Interludio: Conti in sospeso (nov e dic 75QE, Rintark, Grande Harad) | Terra Di Mezzo | Forum

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Interludio: Conti in sospeso (nov e dic 75QE, Rintark, Grande Harad)
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Gennaio 3, 2009 - 6:33 pm

[SIZE=2]A Rintark. Dopo la vittoria dell'Ombra.[/SIZE]

[SIZE=2]“Indietro!” gridò Rizik. [/SIZE]

[SIZE=2]Un corpo con la testa spaccata, grondante sangue, si aprì un varco fra i ranghi degli uomini che difendevano la porta di Rintark, colpendo con una grande lama ricurva. L’ascia di un cadavere con un braccio solo spaccò in due il cranio del capitano del Manipolo. Yuba cercava di arretrare, gridando muta nel frastuono. [/SIZE]

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[SIZE=2]“Indietro!” Miyaz cadde tenendosi una coscia trafitta da una grande lancia con barbigli, la vecchia Zain cercò di trascinarlo al riparo di una volta mentre maneggiava goffamente una falce. Hari agitava l’alabarda difendendo il fratello, con la bocca spalancata in quello che sembrava un urlo silenzioso. “Indietro fra le case!”[/SIZE]

[SIZE=2]Non era certo che gli altri avessero sentito e passato l’ordine, o forse la montagna di mostri li spingeva semplicemente in quella direzione, ma lentamente, un passo riluttante per volta, i difensori di Rintark arretrarono. Il gigante d’ossa roteava le asce come se fossero martelletti, con il teschio che ringhiava. Accanto al gigante, cavalieri vestiti di blu affondavano le torve lance in tutto ciò che si parava loro di fronte, uomo, bambino, o donna, e nella strada scorreva il sangue. Una donna dai capelli neri stava ritta su uno stallone dagli occhi rossi e le narici fumanti e dalle sue mani scaturivano palle di fuoco e ogni cittadino che veniva colpito esplodeva in fiamme come se fosse intriso d’olio. [/SIZE]

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[SIZE=2]Non c’era modo di resistere. Gli uomini di Rintark arretrarono. Nabi ed Helal combattevano schiena contro schiena. Alla ragazza era rimasto solamente un moncone di lancia e affondava e fendeva con un pesante pugnale. Indietro. A est e ovest gli uomini si erano allontanati dalle posizioni difensive per evitare che l’orda dell’Ombra li chiudesse sui fianchi, scagliando frecce. Non era abbastanza. Indietro.[/SIZE]
[SIZE=2]Improvvisamente una sagoma con la testa di ariete cercò di disarcionare il capo Muadib, tentando di salire sul suo cavallo. Scalpitando, l’animale cadde sotto il peso combinato dei due cavalieri. Con le gambe bloccate, Muadib si affannò per estrarre la spada e combattere mani più grandi di quelle di un uomo, ma in un attimo esse si strinsero sulla sua gola e gli spezzarono il collo. Poi il mostro gridò mentre la lancia di Aram gli affondava nel petto. Mentre crollava zampillando sangue, il giovane Amazigh si voltò agilmente per trafiggere un altro avversario.[/SIZE]

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[SIZE=2]Grugnendo per il terrore Rizik si fece strada, ma non ebbe il tempo di fermare un cavallo. Riuscì appena a rotolare su un fianco mentre gli zoccoli di un cavallo nero calpestavano il punto dov’era prima la sua testa. Con il viso pallido senza occhi, ciò che un tempo era stato un uomo si sporse dalla sella mentre Rizik cercava di alzarsi, la spada nera mortale che fendeva l’aria, fin che non ci fu altro che sangue.[/SIZE]

[SIZE=2]Yuba liberò le punte del forcone in tempo per vedere una creatura dal muso di capra colpire Nabi con una lancia sormontata da barbigli. La creatura sollevò il lungo manico e l’uomo, ma Helal lo colpì calma con una mannaia, recidendogli prima una gamba poi, con altrettanta freddezza, la spina dorsale all’altezza del collo. Un altro mostro le corse incontro e la sollevò per la treccia, ma Helal affondò la mannaia nella spalla coperta dalla cotta di maglia nera proprio mentre la sorella, Helin, infilava la lancia per la caccia attraverso il petto della creatura e Neysa con la treccia grigia vi spingeva dentro anche un pugnale da macellaio.[/SIZE]

[SIZE=2]Rintark era perduta. Dov’era Zayed? I bambini! Se le donne erano qui non c’era nessuno a portar fuori i bambini. Dov’erano i maledetti soldati di Tul Harar? Poco tempo per portare in salvo i bambini …[/SIZE]
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2
Gennaio 3, 2009 - 6:38 pm

[SIZE=2]Margolian chiuse la porta rinforzata in ferro alle sue spalle. Un globo luminoso, evocato attingendo allo spirito del suo Sommo Signore, lampeggiava intermittente, spargendo attorno una luce poco più forte di quella delle candele e delle lampade a olio. A parte la luce, il luogo aveva un aspetto atto a spaventare e incutere timore, come una prigione, pareti di pietra rozza e un pavimento spoglio con un piccolo tavolo di legno in un angolo. Non era stata una sua idea. Lei non avrebbe sprecato tempo per simili cose. Quel luogo era stato preparato prima che lei ne conoscesse l’uso. Una donna vestita di seta verde era sospesa in aria a braccia e gambe divaricate, appesa a delle spesse catene, e la guardava con aria di sfida.[/SIZE]
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[SIZE=2]Una maga dei Valdacli. Margolian odiava i Valdacli.[/SIZE]

