respirare con maggior lentezza, ma era davvero uno sforzo. “Almeno sapete dove si trovano? Oh, certo, la Corte era sull’isola di Ardinaak – questo lo sapete – ma la loro cittadella è distrutta, là non c’è più niente. Uno di loro è in questo tempio di Menelcarca, bene – ma gli altri? Cosa succede se mando un esercito a Menelcarca come forse voi desiderate e invece trovo due, tre o anche quattro di loro? O tutti e otto?”[/SIZE]

[SIZE=2]“Potreste affrontare di nuovo tre, quattro o forse tutti e otto i Signori di Ardor e sopravvivere,” rispose Daeron freddo “se non aveste perduto la vostra unità.”[/SIZE]

[SIZE=2]“La nostra unità?” rispose Valandor. “La verità è che siete voi che state fuggendo dalle vostre responsabilità. Non avete un piano, non uno che porti all’unità del vostro popolo e alla sua sopravvivenza. Scappate da un posto all’altro, sperando che in qualche modo tutto si risolva nel migliore dei modi.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Entrambi speriamo, Valandor”, disse Daeron. “Speriamo, perché non sappiamo cos’altro fare. Ma se accettate i nostri consigli, le cose cambieranno. Re Eäromä sa che cosa va fatto, e potrete farlo voi. Se i Valdacli devono per forza scendere in battaglia per sentirsi vivi, che se la prendano con l’Ombra, non con i loro fratelli. Durante la guerra contro Ardor, quattro Valdacli su sette hanno oltrepassato la baia con le loro armi e hanno ottenuto quello che volevano in meno di due anni. Hanno saccheggiato e incendiato Ardinaak e la gran parte delle fortezze di Ardana, sconfiggendo tutti gli eserciti inviati contro di loro. Avrebbero potuto prendere Menelcarca, se avessero voluto. La Corte non sarebbe riuscita a fermarli, per via della fragilità dei regnanti.” Adesso Daeron era in preda alla rabbia. Fuggire e sperare. Lo stavano facendo? “Ci sono riusciti quattro Valdacli. Cosa accadrà quando ne guiderete sei, oltre Taaliraan?” Sarebbero stati sei, non credeva che Eäromä avrebbe mancato alla parola data. “Quando il nuovo sovrano della Corte comincerà a pensare di allearsi con i popoli vicini, sarà troppo tardi. Accetteranno la vostra pace.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Non esiste un melone gonfio quanto la testa di un elfo” borbottò Valandor, incrociando le braccia. “Né una roccia ostinata come Eäromä! Proporre di portare i Valdacli oltre Usakan, contro Ardor, è la cosa peggiore che potrei fare, in questo momento.” La voce era tesa, venata di rabbia e di frustrazione. “Ormai Elorion avrà contattato tutti gli altri del Consiglio, mostrando loro le prove che le città del nord sono cadute. Le Colonie Occidentali soffrono per gli attacchi dal Mumakan, e per la distruzione dei commerci a opera dei corsari. Elorion teme che presto una seconda e ancor più grande flotta proveniente da Gondor sarà avvistata al largo di Drel. Conosco le loro debolezze, loro sanno per quale motivo l’Alleanza dei Valdacli è sempre stata potente. Elorion non mi attaccherà. Una volta che saranno convinti dell’impossibilità di una vittoria contro Gondor, e di chi e cosa io sono, mi accetteranno come re perché devono. Io sono la loro unica speranza.”[/SIZE]
[SIZE=2]Daeron rise forte. Una risata amara. “Così voi e il vostro consigliere Balkazir pensate ancora di sapere tutto quello che c’è da sapere. Siete due sciocchi.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Mostrate un po’ di rispetto!” ruggì Faravorn, ma Daeron proseguì, con una calma glaciale nella voce.[/SIZE]

