L'uomo che entrò nella taverna era fisicamente imponente, come quasi tutti i Valdacli, ma un particolare stonava nel suo aspetto: infatti i suoi lunghi capelli e la barba corta ma ben curata erano biondi, il che era una testimonianza inequievocabile della non purezza del suo sangue.
La sua armatura e le sue armi, roba buona ma non eccezionale, lo etichettavano come un guerriero, ma ad un'occhiata più attenta si capiva che ultimamente non aveva avuto modo di mettere alla prova la sua abilità ed il suo coraggio...
Così, passava il tempo gozzovogliando quà e là nell'attesa che arrivasse il suo momento. Attratto dal nuovo locale, decise di entrarvi.
"Salve..." salutò rivolgendosi all'oste "... Il mio nome è Indùr, stavo cercando il mio amico Arakhon, lo avete visto?"
Alla risposta negativa dell'oste, il giovane riprese: "Beh, allora vorrà dire che aspetterò. Di sicuro non resisterà alla tentazione di provare un nuovo locale, soprattutto bello come questo. Nell'attesa, prenderò una birra!"
Non passo un ora che la porta della taverna si apri, fuori era incominciato a piovere e una figura coperta da un lungo mantello scuro grondante d'acqua apparve sull'uscio.
Dopo aver dato un rapido sguardo al locale rimosse il cappuccio che copriva il suo volto, rivelando un viso femminile.
Una donna giovane dai lunghi capelli piu scuri di una notte senza luna e gli occhi piu chiari del ghiaccio, ma che dovevano aver pianto di recente.
Si diresse ad un tavolo vicino al focolare che ardeva, e toltasi il mantello si sistemo la spallina del corpetto che indossava e si sedette
Un tempo i suoi abiti dovevano essere stati di ottima fattura, ma ora erano solo lo specchio del lungo tragitto che la donna doveva aver percorso, dalla cintura stretta in vita pendeva un cilindro di pelle rigida, sicuramente un contenitore per corrieri e sull'altro fianco, appeso con un doppio filo di perle, pendeva uno spadino con un impugnatura ricoperto di madreperla.
[Permesso negato per la visualizzazione di questa immagine]
** you do not have permission to see this link **
Fu molto rapido lo sguardo che diresse verso l'oste, ma chiunque avrebbe potuto leggere in quei pochi attimi il dolore e la rabbia che la donna aveva dentro e che a stento ancora tratteneva.
L'oste non fece in tempo a tornare al bancone dopo averle servito una birra, che nella Taverna si poterono sentire dei singhiozzii provenire da quel tavolo, e vedere la donna che con le mani copriva il suo volto.
"Smettila. Stai dando spettacolo".
Le parole, sussurrate per non essere intese da altri, erano fredde, dure, ma il gesto con cui le porgeva il fazzoletto sembrava gentile.
Rhond'a si sedette al suo tavolo senza guardarla in volto e dando invece un'occhiata rapida, ma attenta, al resto del locale.
"Asciugati la faccia e datti un poco di contegno: ti stanno guardando tutti.
Ottenere un po' di rispetto in certi ambienti è già abbastanza difficile per una donna, senza che tu faccia notare a tutti un attimo di fragilità.
Si precipiterebbero qui, con la scusa di asciugarti le lacrime, per cercare un modo rapido di infilarti sotto le loro lenzuola.
Se è questo che vuoi, il bordello è in fondo alla strada. Qui non abbiamo bisogno di te.
Se invece non sei quel tipo di donna, fatti forza e riprendi in fretta il controllo delle tue emozioni.
Qualunque cosa sia successa, è possibile porvi rimedio. Se invece non è possibile, piangerci sopra non migliorerà certo le cose".
Con il dorso della mano la giovane donna allontano la mano che le porgeva il fazzoletto, e stropicciandosi gli occhi con l'altra invei contro quella persona che cosi gentilmente le si era avvicinata per darle una mano.
"Che rimedio puoi porvi alla morte, non c'è nessun rimedio quando uno è morto, è morto! Non c'è più niente da fare tranne che piangerci sopra per ricordarlo."