[SIZE=2]“Chi sei?” chiese la donna. “Una serva di Alatar? Una Sorella Nera?”[/SIZE]

[SIZE=2]Ignorando quella voce, Margolian controllò nel mucchietto dove Joiya aveva raccolto le sue cose. Uno dei molti anelli era lavorato a guisa di sigillo, il sigillo di una famiglia potente nelle Colonie Occidentali. Adesso doveva occuparsi del vestito della donna. Le persone vestite si sentivano più sicure di quelle nude. [/SIZE]
[SIZE=2]Con delicatezza, lavorò un flusso di Fuoco e Vento, tagliando il vestito e facendone ricadere ogni minima parte ai suoi piedi. Ammucchiando tutto davanti alla donna, evocò Fuoco e Terra, e una polvere sottile ricadde sul pavimento.[/SIZE]
[SIZE=2]La donna spalancò gli occhi grigi. Margolian dubitava che sarebbe riuscita a intessere incantesimi; il morso degli scorpioni le aveva tolto la forza, e quasi la vita.[/SIZE]

[SIZE=2]“Chi sei?” [/SIZE]

[SIZE=2]Stavolta la voce era tesa. Forse aveva paura. Era sempre un bene, se si spaventavano subito.[/SIZE]
[SIZE=2]Margolian appoggiò la mano su una delle catene. Sentì il suo spirito; trovò il centro del cervello della donna che riceveva il messaggio di dolore dal corpo, e con molta meticolosità incominciò a stimolarlo con Fuoco. All’inizio solo in piccole quantità, aumentando poi con lentezza. Troppo e tutto insieme poteva uccidere in pochi momenti; l’aveva provato lei stessa. Ma era stupefacente quanto a lungo potesse essere portato avanti quel sistema, se veniva incrementato poco per volta. L’Elfo, l’ultimo degli allievi di Alatar, glielo aveva insegnato. Lavorare su qualcosa che non potevi vedere era un compito difficile, anche da vicino, ma sapeva molto del corpo umano. Quasi più di chiunque altro, ora.[/SIZE]
[SIZE=2]La donna scosse il capo nel tentativo di rimuovere il dolore, quindi si accorse di non riuscire a farlo e guardò fissa Margolian, che restituì appena lo sguardo. Anche in un’azione rapida come doveva essere quella, poteva comunque permettersi un po’ di pazienza.[/SIZE]

[SIZE=2]Odiava quelli che adesso si facevano chiamare Difensori della Luce. Lei lo era stata veramente. Era stata una regina. Era stata una maga e una maestra, non una sciocca ignorante come quella donna appesa davanti a lei. Era stata nota, famosa, amata, inviata in ogni angolo del mondo, per la sua capacità di guarire ogni ferita, di riportare la gente indietro dal limite della morte, quando tutti gli altri si arrendevano dicendo che non potevano più farci nulla. Una delegazione di Tarannon le aveva offerto una scelta: essere legata e quindi non conoscere mai il suo piacere e, con quel Dono, essere in grado di vedere l’arrivo della fine di una vita; l’alternativa era essere privata del potere e cacciata via. Si erano aspettati che avrebbe accettato il Dono; era logico, la cosa giusta da fare, e loro erano razionali, uomini e donne fedeli alla Luce. Non credevano che avrebbe rifiutato.[/SIZE]

[SIZE=2]Sul volto della donna apparvero grandi gocce di sudore. Aveva la mandibola serrata e le narici dilatate. Di tanto in tanto gemeva. Pazienza. Sarebbe accaduto presto.[/SIZE]

[SIZE=2]La causa era stata la gelosia da parte di tutti coloro che non potevano fare quello che faceva lei. Quelli che aveva strappato alla morte, avevano forse mai detto che avrebbero preferito morire piuttosto che soffrire un po’ dopo che erano stati salvati? E gli altri? C’era sempre qualcuno che meritava la sofferenza. Che cosa importava se a lei piaceva che gli altri soffrissero? I re e le loro lamentele ipocrite sulla legge e sulle tradizioni. Si era guadagnata il diritto di fare quel che faceva; lo aveva sudato. Lei aveva avuto più valore per il mondo di tutti quelli che la intrattenevano. Il Consiglio dei Valdacli aveva cercato di rimuoverla dalla sua posizione per gelosia e mancanza di rispetto![/SIZE]
[SIZE=2]Alcuni di loro erano caduti nelle sue mani durante la guerra. A tempo debito avrebbe spezzato anche l’uomo più forte, la donna più fiera, li avrebbe modellati esattamente come voleva. Forse, così, era più lento che con la coercizione, ma era anche molto più divertente, e pensava che nemmeno Alatar potesse disfare il suo operato. La coercizione poteva venire districata. Ma Barendar, e poi Erendis, e Arakhon ora e tutti i Valdacli … l’avrebbero pregata in ginocchio di affidare le loro anime all’Ombra e avrebbero servito obbedienti fino al giorno della morte.[/SIZE]

[SIZE=2]Dalla donna sospesa giunse il primo singhiozzo. Margolian aspettò. Eruppero altri singhiozzi, malgrado gli sforzi della prigioniera di trattenerli, e il gemito divenne sempre più forte, fino a quando si trasformò in un grido. Margolian aspettò. La donna riluceva per via di uno spesso strato di sudore; la testa ciondolava da un lato all’altro, i capelli ondeggiavano, e si agitava senza speranze in preda alle convulsioni. Le grida erano assordanti, duravano fino a esaurire l’ultimo filo di fiato e ricominciavano non appena l’aria riempiva di nuovo i polmoni. Quei grandi occhi grigi e sgranati non vedevano nulla; sembravano vitrei.[/SIZE]
[SIZE=2]Margolian tagliò di colpo il legame, ma passò del tempo prima che le grida si tramutassero in ansiti. [/SIZE]

