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Informazioni: la politica dei Valdacli nella Quarta Era
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Febbraio 16, 2009 - 9:32 pm

[SIZE=2][SIZE=4][COLOR=darkred]La Chiamata a Concilio[/SIZE] [/COLOR][/SIZE]
[SIZE=2](la politica dei Valdacli nell’anno 76 della Quarta Era)[/SIZE]

[SIZE=2]L’antefatto della chiamata a concilio dei Valdacli nell’anno 76 della Quarta Era, in risposta alla minaccia rappresentata dalla rinata Corte di Ardor e alle lettere di Arakhon, è una complessa storia di ambizioni religiose e regali che coinvolge Ardor stessa, Valandor Hamina reggente dei Valdacli, Eäromä di Valagalen, Ar-Venie ed Arakhon Eshe poi pretendente al trono, Hathor, e l’ordine dei Figli di Nindamos.[/SIZE]

[SIZE=2]Seregul e la guerra contro Ardor[/SIZE]

[SIZE=2]Verso la fine della Terza Era, i Valdacli, e in particolare le regioni meridionali del Pel e del Mei governate da Seregul (che si estendevano da Erechor a Cor Minyadhras), avevano ormai perso molto della loro influenza sul meridione della Terra di Mezzo, e la loro autorità era insidiata dalle ambizioni di numerosi principi dell’Usakan, di Tanturak e Koronande sostenuti da Ardor. [/SIZE]

[SIZE=2]Il trono di Ardor, alla caduta della vecchia Corte era rimasto ad una regina, e più precisamente ad Ardaniel, nipote di Ardana stessa, ma, dopo la morte della madre Morelen la giovanissima Ardaniel aveva avuto difficoltà a mantenere l’ordine e Morthaur, influente signore elfico, con il proposito di sostenere la sua politica l’aveva prima affiancata come ministro e poi sorprendentemente presa in moglie. Il regno di Morelen era stato mediocre e molto breve, e ad esso era seguita una lotta per la successione: Ardaniel, che discendeva dall’unione di Elfi e Uomini, era cresciuta sotto scarsa protezione e con poco sostegno diretto, ma si era dimostrata una donna intelligente, ed era riuscita comunque, fino all’avvento di Morthaur, a mantenere unito il regno – non fu così dopo l’ascesa al trono del suo consorte.[/SIZE]

[SIZE=2]Seregul intendeva affermare nel sud il predominio dei discendenti di Nùmenor prediligendo coloro fra essi che erano di linea più pura; l’ordine dei Figli di Nindamos fu il suo principale strumento. Seregul era impopolare fra i Valdacli: aveva ereditato grandi possedimenti nel sud, ottenuti sposando Esgaphor, nei confronti della quale dimostrò ben poco amore, e tramite campagne militari all’est. La sua scarsa capacità di comando e l’egoismo, però, lo rendevano poco gradito alla nobilità, e un primo tentativo di riunificare di nuovo i Valdacli sotto un’unica corona gli meritò l’aperto biasimo di Araphor di Ostelor e di Terilaen di Valagalen. Ciò non servì a scoraggiare le sue ambizioni, tuttavia, ed egli, cospirando per impadronirsi di tutta la regione con altri mezzi e con il sostegno del Drago del Sud, venne in contatto con emissari di Mordor e con il Nazgûl Akhorahil stesso, cadendo sotto la sua influenza. [/SIZE]

[SIZE=2]Seregul, molto abilmente, avvicinò quindi la regina Ardaniel offrendole il suo rispetto, l’amicizia e la protezione dei Valdacli contro il pericolo rappresentato da Mordor, e allo stesso tempo indusse i Valdacli all’odio nei confronti degli Elfi: dopo aver fatto assassinare Terilaen, Seregul fece in modo che anche Araphor e Phorakhon rimanessero uccisi mentre, come ambasciatori, si erano recati alla corte di Morthaur, e questo indusse gli altri tre Signori dei Valdacli rimasti (Arthrazoc, Daroc e Imrazor) a dichiarare guerra alla Corte di Ardor. La guerra fu lunga, crudele e spietata: come un fuoco alimentato dal vento di Mordor, i Valdacli distrussero Ardor e, guidati da Nindamos, si accanirono contro gli Elfi. I Valdacli di Seregul lanciarono qualcosa di simile alla tattica della terra bruciata: la loro intenzione era quella di spogliare il territorio di Ardor di qualsiasi bene di valore e spargere il terrore fra la popolazione devastando, torturando e uccidendo. L’azione ebbe enorme successo, e tutti gli uomini di Seregul e di Nindamos fecero il pieno di ricchezze e atti di depravazione: Nindamos seminò il terrore fino a Menelcarca, ma non attaccò il tempio, non riuscendo a superare l’ostacolo naturale rappresentato dalle sue montagne. Ardaniel stessa venne però assassinata; Seregul scomparve, i pochi Elfi sopravvissuti si dispersero nei boschi o partirono per l’Ovest, e di Ardor non rimase più nulla. [/SIZE]

[SIZE=2]Ma la guerra non si sarebbe fermata se l’Unico Anello non fosse stato distrutto al Monte Fato; negli attimi che precedettero la caduta di Sauron, l’attenzione del Nazgûl fu richiamata verso Mordor, e subito dopo il suo nero spirito scomparve, risucchiato nella nemesi del suo Signore. L’odio dei Valdacli si placò, e molti di essi non seppero poi neppure capire che cosa avevano fatto e perché.[/SIZE]

[SIZE=2]Il Teocrate in esilio e il coinvolgimento della famiglia Eshe[/SIZE]

