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Boris Memories
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1
Giugno 25, 2008 - 10:51 pm

Mentre i venti trasportano la sua forma fisica verso la meta, Boris ritorna con i pensieri al suo passato.
Sta ritornando in patria, una patria che ha lasciato quasi 5 anni fa. Non sembra che sia passato tanto tempo, i ricordi sono ancora vividi nella sua mente.
Luoghi, volti di persone, situazioni. I suoi genitori di cui ha un ricordo slavato, il volto di sua Madre sembra quasi angelico e quello di suo Padre serio ma bonario. Poi a questi si sovrappone un volto altrettanto amato, quello di suo Zio Anton, triste, nel momento in cui lo abbraccia annunciandogli la morte, in un incidente stradale, dei suoi genitori.
Poi i giorni della sua giovinezza. Si rivede studente attorniato da compagni di scuola e poi soldato della gloriosa armata rossa e suo Zio ex combattente tanto orgoglioso per lui.
Altri compagni altre situazioni, l?incontro con la dottoressa Natasha Narovna, il generale Anatolj Iljanov e il duro addestramento e poi l?esperimento nanogenetico che ha esaltato tutto il suo potenziale psicofisico.
Altri volti, meno amati, ma che furono suoi compagni Valentin Shatolov, La Dinamo Cremisi, Laynia Petrovna Stella Oscura, Boris Bullski Titanium Man, Nicolai Krylenko Vanguard. Per un lungo periodo furono suoi compagni d?armi e lui era RED WARRIOR il difensore del popolo del Unione Sovietica.
Poi quella dannata missione in Afghanistan. Un paese che fino a quel momento lui aveva studiato solo sulle carte geografiche
La missione che lo aveva visto coinvolto assieme a la dinamo cremisi e Vanguard in Afghanistan era ufficialmente un attacco contro forze ribelli che minacciavano la pacificazione di quell?area strategica.
Ma quando i 3 guerrieri arrivarono e iniziarono le loro attività, la realtà era ben diversa. Quella era una guerra sporca fatta di agguati, imboscate e rappresaglie.
Le domande che fino a quel momento erano rimaste in un angolo della mente di Boris cominciarono a martellare la sua anima; cosa stiamo facendo? Per cosa combattiamo? Questa gente vuole il nostro aiuto?
Alla fine tutto questo finì quando in un?azione particolarmente cruenta Boris rimase separato dai suoi compagni, surclassato da forze superiori in numero, venne catturato e nella base dei ribelli incontrò alcune persone che non si aspettava, erano agenti SHIELD.
Maledetti Americani, allora forse c?era un motivo per questa guerra, l?odio dei guerriglieri afghani non era naturale. C?erano sempre stato l?impero occidentale alle spalle di tutto questo. Egli inveii contro di loro, li accusò di cinismo e di sfruttare l?ignoranza di questo popolo per i propri scopi mentre lo interrogavano.
Ma in quel mentre una voce forte si levò dall?ombra alle spalle dei suoi persecutori. ?Lasciatelo stare! Lui crede in quello che fa come lo credo io, ma i suoi occhi vedono solo una parte della realtà. Lasciate che io gli mostri il resto. Quello che lui neanche sospetta.? Gli uomini in luce si voltarono e dal fondo una figura imponente si alzo e avanzò. L?uniforme azzurra le righe bianche e rosse e la stella candida sul suo petto massiccio. In un lampo Boris vide tutto questo. Gliene avevano parlato; il guerriero americano conosciuto come Capitan America.
I suoi superiori, e gli ufficiali politici ne parlavano con disprezzo, ma Vanguard e Stella Nera, che lo avevano conosciuto, ne parlavano con ammirazione, dicevano di lui che se tutti gli americani fossero stati come lui la Terra sarebbe stata un paradiso pacifico.