Una rabbia cieca avvolgeva il tono della sua voce, disse questo, senza mai distogliere lo sguardo dal fuoco che ardeva, senza mai guardare in faccia al suo interlocutore, poi chinando la testa a fissare il boccale di birra ancora pieno sul tavolo e con un tono di voce piu calmo aggiunse: "Scusami forse hai ragione, ma non puoi biasimarmi se reagisco cosi, se solo sapessi la mia storia"
E afferrato il boccale di birra ne diede un breve sorso, tornando poi a osservare lo scoppiettio del legno che ardeva nel caminetto.
"Hai ragione. Alla morte non c'è rimedio, ma piangere non è il solo modo di ricordare una persona e certamente non è il migliore.
Temo non sia il migliore neppure per superare il dolore, sebbene talvolta possa sembrare inevitabile.
Parlare, invece, aiuta a tirar fuori quello che abbiamo dentro, a mettere un po' d'ordine nei pensieri e nei ricordi. E talvolta uno sconosciuto può essere un orecchio migliore di un amico o di un fratello, perché in realtà è a te stesso che parli. Il fatto che di fronte a te ci sia qualcuno, è puramente di contorno".
Rhond'a si mise a sorseggiare dal suo boccale e rimase in silenzio. Teneva la tazza fumante con entrambe le mani, le lunghe dita abbronzate quasi incrociate sul davanti. Oltre le ciocche ribelli che le cadevano sul viso, si intravedevano dei lineamenti fini, delicati, che contrastavano con l'espressione dura del suo volto. Doveva essere stata molto bella, un tempo, prima che quella lunga cicatrice le sfregiasse il volto dal sopracciglio destro alla guancia opposta. I capelli, lggermente mossi, erano di un bel rosso scuro, che contrastava con il verde spento della casacca. La era stoffa grezza, ma resistente, e l'indumento sembrava nuovo o pulito di fresco.
La giovane donna con voce fioca e tono tremulo cominciò ....
"La mia storia?
Mi chiamo Julia e non sarà passata una settimana da quando..."
Il suo sguardo passa dal focolare al volto della sua interlocutrice fissandola negli occhi.
"Io vivevo con mio fratello in una casetta in periferia, lui era 'Il Primo Messaggero' del Re. Un giorno apparve sull'uscio di casa affannato, il giorno prima era stato chiamato per svolgere il suo dovere e di norma stava fuori due settimane prima di rincasare.
Non mi lascio il tempo neanche di baciarlo e salutarlo che mi spinse verso la mia camera dicendomi di vestirmi da viaggio e di prendere le mie cose rapidamente che dovevamo andarcene immediatamente, mi vestii con questi abiti e mi recai fuori, lui aveva gia sellato il mio cavallo, mi aiutò a salire e partimmo subito al galoppo.
Nonostante le mie domande lungo il tragitto si facessero più assillanti lui non mi diede nessuna risposta e mi ripeteva che dovevamo muoverci non avevamo più molto tempo. Sfortunatamente dopo poche ore il mio cavallo cominciò a zoppicare e io mi fermai e scesi per controllare lo zoccolo, mio fratello si giro torno indietro, mi prese per il corpetto e mi isso sul suo cavallo Ares, come una bisaccia e lo sprono a correre il più veocemente possibile.
Dopo essermi radrizzata sulla soma del cavallo mi girai e lo guardai dritto negli occhi, il suo sguardo era pietrificato, pieno di terrore e le sue labbra continuavano a muoversi senza pronunciare suono ma continuava a ripetere che non c'era più tempo. Purtroppo aveva ragione, stava imbrunendo quando dietro di noi apparvero degli esseri deformi a dorso di lupi, che, con le loro grida, mi fecero raggelare il sangue, mi passo le briglie del cavallo e io sentii il suo corpo torcersi, probabilmente sperava di poterli rallentare usando il suo arco.
Ad un certo punto sentii le sue braccia stringermi forte all'addome, poi mi diede un bacio sulla guancia e mi sussurrò che mi avrebbe sempre protetto, sentii la sua presa allentarsi lentamente fino a non percepire più la sua presenza, quando mi girai vidi il suo corpo allontanarsi sulla strada dietro di me riverso per terra con delle frecce conficcate nella schiena, i cavalcalupi lo raggiunsero rapidamente e uno di loro lo trapasso con una lancia inpiantandola nella schiena."