[SIZE=2]Nell’anno 71, Shakor Belechael, un membro influente della Teocrazia di Ostelor scampato all’epurazione e rifugiatosi in Same sotto le spoglie di Intillamon, scrivano dell’ambasciatore Aldor di Ostelor anch’egli in esilio, scopre che emissari dell’Ombra giunti dal Grande Harad e facenti capo all’Ordine del Fuoco Segreto nonché a un misterioso “Maestro” sono vicini a ritrovare segreti perduti della negromanzia della Seconda Era – segreti di un “Popolo Che Non Sogna”. Intillamon viene ucciso prima di poter rivelare ad Aldor questi segreti, ma Narca Nivan, suo amico, invia a Ostelor una richiesta d’aiuto, indirizzata ad Eshe Far suo primo amore, madre di Arakhon e di Ar-Venie Eshe. Narca ha scoperto il coinvolgimento della sorellastra di Arakhon, Ahnta, nelle trame del “Maestro”; Far, in fin di vita a causa di una malattia, manda a Same in cerca di Ahnta il figlio Arakhon ordinandogli di riportarla a casa. Arakhon, convinto di imbarcarsi quasi per un viaggio di piacere assieme alla promessa sposa Paraphion Fuindil, si ritrova nell’anno 72 precipitato (privo della necessaria conoscenza dei fatti) in una complessa e misteriosa vicenda che lo vede scontrarsi prima con gli emissari del “Maestro” stesso, poi, l’anno successivo, con Arminidun di Ostelor e Yamo, e successivamente negli anni seguenti nuovamente con l’Ombra nelle terre del Grande Harad nelle quali Ar-Venie l’ha mandato (ancora una volta tacendogli molte cose) per proteggerlo dalle lotte di potere fra Ostelor e Valandor Hamina e per farlo sposare con Niazi Mobarek, figlia di Yafai Mobarek, influente membro del governo di Tul Harar. [/SIZE]
[SIZE=2]Nell’anno 75, Arakhon, che ha ormai capito di essere in lotta contro Alatar, il perduto Stregone Blu, corrotto dall’Ombra, si reca nelle terre orientali di Morija; in esse viene a conoscenza di leggende che lo vogliono “Principe del Drago”, “Erede dei Kinn-Lai” e quindi discendente dai perduti Elfi Avari. In quelle stesse terre di Morija Arakhon ritrova la Corona dell’Ovest, e apprende da un misterioso oracolo di essere destinato a diventare il “Re dei Valdacli”; si prepara a tornare a Ostelor, e consolida le sue alleanze (prima con i Corsari di Ormal e la regina Wei di Morija, poi con l’Assemblea dei Parlatori di Tul Harar), mentre Suri, suo fedele compagno di viaggio, scrive lettere ai Signori dei Valdacli per conto di Arakhon offrendo amicizia e chiedendo il loro supporto.[/SIZE]

[SIZE=2]Valandor Hamina[/SIZE]

[SIZE=2]Valandor, Nùmenorano solo per un quarto, menomato dalla nascita e leggermente limitato nei movimenti di una gamba ma eccezionale nella prestanza fisica (racconti della sua giovinezza affermano che fosse capace di schiacciare un elmo con le sole mani), salì al trono come reggente in un momento cruciale dopo la morte della moglie Aradiel. Alla fine della Terza Era il cuore dell’esercito dei Valdacli, nonostante la lunga guerra contro Ardor e lo scioglimento del Concilio dei Sette, era intatto: pronto a volgersi, sotto la spinta di Nindamos, verso qualunque re o potentato che i Valdacli avessero riconosciuto come loro nemico. Uomo molto intelligente, per niente integerrimo e piuttosto vizioso (più di una voce in Ostelor e nel Miredor parlava di un suo legame incestuoso con la figlia Lithie e di una propensione per le donne giovani), ma dotato di grande acume politico e fascino, Valandor Hamina si era reso conto che i Valdacli si ritrovavano a governare un paese ormai molto povero, in termini economici: un paese che manteneva un esercito assai superiore, bene addestrato e motivato - che però doveva essere sfamato ed equipaggiato, pena la fine della sua stessa potenza. Le terre dei Valdacli, inoltre, erano state da poco percorse da un nuovo fremito di fervore religioso: un ordine detto dei Teocrati, guidato da Unnath Edril, aveva predicato la Purezza in nome della Luce, dando il via ad epurazioni e nuovi massacri. [/SIZE]

[SIZE=2]I Teocrati erano stati sconfitti e uccisi dall’ordine di Nindamos, che aveva riportato la pace nelle città più importanti della regione; questo aveva però ridato potere e influenza allo stesso. Valandor colse l’opportunità rappresentata dal bisogno di re Elessar Telcontar di ridurre la potenza di Nindamos e controllare in qualche modo le terre meridionali, per assicurarsi che le stesse non ricadessero sotto l’influenza dell’Ombra; Gondor cercava un suo rappresentante, un monarca comunque eletto dal popolo che si sostituisse o affiancasse i nuovi nobili del Concilio dei Sette, e Valandor, che di fatto di quel Concilio era membro, fu pronto ad accettare quell’offerta: in cambio del sostegno economico necessario, avrebbe impedito che l’esercito dei Valdacli si sbandasse o peggio ancora si rivolgesse contro Umbar e Gondor. Riuscì a farsi riconoscere da tutti gli altri signori di quelle terre e venne quindi nominato reggente delle Colonie dei Valdacli; negli anni successivi, silenziosamente, mandò in esilio i suoi principali oppositori – uno dei quali, l’ambasciatore Aldor (vicino alla fazione di Baranor Meneldir, opposta a Valandor), nelle terre di Same.[/SIZE]