Fù un emozione incredibile, lui allenato ed addestrato per essere l?esempio del guerriero ideale sovietico si trovava di fronte al suo corrispettivo occidentale. La diffidenza lasciò il posto alla curiosità quando l?uomo in azzurro tagliò i suoi legami, nonostante le proteste degli agenti governativi, e lo portò fuori da quella baracca. Le sue parole erano calme eppure imperiose, nessuno osò fermarli ?il prigioniero è sotto la mia responsabilità, lasciateci passare, ne risponderò personalmente!?.
Il sole all?esterno era abbacinante e la vita continuava nel villaggio. Boris era confuso, il suo primo pensiero si rivolse alla fuga, ma la presenza del guerriero al suo fianco lo metteva in soggezione e lo incuriosiva sempre di più. Alla fine tutte le domande nella sua mente iniziarono ad uscire dalla sua bocca, in un inglese accettabile iniziò a parlare con il suo anfitrione ed egli rispose e le sue parole erano come i ferri del chirurgo colpivano a fondo provocavano dolore ma erano precisi e curavano il male.
Capitan America non rifiutava di ammettere che anche se gli agenti SHIELD armavano il popolo afghano contro l?esercito sovietico era pur vero che il glorioso esercito sovietico aveva perpetrato atrocità gravi contro queste popolazioni che anelavano alla libertà e al? autodeterminazione.
Boris restò in quel villaggio per quasi 4 giorni, nessuno lo sorvegliava strettamente e Capitan America gli aveva assicurato che se avesse voluto avrebbe potuto andarsene quando e come voleva. Ma ormai tutti le sue convinzioni erano state infrante e lui non desiderava più ritornare fra i suoi ex compagni.
Gli anni che vennero dopo furono estranianti. Privato del suo iniziale orgoglio nazionale e non ancora completamente convinto del suo nuovo ruolo, Boris visse alla giornata accettando anche lavori molto umili e cercando di ricucire i brandelli della sua vita spezzata.
Ora forse, dopo tante sofferenze avrebbe scritto il capitolo finale di questa lunga avventura umana che era stata la sua vita. Forse avrebbe fatto pace col suo passato e guardato al futuro con maggiore speranza e convinzione.

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2
Aprile 7, 2009 - 10:36 pm

“Finalmente a casa!” Era stato il suo primo pensiero. Andromeda era contenta di ritornare alla solida realta della base Prometeo.
Tutte quelle avventure nel mondo del passato a sfidare paradossi temporali l’avevano esaurita. La sua testa ancora rimbombava delle parole di suo padre. Non lo aveva mai ricordato così.
Con lei ancora ragazzina egli si era sempre comportato in maniera iperprotettiva. Al contrario con lei adulta e forte si era comportato, in alcune occasioni, come uno spietato governante. “Forse mio padre voleva impartirmi una lezione, una lezione di come dovrebbe comportarsi un signore assoluto.” .
A questo si erano aggiunte le strane parole dell’intelligenza artificiale della base Prometeo. “…. Mi chiedo se Prometeus aveva questo in mente quando ha strenuamente difeso la causa degli umani anche contro quelli della sua razza.”
Forse la razza umana aveva bisogno di un nuovo esempio e di una nuova guida o forse aveva bisogno solamente di essere protetta da se stessa?
Cosa fanno gli eroi se non combattere per proteggere gli umani dai loro simili. “Proteggere la razza umana da se stessa e dai suoi errori.”.
Si probabilmente era questo ruolo che molti eterni avevano interpretato prima del grande ritiro voluto da Zuras.
Ed era esattamente per questo motivo che lei aveva strenuamente combattuto al fianco di Prometeus e di Alars il suo mentore.
Andromeda ricordava ora tutti i particolari della presa di potere di Zuras e di come alcuni eterni si sentirono traditi da questo comportamento; Alars era il più anziano dei due fratelli e quindi il legittimo successore. Ancora una volta sentiva il suo sangue ribollire delle stesse emozioni che aveva provato durante il loro attacco di sorpresa all’Olimpo.