Calde lacrime ricominciarono a scivolare lungo il viso della donna, che con l'indice della mano destra cerco di rimuoverle prima che queste le potessero solcare le sue rosee guance, con un piccolo sospiro riprese...
"Io mi agrappai al collo di Ares e cominciai a piangere, ero ormai lontana quando nella mia testa sentii la sua tenue voce sussurrarmi che lui mi avrebbe amata per sempre. Quando mi ripresi e guardai il cielo stava già albeggiando, Ares aveva galoppato tutta la notte senza mai fermarsi e mi aveva portata in prossimità di una cittadina, se non fosse stato per lui io ora sarei morta.
Entrai in una scuderia e scesi da cavallo, non riuscivo più a camminare, le gambe mi tremavano, crollai a terra ai piedi di Ares e la stanchezza mi colse."
Nel dire cio la giovane donna allungo le sue mani sulle coscie masaggiandosele, come se il suo narrare degli eventi le avesse fatto ricordare che dopo tanto cavalcare non aveva ancora sentito i dolori sulle sue gambe fino a quel momento.
"Mi svegliai che era notte fonda, vidi attaccato alla mia cinta il cilindro porta messaggi con il sigillo del re di mio fratello, probabilmente me lo aveva legato prima di lasciarmi, Ares era in piedi vicino a me, lo guardai e nei suoi grandi occhi e vidi mio fratello mentre mi diceva che non c'era piu tempo, risalii in groppa e ricominciai il viaggio, guardandomi spesso indietro nel terrore che quei cavalcalupi mi fossero di nuovo alle spalle.
Tre giorni sono passati da quando ho ripreso il viaggio e questa sera sono arrivata in questa cittadina, che doveva essere la meta del viaggio di mio fratello."
Un lungo esile sospiro concluse il breve narrare della storia. Poi il suo sguardo torno sul boccale, che dopo averlo sollevatolo dal tavolo, con piccoli movimenti del polso incomincio a far roteare la birra al suo interno.
Nel fissare la candida schiuma i suoi occhi incominciarono ad assotigliarsi, la stanchezza la stava assalendo, ma lei si sforzava a restare desta spalancando di quando in quando i suoi teneri occhi color ghiaccio.
"E il messaggio? Lo hai consegnato? O è ancora legato alla tua cintura? Forse, per quanto stanca, non è ancora il caso di fermarsi a bere birra...",
Ancora una volta, tono di voce e gestualità erano contrastanti e la durezza delle parole veniva contraddetta dallo sguardo gentile di Rhond'a e dalla presa ferma, ma rassicurante, della sua mano sulla spalla di Julia.
Spalancando di colpo gli occhi, come se una terribile rivelazione le fosse stata data, riprese:
"Il messaggio..."
Portando la mano destra al fianco a controllare se il cilindro era ancora al suo posto...
"... e ancora qui al mio fianco."
... la mano cominciò ad acarezzare quel oggetto, unico ricordo del fratello caduto.
"Non so chi è il destinatario, il sigillo del re e ancora al suo posto, mio fratello di sicuro sapeva, ma io non lo so e non oso aprirlo, se qualcuno lo aspettava di sicuro si farà vivo"
Dicendo questo scatto in piedi urlando:
"Io sono Julia Randes, figlia di Angard Randes, Sorella di Telis Randes il Primo Messaggero del Re."
Poi crollo sulla sedio come se quello sforzo l'avesse indebolita a tal punto da non potersi più muovere.
Il suo capo pendeva su un lato e i suoi capelli corvinei a poco a poco defluirono dal collo, rivelando sempre di più il volto, fino a scoprire le sue orecchie che al contrario del suo viso tondeggiante non erano per niente umane, la donna all'inizio non si accorse di ciò, ma quando realizzo che quella posizione lasciava scoperte le sue orecchie elfiche, si radrizzo di scatto e con la mano ne coprì immediatamente l'aspetto.
Anche se non aveva udito una parola, i movimenti furtivi delle due donne non erano sfuggiti ad Indùr il quale stava cercando un modo per ingannare l'attesa mentre aspettava l'arrivo di Arakon.