[SIZE=2]Limitare l’influenza di Nindamos, però, non era opera facile; Yamo Nindamos beneficiava del grande afflusso di ricchezze dovuto all’espansione continua in quelli che erano stati i territori di Ardor, e, indirettamente, era sostenuto da più d’una fra le famiglie di ricchi mercanti di Ostelor, prima fra tutte quella di Milazor. Nella sua città di Urland, fra gli anni 60 e 70 della Quarta Era, Valandor osservò con preoccupazione il crescere in influenza della fazione di Arminidun di Ostelor e di Yamo e l’estremizzarsi dei rapporti fra le Colonie dei Valdacli del Sud e Gondor; nonostante l’abile opera dei suoi ministri Balkazir e Faravorn e del sostegno proveniente dalla colonia di Orrostar al governo della quale aveva posto la cugina Erendis, Valandor non poté impedire che Arminidun stringesse alleanza con Mizoran di Arpel (quindi indirettamente con Elorion) e con gli Adena, dei quali l’esponente di spicco era Umbin Swe.[/SIZE]

[SIZE=2]La guerra fra Gondor e i Valdacli del Sud[/SIZE]

[SIZE=2]Nell’anno 73, le diverse trame cominciano a sovrapporsi. Arminidun, dopo uno scontro con la famiglia Eshe, perde credibilità e lascia la carica di Primo Consigliere di Ostelor; gli subentra però Yamo Nindamos, e questo provoca la rottura dei rapporti fra Ostelor e Gondor. Yamo, infatti, nega il diritto di rifornimento a una flotta che, sotto la guida di Cirmoth di Gondor, si sta recando a Same per una importante missione, sollecitata dal capitano Valadil, che ha chiesto aiuto a Gondor dopo essersi trovato di fronte a emissari dell’Ombra. [/SIZE]
[SIZE=2]Cirmoth chiede l’appoggio di Valandor, che come reggente riconosciuto da Gondor stessa non può non concederglielo. Valandor ordina ai suoi “vassalli”, i Signori dei Valdacli (fra i quali Yamo stesso), di consentire a Cirmoth il transito e i rifornimenti, e chiede a Yamo Nindamos di presentarsi a Urland per fornire spiegazioni, ma, complice l’influenza a Ostelor dell’ambasciatore Athanasios di Hathor, ottiene un rifiuto. [/SIZE][SIZE=2]Valandor scrive a Yamo imponendo l’apertura di Ostelor al transito e, a riparazione della disobbedienza, la ventesima parte dei proventi del commercio con l’est: questo mette in subbuglio l’aristocrazia di Ostelor, Rò-Mollò ed Arpel, che dichiarano guerra a Gondor e chiedono sostegno a tutte le Colonie Meridionali e Orientali contro Valandor ed Elessar. Valandor è costretto a rimediare giurando ad Elessar di porre tutte le terre dei Valdacli sotto la sudditanza di Gondor e scendendo in campo contro Yamo, Akhibrazan ed Ar-Venie Eshe. In quest’atto, Valandor vede comunque grandi opportunità per accrescere il suo potere: ritiene Yamo un cattivo condottiero, impetuoso e poco attento alla strategia generale, e considera Ar-Venie, oltre che una semplice donna in passato vicina alla Teocrazia, una figura completamente impreparata a sostenere il governo di Ostelor. [/SIZE]

[SIZE=2]La guerra è rapida ma sanguinosa. Gli ammiragli Valdacli della flotta meridionale sconfiggono le navi di Gondor, impedendo a esse di doppiare il capo e di entrare nell’Oceano di Haragaer, ma Cirmoth e Valandor guidano i soldati di Gondor e l'alleata cavalleria del Dàr via terra (impresa ritenuta impossibile d'inverno) e, la primavera successiva, sconfiggono prima Yamo nella piana di Maldor, prendendolo prigioniero, poi Ar-Venie Eshe ad Alsarias - battaglia nella quale sia Cirmoth che Ar-Venie che Endariel Nindamos perdono la vita. Valandor vorrebbe proseguire la guerra marciando verso sud, e manda in quella direzione Beleridan, ma viene fermato alla Rocca di Fiammanera dal balivo del Trenth e dai capitani Hamac e Ardic, che gli impediscono di attraversare i passi montani.[/SIZE]

[SIZE=2]La paura della Rinata Corte di Ardor[/SIZE]

[SIZE=2]Nell’anno 74, la guerra fra Gondor e le città del sud spinge Eäromä, re dei Fuinar di Valagalen, amico degli Uomini, ad avvicinarsi a Valandor Hamina e a reclamare nuovamente il seggio degli Elfi all’interno del Concilio dei Valdacli. Eäromä non ama Valandor, tuttavia riconosce la legittimità della sua carica e comprende l’importanza della missione di Cirmoth contro l’Ombra, e il suo supporto è di vitale importanza per Valandor e Cirmoth nonché, l’anno seguente, decisivo nella vittoria dell’armata di Gondor di fronte alle porte della città di Alsarias. Mentre è impegnato a pacificare la regione del Miredor e cinge d’assedio Ostelor, Eäromä riceve la visita della sacerdotessa Tesarath Eirbé, un messaggero della Rinata Corte di Ardor; già da qualche tempo il re dei Fuinar sospettava del ritorno della Corte, ma l’arrivo del messaggero è per lui una spaventosa conferma. Nonostante i timori che il ritorno dei discendenti dei servitori di Ardana sollevano fra i Fuinar (che contestano l’opportunità delle decisioni di Eäromä) egli congeda Eirbé facendola accompagnare sino nell’Usakan e promette al re della Rinata Corte di non scendere in guerra contro di lui. [/SIZE]