La battaglia era stata aspra ma breve, avevano completamente sottovalutato le difese di Zuras ed erano stati velocemente messi nell’impossibilità di nuocere. Lei era stata una degli ultimi a cadere proteggendo Prometeus nella sua fuga. Ricorda ancora il suo comandante mentre si dispera vedendo i suoi compagni cadere intorno a lui e i suoi sogni di liberare Alars sgretolarsi. “ Andromeda questa è la fine di tutto e… io non avrei voluto che finisse così “ – “ Che diavolo dici generale, comunque vadano le cose tu devi salvarti, fuggi da qui, riorganizza i nostri alleati. Io e i miei proteggeremo la vostra fuga!” .
Le sue labbra si muovono ora senza emettere alcun suono ripetendo quelle parole coraggiose. Ma negli occhi di Prometeus legge solo l’orrore per quella seconda guerra fratricida scatenata da lui stesso.
Cio non di meno egli si muove; il suo volto si illumina di un fugace sorriso, per poi ridiventare duro e deciso mentre si volta e si allontana ringraziandola con il gesto della mano.

“ALLARME METEOROLOGICO MASSIMA GRAVITA, ALLARME METEOROLOGICO MASSIMA GRAVITA….”

Il richiamo alla realtà è improvviso e metallico, dalla voce di Major Domo l’intelligenza artificiale della base. Gli schermi accesi su una zona del golfo del Messico dove un uragano anomalo si stà formando.
“Bene! Forse un po’ d’azione potrà sviarmi da questi pensieri” Fu il primo pensiero di Andromeda. Tutti quei ricordi improvvisamente chiari nella sua mente la distraevano, un po’ di azione le avrebbe giovato sicuramente.

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3
Aprile 7, 2009 - 10:41 pm

Selina era ancora confusa dall’ultima avventura. Molte delle storie del suo popolo che aveva studiato e che ormai considerava assodate si erano verificate imprecise, non corrette se non addirittura false.
Atlantide era la sua patria ma cosa era stata Atlantide nel passato? Chi erano stati i veri antichi signori di Atlantide?
Erano domande che la ossessionavano.
Era cresciuta alla corte di Namor e aveva sempre avuto fiducia nei suoi precettori e nei suoi familiari, era mai possibile che un’intero popolo si fosse talmente convinto delle proprie tradizioni da assumere per verità il falso.
Le dicotomie fra gli Atlantidei del passato e il popolo dei Nereidi erano eccessive per poter pensare che fossero la stessa stirpe che ora dominava Atlantide.
Qualcuno ad Atlantide doveva sapere la verità nascosta nei meandri della storia.
Poi i suoi occhi scesero sull’oggetto con cui giocherellava nervosamente; il suo tridente. La sua schiena venne percorsa da un brivido, mentre ricordava l’ondata di potere che l’aveva attraversata, nel momento in cui aveva salvato la sua patria del passato dall’onda anomala.
Quegli strani mistici avevano risvegliato un potere che lei non sospettava di avere e un altro ricordo la sorprese: mentre l’onda veniva percossa dalle energie che attraversavano il suo corpo e che il suo tridente focalizzava; il bracciale al suo polso, il bracciale appartenuto ad Hysis cantava di gioia, e il suo canto di potere aveva quasi obnubilato per un istante la sua volontà.
Era ancora persa nei suoi pensieri quando Andromeda entrò improvvisamente nelle sue stanze.
“ Ancora persa nei ricordi pesciolina? Datti una mossa! Nel golfo del Messico, a poche centinaia di chilometri da qui sta succedendo qualcosa di grave.”
“Golfo del Messico? Ci sono alcune colonie Atlantidee laggiù. Cosa succede?”
“Roba grossa mia cara. I sistemi di allerta di Major Domo sono tutti schizzati sul rosso. Un gigantesco uragano si è formato nell’arco di pochi minuti e nell’occhio sembra esserci qualcosa di dannatamente poco chiaro. Major Domo ha sfruttato alcuni satelliti meteorologici e le letture sono le più pazze che si siano mai viste.”