[SIZE=2]“Come ti chiami?”, chiese gentilmente. Il tipo di domanda era irrilevante, purché fosse una alla quale poteva rispondere.[/SIZE]
[SIZE=2]La donna fu scossa da tremiti involontari. Rivolse a Margolian un’occhiata sospettosa, uno sguardo in tralice, si umettò le labbra, tossì e alla fine mormorò rauca: “Zenaran Vanimelde.”[/SIZE]
[SIZE=2]Margolian sorrise. “Fai bene a dirmi la verità”. [/SIZE]
[SIZE=2]Nel cervello c’erano centri del dolore e del piacere. Stavolta stimolò il secondo, solo per qualche momento ma con energia, e si avvicinò. La scossa fece sgranare gli occhi di Zenaran. Era rimasta a bocca aperta. [/SIZE]
[SIZE=2]Margolian estrasse un fazzoletto dalla manica, sollevò il volto stupito della donna e tamponò il sudore con dolcezza. “So che per te è molto difficile, Zenaran”, disse con voce calorosa. “Ma devi cercare di non rendere tutto ancora più complicato”. Con un tocco delicato le rimosse i capelli umidi dal viso. "Vuoi dell’acqua?”[/SIZE]
[SIZE=2]Senza attendere risposta, prese una fiasca di metallo e l’appoggiò alle sue labbra. Non distolse lo sguardo da Margolian, ma bevve con avidità. Dopo alcuni sorsi, Margolian rimise la fiasca sul tavolo. “Si, molto meglio, vero? Ricorda, cerca di non rendere le cose più difficili per te”. Quando si voltò, la donna parlò ancora con voce graffiante.[/SIZE]

[SIZE=2]“Sputo nel latte di tua madre, amica dell’Ombra! Mi senti? Io …”[/SIZE]

[SIZE=2]Margolian smise di ascoltare. In ogni altro momento sarebbe stato un gran piacere vedere che la resistenza della donna non era ancora stata abbattuta. L’estasi più pura derivava dallo sradicare resistenza e dignità poco a poco, osservando gli schiavi che si rendevano infine conto che avrebbero perso e tentavano invano di appigliarsi a quanto rimaneva loro. [/SIZE]
[SIZE=2]Adesso però non c’era tempo; Alatar aspettava risposte. Toccò di nuovo i centri del dolore. Fra le frasi gridate e gutturali ce n’era qualcuna di comprensibile, parole che sembravano avere tutta la forza dell’anima della prigioniera. [/SIZE]

[SIZE=2]“Ti prego! Oh, Luce, ti prego!”. [/SIZE]

[SIZE=2]Pur non volendo, Margolian emise un verso di frustrazione. Non era un lavoro raffinato. Di solito le piaceva mantenere il controllo, ma stavolta era necessario muoversi in fretta. Le circostanze erano difficili, Arakhon andava fermato. [/SIZE]
[SIZE=2]Iniziò a spegnere le lampade. L’oscurità avrebbe lavorato a suo favore. Da sola, nell’oscurità, con il dolore. [/SIZE]

[SIZE=2]Una strana sensazione la distrasse dai suoi pensieri. Guardò la donna e schioccò la lingua esasperata. La testa pendeva da un lato, la bocca era arrossata dal sangue, gli occhi erano fissi. Si era distratta. Con una forma d’irritazione che non le sfiorò mai il volto, smise d’intessere l’incantesimo. Non serviva a nulla stimolare un corpo morto.[/SIZE]
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Gennaio 3, 2009 - 6:44 pm

[SIZE=2]“Che cosa hai scoperto?”[/SIZE]

[SIZE=2]“I loro nomi. Non avrei potuto scoprire altro, con tutta questa fretta”.[/SIZE]

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[SIZE=2]L’immagine fluttuò nel fumo in quel suo modo che dava noia alla vista. Un istante prima la figura del Maestro era una statua a venti passi di distanza, e il seguente torreggiava su di lei costringendolo a indietreggiare oppure torcersi il collo per guardare quel volto pallido e senza occhi.[/SIZE]

[SIZE=2]“Li prosciugherai totalmente. Li spremerai fino all’ultimo, senza ritardi, e mi riferirai tutto quello che scopri.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ho promesso al mio Signore che lo avrei fatto” dichiarò lei con freddezza. [/SIZE]

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[SIZE=2]Le labbra anemiche di Alatar si distorsero in un sorriso. Fu la sola risposta che fornì.[/SIZE]
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Gennaio 3, 2009 - 6:46 pm