[SIZE=2]Eäromä lascia comunque liberi i Fuinar di agire secondo la propria coscienza nel riferire le notizie in merito alla rinascita di Ardor: Nirien di Valagalen e Daeron di Taaliraan informano quindi Valandor Hamina dell’ambasceria ricevuta, ed egli, dopo aver riflettuto a lungo e dopo essersi consultato con Balkazir e con il suo capitano Cinrod, concede a Yamo la libertà sulla parola e gli chiede di recarsi prima a Fiammanera e poi ad Arpel, per richiedere ad Elorion una riunione del Concilio dei Sette e un pronunciamento sulla Corte di Ardor rinata. [/SIZE]

[SIZE=2]Nell'estate dell'anno 76, i Sette Signori (la fredda e a volte crudele Arcil Nindamos; il leale Barendar; Eäromä re degli Elfi di Valagalen; l'anziano e potente Elorion; l'intelligente Erendis studiosa di magia, nonché Valandor e Balkazir posto da Valandor a capo del Consiglio di Ostelor), convocati da Valandor stesso, si preparano quindi ad incontrarsi in Concilio per la prima volta dopo la guerra contro Ardor; nello stesso momento, però, alcuni di loro ricevono le lettere di Arakhon Eshe, nuovo pretendente al trono dei Valdacli.[/SIZE]

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Giugno 15, 2009 - 12:17 am

[SIZE=4]Arcil Pharazir di Nindamos[/SIZE]

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[SIZE=2]Esagerate o minimizzate, le biografie che riguardano la principessa Arcil servono tutte per dare risalto alla sua personalità. Il suo tempo vide il sorgere e l’affermarsi non solo della potenza economica dei Valdacli nella Quarta Era, ma anche di una nuova vita dello spirito.[/SIZE]
[SIZE=2]L’invocazione “Regina Dorata venuta dall’Ovest” veniva ripetuta con piena convinzione dai sudditi di ogni classe sociale e la sincerità della loro devozione non richiedeva ulteriori prove. Poche volte nella storia una principessa dei Valdacli aveva saputo conquistare l’affetto e la stima del popolo solo in virtù delle sue qualità personali e senza far leva su nessuna forma di fanatismo.[/SIZE]

[SIZE=2]La giovane Arcil conobbe l’orrore della segregazione nelle tetre celle di Nindamos, l’esilio forzato nei castelli del Mei, le accuse infondate di complotti ai danni degli altri principi Valdacli e molte altre persecuzioni, compresi gli ultimi attimi di terrore che si vivono prima del patibolo.[/SIZE]
[SIZE=2]Ma quando Arcil divenne principessa, non volle agire con le vendette nei confronti dei suoi consanguinei, mai venne meno al principio di non indietreggiare davanti a una decisione presa e di saper attendere fino al momento giusto per agire, o per non agire affatto. La sua vita fu interamente dedicata ai Valdacli e mai un regno ebbe, nella sovrana, una suddita più devota. Ella stessa non perse occasione per rammentare a tutti che si era negata le gioie dell’amore pur di appartenere sempre e solo al suo popolo.[/SIZE]

[SIZE=2]Sulla giustizia, proprio lei che si era dovuta difendere dalle ingiustizie, non disdegnò di trarre insegnamenti anche da chi le era ostile. A un uomo di Hathor che aveva tentato di assassinarla, poi condannato a morte, Arcil nel fargli visita, mossa a pietà dalla giovanissima età dell’attentatore, promise la grazia a patto che non ritentasse più il suo folle gesto. Il giovane fieramente rispose che una grazia cessava di essere tale se poneva delle condizioni, e che quindi piuttosto che andare incontro a una vita vissuta con il peso della pietà altrui, preferiva andare incontro con leggerezza alla morte. Stupì e turbò la principessa, che lo fece liberare subito senza alcuna condizione, perché “ … mai nessuno mi ha dato una lezione simile”.[/SIZE]

[SIZE=2]~[/SIZE]

[SIZE=2]Anno 41 della Quarta Era. Nel letto di Vanimeldë Miriel Nindamos, alla presenza del consorte, l’influente e ricco Umbareano Gimilzor, e del vecchio padre di Vanimeldë , Daroc principe dei Valdacli, nasce Arcil Alatariel. La delusione del principe Daroc è grande, il suo più forte desiderio era di avere un figlio maschio che consolidasse la dinastia. Daroc aveva già una discendente femmina dalla seconda moglie Arinel, ma aveva ovviamente paura che il matrimonio di Vanimeldë portasse in dote per sempre l’Andustar a uno straniero. Identica è la delusione di Vanimeldë, che sperava in un erede maschio per consolidare la sua precaria posizione a corte.[/SIZE]

[SIZE=2]Arcil viene subito allontanata dalla madre, che non ne soffre, e mandata nel palazzo di Daroc dove trascorrerà l’infanzia. Diviene sua dama d’onore la stessa cugina Miriel, figlia di Daroc, in quanto giudicata dal Concilio dei Sette illegittima perché nata dal matrimonio nullo di Daroc con Arinel di Ostelor, ripudiata in quanto legata a dissidenti che andranno poi a formare il nucleo della Teocrazia.[/SIZE]
[SIZE=2]Tre anni dopo, Arinel viene arrestata per adulterio e rinchiusa nella torre di Arpel. Non si saprà mai se giustamente o ingiustamente, ma verrà decapitata e sepolta senza onori. Il giorno successivo, Daroc sposa Arvariel, sua terza moglie; nasce il fratellastro Caramor, e Arcil e Miriel tornano a palazzo visto che il principe ha ottenuto il suo tanto atteso figlio maschio. Nonostante ciò vengono definite, dai Valdacli, “reali bastarde”.[/SIZE]