Selina ora sembrava sentire a livello subliminale quello che Andromeda descriveva in modo così colorito. La sua mente diventò fredda come una lama di ghiaccio. Quella era una minaccia da non sottovalutare, un indagine era necessaria.
Si alzo di scatto e attraversò la stanza, in un lampo il tridente nella sua mano tornò alle dimensioni normali e lei lo brandeggiò in posizione neutra, la voce che uscì dalle sue labbra era fredda e decisa.
“Non perdiamo tempo Andromeda, chiediamo a Major Domo di programmare una navetta per un volo diretto verso quella minaccia. Niente deve minare la sicurezza del mio popolo.”
Andromeda fu presa quasi in contropiede da quella reazione, le due donne uscirono assieme e si diressero verso l’Hangar.

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4
Giugno 24, 2009 - 10:33 pm

Janet parcheggiò la sua Mustang bianca e si diresse stancamente verso il suo appartamento. Gli eventi della giornata la stavano ancora meravigliando.
Trovarsi coinvolta in una guerra interdimensionale durante una semplice missione di pattugliamento non era cosa di tutti i giorni. Ma ancora più strani erano stati i suoi alleati in quello scontro; una sedicente eterna di nome Andromeda, una atlantidea di pelle chiara che aveva detto di chiamarsi Hysis e un uomo dai modi piuttosto burberi e dall’accento spiccatamente russo ma dagli eccezionali poteri. Per non parlare degli stessi atlantidei di cui era stata mandata a sorvegliare gli insediamenti.
Il destino non poteva essere più ironico. Adesso il problema sarebbe stato compilare un rapporto credibile ai suoi superiori e spiegare soprattutto la scomparsa del motoscafo con tutte le attrezzature.
Era ancora persa in questi pensieri, quando, sollevando lo sguardo verso l'ingresso del suo appartamento, si rese conto che le luci dentro casa erano accese. In un istante tutta la stanchezza fu dimenticata, il suo corpo atletico si tese e la sua mente si schiarì per affrontare l'imminente possibile minaccia.
Janet salì la rampa di scale quasi di corsa e si appiattì vicino alla porta del suo appartamento, ad un comando mentale il braccialetto che portava sempre al polso destro si trasformò in una sorta di fucile a canna corta. Janet odiava utilizzare quello strano gadget, ogni qualvolta se ne serviva si sentiva indebolita, ma non aveva niente di meglio al momento.
Estrasse la chiave elettronica ed aprì la porta di casa. Spinse l’uscio delicatamente e scivolò nell’ingresso spianando l’arma e sciabolando con lo sguardo a caccia di un possibile obiettivo. La luce, soffusa, proveniva dal salotto; poco più avanti nel corridoio sulla sinistra. Avanzò silenziosamente, bilanciando il peso sulle ginocchia flesse, pronta ad un eventuale scatto.
Un ultimo movimento fluido e si ritrovò ad osservare l’interno familiare del suo salotto con la schiena ben posata contro la parete opposta del corridoio. Una figura sedeva in penombra su un sofà fumando tranquillamente una sigaretta.
“Buona sera signorina Van Flex, mi domandavo quanto tempo ci avrebbe messo a rientrare dalla sua recente missione.”
Janet rimase perplessa dal sangue freddo di quella persona. “Mettiti in luce e dimmi come ti chiami, e… movimenti lenti se ci tieni alla vita. Non sto scherzando.”
“Ne sono ben certo signorina” disse l’uomo alzandosi lentamente e muovendo un paio di passi, fino a portarsi in piena luce.
Lineamenti medio orientali, media statura, vestito elegantemente. Janet restò ancora più sorpresa, sembrava una versione moderna di Arsenio Lupin. Lo straniero continuò a parlare:
“Per quanto riguarda il mio nome, le basti sapere che abbiamo un amico in comune e come lei ben sa, L’AMICO DEL MIO AMICO E MIO AMICO!”.
