Un bellissimo articolo pubblicato qualche anno fa su DM Magazine (www.dungeons.it) che mette a confronto le varie edizioni di Dungeons & Dragons.
IL FASCINO DEL CLASSICO
Un confronto, polemico e appassionato, sulle differenze tra
Dungeons & Dragons Classico e la Terza Edizione
Di Gianmatteo Tonci
TANTO PER COMINCIARE
Devo ammettere che, quando è partita l’idea di questa rivista amatoriale italiana dedicata al D&D, la cosa mi ha fatto immensamente piacere. Specialmente oggi, nell’epoca delle nuove generazioni di giochi di ruolo (leggasi ad esempio quelli del World of Darkness della White Wolf o la “famigerata” Terza Edizione, anzi 3.5, di D&D), molti giocatori avvicinatisi da poco a questo meraviglioso mondo sembrano ignorare completamente i vecchi cavalli di battaglia del genere. Per chi, come me, ha mosso i primi passi nel campo dei giochi di ruolo ormai sedici anni fa, con la leggendaria scatola rossa di D&D dell’Editrice Giochi (in copertina! N.d.R.), sembra quasi inverosimile e persino sacrilego che i più non abbiano mai conosciuto lo spirito ed il divertimento vero di una partita vecchio stile. Bando comunque alle nostalgie ed ai ricordi del passato: questo breve articolo non vuole essere una crociata contro il nuovo che avanza nell’universo ruolistico mondiale ed italiano, bensì un invito alla riscoperta anche di quei capisaldi che hanno fatto la storia e la fortuna incondizionata di questo hobby. Posso allora (essendo accanito appassionato,
collezionista e giocatore di molti giochi fantasy) quantomeno tentare di mettere al corrente quelli che si sono avvicinati a questa passione in tempi recenti dell’esistenza d’altri giochi di ruolo che sembrano misteriosamente (e con un pizzico d’ingratitudine) essere finiti nel dimenticatoio.
IL CLASSICO DEI CLASSICI
Primo fra tutti, ritroviamo proprio Dungeons & Dragons, non la nuova edizione per me presuntuosamente omnicomprensiva propostaci dalla Wizards of the Coast, ma quella originale ideata dal duo Gary Gygax (la cui foto campeggia in questa pagina) e David Arneson prima e ritoccata da tanti altri valenti autori. Tanto per citarne alcuni: Moldway, Cook, Mentzer, Allston e tanti altri.
In Italia purtroppo sono arrivati soltanto alcuni elementi della gran mole di materiale originale pubblicato in lingua inglese, tanto che molti giocatori si sono sentiti traditi dalla politica decisa dall’Editrice Giochi che ha, per me piuttosto incomprensibilmente quanto sbrigativamente, liquidato l’intera serie lasciando orfani i tanti appassionati italiani che, specie agli inizi degli anni ’90, stavano cominciando a spuntare come funghi in tutta la Penisola. Senza voler entrare nei meriti e nelle decisioni (peraltro legittime dal proprio punto di vista) della casa italiana, resta francamente il rammarico per quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Chi mastica un po’ d’inglese ed è disposto ad investire qualche soldino (ma non molti di più di quelli che richiedono i manuali di oggi) e alcune ore nelle ricerche di materiale più datato e fuori produzione, si ritroverà tra le mani degli autentici gioielli, tesori provenienti da un passato remoto degli albori dei giochi di ruolo. Dalle pagine di questo materiale d’annata trasuda però lo spirito vero di questo hobby che, mi sembra, si va ahimè sempre più perdendo, con il passare del tempo ed il
proliferare di nuove mode e correnti di
pensiero.