[SIZE=2]Nell'anno 50 Arcil entra nelle simpatie di Arthrazoc di Emyn Hith e Mittalmar, ultimo dei grandi principi Valdacli che avevano guidato la guerra contro Ardor. Arthrazoc, riempiendola di doni e di attenzioni, la guida verso gli studi scegliendo insegnanti di grande valore. Arcil studia le lingue, la storia dei Valdacli e quella di Arda, che le permetterà in futuro di destreggiarsi con scaltrezza tra i vari diplomatici delle corti del Sud.[/SIZE]

[SIZE=2]Nel 53, all’età di centoquarantun anni, muore Daroc, preferendo la morte alla decrepitudine e dettando le sue volontà: il primo discendente è Caramor, la seconda Vanimeldë se Caramor non avrà figli, la terza Arcil. Arcil diviene ospite nella casa di Vanimeldë, risposatasi con il suo nuovo marito Surion, balivo delle terre di Eregost; tra i tre nasce una specie di tresca amorosa che si protrae sino all’anno dopo quando Vanimeldë, incinta, stronca ogni rapporto cacciando di casa Arcil.[/SIZE]

[SIZE=2]Nel 59 della Quarta Era, dopo la morte del giovane Caramor per malattia, Vanimeldë sale al trono di Andustar. La nuova principessa promette giustizia e tolleranza dopo il periodo confuso della Teocrazia. Per suggellare questo intento vuole accanto a se Arcil, che investe dell’Ordine di Nindamos, per il suo ingresso trionfale nella nuova città costiera che porta lo stesso nome, un gioiello d’arte e d’architettura militare. [/SIZE]

[SIZE=2]Nel gennaio dell’anno dopo, l’anno 60, alcuni teocratici rivoltosi, guidati forse da Anikaran di Ostelor, preparano un piano per destituire Vanimeldë e porre al suo posto Arcil. Il 7 febbraio, la rivolta viene soffocata e i cospiratori arrestati e giustiziati da Vanimeldë ormai impazzita; Anikaran fugge. L’Ordine di Nindamos cerca la complicità di Arcil nel complotto, ma non ne ha le prove: possono solo proporre una testimonianza estorta con la tortura ad uno dei cospiratori principali, Ulbagar. Arcil viene condotta alla torre di Nindamos e incarcerata; scrive una lettera di clemenza alla madre, che lei non leggerà mai. [/SIZE]
[SIZE=2]Il 19 di maggio, Arcil lascia la torre pensando di andare al patibolo, mentre viene portata di notte al castello di Amar e rinchiusa in questa tetra costruzione, in gran parte distrutta da un incendio durante la guerra contro Ardor - incendio nel quale Adraphel, sua nonna e sposa di Daroc, aveva perso la vita. Per quasi nove anni, non le sarà concesso di incontrare nessuno, ma potrà fare una passeggiata al giorno all’aria aperta e leggere, volendo, i testi sacri dell’Ovest.[/SIZE]

[SIZE=2]Nel gennaio del 69, Vanimeldë “la sanguinaria” si ammala a sua volta; senza altri eredi, è costretta a proclamare Arcil sua erede al trono. Muore in inverno, odiata da tutti, anche da chi la considerava una paladina del ricordo di Numènor e della guerra contro il male di Ardor; il 18 di novembre Arcil riceve l’anello di Vanimeldë che comprova la sua morte. [/SIZE]

[SIZE=2]Arcil “Pharazir”, “gloriana”, come amerà farsi chiamare nella traduzione dall’adunaico, è la nuova principessa d’Andustar. Torna ufficialmente a Nindamos e prende possesso di quel castello la cui torre, poco tempo prima, l’aveva ospitata come prigioniera. La corte, la popolazione, saluta entusiasta il passaggio di Arcil, “la salvatrice” e la principessa, vestita di velluto nero, è costretta a fermarsi spesso per salutare la gente che le corre incontro. Dietro di lei, su un cavallo bianco, è Niluzir, di cui le bocche dei cortigiani parleranno in seguito. Arcil sceglie anche il suo consigliere privato, e dimostra di saper scegliere con oculatezza: Agrahil, di trentott’anni, fino a quel momento semplice cortigiano, giura fedeltà dinanzi alla principessa. Nato ad Arpel, diplomatico finissimo e uomo d’azione spregiudicato, sarà al fianco di Arcil per molti anni. Ai funerali della sorellastra, pur ribadendo la sua fedeltà all’Ordine di Nindamos e la sua determinazione nella lotta contro l’Ombra, prende le distanze dall’intransigenza e glissa sull’applicazione della propria fede religiosa optando per la tolleranza.[/SIZE]

[SIZE=2]Arcil deve sfidare parecchi problemi: dopo la Teocrazia, il popolo è confuso, la giustizia è trascurata, tutto è caro, troppi i dissidi interni, l’esercito, troppo grande, deve essere sfamato. Capitani e condottieri fedeli a Mordor sono stati esiliati o uccisi. Ci sono nemici sicuri, ma non sicuri amici: Elorion, figlio di Arthrazoc, succeduto al padre, è uno di questi amici non sicuri. Vanimeldë ha lasciato una terra dilaniata da rivalità religiose e ristrettezze economiche. Nelle casse del tesoro non c’è una moneta. I raccolti negli ultimi anni sono stati miseri, nelle campagne centinaia di famiglie sono ridotte alla fame. In tutti i domini Valdacli non c’è famiglia che non pianga i propri morti. La borghesia, arricchitasi a spese dei nobili dopo la fine della Terza Era grazie all’apertura delle rotte di commercio con il nord e con l’est, stringe la cinghia e a ogni angolo, nelle città, si vedono vagabondi e accattoni, non sempre miti e innocui. La criminalità, nella miseria delle città dei Valdacli, dilaga.[/SIZE]