A quelle ultime parole, pronunciate con voce leggermente stentorea, il corpo di Janet sembrò muoversi con volontà propria. Le braccia si abbassarono e lei avanzò di qualche passo nel soggiorno.
“Cosa diavolo mi sta succedendo?” era questa la domanda che le rimbombava nella mente, ma dalla sua bocca non uscivano le parole, la sua faccia, questo lo intuiva, restava inespressiva. Il suo corpo era rilassato e stava indifeso di fronte a quell’estraneo mentre la sua mente era pervasa da una sottile sensazione di panico.
“Si tranquillizzi Signorina Van Flex, questo è l’effetto di un banale comando post ipnotico che il mio datore di lavoro ha impiantato nel suo cervello. Il comando si può utilizzare solo una volta e dura solo qualche minuto, giusto il tempo di presentarmi adeguatamente. Vede, Signorina, anche se lei non lo ricorda, ci deve molto. Sono passati solo due anni da quando abbiamo raccolto il suo corpo martoriato ed irrimediabilmente infettato dal simbionte che si porta al polso, l’abbiamo curata e abbiamo modificato il suo genoma in modo da consentire al suo corpo di convivere con questa creatura e di controllarla. A quel punto abbiamo deciso di ricrearle una parvenza di vita normale, trovandole un lavoro e ricreando falsi ricordi. Facendola diventare, a tutti gli effetti, un agente dormiente di prima categoria”
Janet era sempre più impressionata e perplessa, la sua mente era piena di domande. Che cos’era un simbionte? Quando era stata curata da queste persone? E soprattutto come era entrata in contatto con questa creatura?
“Ora sicuramente lei si starà facendo un sacco domande. Ebbene, basterà un ultima combinazione di parole per togliere gli ultimi blocchi post ipnotici che le consentiranno di ricostruire il suo passato.” Lo strano individuo spense tranquillamente la sigaretta e le si affiancò. “Ascoltami bene Janet perché queste saranno le più importanti parole che sentirai e che ti spalancheranno le porte del tuo passato.”
Janet quasi non sentì le parole che lo sconosciuto pronunciò perché all’improvviso la sua mente esplose in una miriade di visioni.
“Dal libro di bordo del capitano Zill’Rkt: data stellare 34562.34. Ci siamo appena materializzati nel sistema stellare Sigma 4 per una normale operazione di sorveglianza. Alcune astronavi mercantili sono sparite in questo quadrante senza lasciare traccia. La situazione di continuo attrito fra le diverse fazioni del decaduto impero Skrull richiede che venga tenuto aperto questo canale di rifornimento e venga eliminata qualsiasi fonte di potenziale disturbo.”
La missione non era di grande importanza ma Zill’Rkt desiderava portarla a termine nel migliore dei modi. Si alzò dalla sua scrivania e si guardò nel grande specchio che ornava la sua stanza. 10 anni di servizio nella marina da guerra avevano affinato la sua mente e scolpito il suo corpo nella figura del perfetto guerriero Skrull, il fatto che fosse una femmina era motivo di più grande orgoglio. Erano molto pochi i capitani femmina nella marina da guerra e ora che l’impero si era spaccato in mille fazioni in lotta, lo stress del comando era ancora più grande.
Le sue riflessioni vennero disturbate dal suono dell’intercom.
“ Plancia a Capitano Zill’Rkt, abbiamo raggiunto le coordinate rilevate dalla boa di segnalazione recuperata signore, ci sono alcuni rilevamenti sugli scanner. Forse è meglio che venga a vedere lei stessa. ”
“ Arrivo immediatamente. “ C’era una nota di tensione nella voce del primo ufficiale e questo non era un buon segno. Kall’Tar era un ottimo ufficiale con un eccezionale sangue freddo e anni di esperienza alle spalle.