Ho la fortuna di essere tra i pochi, fortunati possessori di una scatola originale della primissima edizione di D&D, quella del 1974 (quindi mia coetanea!), e dei primi quattro supplementi che l’hanno seguita nel breve volgere di pochi mesi (potete vedere in questa pagina la copertina della scatola della prima tiratura, dal valore elevatissimo). Posso assicurare a tutti che, a parte l’indiscusso fascino collezionistico (il colore e del profumo della carta invecchiata, della stampa tipografica le classiche rilegature con spille metalliche, quei disegni che oggi farebbero arrossire persino una rivista amatoriale) ci si trova tra le mani un vero gioiellino del genere ruolistico. Se infatti ci si prende la briga di andare oltre le apparenze, ecco scoprire un universo di regole condensato nella semplicità e nello spirito più puro del gioco. Tanto per fare un esempio, nei manuali moderni scompare il concetto che caratterizzava quei primi libri di D&D: le regole come linee guida, come aiuto al Dungeon Master (o meglio, all’arbitro) ed ai giocatori, qualcosa concepito per divertirsi e non come leggi superiori, rigidi e ferrei precetti immutabili. Lo stimolo a creare qualcosa di nuovo e personale, a spaziare e crescere assieme al proprio gioco, all’inventare regole ed uno stile
del tutto personale, è quello che a mio avviso consente di gustare appieno una serata (o nottata) di gioco, trascorsa nel pieno divertimento e non rincorrendo regole sfuggenti o sfogliando manuali alla ricerca di quel modificatore per il tiro da effettuare. Eppure, in quei primi tre libretti color crema e nei supplementi numerati semplicemente da I a IV, si trovano raccolte, pur se talvolta in maniera abbozzata o leggermente confusa, tutte le regole che prima D&D e successivamente AD&D hanno fatto proprie e continuano tuttora ad utilizzare, a distanza di anni. Ad esempio, scopriamo un intero universo di mostri e creature fantastiche, nuove classi di personaggio, persino un set completo di regole per introdurre le abilità psioniche nelle campagne di gioco. Si tratta di materiale che oggi sembra innovativo e modernissima, e invece affonda le sue radici in quei vecchi libretti dal formato ridotto e dalle pagine un po’ sgualcite.
IL FASCINO DELLE ORIGINI
Con l’avvento delle scatole cromatiche che ricordano i colori dei draghi (rosso, blu, verde, nero, dorato), si ha una nuova era per D&D che trova il suo boom con la produzione di moduli per qualsiasi livello di gioco, supplementi di spessore e valore assoluto e soprattutto la serie completa dei Gazetteer (in italiano Atlanti). Essi descrivono in maniera impressionante e per me meravigliosa un mondo di gioco che al giorno d’oggi non ha eguali. A mio giudizio nemmeno i tanto celebrati Forgotten Realms sono minimamente in grado di reggere il confronto). Il capolavoro è la Rules Cyclopedia, raccolta di tutte le regole per D&D fino al Master Set (purtroppo mai tradotta in italiano). Non starò qui a descrivere dettagliatamente ogni singolo prodotto (o serie di prodotti), anche se potrebbe essere un argomento affascinante per articoli futuri qualora qualcuno abbia interesse (potete fare riferimento al sito ** you do not have permission to see this link ** N.d.R.).
Procurandosi una copia di uno qualsiasi di questi magnifici supplementi è possibile rendersi conto di come sia possibile scoprire un modo completamente nuovo, eppure vecchio, di divertirsi con quest’hobby. Se anche voi siete tra gli amanti della sperimentazione ludica, vi consiglio di pensare un attimo a come investire i vostri
sudati risparmi e invece di continuare ad ingrassare le tasche della Wizards per acquistare l’edizione 3.5 del nuovo Dungeons & Dragons (che dell’originale ha solamente preso il nome), pensate magari a procurarvi qualche pezzo essenziale di D&D. Vedrete che con la stessa cifra potrete avere in mano un nuovo universo tutto da scoprire, molto più attuale e divertente di quello che oggi è proposto come novità. Qualora poi il tutto sarà di vostro gradimento, non riuscirete a fare a meno di continuare a procurarvi altro materiale per la vostra campagna di gioco, e forse pian piano libri e manuali aumenteranno e vi affascineranno a tal punto da farvi diventare appassionati collezionisti, com’è successo al sottoscritto.