[SIZE=2]Il prigioniero, incatenato al pavimento, era un uomo massiccio dal volto squadrato, con una giubba nera e le brache da marinaio. Le candele tremavano e stavano esaurendosi, ma il mercenario di Zenaran non era importante. Ciò di cui aveva bisogno, qualsiasi ne fosse lo scopo, era custodito nella mente della maga, e ormai perduto, ma ai Servitori del Fuoco era stato comunque detto di catturarli entrambi e di portarli da lei. [/SIZE]
[SIZE=2]Era un bene che lo avessero preso. Un capitano dei Valdacli. Prima d’ora, lei non aveva avuto mai modo di spezzare uno di questi combattenti tanto decantati.[/SIZE]
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[SIZE=2]Gli occhi scuri dell’uomo tentarono di scavarle dei buchi nella testa mentre lo svestiva e distruggeva gli indumenti come aveva fatto con quelli di Zenaran. Era peloso, una grande massa di muscoli duri e cicatrici. Non batteva ciglio. Non diceva nulla. La sfida che proponeva era diversa da quella della donna. Quella di lei era ardita, gliel’aveva gettata in faccia apertamente, mentre quella di lui era un calmo rifiuto a piegarsi. L’uomo pensava di sapere cosa stesse affrontando. Sarebbe stato più duro da spezzare della sua padrona. In condizioni normali, sarebbe stato molto più interessante.[/SIZE]

[SIZE=2]“La tua padrona non si prende buona cura di te” gli disse. “Se non fosse solo una selvaggia, non ci sarebbe stato bisogno di tutto questo”. L’espressione dell’uomo cambiò di poco. Piegandosi verso il disgusto. “Ecco.”[/SIZE]

[SIZE=2]Stavolta Margolian toccò il centro del piacere e iniziò a stimolarlo lentamente. Era un uomo intelligente. Fece una smorfia, scosse il capo, quindi socchiuse gli occhi, mantenendoli fissi su di lei come schegge di ghiaccio scuro. Sapeva che non avrebbe dovuto provare quella gioia crescente e, anche se non poteva capire i suoi incantesimi, sentiva che doveva essere opera sua, quindi sembrò che la combattesse. [/SIZE]
[SIZE=2]Margolian sorrise quasi. Senza dubbio l’uomo credeva che il piacere fosse più facile da combattere del dolore. In rare occasioni era bastato a spezzare la resistenza degli schiavi. Non la faceva divertire molto, e subito dopo non riuscivano a pensare in maniera coerente e volevano che altra estasi fiorisse nelle loro teste, ma era un metodo veloce: avrebbero fatto di tutto per averne ancora. La mancanza di coerenza era il motivo per cui non aveva usato il metodo con Zenaran; da lei aveva avuto bisogno di risposte. [/SIZE]

[SIZE=2]Ma forse quel tizio sarebbe stato meglio di niente. Se non avesse scoperto nulla, Alatar si sarebbe infuriato; ucciderli entrambi prima di estorcere loro almeno qualche notizia avrebbe significato rimanere in attesa fino a dopo la battaglia contro Zayed. Come minimo. [/SIZE]
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[SIZE=2]I gemiti di Arbanath le procurarono un sospiro di sollievo. Margolian sorrise debolmente. Alla fine, era divertente.[/SIZE]

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Gennaio 3, 2009 - 11:40 pm

[SIZE=2]Arrivarono due degli esploratori correndo a perdifiato. Non erano insieme; uno andò diritto verso i cavalieri di Zayed, l’altro dagli Amazigh. Sudhir lo riconobbe, un uomo dal volto duro e abbronzato di nome Dorgur. Uno di quelli che avevano viaggiato con Arakhon e con gli Occidentali. Dorgur lo ignorò completamente.[/SIZE]
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[SIZE=2]“E’ successo qualcosa in città” riferì a Barsoum, parlando veloce e a scatti. “Una tragedia. Ora non c’è più nessuno in vista, ma da Rintark si alza un grande fumo. Ci siamo tenuti nascosti e non ci siamo avvicinati. Siamo tornati subito.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Avete fatto la cosa giusta” rispose Barsoum. “Informa le Madri”. Sollevando inconsciamente il velo, Barsoum si avviò verso il gruppo principale dei nomadi. [/SIZE]

[SIZE=2]“Che cosa potrebbe essere accaduto?” chiese Sudhir a Taklit, la quale continuò a guardare a terra senza rispondere. “Taklit? Quale tragedia?” Nulla. “Che tu sia folgorata, donna, in nome di Zayed: potresti rispondere a una semplice domanda! Che tragedia, che cosa?”[/SIZE]
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[SIZE=2]La donna si strinse nelle vesti, ma rispose incolore. “Forse un’incursione dopo la sconfitta dei Valdacli, per rubare capre o pecore e saccheggiare i mercati. Ma più probabilmente sono andati in città per via dell’acqua. Probabilmente saranno i Chareen, la setta della Montagna Bianca. O potrebbero essere i servitori del Fuoco Segreto. I Carrieri credo che siano troppo lontani.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ci sarà un combattimento? Taklit?”[/SIZE]
[SIZE=2]“No. Dorgur lo avrebbe riferito se gli incursori fossero stati ancora presenti. Barsoum è preoccupato per Yuba e per gli altri che erano al mercato. Se qualcuno è morto vorrà prendere i loro corpi.”[/SIZE]

[SIZE=2]Sudhir si chiese perché non avesse menzionato il fatto di liberare i prigionieri e gli schiavi, ma non per molto: finalmente, oltre la polvere e il fumo, videro Rintark. [/SIZE]

[SIZE=2]Barsoum, in piedi allo scoperto a circa quattrocento passi dalla porta della città, con il velo abbassato, era il solo Amazigh in vista. Questo naturalmente non significava che non ce ne fossero. Sudhir diresse il cavallo verso Barsoum e smontò. Il capoclan continuò a studiare gli edifici di pietra.[/SIZE]