In plancia c’era un insolito silenzio, gli sguardi di tutti erano concentrati sullo schermo del deep radar che forniva informazioni in tempo reale, su tutto lo spazio che circondava la loro astronave, nell’arco di svariati periodi luce.
Di fronte a loro ammassate in un diametro di pochi segmenti c’erano decine se non centinaia di astronavi. Non erano in formazione ma semplicemente ammassate alla rinfusa come in una gigantesca discarica spaziale.
Zill’Rkt non aveva mai visto niente del genere e una rapida occhiata agli ufficiali in plancia le confermava che la meraviglia era reciproca.
“ Ufficiale scientifico. Ditemi qualcosa di più su quel raggruppamento di astronavi. “
“ Signora, si tratta di astronavi di varie civiltà galattiche, fin ora sono riuscito a distinguere astronavi Kree, Rigeliane, Shiarr e altre sconosciute. Tutte sembrano inserite in un orbita standard introno alla stella del sistema Sigma 4 e tutte sembrano disattivate. Non rilevo forme di energia conosciuta al loro interno. Sembrano… abbandonate. Sembra di essere di fronte ad un cimitero di astronavi. “
“ Calma con le speculazioni. Riuscite ad identificare anche i nostri cargo la in mezzo? “
“ Aspetti un momento. Si eccoli la sagoma di alcuni di essi è stata riconosciuta dal sistema tattico. Disattivati e privi di vita come gli altri. “
“ Navigatore, inserisca una rotta di intercettazione con il cargo più vicino. Prepareremo una squadra di abbordaggio e saliremo a bordo di quella nave. “
La decisione era la più logica ma le conseguenze sarebbero state catastrofiche al di là delle più ardite ipotesi.
Janet lo sapeva la sua mente ricordava tutto ora. L ‘attracco con l’astronave cargo, il vento anomalo che invadeva la loro astronave e con il vento le entità. Si attaccavano alla pelle, penetravano con i loro dendriti nella carne consumavano la mente e la volontà.
La battaglia era stata strenua ma senza speranza. Janet ora ricordava, ricordava l’orrore del suo equipaggio divorato vivo, consumato da quei mostri che si moltiplicavano come virus parassiti. Ricordava la scelta di staccare l’astronave ed allontanarsi ma qualcosa era andato storto, i motori a curvatura si erano attivati spontaneamente. L’astronave si era catapultata verso una destinazione sconosciuta, nessuno era riuscito a capire chi o che cosa l’avesse programmata.
Poi l’ultima resistenza nella sala comando in orbita su un mondo sconosciuto, la dolorosa scelta di abbandonare la nave e di auto distruggerla. Ma le entità erano riuscite a superare anche le ultime difese e avevano cercato di bloccare l’auto distruzione. Janet ricorda il dolore mentre uno di questi esseri la attacca, sente la mente del suo carnefice mentre cerca di annullare la sua.
Poi il vuoto il nulla, barbagli di luce, facce aliene, umane, operano su di lei, il dolore non c’è più. Lei è rinata il suo volto è alieno non è più Zill’Rkt ora è Janet Van Flex agente del NSA.
La sua mente tornò al presente, era ancora in piedi, il corpo scosso da brividi mentre gocce di sudore freddo le imperlavano la fronte.
“ In nome del gran serpente. Che cosa mi avete fatto ? ” La voce era rauca, lei stessa stentava a riconoscerla.
A Janet sembrava ancora di vivere in un sogno.
“ Ti abbiamo semplicemente salvato la vita. Era l’unico modo. “ L’uomo era ancora al suo fianco, il suo tono di voce calmo contrastava con l’inferno che si agitava dentro alla mente di Janet.
Si voltò verso il suo interlocutore, lo affrontò con occhi di fuoco.