[SIZE=2]“Anche i Valdacli del sud conoscono le vostre debolezze, e hanno sentito parlare di questo Arakhon, che è stato visto impugnare una spada dell’Ovest e volare nei cieli a cavallo di un drago. Metà di loro si aspettano già che questo Arakhon, che sappiamo essere il fratello di Ar-Venie di Ostelor, gli dia potere, gloria o entrambi; gli altri sono pronti a pugnalarlo alle spalle per poi dimenticare che sia mai esistito. Questo è il benvenuto che le città del sud offriranno anche a voi, Valandor, a meno che non le dominiate prima come avete fatto ora con il nord grazie a Re Eäromä. E se i Valdacli continueranno a essere disuniti, l’Ombra calerà su di loro schiacciandoli uno a uno. Sapete perché dovete conquistare Menelcarca e annettere definitivamente Ardor al vostro regno? Perché gli altri Valdacli, che presto conosceranno il terrore e saranno scossi dalla brutalità della vendetta della Corte, si ricordino di voi e abbiano rispetto dell’aiuto che gli porterete. E anche gli elfi di Taaliraan, e le genti di tutte quelle terre. Sanno che cosa è rimasto là, nel cuore della pietra; temevano il ritorno dei figli di Ardana più di ogni altra cosa, più degli stessi Valdacli. Sapranno riconoscere come loro re chi li libererà di nuovo, e per sempre, da questa paura, e voi li considererete sudditi da rispettare e proteggere e non più nemici. Conquistate la Corte di Ardor rinata, e non dovrete più temere che la fama di questo Arakhon vi sovrasti. Prendete la corona di questo nuovo sovrano, Valandor, e anche quella di Arakhon cadrà da sola nelle vostre mani; sarete voi il re dei Valdacli.”[/SIZE]

[SIZE=1]Da "I Fuochi del Cielo", di Robert Jordan[/SIZE]

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7
Febbraio 4, 2009 - 10:57 pm

[SIZE=2]Si cambiò indossando della robusta lana di Taaliraan, scura, con un semplice fazzoletto che non le serviva, acconciò i capelli in una dignitosa treccia e aprì la bocca per chiamare Eiél.[/SIZE]
[SIZE=2]“Perché ti sei cambiata?” disse l’elfo uscendo dalle ombre e appoggiandosi al suo arco di tasso. L’intricata treccia bionda le scendeva su una spalla e la luce della luna risplendeva sull’arco e le frecce. [/SIZE]

[SIZE=2][Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
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[SIZE=2]“Mi ricordo che una volta indossai un abito che avrebbe potuto essere il gemello di quello che avevi tu. Era solo per attirare l’attenzione e far passare di soppiatto Ringil – le guardie rimasero a occhi sgranati come i rospi – ma fu strano, divertente. Soprattutto quando, dopo, lo indossai per ballare con lui. Ringil ha sempre odiato danzare, ma quella volta era così impegnato a evitare che qualsiasi altro mi si avvicinasse che non saltò neppure un ballo.” Eiél rise con affetto. “Quella sera ho guadagnato cinquanta pezzi al gioco perché era così intento a fissarmi che non guardava le sue pedine. Non che non mi avesse mai vista prima, ma …”[/SIZE]

[Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]

[SIZE=2]“Tutto molto interessante” la interruppe Tuija, stringendosi lo scialle addosso con fermezza.[/SIZE]
[SIZE=2]Prima che riuscisse a porre la sua domanda, Eiél disse: “L’ho trovata”, e la mente di Tuija si svuotò di colpo.[/SIZE]
[SIZE=2]“Dove? Ti ha vista? Puoi portarci da lei? Senza che se ne accorga?” Si sentiva un nodo allo stomaco per la paura – chissà cosa Arakhon avrebbe pensato del suo coraggio se l’avesse vista in quel momento – ma era sicura che quell’emozione si sarebbe trasformata in freddezza non appena avesse scorto la Tesarath. “Se riesci a farmi avvicinare …” Si interruppe quando Eiél sollevò una mano.[/SIZE]
[SIZE=2]“Non credo che mi abbia vista, o dubito che ora sarei qui.”[/SIZE]
[SIZE=2]Adesso la bionda arciera era seria. Tuija si sentiva molto più a suo agio quando Eiél mostrava quell’aspetto del suo essere un soldato di Eäromä. “Posso lasciarti avvicinare per un po’, se vuoi, ma non è sola. Almeno … Vedrai. Devi restare in silenzio e non fare nulla contro di lei. Ci sono altri Elfi. Forse potremmo sconfiggere lei, ma siamo in grado di eliminarne cinque?”[/SIZE]
[SIZE=2]Il nodo allo stomaco le salì fino in gola. E poi scese a indebolirle le ginocchia. Cinque. Avrebbe dovuto chiedere cosa aveva visto e sentito Eiél, e limitarsi a quello. Poi sarebbe tornata da Ingdion e … ma Eiél la stava guardando. Non metteva in dubbio il suo coraggio, la guardava. Pronta ad agire se lei glielo avesse chiesto. “Resterò in silenzio e non penserò nemmeno a respirare.” Non contro cinque Elfi insieme. E in ogni caso, in quel momento non avrebbero potuto fare nient’altro. “Non appena sei pronta.”[/SIZE]