[SIZE=2]Gravi sono anche i problemi politici. Il rischio di una guerra con Gondor è grande, le popolazioni alleate del Sud non suscitano né fiducia né simpatia, e le pretese di Valandor Hamina, reggente designato da Elessar Telcontar, complicano i rapporti fra i Sette Signori. Ma Arcil è la speranza. “Ce l’ha mandata un dio” dice il ritornello di una canzone popolare.[/SIZE]

[SIZE=2]15 gennaio 70. Il giorno dell’incoronazione. I preparativi si svolgono con grande euforia, i centocinquantamila abitanti di Andustar non chiedono di meglio che scacciare i ricordi e le difficoltà e fare festa. A Nindamos si coprono le facciate delle case con preziosi drappi di seta, ad ogni finestre si appendono stendardi e bandiere. Trentacinquemila soldati, il più forte degli eserciti dei Valdacli, si schierano sotto le mura. I patiboli sono mimetizzati con piante e fiori.[/SIZE]
[SIZE=2]Sabato mattina. Nevica. Solo alle due del pomeriggio, dopo un’attesa che dura dall’alba, i Valdacli ammassati intorno al palazzo vedono finalmente aprirsi le porte. Esce impetuosa la cavalleria dell’Ordine e in quella luce iridescente il nero delle divise sembra più marcato, l’oro più prezioso, le armi brillano come argenti. Suonano le campane, si dà fiato alle trombe; seguono la cavalleria i suonatori di tamburo, gli araldi, gli uomini d’arme, gli scudieri, mille nobiluomini a cavallo e infine gli esponenti delle più antiche famiglie venute da Nùmenor. E poi Arcil, in abito di broccato nero e oro, chiuso al collo da un vistoso collare pieghettato sul quale spicca il viso affilato e sorridente. Non è una carrozza la sua ma una specie di lettiga, dorata, sormontata da un baldacchino e tirata da quattro dei più bei cavalli di quelle terre. [/SIZE]
[SIZE=2]Per il popolo che si addensa dietro le transenne di legno ricoperte di arazzi questa è l’apparizione di una dea. Sfilano, ai fianchi della principessa, uomini in damasco bianco con una scure a doppio taglio sulle spalle. Subito dopo l’abbagliante carro reale arriva il meraviglioso Niluzir che tira il cavallo della principessa. La processione ha termine sul mare, dove si svolge la cerimonia lunga ed elaborata, secondo il rito di Nùmenor.[/SIZE]
[SIZE=2]Dopo essersi spogliata delle vesti dell’incoronazione, Arcil si presenta alla sala dei banchetti, ove la attendono duecento ospiti con altrettanti servitori. Qualcuno commenta: “Sembra di essere al tempo del Re Dorato.”[/SIZE]

[SIZE=2]17 gennaio 70. Prima seduta del consiglio che governa Andustar, alla presenza dei rappresentanti dei principi Valdacli. Arcil mostra una sostanziale freddezza nei confronti della religione, la sua fede è piegata alla ragion di Stato. I membri dell’Ordine sono sorpresi. In realtà, Arcil è un’agnostica. Ciò proteggerà la regione dall’intolleranza e risparmierà molte vite in un epoca in cui, nel sud, le religioni sono più letali delle guerre.[/SIZE]

[SIZE=2]I rappresentanti dei principi dei Valdacli, quindi, si trovano a deliberare, alla presenza del legato Beleridan di Gondor, su una materia scottante, e a sanzionare due provvedimenti che, l’uno in conseguenza dell’altro, mirano a riportare i Valdacli all’unità. Entrambi sono suggeriti da Agrahil e votati il primo senza opposizioni, il secondo con qualche difficoltà. Con l’Atto di Uniformità s’impone una comune cronaca dei Valdacli dalla fondazione delle Colonie al giorno della votazione stessa, con ciò stabilendo per tutti i sudditi la supremazia dell’Alleanza rispetto ai principi e i medesimi costumi e riti religiosi, nonché gli obblighi verso l’Alleanza stessa. Le cerimonie sono ammesse soltanto in lingua adunaica.[/SIZE]

[SIZE=2]Con l’Atto di Supremazia la principessa Arcil assume il titolo, se non di “supremo governante”, di “supremo capitano”: una differenza puramente formale per i Valdacli, che a un capitano così eletto attribuiscono la qualifica di capo indiscusso, ma sufficiente a mantenere le apparenze e ad arrestare le proteste di Valandor Hamina, reggente scelto e sostenuto da Gondor. Tre rappresentanti votano contro (i rappresentanti delle regioni di Urland, Valagalen ed Elemmakil), ma l’atto passa ugualmente con quattro voti di maggioranza.[/SIZE]