Decise di prestare più attenzione alle due, per vedere dove le avrebbe portate la loro discussione, senza preoccuparsi se le ragazze lo avessero notato o meno...
Rhond'a chinò il capo e lasciò cadere la fronte nel palmo aperto della mano "Ecco. Lo sapevo... Maledetta la volta che ho datto retta al mio istinto materno... perché mai ho abbandonato il mio posto al bancone per sedermi al tavolo di questa folle suicida?!?!" pensò.
"Ecco. Se volevi mandare in fumo tutti gli sforzi di tuo fratello nonché ogni mia ultima speranza di passare una serata tranquilla, ci sei riuscita. Azzardati a fare un'uscita del genere un'altra volta e giuro che se qualcuno viene qui a darti una lezione gli do una mano".
"Oste! Una tazza di grog. Forte. E doppio stavolta"
Julia chino il capo su un lato e cominciò, strizzando gli occhi, a scrutare il volto di quella donna che le si era seduta accante, la sua espressione era di una persona confusa. Poi con un movimento molto lento, alzò la sua mano e la portò sul viso della sua interlocutrice, le scosto i capelli e con un gesto gentile le acarezzò la cicatrice.
Sembrava non rendersi conto di ciò che stava facendo, chino il capo a destra e a sinistra, come a cercare la luce miliore per vedere meglio chi, con parole cosi contrastanti alla gestualità, le si era fatta accanto.
Il suo tocco era delicato e gentile, le sue mani erano liscie, molto ben curate, come di una donna che comunque non avesse mai fatto lavori pesanti, non si stava rendendo conto di quello che faceva.
Era come se stesse accarezzando il volto di una persona che conosceva da tempo, poi ripose i capelli scostati dal volto nella loro posizione, come se volesse cancellare le tracce del suo passaggio, le sue mani si misero sopra a quelle di quella donna, di cui non consceva nemmeno il nome, e chinando il capo, con un fil di voce disse:
"Scusami...
Scusami di averti rovinato la giornata...
Scusami di non essere forte come te...
Perdonami...
Io mai..."
Il suo tono non era ironico, anzi sembrava veramente dispiaciuta di aver recato del disturbo.
Poi lasciando in sospeso la frase e alzando il tono della voce, rivolgendosi verso il bancone disse:
"Oste! Una tazza di Dr..Drog doppio anche per me!"
Anche il più ingenuo e sordo che fosse stato presente in locanda avrebbe capito che, mai prima d'ora, la ragazza aveva bevuto qualcosa di forte.
Rhond'a rimase di sasso. La spontaneità, la sfrontatezza di quel gesto, di quella mano... di quell'indiscreto occhio indagatore che suscitò un immediato imbarazzo e il doloroso riaffiorire di ricordi che sperava soffocati, la presero talmente di sorpresa che non ebbe la prontezza di bloccarle il braccio, di respingerla...
Le avrebbe sicuramente dato uno schiaffo. Stava per farlo, a dire il vero, ma quella ragazzina l'aveva colta di nuovo di sorpresa, l'aveva di nuovo spiazzata... Accidenti a lei!
"Oste, lascia stare il grog della ragazza. Portale un brodo caldo e del pane. Porta anche qualcosa da mangiare"
"Senti ragazzina, mi dispiace per quello che ti è successo, davvero. Mi dispiace per tuo fratello. Vorrei anche aiutarti, se posso, ma non saprei da che parte cominciare e a essere onesti non è che tu mi sti dando una mano.
Dove sono i tuoi? Hai qualcuno cui rivolgerti qui in città o altrove, ora che non c'è più tuo fratello?!
Scrollando le spalle e tornando a fissare il fuoco riprese...
"NO! Mio padre è morto quando io avevo 12 anni, anche lui era un mesaggero del re, ..."
Con occhi sognanti continuò
"...era un uomo dolcissimo, quando camminavamo nel bosco lui cantava sempre e tutti gli animali non fuggivano al suo passaggio, persino le fiere restavano ferme ad ascoltarlo, le sue canzoni non mi facevano pesare il lungo camminare, nessuno gli voleva male era buono con tutti, chiunque avesse avuto bisogno si recava da lui e mio padre faceva il possibile per aiutarlo.