[SIZE=2]“Le capre” spiegò Taklit preoccupata. “Gli incursori non si sarebbero lasciati dietro nessuna capra. Molte sono sparite, ma sembra quasi che ai greggi sia stato consentito di sparpagliarsi.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Dieci giorni” concordò Barsoum senza spostare gli occhi dagli edifici “o ne sarebbero rimaste di più. Perché non esce nessuno? Dovrebbero essere in grado di vedermi e riconoscermi.” [/SIZE]

[SIZE=2]Si avviò verso le costruzioni e non fece alcuna obiezione quando Sudhir si unì a lui guidando il cavallo per mano. Taklit aveva una mano sul pugnale, e Dorgur, che le cavalcava alle spalle, teneva la lancia con il manico nero come se si aspettasse di doverla usare.[/SIZE]
[SIZE=2]La porta della prima casa era di legno rozzo, alcune assi corte e strette unite fra loro. Alcuni dei robusti sostegni erano rotti, spaccati da asce. Barsoum esitò un momento prima di spingerla per aprirla. Guardò appena all’interno, per poi rivolgere lo sguardo sulla strada.[/SIZE]
[SIZE=2]Sudhir infilò la testa nella costruzione. Non c’era nessuno. L’interno, con la luce che entrava a raggi dalle feritoie per gli arcieri, era un’unica stanza e chiaramente non un’abitazione, solo un riparo per i soldati e una difesa in caso di attacchi. Non c’erano mobili, tavoli o sedie. Il posto era stato saccheggiato. Letti e coperte, pentole, tutto era sparpagliato a terra, fra cuscini e sacchi squarciati. Un liquido era stato sparso ovunque, sulle pareti e anche sul soffitto, e si era asciugato diventando nero.[/SIZE]
[SIZE=2]Quando Sudhir si accorse di cosa si trattava, scattò indietro, con la spada stretta in mano. Sangue. Così tanto sangue. A Rintark si era verificato un macello, feroce più di qualsiasi cosa riuscisse a immaginare. Nulla si muoveva, là fuori, tranne gli animali.[/SIZE]
[SIZE=2]Taklit uscì alla stessa velocità con cui era entrata. “Chi?” si chiese incredula con i larghi occhi scuri colmi di oltraggio e di pietà. “Chi farebbe una cosa simile? Dove sono i corpi?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Il Maestro” mormorò Dorgur. “Egli è stato qui. Qualcuno ci osserva dalle case del mercato.”[/SIZE]

[SIZE=2]Sudhir montò a cavallo, e corse verso il mercato, seguito da alcuni dei suoi. Le macchie sulle mura delle case erano cadaveri, contorti nella loro ultima agonia, rigonfi sotto il sole e appesi per il collo in una fila che sembrava circondare la città. Gli uccelli erano lucidi corvi neri, e avvoltoi con la testa e il collo lordi di sangue. Alcuni corvi banchettavano appollaiati sui cadaveri, ignorando i nuovi arrivati. Il nauseante odore dolciastro della putrefazione era sospeso nell’aria insieme a un acre puzza di bruciato. Le porte del mercato erano aperte su una distesa di rovine, case di pietra imbrattate di fuliggine e tetti crollati. Nulla si muoveva, tranne gli uccelli.[/SIZE]

[SIZE=2]‘Come Mar Ruos’. [/SIZE]

[SIZE=2]Sudhir cercò di zittire quel pensiero, ma nella mente, attraverso il ricordo, gli parve di vedere quella città dopo che era stata conquistata dai servi del Fuoco Segreto, torri annerite e abbattute, i resti di grandi falò a ogni angolo, dove tutti quelli che avevano rifiutato di giurare fedeltà all’Ombra erano stati legati e gettati vivi fra le fiamme. Sudhir sapeva che erano stati anche qui.[/SIZE]

[SIZE=2]Passarono lunghi minuti prima che due uomini senza camicia e una donna spuntassero dalle case, tutti e tre coperti di stracci, sporchi e scalzi. Si avvicinarono esitanti, il capo chino, gli occhi che scattavano da un uomo all’altro, come se avessero intenzione di fuggire al primo movimento. Le guance infossate e il passo incerto rivelavano la loro fame.[/SIZE]
[SIZE=2]“Grazie agli dei” disse finalmente uno degli uomini. Aveva i capelli grigi, nessuno dei tre era giovane, e il volto pieno di rughe. Il vecchio strinse con ansia la staffa di Sudhir. “Hanno ucciso chiunque avesse sollevato una mano, distrutto tutto, rubato tutto quello che potevano portar via. Tutto quello che non sono riusciti a rubare l’hanno bruciato, e ci hanno cacciati perché morissimo di fame. Grazie agli dei sei giunti a salvarci, mio signore”.[/SIZE]
[SIZE=2]“Hanno anche razziato, e preso … mio signore” aggiunse la donna con voce rauca. Era più giovane, e forse un tempo era stata bella, ma adesso era stanca, e aveva delle rughe sul viso che Sudhir credeva non sarebbero mai più scomparse. “Mia figlia, signore, e mio figlio. Hanno preso tutti i giovani. Hanno detto che erano … schiavi per l’Ombra, li hanno spogliati in strada e trascinati via. Mio signore, puoi … “ Si interruppe, e barcollò strizzando gli occhi quando fu sopraffatta dall’impossibilità della sua richiesta. Aveva ben poche possibilità di rivedere i suoi figli.[/SIZE]

[SIZE=2]“Da quanto tempo sono andati via?”[/SIZE]