[SIZE=2]Subito dopo, un altro problema è messo sul tappeto: il matrimonio di Arcil. L’urgenza della richiesta, da parte del consiglio, riconferma l’indomabile sfiducia nel potere delle donne. Il governo è faccenda maschile: questo pregiudizio non risparmia neppure Arcil; oltretutto vi è la paura che, mancando la principessa di un erede, potrebbe farsi di nuovo avanti Valandor, con evidenti conseguenze per le colonie meridionali. Cominciano a trapelare le prime indiscrezioni sulla principessa, relative alla sua fertilità, qualcuno insinua che è sterile e non potrà avere figli; queste chiacchiere, diffuse pare dalle lavandaie che dagli indumenti intimi della principessa notano scarsità nelle mestruazioni regali, vengono confermate anche da qualche medico. [/SIZE]
[SIZE=2]Viene inoltre considerato un ostacolo alle nozze il rapporto più che amichevole tra la principessa e Niluzir che aveva avuto occasione di conoscere durante il suo periodo di prigionia in quanto anch’egli si trovava nella stessa situazione. Il bel Niluzir diviene così il favorito della principessa, ma non può essere considerato un possibile consorte in quanto è già sposato. [/SIZE]
[SIZE=2]L’intimità con la principessa viene notata il primo aprile: l’ambasciatore di Gondor non ha riguardi e scrive: “La principessa visita il signore Niluzir nella sua camera giorno e notte”. E ancora: “La gente chiacchiera e arriva al punto di dire che, avendo la moglie una malattia al petto, la principessa ne aspetta la morte per sposarlo.”[/SIZE]

[SIZE=2]Luglio del 71. Muore il principe di Orrostar, Calbazir Hamina, e gli succede Erendis. Arcil, dunque, si ritrova di fronte una ragazzina imparentata con Valandor, potente e protetta, per la quale gli altri principi delle regioni di Hyarrostar e Mittalmar potrebbero allearsi contro di lei. E anche Valandor stesso, con tutte le forze del nord, non esiterebbe un istante a prendere le parti di Erendis nel caso di un conflitto tra le due principesse. Arcil affida il problema ad Agrahil che lo risolve, secondo la sua volontà, col metodo del doppio gioco. [/SIZE]
[SIZE=2]Da una parte si aiuta, dall’altra si nega. Da una parte la principessa Arcil condanna a parole le azioni contro Erendis, dall’altra manda armi e denaro. I colloqui con gli ambasciatori di Erendis e del principe Barendar, suo vicino, sono un castello di bugie: Arcil proclama solidarietà a Erendis, biasima le rivolte in atto nelle sue terre e in Hathor, le provoca di volta in volta sorpresa, dolore, vergogna. Arcil promette che ordinerà indagini rifiutando di dare appoggi agli Hathoriani, ma intanto opera controcorrente incontrandone gli arconti e inviando incaricati che portano segretamente altre armi. “In Arcil” scrive il principe Barendar “c’è più slealtà che onestà.”[/SIZE]

[SIZE=2]Settembre dell’anno 71. Nithan, la moglie di Niluzir, è trovata morta, col collo spezzato, in fondo alle scale della sua casa di Cumor, vicino Nindamos. Nessuno davvero crede che questa disgraziata e giovane moglie abbia voluto suicidarsi. Qualcuno insinua che Niluzir dosasse giornalmente del veleno nella sua cena aggravando le sue condizioni di salute.[/SIZE]

[SIZE=2]È aperta un’inchiesta e per non esasperare gli animi, pur convinta dell’innocenza del favorito, Arcil ordina a Niluzir di andarsene dalla corte fino a quando non si sarà fatta luce sulla disgrazia. Non può evitare, però, che lo scandalo si propaghi e venga amplificato dagli agenti di Valandor Hamina, che invia il suo giudice Balkazir. A Ostelor, durante un discorso all’assemblea cittadina, Valandor stesso esclama: “E adesso la principessa Arcil si sposerà. Il suo cavaliere ha ammazzato la moglie per fare posto a lei.” In Andustar corrono voci ancor più infamanti: sebbene nessuno osi dirlo apertamente, s’insinua che la stessa principessa abbia incoraggiato l’omicidio.[/SIZE]

[SIZE=2]Il risultato dell’inchiesta è: “Si accerta che Nithan Niluzir è morta a seguito di veleno.”[/SIZE]

[SIZE=2]Niluzir viene giustiziato poche settimane dopo i funerali della moglie; Arcil pone il suo sigillo sulla condanna a morte, rifiutando poi, per molte settimane, qualsiasi apparizione in pubblico. Né sull’innocenza di Niluzir, né sulla sua colpevolezza nessuno è disposto a mettere la mano sul fuoco. Ma ora, dopo ciò che è accaduto, Arcil deve rinunciare a essere protagonista nelle scelte dell’Alleanza; l’eventualità che si sia accompagnata a un uomo condannato per omicidio, infatti, suscita ovunque disgusto e preoccupazione. In marzo, la peste svuota le città di Andustar e, ironia della sorte, colpisce la stessa Arcil, che sopravvive grazie alla sua forte fibra. L’esercito di Arcil, distante, viene colpito solo in parte.[/SIZE]

[SIZE=2]19 giugno dell’anno 72: Miriel dà alla luce un figlio maschio, Alkuzar. A Nindamos, la principessa Arcil muore di rabbia e invidia: già Miriel era considerata più alta e bella di lei, ora anche un figlio. Comunque acconsente alla richiesta di fare da madrina al piccolo Alkuzar e invia un collare d’oro e argento. [/SIZE]