IL VECCHIO, IL NUOVO E IL MEGLIO
Il fascino esercitato da D&D è indiscusso, come possono testimoniare gli innumerevoli giocatori che hanno trascorso tante ore a divertirsi con quelle regole (regole che oggi il settore del gioco di ruolo vorrebbe farci dimenticare ed etichettare come sorpassate). Il gran numero d’appassionati che ancora tiene vivo questo pioniere dei giochi di ruolo testimonia in maniera inequivocabile che il fenomeno D&D va oltre il fatto di costume e di moda, per intrecciarsi nel tessuto sociale e creare un vero e proprio universo a sé, capace di autoalimentarsi dopo essere stato abbandonato dalle aziende del settore. Lo sviluppo dell’Open Game License per il sistema d20 rischia poi, a mio parere, di far precipitare definitivamente le cose in un mercato già soffocato dal proprio successo e che a mio giudizio ha vissuto un indubbio periodo d’involuzione. Mentre la gran parte dei prodotti più datati è spesso garanzia di qualità, con contenuti che trovo corposi, interessanti, adattabili a qualsiasi campagna, la tendenza sembra ormai invertita. Vengono proposti libri graficamente assai ricchi e pieni di disegni colorati (quasi fossero destinati a contenuti di qualità mediocre, inutilizzabili, incomprensibili e spesso scritti in maniera approssimativa. La gran qualità è l’altro indiscutibile punto di forza di D&D e dei suoi coetanei, capaci di non saturare il mercato con prodotti sempre uguali e fornire sempre materiale nuovo ed affascinante. Si può dire che ogni nuova uscita fosse attesa con la certezza di avere tra le mani un nuovo pezzo del nostro universo fantastico. Dalla metà degli anni ’90, con la smisurata espansione di AD&D e produzione di tantissimi altri giochi di ruolo, il mercato è invece stato letteralmente invaso da miriadi di prodotti. Essi purtroppo non sono stati sempre consoni alle aspettative, con prezzi sempre più esorbitanti (il continuo peggiorare del cambio lira – dollaro ci ha poi messo del suo N.d.R.). Il rischio è che ora la storia si ripeta e qualcuno si allontani da quest’affascinante universo, magari solo perché non è conoscenza del fatto che, a cifre non eccessive, è disponibile un’intera gamma di regole, supplementi ed ambientazioni frettolosamente accantonate dalla frenetica evoluzione delle strategie di mercato. Persino nell’era d’Internet, che tante prospettive di sviluppo sta dando al nostro hobby, col proliferare di siti amatoriali ed a pagamento (purtroppo anche della diffusissima ed illegale pratica dello scambio di materiale in formato elettronico), il fascino dei manuali originali resta indubbio. E’ vero che i libri in formato PDF sono comodissimi da trasferire e consultare, ma non sempre la
qualità di scansione è adeguata (quando non mancano addirittura pagine intere) e stampare un manuale può richiedere, in termini d’inchiostro, carta e rilegatura, spesso una cifra vicina al costo d’acquisto dell’originale per poi ritrovarsi in mano solo una copia da consultazione al posto di un manuale originale.
IN CONCLUSIONE
Vorrei quindi che questa mia breve (breve?!? N.d.R.) disquisizione un invito a tutti gli appassionati di giochi di ruolo ad avvicinarsi a quelle che sono le origini di questo meraviglioso hobby. Mi rivolgo a coloro che si sono addentrati da poco in quest’universo fantastico; quindi essi non possono conoscere quello che veniva prima dei giochi oggi più in voga. Mi rivolgo anche ai vecchi appassionati che, strada facendo, si sono lasciati conquistare da nuovi titoli; possono riscoprire in qualcuno di quei manuali “fuori moda” un nuovo aspetto di quest’appassionante passatempo. Le regole, le ambientazioni, le avventure e gli spunti racchiusi nei prodotti per D&D sono ancora oggi, a tanti anni di distanza dalla prima edizione, in grado di interessare, appassionare, stupire e persino strappare un sorriso per la loro assoluta validità e, in molti casi, attualità. E’ per questo che mi sento di invitare tutti, giovani e meno giovani, giocatori esperti o novellini, ma veramente appassionati a questo hobby, a investire un po’ di tempo e di denaro per trovare qualcuno di questi manuali, retaggio di un passato che ha fatto (e continua a fare, per molti) la storia dei giochi di ruolo. Assicuro loro che non rimarranno delusi e riusciranno, come me e tanti altri, ad appassionarsi e riscoprire la bellezza e lo spirito vero del gioco, cosa che purtroppo va sempre più perdendosi tra regole e innovazioni per me stravaganti e incomprensibili.
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