[SIZE=2]“Sei giorni, mio signore” rispose l’uomo che si chiamava Tal, a disagio. “Hanno compiuto la loro carneficina la notte dopo la battaglia dell’oasi, e sono andati via quella seguente.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Quanti altri vivi ci sono, qui, oltre voi tre?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Cento, forse, mio signore. Forse più. Nessuno li ha contati.”[/SIZE]
[SIZE=2]Sudhir fu sopraffatto da una rabbia improvvisa, anche se cercò di tenerla a bada.[/SIZE]
[SIZE=2]“Cento?” La voce era gelido acciaio. “E sono trascorsi sei giorni? Allora perché avete lasciato i vostri morti ai corvi? Perché quei cadaveri ancora pendono dalle mura? La puzza che vi riempie le narici viene dalla vostra gente!” Stringendosi assieme, i tre si fecero indietro allontanandosi dal suo cavallo.[/SIZE]
[SIZE=2]“Avevamo paura, mio signore” rispose rauco Tal. “Sono andati via, ma potevano tornare indietro. E quell’uomo ci ha detto … quello con i segni sulle braccia ci ha ordinato di non toccare nulla.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Un messaggio” intervenne l’uomo che si chiamava Nethin con voce spenta. [/SIZE]
[SIZE=2]“Li ha presi per impiccarli fino a quando non ne ha avuti abbastanza da coprire tutto il muro. Uomini o donne, senza fare distinzioni. Ha detto che era un messaggio per un uomo che presto sarebbe arrivato. Il ‘re dei Valdacli’. Ha detto che voleva che questo re sapesse … cosa avrebbero fatto alle città che si fossero opposte al Maestro. Ha detto … che al popolo di quest’uomo avrebbe fatto di peggio.”[/SIZE]

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[SIZE=1]Da "I Fuochi del Cielo", di Robert Jordan[/SIZE]

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Gennaio 14, 2009 - 8:33 pm
[SIZE=2]E quando Arakhon vide che l’ora delle armi era,[/SIZE]
[SIZE=2]Più fiero fu[/SIZE]
[SIZE=2]Del leone o del leopardo;[/SIZE]
[SIZE=2]I Valdacli chiamò, e così comandò:[/SIZE]
[SIZE=2]Ora in silenzio state, amici miei, e voi, fratelli.[/SIZE]
[SIZE=2]Ché la terra dei Padri, della quale Iluvatar ci mise a guardia,[/SIZE]
[SIZE=2]Mille uomini forti ha messo al mio fianco,[/SIZE]
[SIZE=2]E i Valar sanno che nessun sarà codardo.[/SIZE]
[SIZE=2]Gli uomini dell’Ovest per il loro signore soffriranno con buon cuore,[/SIZE]
[SIZE=2]Più forte del ghiaccio e della fornace infuocata,[/SIZE]
[SIZE=2]Arakhon Re dei Valdacli colpirà con la lancia che dell’Ovest fu dono,[/SIZE]
[SIZE=2]E chi cadrà al suo fianco[/SIZE]
[SIZE=2]Nobile vassallo sarà stato[/SIZE]

[SIZE=2]“Che cos’é questa roba?” le disse, più rozzamente di quanto intendesse. [/SIZE]
[SIZE=2]“Alcuni bardi la cantano. Nel Chennacatt, adesso, ma anche nel Trenth. Prima dell’estate la canteranno in tutte le Colonie dei Valdacli, qualcuno sta pagando molto oro. Sapevo che vi sarebbe piaciuta. Non sembrate mai interessato ad altro se non ad Arakhon. Se mi aveste lasciato fare, adesso sarebbe una bestiola. Ne farei l’attrazione principale di ogni spettacolo. Non che sia bello … “ Sorridendo di nuovo, nascosta dietro la coppa di vino, in un mormorio che non sarebbe stato possibile sentire per l’uomo al di là dello specchio di fumo, aggiunse qualcos’altro.[/SIZE]

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[SIZE=2]Fu uno sforzo per Zalarit non raddrizzarsi. Non era basso, ma gli seccava che la sua statura non fosse pari alle sue capacità. Arakhon era più alto di lui. Si supponeva sempre che l’uomo più alto fosse anche il migliore. Dovette sforzarsi di nuovo per non tormentarsi il viso. Il suo fallimento era stato opera di Arakhon. Il Maestro si era infuriato. Sospettava che gli altri non l’avessero informato in tempo di proposito. [/SIZE]

[SIZE=2]“L’ultimo re dei Valdacli è morto da tempo e non tornerà. Arakhon è un contadino, uno spala-letame che ha avuto fortuna.”[/SIZE]
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[SIZE=2]Margolian lo guardò come se fosse sorpresa. “Lo pensate davvero? Dev’esserci ben più che fortuna, alle sue spalle. La fortuna non avrebbe potuto portarlo tanto lontano e tanto rapidamente.”[/SIZE]

[SIZE=2]Zalarit non l’aveva chiamata per parlare di Arakhon, ma sentì freddo alla base della schiena. Pensieri che si era costretto a congedare adesso ritornavano. Arakhon non era un re; era, forse, e forse solo adesso, l’anima rinata di un re, ma restava il figlio bastardo di una donna bastarda che discendeva da una stirpe di bastardi e di dimenticati. Zalarit non era un filosofo né un conoscitore dei racconti dell’Ovest, ma Alall era entrambe le cose e sosteneva di aver indovinato dei segreti nascosti nel fato dell’uomo, un fato che era mutato strada facendo. Alall sarebbe morta totalmente pazza prima che qualcuno riuscisse a trapassarle il cuore, certo, ma per ora era ancora sana …[/SIZE]