[SIZE=2]Dopo il rifiuto alla proposta di Barendar di una unione con il figlio diciassettenne e la nascita di Alkuzar, Arcil è convinta di aver risolto i suoi problemi matrimoniali, ma il Consiglio dei Valdacli ora vuole una risposta definitiva ricordando che tre anni prima, nel ricevere il denaro richiesto per le nuove navi, la principessa aveva promesso di sposarsi: ora quei fondi sono spariti, altri vengono sollecitati, e lei è tuttora nubile, per cui: niente nozze, niente denaro. [/SIZE]
[SIZE=2]La risposta è inferocita: non spetta ai sudditi costringerla a fare qualcosa e tanto meno scavarle la fossa prima che sia morta affliggendola perché designi un erede. Quanto al matrimonio: è un affare suo, non un affare politico. Ancora più energico è il trattamento che riserva ad un altro suo cugino, Yamo di Ostelor, colpevole di averla “rimproverata” per non accettare altre idee che le proprie. Arcil, che non vuol più sentir parlare di mariti e figli, lo insulta pesantemente: minaccia perfino di farlo arrestare. Gli altri nobili, che fanno quadrato attorno a Yamo e tentano di difenderlo assumendosi la loro parte di responsabilità, ottengono invece la loro quota di urlacci e sono trattati come un branco di idioti. Persino Agrahil ha la sua dose; voltandosi verso il suo ministro, Arcil ammette di aver sperato che almeno lui rimanesse dalla sua parte. Agrahil, con enfasi, si getta in ginocchio ed esclama di esser pronto a morire ai suoi piedi. “Questo non c’entra” lo interrompe gelida Arcil.[/SIZE]

[SIZE=2]Ormai la principessa si è preparata ad esibire tutto il suo istrionismo. Con i principi dei Valdacli è insolente, supplichevole, addolorata, adirata, suadente, rassicurante. Il suo discorso lascia ognuno con una speranza diversa e tutti con la convinzione che lei farà di testa sua. “Non sono forse nata in questa terra? E non è questa la mia terra? Chi dunque ho oppresso? E chi ho arricchito a spese degli altri? E che male ho fatto perché mi si sospetti di non aver riguardo per il comune interesse? Come ho governato fin dall’inizio? Non ho bisogno di molte parole, i fatti parlano per me.” [/SIZE]
[SIZE=2]Sul matrimonio e sulla successione ripete le frasi di sempre: che si sposerà soltanto se sarà certa di avere figli, altrimenti resterà nubile. E qualora il momento giungesse … (e giù parolacce). Agrahil, nel riferire ai principi dei Valdacli questo discorso, dovrà farne ben tre copie prima di ritenerlo pulito dalle imprecazioni con cui ella lo arricchisce. Non conviene esasperare i principi, dal momento che si chiede loro un contributo finanziario, tuttavia Agrahil non può evitare che la principessa mantenga il perentorio divieto a discutere sul matrimonio. Arcil riesce infine a rappacificarsi con gli altri principi facendo ridurre di due terzi i contributi richiesti.[/SIZE]

[SIZE=2]Anno 73 della Quarta Era. La principessa Arcil riesuma, di fronte a una corte stupita, velleità matrimoniali accettando la corte del duca Phanil, terzo figlio di Elorion. Arcil lo chiama a sé e ne rimase colpita tanto da provare per lui un tenero affetto, ma i Valdacli non daranno mai il consenso al matrimonio a causa della vicinanza di Phanil alle idee di Unnath Edril e della Teocrazia. Elorion capisce, e richiama a casa il figlio per trovargli una sistemazione adeguata, l’affetto tra Phanil e Arcil continua attraverso amorevoli missive ma il 10 giugno 74 il duca morirà di febbre.[/SIZE]

[SIZE=2]In quello stesso anno 73, in un momento nel quale Valandor è debole, Yamo Nindamos sfida lui e re Elessar Telcontar adducendo come pretesto la spedizione guidata da Cirmoth di Gondor. Yamo chiede l’aiuto di tutti i principi dei Valdacli; Arcil non intende esporsi in costose spedizioni, la pirateria e il commercio offrono molto di più a rischi inferiori. Nonostante le pressioni dei nobili, l’esercito di Andustar non lascia la regione, non si reca a nord. [/SIZE]

[SIZE=2]Arcil attraversa momenti difficili, soprattutto quando le armate di Valandor sostenute da Beleridan di Gondor attaccano i passi per impadronirsi della regione del Trenth; ma i passi, ad opera dei capitani Hamac e Ardic, resistono, e la decisione di Arcil di non spostare la sua armata per tutto l’anno 74 e di limitare l’invio di rifornimenti alle città settentrionali, assediate da Gondor e da re Eäromä di Valagalen, si rivela giusta quando nell’inverno del 75 un nuovo e più grande pericolo, Ardor Rinata, compare a oriente. [/SIZE]

[SIZE=2]Arcil, che ha preso sotto la sua protezione le città di Hathor e inviato nella capitale Tanith il capitano Ralmoth, si prepara a raggiungerlo assieme al capitano Aginor e al barone Ardic, mentre allo stesso tempo Valandor Hamina, mandando Yamo come suo portavoce, richiede una riunione del Consiglio dell’Alleanza. Motivazioni della richiesta sono Ardor Rinata stessa e il suo re Fuinur, allievo dello stregone Alatar, nonché le lettere giunte da Arakhon Eshe, elettosi pretendente al trono dei Valdacli. Accompagnata dai capitani dell'Ordine e dall'insolito barone Ardic, che ha acceso la sua curiosità e ha promesso di realizzare per lei "le armi tonanti che Gondor portò da nord", Arcil sceglie di recarsi prima a Tanith, per celebrare la vittoria di Ralmoth sull'esercito di Ardor.[/SIZE]

[SIZE=1](dalla vita di Elisabetta I d'Inghilterra)[/SIZE]

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