[SIZE=2]Eiél sollevò l’arco e mise una mano sul braccio di Tuija, guidandola nel buio del bosco, lungo un sentiero che solo l’elfo vedeva, passo dopo passo … e il respiro di Tuija si fermò. Stavano in piedi su un alto albero, quasi nel nulla, attorno a loro l’oscurità era infinita, non c’era modo di distinguere ciò che le circondava, e da ogni parte guardasse provava la sensazione di osservare un abisso che sembrava senza fondo. Con la testa che le girava, Tuija si costrinse a guardare nella direzione indicata da Eiél.[/SIZE]
[SIZE=2]Sotto di loro, anche Faelivrin stava in piedi nel buio, vestita quasi dello stesso nero che la circondava, china in avanti e intenta ad ascoltare. Vicino a lei c’erano quattro scanni, diversi uno dall’altro, piazzati sull’erba che fluttuava nell’oscurità. Stranamente, Tuija riusciva a sentire bene le voci delle figure lì sedute come se si fosse trovata fra loro; parlavano in Adunaico, e capiva la loro lingua.[/SIZE]

[SIZE=2]“… mai stato un cordardo,” stava dicendo un Elfo dai capelli biondo oro “per cui perché iniziare adesso?” Sembrava vestito di nebbia argentea e gemme brillanti, seduto languidamente su uno scanno di avorio decorato con la rappresentazione di serie di stelle.[/SIZE]
[SIZE=2]Un uomo massiccio e abbastanza alto, con una cicatrice livida sul viso e una rada barba dorata e squadrata, si protese in avanti con rabbia. Il suo scanno era di legno, con incisioni che rappresentavano uomini in armatura e cavalli. Sulle spalle e sulle braccia della sua giubba scendevano dei ricami di spirali dorate. “Nessuno mi ha mai dato del codardo” disse in tono acido. “Ma se continuiamo a questo modo, i Valdacli verranno a cercare me.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Era questo il disegno, fin dall’inizio” osservò una voce femminile e melodiosa. Tuija non riusciva a vedere la donna che aveva parlato, nascosta dietro lo schienale di una sedia che sembrava realizzata in argento e pietra candida come la neve.[/SIZE]
[SIZE=2]Il secondo maschio era un Elfo. Era attraente in un modo oscuro, con delle striature bianche sulle tempie. Giocava con un calice dorato. “Si concentreranno su di te” disse con una voce profonda. “Verranno a cercarti, ma tu potrai distrarli, giocare con loro e mandarli a caccia di false prede. E mentre saranno intenti a farlo, noi tre uniti andremo al Tempio assieme alla Sorella e incontreremo il nuovo Re. Cosa è cambiato per spingerti a voler alterare queste intenzioni?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Nulla” ringhiò l’uomo con la cicatrice. “Soprattutto non la mia sfiducia nei vostri confronti. Sarò parte della vostra Corte, o l’accordo finisce ora.”[/SIZE]
[SIZE=2]L’Elfo dai capelli biondo oro gettò indietro la testa e scoppiò a ridere. “Pover’uomo” disse prendendolo in giro e gesticolando verso di lui con una mano inanellata. “Credi che la Corte ti accetterebbe? Sei uno sprovveduto, ricordalo. Abile, ma non degno di salire al Menelcarca. La prossima volta ci chiederai di essere eletto a Signore. Perché adesso incominci a vacillare?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Se credi che non mi rivolterò contro di te …” continuò l’uomo. [/SIZE]
[SIZE=2]Tuija sobbalzò quando Eiél le toccò un braccio, ma la seguì rapida e in silenzio. Si ritrovarono presto fra i carri, con la luna che splendeva attraverso le nuvole. Sembrava quasi normale a confronto con il posto dove erano prima.[/SIZE]

[SIZE=2]“Perché …” iniziò Tuija, quindi deglutì. “Perché siamo andate via?” Il cuore le era salito fino in gola. “Ci hanno viste?” Sospirò di sollievo quando Eiél scosse il capo. “No. Ma ero stanca, e non mi piace restare così esposta. Se la Tesarath avesse guardato in alto, o se uno degli altri …”[/SIZE]
[SIZE=2]Tuija si strinse nello scialle, ma ancora rabbrividiva. “Una Tesarath e altri Elfi di Ardor.” Si rammaricò del suono rauco della propria voce. “Hai riconosciuto qualcuno degli altri?” Era una domanda stupida, certo che non lo aveva fatto, ma Tuija era ancora scossa.[/SIZE]
[SIZE=2]“Nessuno di loro è uno dei Signori. Ma non credere che siano degli sciocchi solo perché si trastullavano fra gli alberi e l’erba parlando così apertamente. Hanno menti subdole e sospettose, e conoscono riti che possono proteggerli da occhi e orecchie indiscreti.”[/SIZE]

[Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]

[SIZE=2]“Moedien è subdola e sospettosa,” ripeté la voce di Faelivrin “ma non abbastanza per proteggersi da una Sentinella Fuinar.”[/SIZE]

[SIZE=2]Eiél si voltò di scatto sollevando l’arco nero, con una freccia dello stesso colore quasi incoccata, e di colpo si ritrovò a schiantarsi contro un carro così forte che rimbalzò indietro e rimase accasciata al suolo.[/SIZE]
[SIZE=2]Tuija si protese disperatamente verso il cavallo e la spada. La rabbia si mescolava adesso alla paura, e la cancellava. Ma andò a sbattere contro un muro invisibile posto fra lei e ‘Palla di Neve’. Si mise quasi a ululare. Qualcosa le afferrò i piedi tirandoli indietro e sollevandoli da terra; anche le mani scattarono in alto e all’indietro finché incontrarono le caviglie. Gli abiti divennero polvere che scivolò via sulla pelle e la treccia le tirò indietro la testa fino a sfiorarle le natiche. Era piegata a metà e sospesa a mezz’aria come una lepre presa in una rete, ogni muscolo teso al massimo. La paura era sparita. L’unica cosa che voleva era una possibilità di stringere le mani attorno alla gola di Faelivrin.[/SIZE]

[SIZE=2]“Sei così ingenua” mormorò Faelivrin. “Il Guardiano ti aspetta, ti cerca da settimane ormai. Eirbé ci aveva avvisate. Ti porteremo da lui a Menelcarca, sarà contento di averti prima di quello che pensava. Credo che la Sentinella fosse tua amica; il re dei Fuinar ti ha fatto un grande onore affidandoti alla protezione di una di loro, peccato che tu abbia sprecato la sua vita in questo modo. Verrai con noi come un animale domestico …” Faelivrin gridò quando una freccia dalla punta d’argento le spuntò all’improvviso sotto il seno.[/SIZE]

[SIZE=2]Tuija ricadde al suolo come un sacco. Il colpo le fece uscire tutto il fiato che aveva nei polmoni come una martellata nello stomaco. Respirando a fatica, lei cercò di muovere i muscoli indolenziti, di lottare attraverso il dolore e la debolezza che la pervadeva per alzarsi in piedi.[/SIZE]
[SIZE=2]Barcollando, Eiél annaspò alla ricerca di un’altra freccia nella faretra. “Vai, Tuija!” Era un grido soffocato. “Vai via!” [/SIZE]
[SIZE=2]La testa di Eiél vacillò e l’arco di tasso tremò mentre lei lo sollevava.[/SIZE]
[SIZE=2]Il bagliore attorno a Faelivrin aumentò finché sembrò che la Tesarath fosse circondata da un sole accecante. La luce delle stelle si ripiegò su Eiél come l’onda di un oceano, avviluppandola. Quando quella luce si ritrasse, l’arco ricadde sopra un mucchio di abiti vuoti. Gli indumenti svanirono, evaporando come nebbia, e rimasero solo l’arco e le frecce, che risplendevano nella luce lunare.[/SIZE]
[SIZE=2]Faelivrin barcollò e si piegò in ginocchio ansimando e afferrando con entrambe le mani la freccia che le spuntava dal torace, mentre sangue scuro le macchiava la camicia di seta e il bagliore che la circondava si affievoliva per poi svanire del tutto. Cadde anche lei.[/SIZE]

[SIZE=2]Dopo un tempo che le parve eterno, Tuija riuscì a mettersi carponi. Singhiozzando, strisciò verso l’arco di Eiél. Stavolta non era il dolore a farla piangere. In ginocchio, nuda e senza curarsene, afferrò l’arco. “Mi dispiace” gemette. “Oh, Eiél, perdonami. Eiél!”[/SIZE]

[SIZE=2]Non vi fu alcuna risposta se non il lugubre richiamo di un uccello notturno. Poi giunsero gli altri Elfi.[/SIZE]

[SIZE=1]Da "I Fuochi del Cielo" di Robert Jordan[/SIZE]

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