Era un uomo bellissimo, dopo la morte di sua moglie durante il parto di Telis, rimase solo ed incominciò a portare i messaggi nei più remoti regni del mondo, portando con se suo figlio, un giorno dovette giungere in un insediamento..."
abasso il tono della voce per pronunciare quella parola che quasi gli recava imbarazzo...
"...Elfico, li conobbe una donna il cui aspetto me l'ha sempre descritto come un angelo, si innamorarono, e io fui il frutto del loro amore, ma lui non poteva restare in quel villaggio, lui non era di quella razza, e io ero solo una..."
fermandosi a riflettere, e aggiungendo con un tono di rabbia...
...BASTARDA. Mia madre doveva essere qualcuno di importante, tanto importante da non permetterle di andare a vivere con l'uomo che amava, tanto importante da non poter allevare quella figlia da tutti ritenuta una BASTARDA. Mio padre mi portò con se al suo villaggio di origine, e per quello che ricordo, per qualche anno una donna bellissima fece diverse visite a casa nostra. Anche se tutti gli adulti mi acettarono tra la loro gente, i loro bambini no, venivo sempre schernita per il mio aspetto inconsueto, ed era sempre mio padre che mi rinfrancava quando correvo da lui a piangere."
sul suo volto calò la tristezza...
"Un giorno come gli altri, diede un bacio a me e a Telis, prese il suo cavallo e si diresse al corpo di guardia. Il giorno dopo, quando mio fratello tornò a casa, nonostante avesse sei anni più di me lo vidi piangere e mi disse che nostro padre non avrebbe mai più fatto ritorno.
Dei banditi lo avevano assasinato, pensando che portasse cose di valore, invece con se aveva solo la bisaccia e il portamessaggi. Passarono dei giorni e tutti si misero sulle traccie di quei maledetti, dopo una settimana mio fratello mi portò in piazza ad assistere all'esecuzione di coloro che avevano ucciso nostro padre, nonostante tutti gli adulti non volessero che io assistetti a quelle esecuzini, mio fratello spintono tutti e si fece strada tra la folla facendomi arrivare davanti per poter assistere meglio alla loro decapitazione, non rimasi impressionata, anzi, nonostante la mia età, avrei voluto essere io la loro carnefice."
Nel dire questo la sua mano, dopo aver afferrato il cucciaio di legno che l'oste le aveva portato insiema alla minestra, incomincio a stringerlo con forza e le sue unghie sembravano penetra nel palmo della sua mano tanto da doverle quasi lacerare le carni. Poi rilassandosi un momento continuò ...
"Da allora io vivo con mio fratello, dopo la morte di mio padre il Re nomino mio fratello primo mesaggero, questo gli dava diritto ad una scorta di due uomini ogni volta che avrebbe dovuto portare i suoi messaggi. Di mia madre non so niente, dopo il mio ottavo anno d'età non fece più visita al villaggio, non so se è ancora viva ne dove stia.
Si sono sola e non so cosa devo fare ne dove devo andare, ma..."
Depositando il cucchiaio sul tavolo e porgendo la mano aperta col palmo verso l'alto alla donna che le stava seduta accanto...
"...chi devo ringraziare per la sua gentilezza e comprnsione? Io non conosco il tuo nome dolce fanciulla dal cuore nobile."
Sul suo palmo aperto, in attesa di un contatto, si vedevano i segni delle sue unghie, doveva aver stretto con tutta la forza che aveva per lascire quei lividi così evidenti e violacei.
La ragazzina aveva appena cominciato il suo secondo monologo, con quello che era il più assurdo racconto che avesse mai sentito, che Rhond'a perse quel poco di pazienza che le restava e prese una decisione. Era chiaro che la ragazza era fuori di senno o tanto stupida da fingere di esserlo. Le storie che raccontava non avevano il minimo senso e Rhond'a sentiva puzza di bruciato. Da dove diamine era scappata quella ragazza? A chi aveva rubato quell'inutile spadina? A qualche ricca signora? E il rotolo porta messaggi?