[SIZE=2]“Hai scoperto dove si nasconde?”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ne so quanto voi” rispose allegra Margolian, fermandosi per sorseggiare il vino. “Hanno visto i suoi Draghi. Ha mandato dei messaggi a Zayed, affermando di volerlo incontrare, ed era nel Chennacatt ma questo era prima della battaglia e quindi … forse pensa che li abbiamo uccisi tutti e non si farà vedere. Oh, non fatemi queste smorfie. Continuerò a cercarlo visto che insistete.”[/SIZE]

[SIZE=2]Zalarit l’osservò per un momento. Il pensiero non pareva disturbarla, ma in fondo non si sarebbe mai trovata in aperto conflitto con Arakhon. Non era mai stato quello il suo sistema, fin dal primo giorno, tanti anni prima. Zalarit stentava a ricordare quanti. Se Arakhon l’avesse scoperta, avrebbe semplicemente abbandonato tutto e si sarebbe sistemata altrove, per ricominciare. O forse si sarebbe arresa prima che potesse colpirla, quindi avrebbe cercato di convincerlo di essere indispensabile. [/SIZE]

[SIZE=2]“Ci sono delle voci sulla morte di Tund Hol.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Voci! Tund Hol è stato uno stupido, se vuoi saperlo. Avrei avuto la testa di Arakhon già mesi fa se non fossi stato circondato da stupidi. Sono sicuro che Hol ha affrontato Arakhon e i suoi buffoni pensando di star andando a caccia di conigli. Così come Abit. Tanta fatica per prepararla, tutta sprecata. Ho chiuso con queste perdite di tempo, con questi sotterfugi. La prossima volta che lo incontro, lo uccido! E perché Abit si sarebbe lasciata ammazzare in quel modo, come un capretto? Sono sicuro che voleva passare dalla loro parte! Avrei dovuto ucciderla io, ma non mi è stato concesso.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Avete sempre delle scuse per giustificare i vostri fallimenti” sussurrò la donna, ancora una volta a voce molto bassa. “Scegliete le vostre spiegazioni, se lo desiderate. Potreste anche aver ragione. Io so solo che Arakhon sembra vi stia abbattendo uno a uno.”[/SIZE]

[SIZE=2]La mano di Zalarit tremava dalla rabbia, e versò il vino dal boccale prima di riuscire a calmarsi. Arakhon non era che una nullità, così come sua sorella Ar Venie. E la loro madre. Il solo rimpianto era di non aver potuto sputare sulla sua tomba, prima di lasciare Ostelor.[/SIZE]

[SIZE=2]Battendo le mani inanellate al ritmo di una musica che proveniva dalla sala alle sue spalle, Margolian parlò con fare assente, come se la sua attenzione fosse davvero concentrata sulla melodia. “Molti di voi moriranno scontrandosi con lui. Qualsiasi cosa voi ne pensiate. Forse anche voi stesso. Spero che abbiate un posto dove rifugiarvi. Non sembra ci siano molti dubbi sul fatto che sarete la prossima vittima. Presto, direi. Non vedo nessun esercito attorno a lui, ma Arakhon sta raccogliendo molti alleati e presto ne avrà uno grosso da scatenarvi contro.”[/SIZE]

[SIZE=2]Nel caso fosse servito, Zalarit aveva delle linee di ritirata pronte, era una questione di prudenza. Ma sentire la certezza nella voce della donna lo fece infuriare. “Arakhon … Arakhon, Margolian! Un ragazzo ignorante, qualunque cosa siano riusciti ad insegnargli strada facendo! Un primitivo che probabilmente crede ancora che la maggior parte di quanto tu e io diamo per scontato sia impossibile! Arakhon fa inchinare qualche signore e pensa di avere conquistato il mondo. Non ha la volontà di stringere il pugno e conquistarlo sul serio! Solo gli Orientali – per il sangue dei Valar! Chi avrebbe creduto che potessero cambiare così tanto?” Doveva controllarsi. Non imprecava mai in quel modo, era una forma di debolezza. “Solo loro lo seguono veramente, e non tutti. E’ appeso a un filo, e prima o poi cadrà. Se distruggessi Arakhon, non violerei nessuno degli ordini del Maestro. Da quanto ho saputo. Ma se hai nascosto …”[/SIZE]

[SIZE=2]Gli occhi di Margolian divennero duri come il ghiaccio. Evitava il confronto diretto, ma non le piacevano le minacce. “Quello che ho scoperto ve l’ho rivelato per intero. Ogni singola parola. Credo che nessuno oserebbe mentire nel nome del Maestro.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Ma mi hai riferito molto poco dei piani degli altri," rispose in tono sommesso Zalarit “quelli di Alall, di Jahar o di M’jinn. Praticamente non mi hai detto nulla.”[/SIZE]

[SIZE=2]“Vi ho riferito quanto so” sospirò lei irritata. Forse stava dicendo la verità. Pareva davvero rimpiangere la propria ignoranza. Forse. Con lei, tutto e nulla erano possibili. “Per il resto … pensate al passato, Zalarit. I sudditi di Sauron complottavano l’uno contro l’altro quasi con la stessa energia con cui combattevano per lui contro i suoi nemici. Eppure stavano vincendo, prima che il Mezzuomo portasse l’Anello a Mordor.” Rabbrividì per un istante, e il viso parve stanco. Nessuno voleva pensare a quel giorno, o a ciò che era seguito. “Agiamo come se questo fosse il mondo che conoscevamo, quando invece nulla è rimasto come allora. Moriamo uno a uno e Arakhon diventa sempre più forte. Le terre e i popoli si uniranno a lui, e noi cadremo. L’immortalità è nostra, Zalarit; non voglio morire.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Se ti spaventa, allora uccidilo.” Si pentì di averlo detto ancor prima di pronunciare quelle parole.[/SIZE]