“ Mi avete rubato la vita, l’avete sostituita con una menzogna e mi avete incatenato a questo essere diabolico. E voi dite di avermela salvata, la mia vita? “
“ Chi vi ha dato il diritto di farlo? Chi diavolo vi credete di essere? “
“ Calmati Janet …”
“Calmarmi? Dammi una buona ragione per farlo, bastardo! “
La rabbia le offuscava il cervello, tutti quei ricordi, il suo equipaggio morto, la sua astronave distrutta, il suo corpo violato, le sembravano successi pochi secondi prima. La sua mente razionale cercava di dare un ordine a tutto questo ma ora l’unica cosa che lei sentiva era il ruggito di dolore della sua anima emotiva che chiedeva vendetta per tutto il dolore patito.
La sua reazione fu istintiva, un attacco diretto alla parte bassa del setto nasale del suo interlocutore. Un colpo normalmente mortale, spaccava le ossa e le spediva dritte verso il cervello. Ma la reazione fu inaspettata , la sua mano colpì l’aria, mentre un colpo al plesso solare e una spinta violenta la facevano cadere a terra senza fiato.
“ Non ho intenzione di combattere contro di te. Quello che ti ho detto è la verità! L’alternativa era distruggere il simbionte e la tua vita.”
Janet non capiva come avesse fatto quel damerino a schivare il suo colpo ma ora era troppo occupata a reprimere i conati di vomito che le salivano dallo stomaco.
“ Quando ti abbiamo trovata nel guscio di salvataggio, il corpo era già devastato dal simbionte. Abbiamo cambiato il tuo DNA con tecniche nano tecnologiche e creato una specie di barriera neurale tra te e il simbionte. Tu ora lo puoi dominare e controllare a piacimento. Ora sei umana a tutti gli effetti ed è il prezzo da pagare per sopravvivere. Nella società Skrull la sopravvivenza è una cosa importante, seconda solo all’obbedienza all ordine gerarchico.”
Janet sentiva che le parole di quel uomo erano vere, una parte del suo essere lo sapeva. Ma sapere vera una cosa ed accettarla possono essere due cose molto diverse. In ogni caso la violenza non era la risposta adeguata. Aveva bisogno di risposte, c’erano troppe zone buie che la sua mente non riusciva a riempire con ricordi
“ Dici che devo fidarmi di tè, dici che devo calmarmi e che vi devo la vita. Ma chi siete? Chi sei tu? Ti intrufoli nel mio appartamento, rivolti la mia vita come un guanto e poi mi fai discorsi di riconoscenza e fedeltà? Cosa dovrei pensare di tutto questo?”
Lo straniero si accucciò mettendosi al suo livello, la sua espressione divenne meno dura e cercò di abbozzare un sorriso.
“ Il mio nome è Selim Arkad e il mio datore di lavoro è Ibrahim el Shek. Indirettamente egli è colui che ti ha salvato la vita. La scelta è stata in parte etica ed in parte utilitaria, sapevamo che una femmina della tua natura sarebbe stata enormemente utile alla nostra causa in futuro.”
Selim fece una pausa poi riprese a parlare.
“ Avremo potuto manipolarti senza farti scoprire il tuo passato ma era giusto che sapessi chi eri e come sei diventata quello che sei. Il nostro operato potrà essere stato discutibile ma è stato fatto per salvare molte vite e non solo la tua. Ora tutto dipende da te, accettare il tuo destino o distruggere te stessa. Pensaci. Se vuoi altre informazioni questa è la via.”
Selim trasse da una tasca un semplice biglietto da visita e lo porse a Janet. Janet continuava a fissarlo con disprezzo e non si mosse. Selim lasciò cadere il biglietto sul pavimento, si rialzò riassettandosi la giacca e si mosse verso l’uscita. Giunto sulla porta si voltò.
“ Janet, volente o nolente fai parte della razza umana ormai, questo è un dato di fatto. L’unica domanda è cosa farai della tua nuova vita ora. Ti auguro una buona serata e che ti porti consiglio. “
Usci lasciando un grande silenzio dietro di sé. Janet si rialzò cercando di mettere ordine nei suoi pensieri. Poi il suo sguardo si posò sul biglietto da visita a terra.

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