Si alzò (la ragazza era talmente presa dal suo stesso racconto che neppure se ne accorse), si avvicinò al bancone, pagò il grog e il cibo e si rivolse all'oste, con voce abbastanza bassa "Tienila d'occhio, se ti riesce, e non darle niente di forte, se non vuoi che combini guai".
E uscì dal locale. La ragazza stava ancora parlando.
Silenzio.
Julia alzò lo sguardo e si rese conto che la sedia accanto a lei era vuota. Era stata talmente presa dal suo racconto che non si era accorta che l'altra donna si era alzata. Provò a guardarsi intorno e non la vide da nessuna parte. Se n'era andata.
Poi si girò dall'altra parte e vide che nel tavolo vicino al suo era seduto un uomo dal fisico imponente: lunghi capelli biondi ed una corta barba ben curata incorniciavano il suo volto, sul quale spiccavano due occhi azzurri che davano l'impressione di essere stati molto attenti a non perdere una virgola del discorso...
"Una storia molto triste..." disse rivolgendosi alla ragazza
"Triste?"
Sgranando gli occhi la giovane donna guardo quel uomo seduto al tavolo adiacente.
"Questa non è una storia, ma è la mia vità!"
Il tono della voce era alterato.
"Una storia triste è un cane che finisce sotto un cavallo, un puledrino ferito da una freccia, non la mia vita!"
Aveva già fatto notare la sua poca capacità a trattenere le sue emozioni, e tuttora ne stava ancora dando spettacolo.
"Perché è morto mio fratello? Perché ...."
Questa volta ad interromperla non fu una persona, ma lo sbattere di una delle finestre della locanda, che, durante il temporale che fuori incombeva, si era allentata e di colpo spalancatasi con un fragoroso tonfo.
La giovane donna sobbalzò sulla sedia e scattò in piedi, estrasse, da un fodero nascosto nel suo corpetto, uno stiletto e si guardò in giro.
Le sue mani tremavano e nei suoi occhi si poteva leggere il panico.
L'oste si prodigò subito ad andare a chiudere la finestra, ma con un occhio teneva d'occhio quella strana ragazza, timoroso che i suoi nervi saltassero del tutto e combinasse qualcosa di ireparabile all'interno del suo locale.
Uscì dalla sua stanza e scese lentamente le scale,rifiutando la mano di una delle cameriere che si tese per aiutarlo(sono storpio è vero pensò,ma so ancora camminare da solo),raggiunse il bancone dove l'oste gli verso il solito (dopo sei mesi di permanenza non aveva bisogno di ordinare)scambiò qualche frase di circostanza con l'oste,prima di dirgli:
Ridammi quello che ti ho consegnato al mio arrivo!L'oste rimase sconcertato da quella richiesta:
Ma non avevi detto che non la avresti più usata,gli rispose l'oste,prima di consegnargli l'oggetto che gli aveva affidato tempo prima.
E' vero,rispose l'avventore,ma come mi disse il mio Maestro "solo un idiota non cambia mai idea"
Una nota percorse la sala,seppur lieve sovrastò il brusio della taverna,qualcuno si voltò,qualcun'altro no,ma tutti si zittirono perchè sapevano che Lei era arrivata,tutti sapevano il suo Nome ma nessuno osava chiamarla,ogni sera saliva sul piccolo palco,si sedeva,e poi con il suo liuto iniziava a suonare una melodia melanconica,che inteneriva i cuori dei presenti,e faceva loro riaffiorare ricordi sepolti,in un crescendo di emozioni che pari passo seguivano la musica.
Bruscamente la musica cessò,Lei si alzò,osservando la sala alzò un braccio e con in dito indicò una persona dicendo:
Tu!
Scese poi dal palco per dirigersi nella sua stanza,nel frattempo tutti osservarono la persona scelta,chi con invidia,chi con paura e chi con sollievo si dirigeva con passo lento nella stessa direzione di Lei, e poco dopo entrò nella sua stanza.
Come si chiuse la porta il brusio nella sala ricominciò,come se niente fosse accaduto,ma tutti sapevano che nessuno avrebbe rivisto la persona scelta dalla Cantrice.
1 Ospite(i)
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.