[SIZE=2]Incredulità e sdegno deformarono il volto di Margolian. “Io servo il Sommo Signore e obbedisco, Zalarit.”[/SIZE]
[SIZE=2]“Come me. Come chiunque altro.”[/SIZE]
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[SIZE=1]Da "Il Signore del Caos", di Robert Jordan[/SIZE]

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Gennaio 25, 2009 - 11:39 am

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[SIZE=2]Wei mosse appena le ginocchia, e Sereloth si inclinò piano, piegando l’ala ossuta. Dopo i mesi trascorsi dal primo giorno, sulla montagna, si era abituato ai suoi comandi. Wei era una realtà nella sua esistenza, ormai, così come il drago lo era in quella della regina di Morija. Giù, attorno al serraglio e alle costruzioni bianche, sembrava che il fuoco si materializzasse dal nulla per sparpagliarsi poi in ogni direzione. Si sforzò di non badarci; lei doveva proseguire. Almeno il fumo non si alzava più dall’oliveto in cui avevano tentato di attaccarla mentre dormiva; Sereloth l’aveva difesa, e tutti i suoi assalitori erano morti.[/SIZE]

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[SIZE=2]A un migliaio di passi da terra, lei aveva una visuale assai ampia. Nelle sue condizioni non poteva fare niente, non poteva rischiare. Doveva limitarsi a dimenticare quei soldati impegnati in una lotta senza speranza per le loro vite, e continuare il viaggio verso est. Avrebbe preferito non sentire quello strano prurito nello stomaco e fra le scapole: significava sempre che c’era davvero qualcosa di sbagliato in quello che stava per accadere. Il vento causato dal volo di Sereloth non era molto forte a quella velocità, ma lei strinse comunque sotto il mento il cordoncino del suo cappuccio, controllò le cinghie di cuoio che la tenevano salda in sella, si sistemò il fazzoletto che le proteggeva bocca e naso dalla polvere e i guanti, e scese, tornando a sud, verso il serraglio. [/SIZE]

[SIZE=2]Il fumo che saliva davanti a lei la fece accigliare, ma ciò che vide quando ebbe superato la cima di una collina contorta le seccò la gola. Le mani si immobilizzarono. Le case erano … sparite. Degli edifici bianchi restavano solo poche pietre, e tutte le altre strutture erano ridotte in macerie. Tutto era annerito e bruciato. Il fuoco divampava su tutte le cose delle quali era in grado di nutrirsi e disegnava ventagli per cento passi negli oliveti. E più in là ancora c’erano alberi spezzati, per altri cento passi o più, tutti piegati in direzione opposta rispetto alle case. Wei non aveva mai visto nulla del genere. Nessuno poteva essere sopravvissuto, laggiù. Niente poteva vivere in quelle condizioni. Qualsiasi cosa le avesse causate.[/SIZE]

[SIZE=2]Wei tornò rapidamente in sé, e fece girare Sereloth sopra le macerie. Cominciò a pensare alle cose che avrebbe detto ad Arakhon; di sicuro non c’era nessun altro che potesse avvisarlo. Il Disegno aveva scelto per lei. In lontananza, vide i cavalli dei guerrieri di Zayed, guerrieri che sarebbero arrivati troppo tardi. Tutti dicevano che Zayed avrebbe riunificato il Grande Harad, ma, con quei nuovi avversari … Che cos’erano? Aveva visto delle figure vestite di blu muoversi fra le rocce, e le era sembrato che fossero loro ad appiccare il fuoco – ma chi potevano essere, e com’era possibile che il fuoco danzasse in quel modo? A meno che … [/SIZE][SIZE=2]‘Lo Stregone!’ pensò Wei, e all’improvviso fece scartare Sereloth per allontanarlo dalle case in fiamme. Un globo di fuoco esplose nel punto in cui si era trovata poco prima, e Sereloth ricevette un duro colpo, più duro di qualsiasi raffica di tempesta che Wei avesse mai sentito, un colpo che lo fece ruzzolare in aria con le ali una contro l’altra.[/SIZE][SIZE=2]‘Sono stata superba’. [/SIZE]

[SIZE=2]Il drago piombò verso il basso, lanciando rauche strida, ruotando su sé stesso così velocemente che Wei si sentì strattonare contro le cinghie. Tenne le mani sulle cosce, ben strette intorno alle cinghie ma ferme. Sereloth doveva uscire da solo dalla sua caduta: qualsiasi movimento del suo cavaliere lo avrebbe solo impacciato. Continuarono a cadere, vorticando come una ruota. Wei aveva imparato a non guardare verso terra quando Sereloth scendeva o cadeva a causa del vento, ma lei non poteva fare a meno di calcolare quanto in alto era ancora ogni volta che le veloci giravolte del drago le permettevano di vedere la sabbia e le rocce dell’Harad sotto di lei. Ottocento passi. Seicento. Quattro. Due. ‘Che la Luce illumini la mia anima’, pensò, ‘e l’infinita pietà della Dea Madre mi protegga dal Male e mi conceda la pace’.[/SIZE]

[SIZE=1]Da "Il Sentiero dei Pugnali", di Robert Jordan[/SIZE]

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